Greci antichi
Alle radici della cultura occidentale
Per le straordinarie esperienze vissute in diversi campi ‒ dalla politica alla letteratura ‒ e per le affascinanti creazioni di cui furono capaci ‒ nel mito e nell'arte, nella scienza e nella filosofia ‒, gli antichi Greci hanno avuto un posto particolare nella storia della nostra civiltà. Hanno fornito esempi e insegnamenti praticati ancora oggi e l'eredità della civiltà greca appare chiaramente evidente in molti ambiti della nostra cultura: il mito e il simbolo; la politica e le istituzioni; la filosofia; la letteratura e l'arte
Qualcuno ha affermato che il problema fondamentale per lo studioso classico è comprendere la ragione per cui un popolo di pastori e contadini, in una terra piuttosto inospitale e scarsamente fornita di vie di comunicazione, sia riuscito a creare una cultura ancora oggi alla base della nostra civiltà occidentale. Si riferiva agli abitanti della Grecia.
I Greci nacquero dall'incontro fra le genti nomadi provenienti dall'Asia centrale (gli indoeuropei) e le popolazioni di cultura mediterranea. Queste originarie diversità si mantennero nella distinzione fra le tre cosiddette stirpi: eolica, ionica e dorica. Si tratta soprattutto di differenze culturali e di costume, evidenziate dal naturale isolamento geografico interno e dalle divisioni politiche. Gli stessi Greci non mancarono di sottolineare tali differenze, pur nella consapevolezza che la loro civiltà fosse unita di fronte agli altri popoli, i Barbari. Questo equilibrio delicato fra le distinzioni interne ‒ a volte causa di guerre anche laceranti ‒ e la coscienza dell'unità culturale di fronte agli altri è il perno intorno a cui ruota la storia dei Greci nell'antichità.
Proprio perché visse esperienze straordinariamente esemplari per tutta la successiva storia occidentale, il popolo greco merita ancora oggi un posto privilegiato nello studio delle radici della nostra civiltà. Ogni volta che gli europei riscoprirono il mondo greco si determinò un impulso nella cultura e nell'arte, ma anche nella società: le idee di libertà e umanità, armonia e misura formulate dai Greci antichi fornirono la base per successivi progressi e traguardi.
I Greci antichi sono stati insomma paradigmatici, vale a dire un modello per tutti noi: nella società, nella cultura, nella politica. Non è un caso, d'altra parte, che i Greci di oggi conservino, più di ogni altro popolo, l'orgoglioso ricordo dei loro antichi padri nella cultura, nel folclore e persino nell'esperienza quotidiana, dai nomi di persona alle immagini rappresentate sulle monete.
L'uomo antico ha visto il mondo con gli occhi del mito. I fenomeni naturali, ma anche le speranze e le angosce di tutta l'umanità diventano così personaggi fantastici e senza tempo raccontati dall'uomo: questo è il mito.
I Greci elaborarono una serie amplissima di racconti, dalla nascita del mondo fino alle rappresentazioni antropomorfiche (cioè in forma umana) dei sentimenti. Questi miti costituirono un serbatoio inesauribile di storie e personaggi a cui fare riferimento: dalla politica all'arte, alle esperienze quotidiane.
Il mondo, al principio, è solo Caos: poi nascono la Terra (Gea) e il Cielo (Urano), e dalla loro unione gli elementi naturali. Ma tutto è ancora fisso e inviolabile: compare allora Crono e con lui gli dei e i mostri. Le forze del bene e quelle del male si combattono a lungo. Poi il bene trionfa e rinchiude i mostri al centro della Terra. Gli dei della seconda generazione creano l'uomo, e con esso gli eroi, che danno vita alle fantastiche e spesso drammatiche storie cantate dai poeti: gli Argonauti alla ricerca del vello d'oro con la prima nave Argo; le imprese staordinarie di Ercole; la guerra di Troia e le avventure di Ulisse; le saghe di Edipo e dei suoi sfortunati figli. L'uomo conserverà il ricordo di questi eventi e di questi personaggi del mito. Ma non solo di questi: ogni bosco, ogni corso d'acqua per i Greci è abitato da una creatura soprannaturale, che occorre invocare e conoscere. Ogni fase della vita e persino molti momenti della giornata prevedono un rito preciso da compiere, in nome di un eroe, di un dio, di una leggenda. Questo mondo mitico legato alla natura, che è un fenomeno comune anche ad altri popoli dell'antichità, è stato tuttavia elaborato dai Greci in una tradizione letteraria e artistica senza precedenti.
