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TANZANIA

di Guido Barbina, Giampaolo Calchi Novati - Enciclopedia Italiana - V Appendice (1995)
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TANZANIA

Guido Barbina
Giampaolo Calchi Novati

(App. IV, III, p. 577)

Con una popolazione di 26.700.000 ab. (1993), divisa in 120 tribù diverse ma oggi parlanti la stessa lingua nazionale, il kiswahili, sparsa su un vastissimo territorio e addensata soprattutto alla periferia (in quanto i suoli più fertili e i climi migliori sono quelli delle aree costiere, delle alture vulcaniche nella regione del Kilimangiaro e quelli della regione dei laghi), il paese ha cercato di sviluppare la regione centrale spostando nel 1973 la capitale da Dār es-Salāām a Dodoma, sull'altopiano interno: questa scelta è stata puramente formale fino alla metà degli anni Ottanta, in quanto solamente dal 1985 la nuova capitale ha cominciato ad assumere effettivamente alcune delle funzioni amministrative fondamentali. La politica di concentrazione della popolazione rurale in un numero più limitato di centri abitati, che avrebbero dovuto funzionare secondo le linee del ''socialismo africano'' (ujamaa), è stata abbandonata dal 1985 con le dimissioni di Nyerere.

Attualmente più del 90% della popolazione rurale vive disperso in tanti piccoli villaggi scarsamente forniti di mezzi di collegamento; la vecchia capitale costiera, Dār es-Salāām, ha una popolazione di 1.360.850 ab. (1988) e Dodoma ha raggiunto i 203.833 abitanti. L'economia del paese ha conosciuto gravi difficoltà negli anni Settanta e Ottanta e non sembra essere ancora riuscita a trovare una sua vitalità. Il settore primario, che impiega l'80% della popolazione attiva e che fornisce la quasi totalità delle merci esportate (ma solo il 2,9% della superficie totale è coltivato e solo il 2% irrigato), è in gravi difficoltà a causa dell'incostanza del clima, della scarsità di fertilizzanti e di mezzi di trasporto e della limitata assistenza tecnica.

La produzione alimentare (mais, miglio, sorgo, cassava, riso e ortaggi), che negli anni di siccità scende molto al di sotto del fabbisogno del paese, è basata su piccole aziende familiari riunite in cooperative poco efficienti. L'agricoltura commerciale, controllata dallo stato, è in balia delle oscillazioni dei prezzi sul mercato mondiale. La coltura del caffè, concentrata nelle aree alte attorno a Moshi e Arusha, è in declino (590.000 q nel 1993); l'esportazione del caffè è contingentata annualmente dall'International Coffee Organization (ICO). Il cotone, dopo un periodo di espansione all'inizio degli anni Ottanta, è in progressiva riduzione (730.000 q di fibra nel 1992). I chiodi di garofano, un tempo coltivati soprattutto a Zanzibar e oggi principalmente a Pemba, coprono per 2/3 la domanda mondiale. L'agave sisalana, il tabacco, l'anacardio, la canna da zucchero, la noce di cocco, il piretro e le arachidi offrono limitate prospettive di espansione.

Le industrie (tessile, del macchinario, del materiale di costruzione) sono quasi tutte sorrette dall'assistenza tecnica e finanziaria straniera; a Dār es-Salāām è in funzione una raffineria costruita dall'ENI. L'energia elettrica è prodotta per buona parte da alcune centrali idroelettriche costruite sui fiumi Ruaha e Pangani. L'estrazione dei minerali è scesa a livelli insignificanti.

Le comunicazioni all'interno sono carenti: le linee ferroviarie più importanti sono quella che collega la costa con Ujiji sul lago Tanganica passando per la capitale (con una derivazione per Mwanza, sul lago Vittoria), costruita ancora sotto l'amministrazione germanica, e la linea che da Dār es-Salāām giunge alla regione mineraria dello Zambia, costruita dai Cinesi nel 1974. Le due strade più importanti sono quella parallela alla ferrovia per lo Zambia e quella, terminata nel 1985, che congiunge la capitale nuova con la vecchia. Il porto di Dār es-Salāām ha perso gran parte delle sue funzioni internazionali da quando lo Zambia ha ricominciato a usare i porti del Mozambico.

Il turismo è molto limitato a causa della decadenza degli impianti ricettivi. Il commercio con l'estero, fortemente passivo, vede al primo posto fra i fornitori il Regno Unito, seguito dal Giappone, dalla Germania e dall'Italia.

Bibl.: L. Cliffe, J. Saul, Tanzania socialism. Politics and policies: an interdisciplinary reader, Nairobi 1972; Rural cooperation in Tanzania, Dār es-Salāām 1975; B. Joinet, Tanzanie. Manger d'abord, Parigi 1981; A. Coulson, Tanzania: a political economy, Oxford 1982; C.G. Kahama, L. Maliyamkono, S. Wells, The challenge for Tanzania's economy, Londra 1986; H. Campbell, H. Stein, The International Monetary Fund and Tanzania, Harare 1991; K.J. Havnevik, Tanzania. The limits to development from above, Uppsala 1993.

