Stato dell’Africa meridionale, che si estende, senza raggiungere il mare, quasi interamente nella sezione sinistra del medio bacino del fiume Zambesi. Confina a N con la Repubblica Democratica del Congo, a NE con la Tanzania e il Malawi, a E con il Mozambico, a S con lo Zimbabwe e il Botswana, a SO con la Namibia, a O con l’Angola.
Nel suo insieme, il territorio si presenta come una successione di tavolati di antica formazione che digradano, a N, verso la depressione occupata dal Lago Bangueolo, a O e S verso quella percorsa dallo Zambesi e a SE verso quella solcata dal Luangwa. L’altitudine è generalmente di poco superiore ai 1000 m s.l.m. negli altipiani, ma quote più elevate si registrano nei Monti Muchinga, a E, che raggiungono i 2200 m, e lungo il confine con il Malawi, con cime che superano di poco i 2000 m. La rete idrografica fa capo allo Zambesi (salvo la regione nord-orientale, che comprende l’alto bacino del fiume Luapula, il Lago Bangueolo e tutto il bacino del fiume Chambeshi, tributari del Congo), il quale proprio nella Zambia ha le sue sorgenti, presso il confine con la Repubblica Democratica del Congo; il fiume scorre poi per un tratto in Angola, quindi a lungo in territorio zambiano, dapprima con un alveo poco profondo che comporta frequenti esondazioni e la formazione di vaste aree acquitrinose, quindi sempre più incassato, nel tratto in cui segna il confine con lo Zimbabwe; qui il fiume discende alcuni gradini, il più imponente dei quali dà origine alle Cascate Vittoria. Alquanto a valle di queste, si apre uno dei più estesi (5300 km2 ca.) bacini artificiali del mondo, formato dalla diga di Kariba. Ancora più a valle, lo Zambesi riceve i suoi principali affluenti di sinistra (Kafue, Luangwa).
Il clima dominante è di tipo tropicale, con temperature medie non elevate (da 16 a 23 °C nell’arco dell’anno), grazie all’altitudine, e con escursioni diurne e annue notevoli, determinate sia dalla stessa altitudine, sia dalla continentalità. Le precipitazioni sono estive (novembre-aprile), relativamente abbondanti solo nella regione nord-orientale (1200 mm) e vanno riducendosi verso S (600-700 mm). La stagione secca è assai accentuata.
Pur restando un paese a bassa densità media, la Zambia, terra di antichissima presenza umana, ha quasi quintuplicato la sua popolazione nella seconda metà del 20° secolo. L’incremento demografico è stato impetuoso, raggiungendo tassi annui superiori al 3%, per poi scendere progressivamente fino all’attuale 1,6% (2009). Alla storica piaga della malaria si è infatti aggiunta la pandemia dell’AIDS, la cui diffusione (56.000 morti l’anno e oltre un milione di sieropositivi nel 2007) è favorita dalle pessime condizioni igieniche. La situazione socio-sanitaria ha raggiunto livelli drammatici, come denunciano una mortalità infantile elevatissima (99,9‰ nel 2010) e una speranza di vita che non supera i 38 anni. I maggiori addensamenti (intorno ai 50 ab./km2) si realizzano nell’area circostante Lusaka e, al confine con la Repubblica Democratica del Congo, nella provincia del Copperbelt; oltre alla capitale, le città più popolose sono Ndola, Kitwe, Kabwe, Chingola, Mufulira e Luanshya, tutte nel Copperbelt. Un accentuato squilibrio strutturale si riscontra fra l’asse urbanizzato che attraversa il paese da N a S e le altre regioni, scarsamente collegate con il resto del paese e poco o nulla interessate da fenomeni di modernizzazione dell’economia. La composizione etnica della popolazione è relativamente omogenea: si riconoscono 70-80 etnie imparentate fra loro e tutte di ceppo Bantu.
Lingua ufficiale è l’inglese, ma restano di uso comune numerosi idiomi locali. La religione è in prevalenza cristiana, protestante per il 23% della popolazione, cattolica per il 17%; il 27% pratica culti animisti e la parte rimanente è costituita da minoranze musulmane e indù.
Strutturata, in epoca coloniale, in funzione dello sfruttamento minerario, l’economia della Zambia ha tentato una diversificazione dopo l’indipendenza, ma con risultati contraddittori, soggetti al vincolo costituito dal prezzo internazionale del rame. Il drastico calo di valore di questa materia prima (che rappresenta quasi una monoproduzione) ha portato il paese a un rapido indebitamento e le politiche di contenimento della spesa pubblica messe in atto hanno causato un aggravamento delle condizioni di vita della popolazione. Il reddito per abitante è oggi tra i più bassi del mondo, il tasso di crescita economica si presenta discontinuo e l’inflazione è strutturalmente elevata. Il paese, di conseguenza, gravato da un forte debito pubblico ed estero e afflitto da una grave emergenza sanitaria e alimentare, risulta in gran parte dipendente dagli aiuti e dai crediti esteri.
