TÈ
. Nome col quale s'indicano le foglie di una pianta strettamente affine alle camelie, coltivata anche in Europa a scopo ornamentale, e appartenente al medesimo genere e alla medesima famiglia delle Teacee o Ternstroemiacee. Secondo i recenti studî monografici di Cohen Stuart il nome botanico della pianta del tè è: Camellia theifera (Griffith) Dryer = Thea sinensis (L.) Sims = Camellia thea (Link) Brandis. È un albero allo stato selvatico alto da 10 a 30 m., che nelle colture è ridotto allo stato arbustivo per la comodità di raccolta delle foglie e dei giovani germogli ed è alto da m. 0,50 a m. 1,50; la forma, la grossezza, la lunghezza, la larghezza delle foglie è variabile e serve a distinguere le varietà; le foglie sono sempreverdi, lievemente pelose nello stato giovanile, glaberrime da adulte; varia anche il numero delle nervature laterali (da 10 a 16) e l'aspetto della superficie fogliare, che è liscia o gibbosa (tipi: sulcata, crispa, rigida, curvata). I fiori sono ascellari e odorano di gelsomino: sono grandi, alquanto reflessi, actinomorfi con 5 sepali, 5-9 petali bianchi, moltissimi stami, dei quali gli esterni sono concresciuti fra loro e coi petali. Il pistillo è supero, con ovario 3-loculare, glabro o peloso secondo le varietà; in ogni loggia vi sono 4-5 ovuli anatropi; lo stilo alla sommità è diviso in tre stimmi. Il frutto è una capsula bruna, 3-loculare, cuoiosa, loculicida, ravvolta dal calice persistente; in ogni loggia vi è un grosso seme sferico del diametro di cm. 1-1,5, contraddistinto da uno spermoderma crostoso e di facile germinazione.
Questa pianta è originaria di Manipur, Cachar, Sylhet, Hill Tipperah e della vicina Birmania: fu anche trovata allo stato selvatico nell'Assam superiore da Scott (1821), Bruce (1823), Charlton (1834), Griffith (1838); Henry lo trovò nel Yün-nan e nella giungla di Hainan nel Laos.
Si possono distinguere, secondo Cohen Stuart, le seguenti varietà e forme: var. viridis (Thea viridis L.); forme: Assam, che fornisce la maggior parte del tè indiano; Luxhai, con grandi foglie, lunghe 30-35 cm.; Naga, con foglie strette (si usa solo per ibridazione); Manipur, con foglie lunghe 15-20 cm.; Bumia e Shan a foglie strette; Yün-nan e Cina; var. bohea (Thea bohea L.); var. stricta (T. stricta Hayne) a foglie piccole, spesse, cuoiose; var. lasiocalyx (T. lasiocalyx Planch.).
Invece i piantatori di Giava e di Ceylon distinguono solo T. sinensis a foglie strette sottili, e T. assamica a foglie grosse e larghe e i relativi ibridi.
La foglia del tè costituisce la droga: essa è lanceolata, dentata, con nervatura di tipo pennato: i denti sofio caratteristici, ricurvi e si distaccano lasciando una cicatrice di forma particolare, in relazione con i denti, e nella loro vicinanza una nervatura laterale si sfiocca a pennello. La struttura delle foglie è dorsoventrale e nel mesofillo sono contenute cellule sclerose, irregolarmente ramificate, che prendono il nome di astrosclereidi.
Usi e storia. - Le foglie del tè sono usate quasi solo per preparare l'infuso, usato come bevanda. Questa esercita un'azione leggermente eccitante sul sistema nervoso, aumenta la pressione sanguigna, favorisce la digestione e la diuresi, effetti tutti dovuti in prevalenza alla caffeina (v.). Il suo valore nutritivo è minimo. Le dette proprietà e specialmente il sapore vengono pregiudicati fortemente, se l'infusione è prolungata, perché allora passa nella bevanda una notevole quantità del tannino contenuto nelle foglie. L'abuso del tè può provocare varî disturbi. I metodi di preparazione della bevanda sono diversi secondo i paesi, così, per esempio; alcuni aggiungono succo o scorza di limone, anice, rum, ecc. In certi paesi il tè è officinale e serve come tonico del cuore e quale antidoto in certi avvelenamenti (data la notevole quantità di tannino).