Storia. - Il presidente J. Nyerere, antesignano e strenuo sostenitore del ''socialismo africano'', non ha potuto impedire il progressivo peggioramento delle condizioni economico-sociali del paese e il graduale abbandono dei principi e dei metodi del cooperativismo a cui s'ispirava la dottrina dell'ujamaa. Alla privatizzazione dell'agricoltura e al ripristino della libertà del mercato spingeva il Fondo monetario internazionale, da cui la T. dipendeva per crediti indispensabili al suo riassetto, e Nyerere, che in passato si era opposto anche per ragioni di autonomia nazionale alle condizioni poste dagli organismi finanziari internazionali, non poté sostenere oltre il suo progetto politico. Fu dunque motivata dall'età, ma finì per avere anche una portata politica, la decisione di Nyerere, annunciata nel 1984, di non chiedere il rinnovo del suo mandato presidenziale alla scadenza del 1985.

La successione di uno dei più prestigiosi e rispettati presidenti africani avvenne in modo ordinato. Il ''delfino'' era forse E. Sokoine, che però morì in un incidente prima del ritiro di Nyerere. Un altro possibile erede, R. Kawawa, primo ministro dal 1972 al 1977 e strettissimo collaboratore di Nyerere, era giudicato troppo ''radicale''. La scelta cadde sul vicepresidente e presidente di Zanzibar, A.H. Mwinyi, che, designato dagli organi del partito unico, il Chama Cha Mapinduzi (CCM, Partito rivoluzionario della Tanzania), fu eletto con il 96% dei voti.

Mwinyi prese possesso della carica il 5 novembre 1985, mentre presidente di Zanzibar divenne I.A. Wakil (a cui è succeduto nel 1990 S. Amour). Se il passaggio delle consegne servì anche a consolidare l'unione fra le due componenti dello stato, il Tanganica continentale e l'arcipelago di Zanzibar, rimase aperta tuttavia la contraddizione fra l'opzione socialista e quella liberalizzatrice. Mentre nel suo complesso il partito difendeva l'impostazione socialista, sia perché nel gruppo dirigente vi erano alcuni socialisti convinti, sia per i vantaggi che la burocrazia ricavava dalla gestione dell'apparato economico, Mwinyi e il governo premevano per profonde riforme economiche. Il fatto che Nyerere avesse conservato la presidenza del CCM, anche dopo il congresso del 1987, con Kawawa alla segreteria generale, trasformò il partito in una specie di contraltare del governo, introducendo una dialettica che non era prevista in queste forme. Il CCM continuò a essere la forza dirigente del paese, confermata dalle elezioni parlamentari del 1980 e del 1985, che si svolsero con il tradizionale ballottaggio fra più candidati del partito unico. Nel 1989 un rimpasto ministeriale portò nel governo tre ministri della tendenza fondamentalista islamica; ne uscì invece Salim A. Salim, divenuto segretario generale dell'OUA (Organizzazione dell'Unità Africana).

Sul piano regionale la Comunità est-africana (T., Kenya e Uganda), che era stata indicata come un promettente modello di aggregazione e integrazione nello spirito dell'unità africana, fallì a causa dei contrasti interni e del diverso grado di sviluppo degli stati membri e si sciolse di fatto dal 1977; nel 1983 fu trovato un accordo per la distribuzione dei beni e dei servizi; nel 1987 si costituì una commissione tripartita per studiare la possibilità di nuove forme di cooperazione. A questa crisi contribuì anche il crescente contrasto con l'Uganda, che sfociò nell'intervento militare tanzaniano in Uganda nel 1979, a sostegno della forza di liberazione contro il regime di I. Amin. L'ingerenza della T., che Nyerere giustificò con una precedente aggressione dell'Uganda, fu condannata dal vertice dell'OUA; le truppe tanzaniane vennero ritirate nel 1981. La T., pur non avendo un confine comune né con la Repubblica Sudafricana né con la Rhodesia (l'attuale Zimbabwe), è stata un membro attivissimo del gruppo degli stati ''del fronte'' creato per trattare i problemi della liquidazione del razzismo in Africa australe, nonché della SADCC (South Africa Development Coordination Conference). Su richiesta del governo di Maputo, la T. tenne dal 1976 al 1988 un contingente di forze armate in Mozambico per proteggerlo prima dagli attacchi della Rhodesia e poi dalle azioni di guerriglia della Renamo. I rapporti della T. con la Zambia sono stati consolidati grazie anche alla costruzione della ferrovia Tazara inaugurata nel 1975.

Nyerere ha lasciato la presidenza del partito nel 1990 e da allora non ha più avuto cariche ufficiali, prendendo le distanze dall'attività di governo e, tramontata l'opzione socialista, dallo stesso CCM, che ha di fatto abbracciato una politica liberista. Le elezioni del 1990, che hanno visto la rielezione di Mwinyi, sono state le ultime a partito unico, perché dal 1992 è stato legalizzato il pluripartitismo. Non essendo Mwinyi più rieleggibile, si è aperta la corsa alla successione in vista delle elezioni dell'ottobre 1995. Il Partito rivoluzionario della T. sarebbe in perdita di popolarità soprattutto a Zanzibar, dove sono stati spesso denunciati soprusi a danno degli oppositori, e ciò non depone a favore dell'unità del paese. Dopo le prossime elezioni verrà a cadere la convenzione che faceva automaticamente del presidente di Zanzibar il secondo vicepresidente del governo centrale.

Bibl.: G. Hyden, Beyond Ujamaa in Tanzania, Londra 1980; R. Yeager, Tanzania: an African experiment, ivi 1983; J. Boesen, K.J. Havnevik, J. Koponen, Tanzania. Crisis and struggle for survival, Uppsala 1986; I.G. Shivji, Law, state and the working class in Tanzania, Londra 1986; M. Hodd, Tanzania after Nyerere, ivi 1988; D.C. Martin, Tanzanie. L'invention d'une culture-politique, Parigi 1988.

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