Alle attività agricole si dedica l’85% della popolazione attiva, coltivando appena il 7% della superficie; il settore primario contribuisce al PIL per il 19,7% (2009). Nonostante riforme agrarie e progetti di potenziamento, il paese non ha raggiunto l’autosufficienza alimentare, sia per il prevalere di forme tradizionali di conduzione, poco produttive, sia per la ricorrenza di condizioni ambientali sfavorevoli (devastante è stato, per es., lo straripamento del fiume Zambesi nel 2000). Le colture di sussistenza sono rappresentate da mais, sorgo, riso, miglio e manioca, mentre tra le colture da esportazione le più economicamente significative sono il tabacco, il cotone, la canna da zucchero, le arachidi e il caffè. Lo sfruttamento del patrimonio forestale fornisce una buona produzione di legname (10 milioni di m3 nel 2007). Modesto il comparto zootecnico.
La produzione mineraria si rivela, senza dubbio, come il settore portante dell’economia della Zambia, fra i principali produttori mondiali di rame (560.000 t nel 2008). I giacimenti sono localizzati nella provincia di Copperbelt e costituiscono un prolungamento dei giacimenti minerari del Katanga (Repubblica Democratica del Congo). Oltre al rame si estraggono manganese, carbone, cadmio, zinco, piombo, stagno, piriti, smeraldi. L’oro, l’argento, il selenio e soprattutto il cobalto sono ricavati come sottoprodotti dalla raffinazione del rame. L’industria zambiana (32,4% del PIL con solo il 6% della forza lavoro) è organizzata prevalentemente intorno alla lavorazione del rame (altre produzioni in campo chimico, meccanico, alimentare, tessile, della raffinazione del petrolio, della gomma, del cemento), grazie anche alla disponibilità di energia idroelettrica (oltre 9 miliardi di kWh nel 2007), che rende competitiva la raffinazione elettrolitica del rame, eseguita sul posto. Il turismo offre buone possibilità di sviluppo, grazie alle attrattive della zona delle cascate Vittoria. La bilancia commerciale, dopo molti anni in attivo, ha iniziato a essere negativa all’inizio degli anni 1990. Si importano soprattutto macchinari, combustibili e beni alimentari; le esportazioni sono rappresentate per oltre i 2/3 da minerali e metalli (in massima parte rame). Principali partner commerciali sono la Cina, la Repubblica Sudafricana, la Repubblica Democratica del Congo e gli Emirati Arabi Uniti.
Le ferrovie (2157 km nel 2008) e le strade (oltre 91.000 km, di cui 20.000 circa asfaltati) ricalcano la rete coloniale, collegata con l’allora Rhodesia Meridionale (poi Rhodesia, od. Zimbabwe) e quindi con Mozambico e Repubblica Sudafricana, e con la Tanzania, e finalizzata all’esportazione del rame, mentre trascurati sono i collegamenti interni; fra le realizzazioni successive all’indipendenza, la più importante è la ferrovia (Tan-Zam) che unisce il Copperbelt al porto di Dar es Salaam.
Il sito preistorico di Kalambo Falls, occupato dall’uomo fin dal Paleolitico inferiore, offre uno scorcio quasi completo della preistoria della Zambia: i livelli più antichi risalgono all’Acheuleano superiore, datato indirettamente a circa 200.000 anni fa; seguono livelli con manufatti del Sangoano, datati a 100.000-80.000 anni fa, e poi del Lupembiano, risalenti a circa 30.000 anni fa. Nella serie di strati che vanno da circa 10.000 anni fa fino all’inizio della nostra era, si trovano i resti lasciati da gruppi di cacciatori-raccoglitori, con manufatti tipicamente microlitici e affini a quelli di Wilton. Nel sito di Broken Hill è stato rinvenuto un cranio umano che, pur avendo una morfologia per alcuni aspetti affine all’uomo di Neandertal, è considerato tra le forme di Homo sapiens arcaico; il cranio e le ossa di altri due o più individui sono datati a circa 125.000 anni fa. Dalla grotta di Nachikufu, nel Nord del paese, prende nome il Nachikufano, industria microlitica, associata con manufatti di pietra levigata e, nella parte finale del suo sviluppo, con ceramica: è opera di cacciatori-raccoglitori vissuti tra il 18.000 a.C. e il 1500 d.C. circa in Zambia e anche in Malawi, che, a partire dal 100 a.C. circa, pur continuando il loro modo di vita tradizionale, vennero a contatto con comunità agricole di ceppo bantu più avanzate da un punto di vista tecnologico, conoscendo l’uso dei metalli e l’estrazione del rame.
