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SUSA (lat. Segusium, Secusia)

di G. Ieni - Enciclopedia dell' Arte Medievale (2000)
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SUSA (lat. Segusium, Secusia)

G. Ieni

Centro del Piemonte in prov. di Torino, sorto alla confluenza della Dora Riparia con il torrente Cenischia.

Già l'antico insediamento romano-celtico ebbe notevole rilevanza strategica e commerciale, posto com'era a controllo dei collegamenti obbligati con la Gallia Narbonensis attraverso i valichi del Moncenisio e del Monginevro. Un ruolo analogo rivestì il successivo borgo medievale, ricostruito e gradualmente ampliato dopo le invasioni franche e poi saracene (prima metà del sec. 10°).

Nel tessuto urbano odierno si ritrovano ancora edifici civili di origine bassomedievale, concentrati soprattutto nel c.d. borgo dei Nobili, l'espansione meridionale sabauda (secc. 13°-14°) al di fuori delle mura romane, ma anche nel centro più antico (case dell'od. via Palazzo di Città, fra cui quella pregevole dei Bartolomei, la torre dei Rotarii, ecc.). Avanzi medievali del palacium marchionale (secc. 13°-15°) si sono mantenuti anche nel rimaneggiato castello 'di Adelaide', così chiamato in ricordo di colei che avrebbe recato in dote (1047), insieme con S., l'intera marca di Torino a Oddone di Savoia (m. nel 1057 ca.).Il monumento locale più illustre è la chiesa di S. Giusto, cattedrale a partire dal 1772 e, in origine, pertinente all'omonimo monastero benedettino, voluto dal marchese di stirpe arduinica Olderico Manfredi (1027), in cui fu attivo un fecondo scriptorium, dal quale provengono alcuni codici decorati nel sec. 11°, tre dei quali presentano iniziali a intrecci e fogliette, motivi zoomorfi e antropomorfi (Milano, Bibl. Ambrosiana, O.53 sup.; O.55 sup.; H.101 inf.).Per ragioni di spazio, la fabbrica monastica era sorta a ridosso della Porta Sabaudiae e della cinta romana del 3° secolo. Unica superstite del complesso, benché rimaneggiata, la grandiosa abbaziale resta ancora d'incerta lettura. Di fatto, se l'ossatura ottoniana si è certamente conservata, tutta una serie di integrazioni e trasformazioni già romaniche e poi gotiche, nonché di manipolazioni successive, la copre e occulta in più parti, rendendone complessa una restituzione univoca. La basilica originaria presentava, come oggi, un impianto generale rettangolare, modulato su una proporzionalità ad quadratum - articolata cioè su una lunghezza interna, absidi escluse, pari al doppio della larghezza -, e una suddivisione in tre navate, la maggiore delle quali concepita secondo il consueto rapporto di 2:1 rispetto alla larghezza delle laterali. I robusti pilastri di sostegno dovevano avere una semplice sezione a T - alterata nel tempo dall'aggiunta di esili semicolonne -, ciò che induce a supporre come copertura un tetto ligneo su capriate per la nave centrale e crociere sulle campate delle navatelle. Le odierne crociere delle campate maggiori - alcune delle quali costolonate - dovrebbero riferirsi a una più tarda campagna di rinnovamento, intrapresa, a partire dal 1321, da Aicardo, arcivescovo di Milano, per la riparazione e il rifacimento della fabbrica, "ex nimia vetustate conquassata" (Savi, 1992, p. 96, n. 10). A quella stessa epoca, inoltre, andrebbero assegnate anche la radicale ricostruzione del corpo absidale in schiette forme gotiche e la sopraelevazione del cleristorio, dichiarata, sui fianchi esterni, dal fregio continuo di archetti pensili acuti, impostato ben al di sopra di quello precedente, romanico, ad archetti più ampi intervallati periodicamente da lesene in gruppi di sette-otto per campitura. Anche i prospetti brevi, verosimilmente, ebbero allora nuova sistemazione con un coronamento a capanna e svettanti pinnacoli. Circa a metà lunghezza del fianco meridionale è addossato il maestoso campanile - ritenuto, perlomeno nelle parti inferiori - coevo alla fondazione. Qui, al piano terreno, una sala conserva ancora qualche lacerto delle antiche pitture parietali: un velario con ampi bordi ornati da rombi, dipinto con figure fantastiche, nonché una lacunosa rappresentazione di cavaliere, opere probabili di un maestro lombardo (1030 ca.). Di stile differente e di qualità certo più alta sono invece altri frammenti - da assegnarsi a un artista d'Oltralpe attivo nei primi decenni del sec. 11° nel solco della tradizione aulica ottoniana - ritrovati in un vano quadrato e absidato, contiguo alla cappella terminale sud, in origine isolato e antecedente al S. Giusto stesso e solo più tardi incorporato nella costruzione dell'edificio. Doveva trattarsi infatti del battistero pertinente alla chiesa madre segusina di S. Maria Maggiore (fine del sec. 10°). All'interno del tiburio di tale ambiente, purtroppo parzialmente capitozzato e nascosto dalla falda del tetto, si svolgeva una teoria di apostoli e angeli resi con rapide pennellate nelle più brillanti tonalità del rosa, del giallo e del grigio azzurrino, con abbaglianti lumeggiature bianco-perlacee.