Il tè venne introdotto in Europa dalla Compagnia olandese delle Indie verso la metà del sec. XVI; però l'uso della bevanda cominciò a diffondersi, specie in Inghilterra, appena un secolo più tardi. Attualmente il tè è bevuto in primo luogo nei paesi produttori, poi in Inghilterra e dominî; seguono l'Olanda e, a distanza, la Russia e gli Stati Uniti.
Malattie e cause nemiche. - Molti funghi attaccano e danneggiano le foglie, fra questi Pestalozzia Guepini Desm., Hendersonia theicola Cook., Colletotrichum camelliae Mass., Discosia theae Cav.; Exobasidium vexans Ass. produce sulle foglie grosse bollosità, così pure E. reticulatum Ito et Sawada. Il Capnodium Footi Berk. et Desm. produce sulle foglie un rivestimento esterno, una specie di fumaggine, che le rende inservibili. Corticium javanicum e alcune Stilbella danneggiano il tronco e i rami, mentre le radici sono attaccate e uccise da alcune Rosellinia.
Gravi danni alle piantagioni, attaccando rami e tronchi, arreca Cephaleuros virescens Kunze (Alga Croolepidacea) che produce la malattia detta red rust; anche una fanerogama parassita del genere Loranthus produce danni.
Fra gli animali sono dannosi: Helopeltis theivora, Tetranychus bioculatus, Chlorita flavescens, Lecanium hemisphaericum, Chionaspis theae, Eriochiton theae e larve di Psichidi e limacce.
Coltivazione. - La pianta del tè si adatta alle oscillazioni di temperatura, tant'è vero che in Cina si spinge fino al 36° lat. N., benché nell'inverno quivi nevichi con una certa abbondanza, sul Himālaya supera i 2000 m. s. m. ed è stata coltivata a scopo sperimentale anche in Francia presso Parigi, in Svezia (a Upsala), in Inghilterra, in Bulgaria, e in Italia: presso Pavia, dove gl'inverni sono molto rigidi, a Pisa, Firenze, Napoli, Palermo, Bari (tentativi non riusciti, nel 1921). Invece la pianta vuole acqua in abbondanza: non meno di 1500 mm. di pioggia e in talune regioni ne sopporta benissimo fino a 3000.
Lo sviluppo migliore delle piante avviene in clima caldo umido e in posizioni bene esposte al sole: per tale ragione si dispongono le parcelle colturali nelle pendici rivolte a sud e si scelgono i terreni in pendio anche perché non si raccolga troppa acqua intorno alle radici. L'aria deve circolare liberamente e perciò si dispongono gli arbusti spaziati, ma per difenderli dai venti troppo impetuosi s'innalzano delle siepi frangivento. La temperatura favorevole è compresa fra 4° e 25°.
I metodi di coltivazione variano nei diversi paesi, ma i migliori sono quelli usati a Ceylon e a Giava dove la coltura del tè ha raggiunto grande perfezione, soprattutto per opera delle stazioni sperimentali appositamente organizzate.