Anche per la nostra cultura occidentale è fondamentale la tradizione del mito greco: numerosissime figure e vicende hanno rappresentato, e rappresentano ancora, i punti di riferimento ideali (i cosiddetti archetipi) per artisti e filosofi, nonché i simboli radicati in quello che si chiama immaginario collettivo, cioè il pensiero e le idee più diffusi in un determinato periodo.
La guerra di Troia, per esempio, ha fornito ai racconti di guerra della tradizione letteraria e figurativa europea importanti motivi tematici ‒ come l'assedio, l'inganno, il duello ‒ e figure tipiche essenziali: l'eroe solitario, la moglie disperata dello sconfitto, e così via.
Adattamenti e rielaborazioni di personaggi del mito greco sono divenuti protagonisti di altre concezioni religiose: pensiamo a s. Giorgio che con il cavallo alato uccide il drago e che ricorda le imprese di Perseo a cavallo di Pegaso, o ai tanti attributi di dei o eroi divenuti in seguito caratteristici di questo o quel santo.
Alcune figure del mito, esemplari per la loro drammatica problematicità, sono state assunte a simbolo di eventi ricorrenti nella vita dell'uomo o nella storia. Il filosofo tedesco Georg Wilhelm Friedrich Hegel vide nello scontro fra Antigone e Creonte l'opposizione di sempre fra le ragioni della famiglia e quelle dello Stato. Nel Novecento Sigmund Freud, il padre della psicoanalisi, definirà complesso di Edipo la tendenza del bambino a desiderare la madre come sposa.
Tutti noi, ancora oggi, quando facciamo un complimento a una donna affermando che ha la bellezza di una Venere, quando definiamo chimera qualcosa che ci sfugge o gorgone qualcosa di terribile e insieme affascinante, usiamo nel linguaggio comune simboli e figure del mito greco, facendo rivivere quegli antichissimi personaggi di oltre duemila anni fa.
Il mito è un'interpretazione della realtà basata sull'allegoria (un espediente letterario attraverso il quale il contenuto logico di una narrazione evoca un concetto diverso). Ma cosa accade quando l'uomo cerca di spiegare il mondo e sé stesso con le armi della ragione? La ricerca delle origini dei fenomeni naturali cominciò a interessare i Greci intorno alla fine del 7° secolo a.C. Ben presto, però, ci si accorse che per comprendere la natura bisognava porsi domande ancora più complesse e profonde: che cos'è il bene e che cosa il male? Esiste un'entità superiore all'uomo? E che rapporti ha con lui? Nasceva così la filosofia, una delle più straordinarie 'invenzioni' che i Greci ci hanno lasciato.
I primi pensatori che cercarono di rispondere a questi e altri interrogativi furono definiti sophòi ("sapienti") e sono figure spesso per noi avvolte dalla leggenda: Talete, Pitagora, Parmenide. Dopo di loro si apre una stagione ricchissima di veri e propri intellettuali che indagano l'uomo e la storia. Non volendosi paragonare ai grandi sophòi che li avevano preceduti si definiscono philòsophoi, cioè "amanti, e indagatori, della sapienza". Ripercorrere le tappe di questa straordinaria avventura significa evidenziare i tanti motivi, le questioni di metodo, le fondamentali categorie e il lessico che i Greci individuarono e trasmisero alla tradizione del pensiero occidentale.
Le prime indagini. Alle iniziali ricerche sull'origine del mondo (cosmogonia) e sugli elementi naturali (cosmologia e fisica) che videro protagonisti i pensatori della Magna Grecia e delle coste egee dell'Asia Minore, seguirono intellettuali interessati in particolare ai problemi della conoscenza (gnoseologia) e dell'organizzazione delle società umane (politica): il centro della filosofia greca diviene a questo punto l'Atene classica, "scuola della Grecia intera", secondo la definizione di Pericle, il grande uomo politico ateniese vissuto nel 5° secolo a.C.
Qual è la strada che conduce alla verità? Hanno più valore i sensi o la ragione? Su che cosa si fonda l'opinione? La parola può descrivere correttamente la realtà che ci circonda? E l'uomo è in grado, con le sue sole forze, di arrivare alla conoscenza? I termini e le questioni poste dai cosiddetti sofisti, che ad Atene tenevano le loro lezioni ai giovani indirizzati alla vita pubblica e a chiunque fosse desideroso di cultura, sono gli stessi con cui hanno ragionato tutti i successivi filosofi.