Del paese si conosceva ben poco in Europa fino ai viaggi di D. Livingstone (1852-55), cui si deve la scoperta delle cascate dello Zambesi. La popolazione locale era giunta per ondate successive dal bacino del Congo. La penetrazione europea iniziò alla fine del 18° sec. con i Portoghesi, ma furono gli Inglesi a effettuare la conquista coloniale senza incontrare resistenze. Le ricchezze minerarie attirarono l’attenzione della British South Africa Company (BSAC), fondata da C.J. Rhodes (➔); nel 1924 la BSAC cedette tutti i suoi diritti e poteri al governo inglese, che costituì il protettorato della Rhodesia Settentrionale. L’aumento della domanda mondiale di rame valorizzò notevolmente il possedimento britannico. Nel 1948 nacque un partito politico, il Northern Rhodesia Congress, poi Northern Rhodesia African National Congress (NRANC), presieduto da H. Nkumbula. Nel 1953 tra Rhodesia Settentrionale, Rhodesia Meridionale (➔ Zimbabwe) e Nyasaland (➔ Malawi) fu costituita la Federazione dell’Africa Centrale, voluta dal Colonial Office britannico. La federazione durò, fra contestazioni e proteste, fino al dicembre 1963, quando la Rhodesia Settentrionale era ormai alla vigilia dell’indipendenza. Nel frattempo, il NRANC aveva subito una scissione: K.D. Kaunda e altri elementi radicali avevano dato vita (1958) all’United National Independence Party (UNIP), che nelle elezioni che precedettero l’indipendenza ottenne la maggioranza; Kaunda divenne capo del governo e quindi, proclamata l’indipendenza nell’ambito del Commonwealth il 24 ottobre 1964, presidente della Repubblica.
Il nuovo Stato, che assunse il nome di Zambia, si trovò a fare i conti con i problemi dell’intera Africa australe, dove incombevano il colonialismo portoghese e il razzismo dei bianchi rhodesiani e sudafricani. Kaunda difese sempre con vigore i diritti degli Africani, ma senza trascurare incontri diretti con gli esponenti del ‘«potere bianco’. Sul piano interno, dal 1972 la Zambia divenne a tutti gli effetti uno Stato a partito unico. Ispirandosi al ‘socialismo africano’, con una spiccata vocazione all’‘umanesimo’, Kaunda promosse una politica di nazionalizzazioni e riforme sociali, che con il tempo gravarono in misura insopportabile sulle finanze pubbliche. La produttività rimase insufficiente, mentre i prezzi del rame sul mercato internazionale tendevano al ribasso. Nel corso degli anni 1980, il governo si adattò alle ricette imposte dal Fondo monetario internazionale, andando incontro a una crescente opposizione. Dopo vari incidenti e un fallito tentativo di colpo di Stato militare (1990), anche la Zambia dovette affrontare la svolta del pluralismo, di cui si fece interprete una formazione non ufficiale, il Movement for Multiparty Democracy (MMD), capeggiato dal presidente dello Zambian congress of trade unions, F. Chiluba, che si impose nelle prime elezioni libere (1991).
Il nuovo presidente cercò di arginare il diffuso fenomeno della corruzione nella pubblica amministrazione e di migliorare le difficili condizioni economiche del paese. La situazione subì un ulteriore peggioramento dopo le contestate elezioni del 1996, che videro la conferma di Chiluba. Le opposizioni organizzarono una campagna di disobbedienza civile cui il governo rispose con una dura repressione. Con il crescere del dissenso e della protesta si accentuarono le tendenze autoritarie di Chiluba. Nel 2001 si svolsero, in un clima di forte tensione, le elezioni presidenziali, che registrarono la vittoria di stretta misura di L. Mwanawasa, candidato del MMD. I risultati delle consultazioni furono contestati dalle forze di opposizione e ritenuti viziati da possibili brogli dagli osservatori internazionali. Mwanawasa enunciò un programma riformatore democratico la cui attuazione si rivelò assai problematica. Ad aggravare la situazione di diffusa povertà contribuirono gli effetti dell’AIDS, della malaria e del flusso di rifugiati in fuga dal conflitto congolese. Il paese proseguì nondimeno gli sforzi per favorire gli investimenti stranieri e la crescita economica. Dopo l'improvviso decesso nel 2008 di Mwanawasa gli è subentrato R. Banda, appartenente al suo stesso partito. Alle presidenziali tenutesi nel settembre 2011 è stato eletto M. Sata, il primo presidente cattolico nella storia del Paese, che ha ottenuto il 43% delle preferenze contro il 36% aggiudicatosi da Banda; deceduto nell'ottobre 2014, gli è subentrato E. Lungu, che alle consultazioni tenutesi nel gennaio 2015 ha ricevuto il 48,% dei consensi, essendo riconfermato per un secondo mandato nell'agosto 2016 con oltre il 50% dei suffragi. Ripresentatosi alle elezioni dell'agosto 2021, il presidente uscente è stato sconfitto dal leader dell'opposizione H. Hichilema, che gli è subentrato nella carica.