I semi perdono facilmente la loro facoltà germinativa. Si mettono prima in acqua (anzi a Giava in una miscela di acqua e glicerina) per 24 ore, e dopo si scartano tutti quelli che galleggiano, scegliendo per la semina solo i più pesanti che dànno origine a piante bene sviluppate e robuste. Si seminano in semenzaio disponendoli con l'ilo in basso: appena la piumetta è uscita dal terreno, nei paesi tropicali bisogna proteggerli dal sole; questo si fa a Giava con l'alang-alang (Saccharum Koenigii), a Ceylon con le Pteris o con speciali parasoli. La germinazione avviene in 5-6 settimane e dopo 2 settimane le piantine sono alte 10 cm.; dopo 5 mesi esse si pongono a dimora negli appezzamenti appositamente preparati, disposte a quinconce, alla distanza di m. 1,20-1,50 a seconda delle varietà. Il terreno deve essere ben pulito dalle erbacce e concimato con azoto e potassa: inoltre bisogna che sia ben preparato, per evitare il ristagno delle acque di pioggia. Come frangivento si usano a Ceylon l'Albizzia moluccana e l'Erythrina lithosperma. Dopo 9-15 mesi si deve procedere al "taglio" per aumentare il numero dei giovani germogli e quindi delle foglie e per mantenere basso l'arbusto; generalmente si fa un taglio ogni anno durante la stagione secca e si mantiene la Thea sinensis a 75 cm. d'altezza e la T. assamica a m. 1,20.
La prima raccolta - e questa è una delle operazioni più importanti della teicoltura - s'inizia quando la pianta ha tre anni e dopo il 2° taglio, perché la distanza fra il 1° e il 2° taglio è superiore a 1 anno, e poi si continua dopo ogni taglio. Essa si deve fare con metodo, scegliendo accuratamente le successive foglie: bisogna togliere anzitutto la gemma, poi la 1a e la 2a foglia e finalmente la metà superiore della 3a. Ognuna di queste ha consistenza diversa e serve alla preparazione di speciali qualità di tè, diversamente apprezzate e di differente valore: anzi dovrebbero essere preparate a parte, invece si scelgono dopo una comune preparazione.
Le gemme forniscono l'orange Pekoe o broken Pekoe, le prime foglie, più tenere e pelosette, il Pekoe, le seconde foglie il Souchong e la metà delle terze foglie il Congou. La raccolta deve essere fatta eon tempo secco e al mattino: generalmente è compiuta dalle donne e una raccoglitrice ogni giorno può riunire da 10-40 libbre inglesi di foglie: ogni 4 libbre di foglie fresche dànno 1 libbra di prodotto secco. Ogni 35-40 giorni si rinnova la raccolta sullo stesso arbusto.
Nei paesi tropicali a clima uniforme la raccolta si può fare periodicamente durante tutto l'anno; invece in Cina, in Giappone e nei paesi a clima alternato, la raccolta si fa 3 o 4 volte all'anno e la bontà del prodotto varia secondo le epoche.
Le piante destinate a produrre il seme non subiscono tagli: si cominciano a raccogliere i semi dopo che le piante hanno raggiunto gli otto anni di età.
Una piantagione di tè, ben tenuta, può essere sfruttata durante 50 anni; il rendimento normale si ottiene dall'età di 6 anni. Quanto alla produzione per ha., essa a Ceylon raggiunge una media annuale di 500 kg. di tè secco: però vi è stata una fattoria "Mariawatte Estate" in quest'isola, che durante 20 anni ha dato non meno di 1132 kg. per ha. e nel 1900 ìl raccolto ha raggiunto i 1500 kg.: questi sono i massimi conosciuti.
Nel 1900 gli Annamiti presentarono all'esposizione universale di Parigi un tè fatto con i bottoni fiorali della pianta, che riuscì assai gradito ai visitatori. L'infusione riesce meno eccitante di quella delle foglie per il minor contenuto di caffeina (circa 2%), è di sapore dolce, gradevole. Questo prodotto, se fosse sostenuto da un'abile propaganda, potrebbe avere un grande avvenire.
