TANCREDI
– Conte di Brindisi, figlio di Goffredo, conte normanno di Conversano, e di Sichelgaita. Di Tancredi non conosciamo la data di nascita, che possiamo comunque collocare non più tardi del 1090 circa: nel 1107, infatti, egli è associato a un atto di donazione della madre in favore del monastero brindisino di S. Maria Veterana, dove compare anche come sottoscrittore (Codice diplomatico brindisino, a cura di C.M. Monti et al., 1940, pp. 20-23); Tancredi figura qui con il titolo di conte, ma senza specificazione di luogo.
Ancora nel 1122 è in posizione subordinata nei confronti della madre, e privo di titolo comitale, in una lettera di Callisto II indirizzata a entrambi (Giordano, 1972, pp. 434 s.). Solo nel 1130, dopo la morte della madre, in una sua donazione al vescovato brindisino figura come conte di Brindisi (Codice diplomatico brindisino, cit., pp. 23 s., con data errata del 1113).
Il rapporto di Tancredi con la propria famiglia di origine non fu sempre pacifico, ma anzi segnato in un primo periodo da un’evidente ostilità nei confronti del fratello Alessandro. Nel 1116 si mosse proprio contro quest’ultimo, già all’epoca conte di Conversano, centro originario e nevralgico del dominio familiare: organizzò una spedizione presso il fiume Bradano, in Basilicata, insieme con Costanza, vedova di Boemondo di Antiochia e reggente per il figlio Boemondo II, con Goffredo Brittone e con Unfredo di Gravina. Obiettivo erano probabilmente alcuni domini lucani di Alessandro, che infatti reagì prontamente, riuscendo a imprigionare Costanza e Unfredo, rilasciati dopo un breve periodo di detenzione a Matera; Tancredi e Goffredo sfuggirono alla cattura.
Un documento datato al 1117 (Codice diplomatico barese, a cura di F. Nitti di Vito, 1902, pp. 111 s.), da cui risulta che Costanza aveva ceduto a Tancredi un quarto della città di Bari, è, con ogni probabilità, un falso. Negli anni successivi la costellazione di rapporti messa in luce dall’episodio del 1116 perdurò, precisandosi e in parte complicandosi. Costanza fu nuovamente catturata nel 1120 da Alessandro di Conversano e da Grimoaldo, che assunse così il controllo di Bari, e fu liberata per intervento di papa Callisto II. L’anno dopo il duca Guglielmo conquistò il castello della Trinità, nella valle del Basento, insieme con Costanza e Tancredi; si confermava quindi il loro interesse per l’area al confine fra le attuali Puglia e Basilicata, dove Alessandro di Conversano era molto attivo, come già Goffredo, loro padre.
Al di là di questi episodi a sfondo locale, peraltro di importanza non trascurabile, la fama di Tancredi si deve però soprattutto al ruolo di primo piano da lui svolto nell’opposizione a Ruggero II, conte di Sicilia: nel 1127, subito dopo la morte senza figli del duca Guglielmo, Ruggero aveva rivendicato il Ducato di Puglia, entrando in contrasto con i signori del Mezzogiorno continentale. Insieme con Grimoaldo di Bari, Goffredo conte di Andria e Ruggero conte di Ariano, Tancredi fu nel primo nucleo degli oppositori, coordinatosi, dopo la prima campagna continentale di Ruggero, per iniziativa di Onorio II, in un incontro a Troia: Onorio era ostile al conte di Sicilia e deciso a rifiutargli l’investitura del Ducato di Puglia.
Nell’estate del 1128 fra i primi obiettivi del nuovo attacco di Ruggero troviamo Brindisi, il centro principale dei domini di Tancredi, che la riconquistò, insieme con la vicina Castro, dopo il ritorno di Ruggero in Sicilia. Alla ripresa della campagna (primavera del 1129), Brindisi fu difesa da Goffredo, figlio di Alessandro di Conversano, e da Riccardo di Chiaromonte; Tancredi era impegnato più a nord, nella difesa di Ruvo di Puglia, che però Ruggero riuscì a conquistare, insieme con diversi altri centri della Puglia centrale. Tancredi e il fratello Alessandro, con Grimoaldo di Bari, si accordarono allora con Ruggero: ottennero la restituzione dei loro domini (ma Ruggero costruì a Brindisi una rocca urbana, controllata da suoi soldati), abbandonando le loro conquiste recenti e appoggiando Ruggero nell’assedio di Troia, che fu conquistata.
La presenza di Goffredo di Conversano a coordinare la difesa di Brindisi è il primo segno di un nuovo equilibrio: Tancredi e il fratello Alessandro si riavvicinarono, facendo fronte comune contro Ruggero insieme con Grimoaldo di Bari, del quale, invece, negli anni precedenti Tancredi era stato probabilmente avversario, in nome della propria intesa con Costanza.