Fra gli arredi sacri superstiti s'impone, per particolare dignità formale, il grande altare monastico, oggi trasferito nella sala del Capitolo, firmato da Pietro da Lione ("Petrus Lugdunensis me fecit") e riferibile agli anni 1120-1130: esso è costituito da un parallelepipedo in scelto cipollino locale, di linee solennemente classicheggianti. Sono però magnifiche anche le due maniglie in bronzo, già sul portale della chiesa (tesoro della cattedrale), realizzate da un maestro lombardo-piemontese (1120 ca.) e rappresentanti con disegno fortemente stilizzato, benché ricco di espedienti decorativi, due protomi zoomorfe, un toro e un leone, simboli evidenti degli evangelisti Luca e Marco. Assai più tarda, ma non meno significativa, è un'altra opera che conferma gli insistiti contatti artistici con le aree culturali francesi: si tratta del c.d. trittico del Rocciamelone (dal 1673 trasferito nell'od. cattedrale) in bronzo inciso e dorato, che - a valve aperte - presenta, con raffinato grafismo su un fondo a girali, una Madonna con il Bambino fra i ss. Giorgio e Giovanni Battista insieme al committente, questi ultimi incisi, rispettivamente a destra e a sinistra, sugli sportelli. Il singolare lavoro, probabilmente realizzato da un cesellatore parigino, venne donato - come recita in caratteri gotici la scritta apposta al piede - da Bonifacio Rotario, cittadino d'Asti, il 1° settembre 1358.

Tra le restanti architetture medievali di S. occorre ricordare: la degradata chiesa già plebana di S. Maria Maggiore, sconsacrata e suddivisa in abitazioni da oltre due secoli; l'oratorio romanico di S. Saturnino (chiuso al culto nel 1749); la chiesa conventuale di S. Francesco, fondata nel 1244 da Beatrice di Savoia (m. nel 1266), d'impianto basilicale a tre navate voltate a crociera su robusti pilastri cilindrici.

Bibliografia:

Fonti. - A. Rivautella, F. Berta, Ulciensis Ecclesiae Chartarium, Torino 1753; C. Sacchetti, Memorie della Chiesa di Susa, Torino 1788; C. Cipolla, Le più antiche carte diplomatiche del monastero di San Giusto di Susa (1029-1212), BISI 18, 1896, pp. 7-116; F. Savio, I monasteri antichi del Piemonte. Il monastero di San Giusto di Susa. Rivista storica benedettina 2, 1907, pp. 205-220; G. Collino, Le carte della prevostura di Oulx raccolte e riordinate cronologicamente fino al 1300 (Biblioteca della Società storica subalpina, 45), Pinerolo 1908; M. Bosco, Le più antiche carte del monastero di S. Giusto di Susa. Bollettino storico bibliografico subalpino 73, 1972, pp. 577-595; E. Cau, Carte genuine e false nella documentazione arduinica della prima metà del secolo XI, in La contessa Adelaide e la società del secolo XI, "Atti del Convegno, Susa 1991", Segusium 29, 1992, 32, pp. 183-214.