Distribuzione e storia della coltivazione. - Non è esatto che la coltura del tè in Cina rimonti a molti secoli a. C. Infatti nel Tsi min yao shu, opera sull'agricoltura del sec. V d. C., non viene ancora ricordato il tè e il suo uso deve rimontare al sec. VI o VII d. C. Secondo una leggenda riferita dal Kaempfer, il tè sarebbe stato portato dall'India (Assam) nella Cina verso la fine del sec. V, invece secondo il Siebold solo molto più tardi (sec. IX) sarebbe stato introdotto in Cina dalla Corea. Tuttavia, sia della pianta sia della bevanda si parla diffusamente per la prima volta nell'opera Ch'a ching del cinese Lu Yu, pubblicata nel 780 d. C.
La coltivazione è fatta con metodi primitivi in terreni collinosi terrazzati a piccoli appezzamenti: la zona migliore è compresa fra 27° e 29° lat. N., ma la coltura si spinge anche fra i 22° e 36° lat. N.
Nel Giappone il tè è conosciuto da oltre 1000 anni; si coltiva fra 34° e 36° lat. N. con gli stessi metodi primitivi della Cina e si producono quattro gruppi di tipi di tè, tutti appartenenti al tè verde. La superficie coltivata si aggira sui 38.000 ha. (1931-34), di contro ai 49.000 del 1909-1913; la produzione è in continuo aumento (32.000 tonn. nel 1909-13; 41.600 nel 1931-34). Anche a Formosa si coltiva il tè e la coltivazione ha raggiunto un notevole sviluppo, producendosi 9700 tonn. nel periodo 1931-34 (42.662 ha.) di prodotto secco per anno.
A Giava il tè fu introdotto nel 1826 dal Siebold, che portò le prime piante dal Giappone; nel 1839 vi erano già piantagioni con oltre 9 milioni d'individui. Lo sviluppo della coltura, aiutato da una rete di stazioni sperimentali e da accurate ricerche scientifico-tecniche quivi compiute da diligenti studiosi, è stato rapido: si è determinata una viva concorrenza fra Giava e Ceylon con abbondanza di produzione. Nel 1921 si ottennero a Giava 32.000 tonn. di prodotto e 5000 tonn. a Sumatra. La produzione attuale delle Indie Olandesi è di 77.400 tonn. (media 1931-34), su di una superficie di 182.000 ha.
A Ceylon lo sviluppo della coltura del tè è dovuto alla scomparsa delle coltivazioni di caffè distrutte dagli attacchi dell'Hemileia vastatrix e all'insuccesso delle coltivazioni della china. Quivi si coltiva solo Thea assamica in tre razze principali: si principiò nel 1870 con 4 ha.; oggi vi sono oltre 150.000 ha. di colture alle quali accudiscono 400.000 coolies sotto la sorveglianza di 1600 Europei oltre alla mano d'opera locale. Nel 1914 il valore dei terreni coltivati a tè era stimato un miliardo e il valore annuale del prodotto a 120 milioni di lire: oggi è triplicato (superficie coltivata a Ceylon nel 1909-13 ha. 162.000, nel 1931-34 ha. 205.000).
In India la coltura del tè è stata iniziata nel 1834 nei contrafforti del Himālaya e poi si è rapidamente estesa fino a raggiungere 329.000 ha. (media 1931-34) con una produzione annua di 172.000 tonn. (1931-34): le varie qualità di tè indiano appartengono quasi tutte ai tipi neri, poche a quelli verdi e derivano dalla T. assamica. Prima della guerra mondiale la metà del prodotto veniva assorbito dall'Inghilterra, del rimanente gran parte ne consumava la Russia. Per quanto riguarda l'Indocina si deve osservare che il tè esiste da gran tempo nell'Annam, ma era coltivato solo da un piccolo numero d'indigeni. Per quanto dal 1895 esistano imprese private di piantagioni di tè, poco è stato fatto: si continua a coltivare con metodi primitivi e il prodotto è mediocre; la regione invece molto si presterebbe allo sviluppo della coltura. In Russia si coltiva il tè presso il Mar Nero nel Caucaso, fra Batum e Suchum: le coltivazioni principiarono nel 1833, ma la loro prosperità data dal 1885. In seguito, per l'attuazione del "piano quinquennale", la superficie e la produzione sono enormemente accresciute (29.470 ha. nel 1931-34, di contro a 754 nel 1909-13; 785.500 kg. contro 100.000). S'iniziò la coltivazione del tè in Francia nel 1765, ma fu dovuta abbandonare, perché dopo il 1° anno la pianta degenera e s'ottiene un prodotto senza aroma.