Le fonti narrative omettono quasi sistematicamente il titolo comitale di Tancredi, caratterizzandolo esclusivamente come membro della famiglia dei signori di Conversano. Pur essendo il capo della rivolta contro Ruggero, Tancredi era dunque visto come parte di un gruppo parentale, del quale non deteneva l’egemonia; per questo motivo i cronisti riconoscono al solo Alessandro il titolo di conte.
Fu forse nel contesto fluido di quegli anni che Tancredi estese il suo dominio ad altri centri, lontani dalla sua zona principale di radicamento. Oltre che di Ruvo, nel 1129 Tancredi era signore di Rignano, sul Gargano e nel 1131 di Montemilone, poco distante da Venosa.
Una seconda fase della rivolta divampò nel 1131, dopo l’incoronazione regia di Ruggero per opera di Anacleto II. Tancredi diede inizio alle ostilità assediando a lungo la fortezza costruita da Ruggero dentro la città di Brindisi, ma non riuscì a conquistarla: gli uomini di Ruggero accettarono di arrendersi soltanto a Grimoaldo di Bari, che aveva loro promesso la salvezza, mentre Tancredi acconsentiva a lasciare Brindisi per provare a conquistare Gallipoli, non sappiamo con che esito. Nel 1132 l’assedio vittorioso di Bari da parte di Ruggero ruppe il fronte dei resistenti. Grimoaldo fu catturato e destinato alla reclusione in Sicilia. Valutando la piega degli eventi, estremamente negativa per i ribelli, Tancredi decise dunque di sottomettersi volontariamente a Ruggero, anticipando il giudizio della Curia regia: al re cedette, probabilmente per la somma simbolica di venti schifati, tutti i centri che controllava, impegnandosi a partire per la Terrasanta.
Nell’atto datato al giugno del 1132, che regolava dopo la dedizione i rapporti fra la città di Bari e Ruggero, figurano come fideiussori del re: Tancredi di Conversano, Alessandro conte di Conversano, Goffredo conte di Catanzaro e Roberto di Gravina.
Un mese dopo, in luglio, Ruggero fu però duramente sconfitto a Nocera da Roberto di Capua e da Rainulfo d’Alife, i suoi principali oppositori in Campania. La notizia raggiunse Tancredi a Montepeloso (oggi Irsina, in provincia di Matera), un centro che faceva già parte dei domini paterni; vi si era recato attiratovi dall’ostilità che i locali manifestavano nei confronti del re e da lì riorganizzò la rivolta. Si accordò con Alessandro suo fratello, Goffredo di Andria, Roberto e Rainulfo perché nessuno concludesse accordi di pace separatamente con Ruggero, e agì come catalizzatore di un dissenso consapevole e diffuso nelle élites cittadine, delle quali erano parte importante, in quest’area appenninica, i cavalieri normanni. Infatti, raccolse l’adesione alla sua causa degli abitanti di Acerenza, che avevano cacciato il loro signore per il suo orientamento eccessivamente filoregio, e anche la dedizione di un centro importante come Venosa, che dopo un breve assedio gli si sottomise volontariamente.
La Basilicata orientale divenne la ridotta di Tancredi e dei suoi principali alleati pugliesi, dove tutti si spostarono: Alessandro di Conversano e suo figlio Goffredo a Matera, Roberto (anch’egli figlio di Alessandro) ad Armento, Goffredo di Andria ad Anzi. Non è un caso che al suo ritorno dalla Sicilia, nella primavera del 1133, Ruggero si dirigesse immediatamente su Venosa, che riconquistò, inaugurando un uso spregiudicato del terrore, caratteristico di questa sua ultima, risolutiva campagna contro i ribelli.
Tancredi difese Montepeloso con Ruggero di Plenco, un fedele di Rainulfo d’Alife. Il re la attaccò per ultima: ciò dimostra come considerasse Tancredi il vero capo della rivolta nel territorio pugliese.
Per quindici giorni gli assedianti usarono macchine belliche che, accostate alle mura, permettevano loro di combattere corpo a corpo. I resistenti riuscirono a respingere i loro assalti, ma furono infine terrorizzati dai ripetuti tentativi delle truppe regie di demolire il barbacane; sfiduciati, si rifugiarono nelle fortificazioni interne e lasciarono sostanzialmente sguarnite le mura. Montepeloso fu conquistata e distrutta.
Tancredi, catturato dagli uomini di Ruggero, fu umiliato pubblicamente: il re lo costrinse a impiccare egli stesso Ruggero di Plenco davanti alla popolazione. Fu deportato in Sicilia, dove probabilmente morì in prigionia.
Una sua figlia, di nome Alferana, è nota da un atto del 1131 (Houben, 1995, p. 341).
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