succiacapre
Rondoni notturni
I succiacapre sono Uccelli, appartenenti all’ordine dei Caprimulgiformi, che volano di notte catturando insetti nell’aria. In pratica, svolgono la stessa funzione che nelle ore diurne hanno i rondoni. Di giorno riposano a terra fra la vegetazione con cui si confondono grazie alla loro colorazione criptica. La struttura della loro bocca ha dato origine a strane leggende e a nomi bizzarri
L’ordine dei Caprimulgiformi comprende circa 120 specie di Uccelli, imparentati con i rondoni (ordine Apodiformi). Come questi, i Caprimulgiformi possiedono ali molto lunghe e zampe piccole, spesso incapaci di sostenerne il corpo; inoltre, hanno un becco corto ma assai largo alla base, in modo da poter spalancare bene la bocca. Questo particolare permette ai succiacapre (genere Caprimulgus), come ai loro parenti rondoni, di centrare con sicurezza gli insetti in volo. Inoltre, la conformazione della bocca a coppa ha dato origine alla credenza popolare che questi uccelli si attaccassero di notte alle mammelle delle capre. Anche gli Spagnoli li hanno chiamati in un modo simile, chotacabras. Invece, gli Inglesi li chiamano nightjar («giara della notte») e i Francesi engoulevent («ingoiavento»).
Come i rapaci notturni, anche i succiacapre venivano considerati da alcuni popoli europei e africani messaggeri dei maghi. Sono molto abili nel volo, considerando che si spostano prevalentemente nelle ore notturne. Non a caso prediligono gli ambienti aperti, come le savane africane, dove vive la maggior parte delle specie. Mentre i rondoni nidificano su cavità rocciose o sugli edifici costruiti dall’uomo, i succiacapre covano e riposano sul terreno fra i cespugli. Qui sfuggono all’attenzione di molti predatori grazie al loro piumaggio marrone, macchiato di nero, che li fa confondere con l’ambiente. Per riconoscersi tra loro, i succiacapre usano piccoli segnali visivi come certe macchie bianche e nere situate sulle ali in posizione strategica, caratteristiche di ciascuna specie.
Nell’America Meridionale esiste un caprimulgiforme che nidifica nelle caverne, ambiente in cui si rifugia durante il giorno. È il guaciaro (Steatornis caripensis), unico rappresentante della famiglia Steatornitidi, che in inglese viene chiamato oilbird («uccello dell’olio»). Questo nome viene dal fatto che i guaciari giovani sono particolarmente grassi e presso i popoli sudamericani sono sempre stati usati per estrarne un olio. Questa macabra usanza, di cui vi risparmiamo i particolari, inizia con la cattura dei giovani uccelli nel periodo in cui non hanno ancora imparato a volare. Per fortuna, superstizioni e paure proibivano agli indigeni di spingersi troppo all’interno delle caverne e ciò ha salvato la specie dall’estinzione.
L’abbondanza di grasso nel corpo di questo uccello si spiega con il fatto che, diversamente dagli altri Caprimulgiformi, il guaciaro non è insettivoro ma si nutre prevalentemente di frutti. In particolare ama frutti oleosi e ha imparato a nutrirsi di quelli delle palme da olio, dopo l’introduzione di queste piante dall’Asia meridionale. Il guaciaro fu descritto per la prima volta dall’esploratore Alexander von Humboldt nel 1799, dopo la scoperta della Cueva del Guacharo, la più grande grotta del Venezuela, profonda più di 10 km. Oggi questa grotta viene visitata da migliaia di turisti, attratti anche dalla presenza di questi uccelli che producono uno spettacolo sia visivo (l’uscita al tramonto) sia sonoro, grazie all’eco dei loro versi sulle pareti della caverna.
Nelle foreste tropicali indomalesi e australiane vivono le bocche di rana (famiglia Podargidi), strani Caprimulgiformi che di giorno dormono immobili sugli alberi sembrando il proseguimento di un ramo secco. Rispetto ai succiacapre, questi uccelli di foresta volano lenti, ma in compenso hanno una bocca enorme, come quella delle rane, che spalancano per catturare grossi insetti.