Nel Camerun e nell'Africa Orientale i Tedeschi fecero prove colturali, interrotte dalla guerra mondiale. Nel Natal vi è una coltivazione di circa 852 ha. (1931-34) con discreta produzione, consumata tutta nell'Africa meridionale, in forte diminuzione in questi ultimi anni. Oggi la regione africana di maggior produzione è il Nyasaland (5387 ha. e 1400 tonn. nel 1931-34), seguito dal Kenya (4824 ha. e 1000 tonn.). Degna di nota è l'introduzione del tè in Abissinia (1929) nel territorio del Kassa, ad opera di Inglesi, con risultati soddisfacenti. La regione si presta a tale coltura. Al Madagascar si ottennero buoni risultati, ma la coltura fu abbandonata. Nell'America Settentrionale Michaux introdusse le prime piante di tè nel 1800 e nel 1848 si iniziò la sua coltivazione con l'interessamento del governo. Esistono colture di tè nel Brasile, in territorî compresi fra 20° e 25° di lat. S. (Paraná, S. Paolo, Minas, Rio de Janeiro) iniziate nel 1827 e che hanno dato discreti risultati. Vi sono anche piccole piantagioni alle Isole Andamane e alle Figi; il tè si coltiva anche all'Isola Maurizio.
Composizione chimica delle foglie di tè. - La composizione delle foglie di questa pianta si conosce abbastanza bene solo da circa 30 anni. La natura del tannino, che Nanninga crede sia acido digallico e Rohleder chiama acido boheico, non è ancora secondo Tschirch ben definita; il suo contenuto varia nelle diverse foglie: gemma, 1a foglia = 12%; gemma, altre foglie =10%; 1a foglia = 10%; 2a foglia = 8,5%; 3a foglia = 8%; 4-5a foglia = 5%; vecchie foglie = 3,5% e varia perciò anche nelle diverse sorte commerciali andando dal 9% al 20% ed è più elevata nei tè verdi.
L'alcaloide principale è la caffeina in quantità variabili: nelle forme commerciali da 1,5-4%, e nelle foglie fresche si trova in composti assai complessi; varia nelle diverse foglie a seconda dell'età, essendo più abbondante in quelle più giovani. Vi sono anche piccole quantità di teobromina, teofillina, adenina e xantina. È contenuto anche un glucoside non ben definito; una zimasi, la teasi, che è molto importante per i processi di fermentazione: essa agisce meglio in mezzo debolmente acido e perde la sua attività oltre i 62°. Inoltre vi è nelle foglie fermentate, non in quelle fresche, un olio essenziale (0,006%) che conferisce alla droga il profumo caratteristico.
Preparazione delle foglie di tè. - Bisogna distinguere il metodo empirico usato dai Cinesi, da quello razionale e scientifico adoperato dagli Europei in questo ultimo cinquantennio.
Preparazione del tè cinese. - Tè verde. Le foglie, colte senza picciolo, sono subito torrefatte, poi maneggiate e compresse in piccoli coni che si espongono al sole per 8-10 minuti su grandi panieri sollevati dal suolo. Si disfanno i coni, si espongono di nuovo le foglie al sole e si riammassano di nuovo ripetendo questa operazione per 2 o 3 volte consecutive. Si mettono quindi le foglie in bacini metallici riscaldati, rivoltandole in tutti i sensi e quando sono per bruciare si tolgono e si mettono in panieri a raffreddare. Quindi si collocano in sacchi di tela spessa e forte che contengono da 15 a 20 libbre di foglie. Con questo metodo si è uccisa la zimasi e la fermentazione non può più avvenire.
