TARHUNA (A.T., 113-114)
Centro abitato della Tripolitania situato a 430 metri sul livello del mare sul Gebel omonimo, nel mezzo di una vasta conca verdeggiante. L'abitato attuale è recentissimo e pure recente è l'uso di chiamare Tarhuna la località. Essa era infatti chiamata una volta dagli indigeni el-Bueràt (i pozzetti), mentre si chiamava Tarhuna tutta la zona, dal nome del gruppo etnico che la abitava. Avanzi di frantoi romani testimoniano la grande quantità di olivi che la regione doveva avere duemila anni fa, distrutti in grandissima parte dopo l'invasione araba. Presidiata dai Turchi, costituì un luogo di mercato molto importante per le genti nomadi esercitanti la pastorizia, oltreché centro carovaniero di grande passaggio. Il 18 dicembre 1912 fu occupata dagli Italiani (v. appresso).
Il governo della colonia si preoccupò subito di rendere sedentarie le popolazioni nomadi e seminomadi della zona e favorì in tutti i modi il sorgere di un centro abitato. Oggi Tarhuna è una grossa borgata con un'ampia piazza centrale. I nomadi son divenuti in buona parte sedentari e abitano in costruzioni di fango, in parte scavate nel terreno, e in capanne nei pressi dell'abitato; parte di essi sono dediti ormai completamente all'agricoltura, tuttavia la pastorizia è ancora largamente praticata, per la ricchezza di pascolo di tutto il Gebel Tarhuna. Sono stati fattì nella zona anche tentativi di colonizzazione agricola.
Combattimenti di Tarhuna. - Appartengono alle operazioni per la riconquista dell'interno della Tripolitania. Allorché durante la guerra mondiale la situazione costrinse il governo a ritirare dalle colonie gran parte dei contingenti metropolitani in esse dislocati, le popolazioni si ribellarono, aizzate dalla Senussia, che trovò aiuti di forze straniere facenti parte del blocco delle Potenze Centrali. Le truppe italiane furono aggredite inaspettatamente a Marsit e a Gasr Bu Hadi, con grave scadimento del prestigio italiano nella parte orientale della colonia e nel Ghibla.
L'Italia cercò, data la difficoltà del momento, di restringere l'occupazione a pochi centri importanti fra i quali Tarhuna, capoluogo della vasta regione omonima. Vel 1915 apparve chiaro che su Tarhuna si addensavano gravi minacce, e il governo della colonia decise perciò di inviare colà una colonna di rinforzo e rifornimento, al comando del col. Rossotti (un battaglione bersaglieri, una compagnia libica, un plotone meharisti, uno squadrone e una colonna rifornimento). Partita da Azizia nel maggio del 1915, dopo non poche peripezie poteva giungere a Tarhuna, migliorando le condizioni di resistenza locale, senza però che si potesse ovviare al più grave difetto della situazione, e cioè l'isolamento dalla costa.
Poiché tutto ciò costituiva un grave pericolo per il presidio abbandonato a sé stesso, il governo della colonia, preoccupato della sua sorte, decise di inviare colà una seconda colonna agli ordini del ten. col. Monti. Ma, aggredita a Sidi Ulid, essa dovette ripiegare su Azizia. Né ebbe miglior sorte l'invio di una terza colonna (col. Cassinis). Frattanto il presidio di Tarhuna, che intuiva l'approssimarsi di una situazione insostenibile, decise una sortita in forze in direzione di Ain-Zara allo scopo di unirsi a quel presidio. La colonna Cassinis, d'accordo con altre unità dislocate ad Azizia, fu allora incaricata di agire dimostrativamente, in modo da attirare sopra di sé almeno una parte dei ribelli e facilitare così la marcia alla massa degli assediati (composta di 5 compagnie di fanteria, 1 battaglione bersaglieri, 1 battaglione eritreo, 2 compagnie libiche, 1 reparto di cavalleria, i servizî e un convoglio di non militari). Queste sagge predisposizioni non valsero tuttavia a evitare che i ribelli attaccassero e annientassero la colonna uscente da Tarhuna. Tarhuna rimase in potere dei ribelli fino al 1922, quando - dopo la rioccupazione del Gebel - ne fu decisa la riconquista (v. tripolitania).