Letteratura critica. - U. Rosa, Un altare della cattedrale di Susa, Atti della Società di archeologia e belle arti per la provincia di Torino 5, 1887-1894, pp. 324-325; P. Kieffer, San Giusto di Susa. Appunti storici, Torino 1906; A.K. Porter, Lombard Architecture, III, New Haven-London-Oxford 1917, pp. 436-438; V. Viale, Gotico e Rinascimento in Piemonte, cat., Torino 1939, p. 35; N. Gabrielli, Pitture romaniche (Repertorio delle cose d'arte del Piemonte, 1), Torino 1944, pp. 68-69; M.L. Gengaro, G. Villa Guglielminetti, Inventario dei codici decorati e miniati della Biblioteca Ambrosiana (sec. VII-XIII) (Storia della miniatura. Studi e documenti, 3), Firenze 1968, pp. 36-38; D. De Bernardi Ferrero, Saint-Just de Suse, CAF 129, 1971, pp. 553-564; Valle di Susa. Arte e storia dall'XI al XVIII secolo, a cura di G. Romano, cat., Torino 1977; G. Gentile, Documenti per la storia della cultura figurativa in Valle di Susa, ivi, p. 44; C. Segre Montel, Antiche biblioteche e codici miniati in Valle di Susa, ivi, pp. 215-251; E. Rossetti Brezzi, Il Maestro di S. Maria Maggiore a Susa, in Giacomo Jaquerio e il Gotico internazionale, a cura di E. Castelnuovo, G. Romano, Torino 1979, pp. 385-388; G. Fabiano, San Saturnino di Susa. Ambiente, architettura, Segusium 18, 1982, suppl., pp. 7-34; S. Savi, San Saturnino di Susa. Cenni artistici e storici, ivi, pp. 35-39; Affreschi medievali alla Novalesa e in Valle di Susa. Testimonianze di pittura murale tra VIII e XII secolo, in La Novalesa. Ricerche, fonti documentarie, restauri, "Atti del Convegno-dibattio, Abbazia della Novalesa 1981", Torino 1988, I, pp. 61-137; S. Savi, La cattedrale di San Giusto e le chiese romaniche della diocesi di Susa, Pinerolo 1992; Piemonte Romanico, a cura di G. Romano (Arte in Piemonte, 8), Torino 1994; G. Carità, Itinerario architettonico, ivi, pp. 59-96, 129-142; G. Romano, Cantieri di aggiornamento: S. Costanzo al Monte e Orta S. Giulio. Sacra di S. Michele e chiostro di S. Orso ad Aosta, ivi, pp. 136-190: 177-183; C. Segre Montel, La pittura monumentale, ivi, pp. 257-284: 261-265; id., Dispersioni e ritrovamenti, ivi, pp. 344-391: 349-351; s.v. Susa, in Il Piemonte paese per paese (Enciclopedia dei comuni d'Italia, 7), Firenze 1995, pp. 128-133; C. Tosco, Architetti e committenti nel romanico lombardo, Roma 1997, pp. 131-136.

Vedi anche
Dora Riparia Fiume del Piemonte (125 km; bacino di 1230 km2). Nasce, con il nome di Piccola Dora, presso il colle del Monginevro; nelle vicinanze di Cesana riceve da destra le acque del torrente Ripa (da cui il nome), poi da sinistra quelle dei torrenti Bardonecchia (presso Oulx) e Cenischia (presso Susa). Confluisce ... Adelàide contessa di Savoia Adelàide contessa di Savoia (o di Susa, o di Torino). - Figlia (n. 1020 circa - m. Canischio, Cuorgné, 1091) di Olderico Manfredi, nel 1046 sposò, sembra in terze nozze (vedova di Ermanno di Svevia e di Enrico di Monferrato), Oddone, figlio di Umberto Biancamano, portandogli in dote la marca di Torino ... Rivoli Comune della prov. di Torino (29,5 km2 con 50.115 ab. nel 2008), parte integrante dell’agglomerato torinese. Il centro è situato a 390 m s.l.m., sul versante esterno e all’estremità orientale dell’anfiteatro morenico che da esso prende nome e che deve la sua origine all’antico ghiacciaio di Susa. Intensamente ... Piemonte Regione dell’Italia settentrionale (25.402 km2 con 4.401.266 ab. nel 2008, ripartiti in 1206 Comuni; densità 173,2 ab./km2). È situata ai piedi delle Alpi Occidentali e comprende un arco montuoso che, dall’Appennino Ligure, si estende lungo il versante italiano delle Alpi fino al Lago Maggiore e il lembo ...
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Vocabolario
Lat
Lat s. m. inv. Acronimo dell’ingl. Living apart together. ◆ Li chiamano «Lat», acronimo di «Living apart together» (vivere separati insieme), e in Inghilterra sono già un milione: giovani coppie, tra i 20 e i 30 anni, che non vogliono né...
lat
lat. – Abbreviazione grafica usuale di latino (con riferimento alla lingua) e di latitudine.
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