I sacchi vengono battuti fortemente fino a ridurne il contenuto a 2/3: si comprimono e si torcono per toglierne l'umidità. Quindi si lascia il tutto in riposo per 24 ore, poi si ripassa al fuoco il materiale in modo da abbrustolirlo lievemente e si procede in seguito alla sua divisione in tre categorie: 1. foglie giovani e tenere (Young hyson o hyson junior, in cinese yü ch'ien) che forniscono qualità d'alto pregio; 2. polvere da cannone (siao chu), in granuli di forma e grossezza varia; i più grossi formano il tè imperiale; 3. residui: usati per la preparazione delle compresse o tavolette di forma e nome diverso. Fatta questa scelta a mano si procede a un'ulteriore disseccazione accompagnata da colorazione artificiale: questa si fa spolverando la droga con una mescolanza di solfato di calcio (3/4 in peso) e d'indaco (1/4 in peso) e rimovendo la massa per un'ora al calore: si ottiene così una colorazione verde caratteristica.
Tè nero: il procedimento di preparazione per queste qualità è più antico. Le foglie appena raccolte si espongono per un paio d'ore al sole in grandi panieri di bambù, rimovendole di tempo in tempo; si mettono poi in specie di granai o capannoni in strati sottili per lasciarle raffreddare e poi si collocano di nuovo in panieri disposti su graticciati di bambù.
In seguito le foglie si comprimono leggermente nel palmo della mano con gran cura per 10 minuti: si espongono poi al sole per mezz'ora e tale operazione si ripete 3 o 4 volte finché siano divenute flessibili e più o meno brune nerastre. Talora si trattano con acqua bollente per mezzo minuto. Si procede in seguito alla torrefazione: questa si fa in recipienti di ghisa circolari collocati in speciali forni, riscaldati a 60-70° o anche più, da fuochi di bambù e inclinati in modo che le foglie ricadano sempre verso l'operatore che le rimuove e rigetta nella parte superiore del bacino per determinare una regolare torrefazione. Si trattano due libbre di materiale per volta, che ogni operatore rivolta con le mani finché non divengano scottanti (circa per mezzo minuto). Si tolgono allora dal fuoco mettendole in grandi cesti e sventolandole per raffreddarle rapidamente. Dopo si mettono sopra un tavolo, dove altri operai prendono pugni di foglie e le stropicciano fra le mani in modo che si formano pallottole da cui fuoresce un succo verdastro. Le pallottole si disfanno e si ricompongono parecchie volte e poi si disfanno definitivamente. Quindi il materiale si torrefà nei bacini di ghisa, ripetendo l'operazione per tre o quattro volte e pulendo bene ogni volta i bacini per evitare che i residui di foglie bruciati diano al tè odore sgradevole e danneggino il suo aroma.
Infine le foglie si disseccano su telai disposti fra due panieri in forma di tronco di cono: si scuote il tutto per liberare il tè dai residui troppo piccoli e si espone il paniere e il suo contenuto su un vivo fuoco di bambù secchi che non produca fumo. Quando il disseccamento è sufficiente si distende il tè su telai, e si procede alla scelta a mano, istituendo categorie molto omogenee. Infine si procede a un nuovo rapido disseccamento e s'imballa il tè caldo in casse verniciate, foderate con fogli di stagno o di piombo, ravvolte in carta speciale con iscrizioni o figure, in modo da chiuderle ermeticamente. Per il tè destinato al commercio locale si usa un imballaggio con stuoie di bambù a trama assai fitta. Il famoso tè delle carovane, inviato a dorso di cammello dalla Cina a Nižnij-Novgorod, aveva le casse coperte di pelli: durante il viaggio, che durava 18 mesi, l'aroma del tè aumentava.