La grande stagione di Socrate, Platone e Aristotele. Nel 5°secolo a.C. Socrate fa irrompere nel dibattito culturale il tema dei comportamenti umani e della ricerca dei valori positivi e negativi (etica): la sua riflessione, testimoniata per noi dai numerosi discepoli, suscita da sempre un fascino notevole, anche per la drammatica e per certi versi eroica fine del protagonista.
Ai problemi della giustizia e della società umana è dedicata principalmente la filosofia di Platone, che all'inizio del 4° secolo a.C. fonda categorie come quella di Stato ideale e utopia, e crea straordinari miti in cui esemplifica le vicende e le grandi passioni dell'uomo.
Alla fine dello stesso secolo ‒ periodo che coincide con la fine dell'età classica ‒ è Aristotele a realizzare una sintesi completa di tutte le riflessioni precedenti, ordinando i diversi ambiti del sapere secondo le distinzioni in uso ancora oggi e canonizzando il lessico filosofico occidentale.
Due scuole filosofiche: Epicuro e gli stoici. Nel 3° secolo a.C., finita la stagione delle libertà politiche, due scuole incentrano la loro riflessione sull'individuo, pur con esiti diversi. Secondo Epicuro e la sua scuola (epicureismo) il fine dell'uomo è il piacere, inteso come assenza di dolore e preoccupazioni: occorre allora stare lontani dagli impegni politici, dalle passioni, e dedicarsi ai veri amici.
Per gli stoici (stoicismo), invece, obiettivo della vita umana è la virtù, che va conseguita anche attraverso sacrifici e difficoltà. È anche da queste due filosofie elaborate dai Greci che, in un certo senso, derivano i due binari paralleli degli stili di vita e dei comportamenti individuali propri, ancora oggi, dell'uomo occidentale.
Se i Greci sono ritenuti universalmente i padri della filosofia, la loro considerazione nel campo della scienza non gode dello stesso favore. Certamente si riconosce che l'antica civiltà greca ha visto il sorgere della geometria come scienza razionale, staccata da ogni esigenza applicativa e da metodologie empiriche, e volta invece a studiare le proprietà astratte delle figure del piano e dello spazio, secondo uno schema di stretta dipendenza logica. Raccogliendo il patrimonio di sapere degli studiosi che lo avevano preceduto (come Pitagora, Talete, Eudosso di Cnido, e altri), Euclide (3° secolo a.C.) ha proposto il primo esempio di quello che oggi diremmo un trattato scientifico per il metodo rigorosamente deduttivo.
Tuttavia, per altri versi scienza e tecnologia dell'antica Grecia sono state spesso giudicate poco sviluppate, se non primitive. Non è così. Recenti studi, fondati su un'analisi più profonda dei testi scientifici greci, hanno ricostruito in modo corretto il mondo delle tecniche antiche, tracciando un profilo di quella che giustamente è stata definita "una rivoluzione dimenticata". Fu infatti la dominazione romana, ma soprattutto il Medioevo, a condannare all'oblio i notevoli progressi dei Greci nel campo delle scienze e delle tecniche.
Dopo le conquiste di Alessandro Magno, nel periodo ellenistico, i Greci furono protagonisti di una straordinaria stagione scientifica: furono formulate teorie fisiche, matematiche e astronomiche, a lungo dimenticate in seguito, tanto che solo diverse centinaia di anni più tardi vennero riscoperte o nuovamente inventate; furono progettate macchine e congegni di un livello tecnologico altissimo, che per molti aspetti anticiparono moderne invenzioni.
Nel corso del 3° secolo a.C., per esempio, Eratostene di Cirene misurò la circonferenza terrestre con una incredibile precisione per quei tempi, in modo tanto semplice quanto geniale; Archimede di Siracusa progettò eccezionali macchine da guerra e teorizzò il principio dei vasi comunicanti; l'ingegnere Ctesibio di Alessandria costruì sofisticati orologi ad acqua e avveniristici automi.
Queste e numerosissime altre invenzioni, tuttavia, rimasero spesso confinate agli ambienti dotti delle corti ellenistiche, e la tecnologia scientifica greca non creò mai un'industria o una produzione in serie di macchine. Perché? Diverse furono probabilmente le cause della mancata divulgazione e realizzazione delle pur straordinarie teorie scientifiche e tecniche dei Greci, come la disponibilità degli schiavi, che risolveva il problema del lavoro manuale; l'assenza di una classe benestante numerosa che potesse acquistare i costosi prodotti meccanici; infine la mentalità della cultura antica, mirante più al benessere dell'animo che al progresso delle condizioni materiali.
