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Il Regno dello Swaziland (noto anche come Ngwame) è una monarchia assoluta, sorta nella prima metà dell’Ottocento a seguito dell’occupazione dei territori nord-orientali dell’attuale regione sudafricana del Natal da parte di etnie emigrate dal vicino regno degli Zulu.
L’ascesa della potenza britannica, in concomitanza all’affievolirsi del potere della repubblica boera del Transvaal, permise al Regno Unito di porre sotto protettorato lo Swaziland, riconoscendo però l’autorità del sovrano locale. Le sorti del regno, passato nel 1921 sotto la reggenza di Sobhuza II, sono poi dipese dalla volontà britannica di accelerare il processo di decolonizzazione a seguito dell’acuirsi dei contrasti con il Sudafrica negli anni Sessanta. Di lì a poco una graduale transizione portò all’indipendenza lo stato africano nel 1968 e creò le condizioni per l’adozione delle prime due Costituzioni (1964 e 1967) e la formazione del parlamento. In quegli stessi anni nascevano, contestualmente, il partito filomonarchico dell’Imbokodvo National Movement (Inm) – che vincerà i 24 seggi nelle elezioni della Camera bassa del 1967 – e il partito d’opposizione Ngwane National Liberatory Congress (Nncl).
Dal 1968 in poi, la storia politica interna dello Swaziland non ha subìto sostanziali cambiamenti e il sistema politico ha mantenuto un carattere autoritario. Il regno può definirsi una monarchia duale, incardinata sul potere del re – la cui carica è ricoperta dal 1986 da Mswati III, detto anche ‘Leone’ – e della regina madre – detta ‘Elefantessa’. I partiti sono banditi dal 1973, anno in cui la Costituzione venne sospesa dal sovrano. Esiste tuttavia un Parlamento, i cui membri sono in parte nominati dal re e dalla regina e in parte eletti da consigli locali a scrutinio segreto. I membri nominati dalla corona possono eleggere il primo ministro (dal 2008 Barnabas Sibusiso Dlamini). Il Parlamento non ha alcun potere effettivo e la famiglia reale, anche dopo la promulgazione di una nuova Costituzione nel 2006, prende tutte le decisioni attraverso il Consiglio supremo di stato (Liqoqo).
La società civile, in particolare il People’s United Democratic Movement (Pudemo) e la Swaziland Federation of Trade Unions (Sftu), ha più volte manifestato nelle piazze sia in modo pacifico sia in maniera violenta affinché il paese possa dotarsi di sistemi democratici, ma ha ottenuto dal regime solo repressione e nuove restrizioni, in un clima di crescente terrore.
Decenni di dittatura e di scelte politiche finalizzate principalmente a tutelare gli interessi della famiglia reale hanno precipitato lo Swaziland in uno stato di profonda indigenza. La diffusione dell’Aids e la carestia alimentare hanno contribuito a peggiorare ulteriormente la situazione interna. Lo Swaziland ha, infatti, il tasso più alto al mondo di malati di Hiv (26% della popolazione) e tra i più alti tassi di decessi (circa 7.000 morti causate dall’Hiv secondo l’ultimo dato disponibile al 2009 da parte della Wealth Health Organization). La carestia, che nel 2002 colpì duramente il 40% dell’intera popolazione, aprì un’emergenza sanitaria che indusse la comunità internazionale a mobilitarsi. La Commissione europea, nel 2002, approvò così l’invio di 2 milioni di dollari di aiuti umanitari destinati a Lesotho e Swaziland. Nel 2005, anno in cui il 70% della popolazione viveva con meno di un dollaro al giorno, lo Swaziland è risultato essere lo stato che percentualmente ha ricevuto più aiuti umanitari al mondo.
Sul piano internazionale il paese è fortemente legato al Sudafrica, che è il primo partner commerciale e l’unico fornitore di energia. Lo Swaziland, inoltre, è attivo nella cooperazione regionale attraverso l’Unione doganale dell’Africa meridionale (Sacu) e la Comunità di sviluppo dell’Africa meridionale. Stati Uniti e Unione Europea costituiscono i maggiori donatori di aiuti umanitari.