La Grecia non fu mai politicamente unita e autonoma, sia per le difficoltà dovute alle divisioni fra le stirpi greche sia per la natura geografica del territorio. Questa situazione favorì lo sviluppo di piccoli Stati indipendenti, che spesso coincidevano con una singola città (la pòlis, o città-Stato). Ma il concentrarsi di poche migliaia di cittadini sui problemi dell'organizzazione della società fece nascere nei Greci un interesse per la politica senza pari nel mondo antico. I Greci si fecero 'ingegneri' della politica: presero coscienza chiara dei meccanismi che regolano i rapporti fra le classi economiche, sociali e culturali di una comunità; teorizzarono e sperimentarono numerose forme di governo; si scontrarono, spesso aspramente, per far prevalere le idee in cui credevano.
La maggior parte dei termini politici che usiamo ancora oggi, nonché i tipi di costituzione e di governo attuali, deriva dalle invenzioni politiche dei Greci. Pensiamo a due concetti per noi basilari: l'eguaglianza di tutti di fronte alla legge e la libertà di parola. Questi ideali (isonomìa e parresìa) furono teorizzati e messi in pratica dai Greci già nel 5° secolo a.C., pur con profonde e dolorosissime differenze rispetto a oggi, soprattutto l'esclusione delle donne e degli schiavi.
Pensate ancora alle tre fondamentali forme di governo ancora oggi in uso, di cui i Greci misero in luce pregi e difetti: la monarchia (ovvero "il potere di uno solo"), l'oligarchia ("il potere di pochi") e la democrazia ("il potere del popolo"). Le contrapposizioni ideali che animarono la politica dei Greci hanno rappresentato ancora in età moderna i poli dello scontro fra ideologie, fra Stati, fra civiltà: per esempio le categorie contrapposte della libertà individuale e del bene della collettività; la questione se sia più opportuno affidare il governo a pochi, selezionati in base alle capacità e alla saggezza, o a tutti, indifferentemente; il problema se sia giusto imporre la democrazia con la forza. Questi temi e queste riflessioni costituirono per i Greci antichi l'argomento quotidiano di molti loro discorsi e ragionamenti, e per molti aspetti è ancora oggi così, anche per noi. Del resto il termine politica è greco: significa "ciò che riguarda la città" (da pòlis), e ci riporta alla sua antica origine.
Ogni scrittore, creando le proprie opere, segue alcune regole che provengono dalla tradizione, e così anche un artista, scultore o pittore. I Greci ci hanno lasciato moltissime di queste regole. La tendenza a imitare i loro modelli ha addirittura generato, in diversi momenti della cultura europea, intere stagioni artistiche fondate sul classicismo.
Soprattutto in letteratura l'eredità classica è fondamentale. I Greci hanno delineato infatti i confini e le convenzioni, i personaggi tipici e i motivi ricorrenti, di numerosi generi letterari: l'epica, un lungo racconto in versi di miti, leggende o lontani eventi storici, spesso di guerra o d'avventura; il teatro, la messa in scena delle passioni dell'uomo, da cui possa trarsi un insegnamento; la retorica, cioè la composizione di discorsi che mirano ad argomentare una tesi. Anche generi meno diffusi ma ugualmente significativi hanno le loro radici nella tradizione greca: per esempio il genere pastorale-bucolico, evasione nel mondo spensierato (idillico) della campagna, o la parodia, distorsione e canzonatura del serio. Certo, alcuni grandissimi autori della letteratura greca sono inimitabili, per la profondità spirituale e per la difficoltà dello stile: così Pindaro o Eschilo. Ma diversi altri autori hanno costituito modelli seguiti da tutte le letterature europee, in quanto facilmente imitabili nello stile e molto apprezzati dai lettori e dal pubblico di ogni età: pensate a Omero, Euripide, Menandro.
I Greci, insomma, hanno fornito anche in letteratura un repertorio di esempi importantissimi. Conoscere quelle opere così lontane da noi, ma anche per molti aspetti così vicine, è come viaggiare nell'affascinante mondo del mito, della filosofia e della cultura che ci hanno lasciato i Greci, nostri antichissimi padri.