Il tè nero cinese si profuma artificialmente, mettendo le foglie in strati alternati con fiori odorosi (Osmanthus fragrans, Jasminum sambac, Gardenia florida, Chloranthus inconspicuus, Magnolia, ecc.), ricoprendo i canestri con paglia per 24 ore e poi esponendo il tutto al fuoco per 1-2 ore.
Con i residui e i minuti detriti si fanno compresse e tavolette.
Preparazione del tè con i metodi europei. - La base della preparazione del tè verde consiste in una serie di rapidi riscaldamenti delle foglie, di cui il primo deve evitare ogni ulteriore fermentazione per conservare al prodotto il color verde. Nella preparazione dei tè neri avviene invece l'inverso, perché si deve favorire e regolare una serie di fermentazioni per dare al prodotto il migliore profumo e la maggiore ricchezza di principî attivi. L'operazione s'inizia con l'appassimento, che non deve essere troppo forte: la raccolta si fa al mattino, quindi il prodotto giunge allo stabilimento verso mezzodì. Si procede subito ad una prima pulitura, togliendo le foglie coriacee e i materiali estranei: le foglie da sottoporsi al trattamento si mettono in vasti locali (camere d'appassimento) bene aereati e quasi bui. La temperatura varia da 20° a 30°, e il processo dev'essere ben regolato per evitare che il prodotto si alteri nelle manipolazioni successive: 100 kg. di foglie fresche ne dànno 64 di appassite cioè un appassimento al 64%; durante questa operazione le foglie sono stese su tele di iuta disposte su telai di bambù. Questa operazione determina i risultati seguenti: 1. perdita d'acqua; 2. leggiero aumento d'azoto solubile; 3. diminuzione di peso delle materie secche totali e particolarmente del contenuto tannico; 4. debole sviluppo di profumo; 5. aumento di quantità della teasi. Segue l'arrotolamento (roulage) che serve a fare agire la teasi sui contenuti fermentescibili dei tessuti fogliari. Vi sono macchine apposite dove si mettono le foglie, che subiscono un'azione analoga a quella compiuta dai Cinesi con le mani: l'operazione si ripete due o tre volte, separando i diversi tipi di foglia che cominciano a imbrunire. Le conseguenze di questa operazione sono: 1. espulsione di una parte dell'acqua del succo cellulare; 2. diminuzione del tannino (6% circa) che produce un rosso flobafenico insolubile (rosso di tè) e messa in libertà della caffeina, per distruzione della complessa molecola tannoglucocaffeinica.
La fermentazione è la parte più importante dal punto di vista chimico. Le foglie appassite, arrotolate e bene stacciate si stendono in sale spaziose, nelle quali le condizioni di temperatura e di aereazione permettono alle reazioni diastasiche di prodursi. Il colore diviene bruno-verdastro e allora è giunto il momento di procedere all'essiccazione, mentre si va determinando nella droga la formazione dell'olio essenziale. La fermentazione produce una perdita considerevole di tannino (fino al 50%), mentre l'essiccazione dà luogo ad una debole ossidazione che determina l'aumento dell'aroma.
L'essiccazione si fa con macchine speciali dette dessicadores, siroccos, ad aria calda con una temperatura di 90° e le foglie si dispongono in esse in sottilissimí strati. La droga è secca, quando viene toccata scricchiola in modo caratteristico.
Tipi e nomi commerciali. - Sono numerosissimi, ma qui si riferiscono solo i principali:
I. Tè ottenuti con metodo cinese:
A) Tè neri: Pekoe: Flowery Pekoe, Orange Pekoe (qualità superiori). Souchong, in sorte molto variabili (qualità medie). Congou, molte sorte (qualità inferiori). Oolong, con molte sorte di preparazione mal conosciuta.
B) Tè verdi: Young Hyson, Hyson, Hyson Schoulang, Hyson Skin, Polvere da cannone, Tè imperiale, Twankay.
C) Tè profumati: secondo la preparazione: Pekoe profumati (Scented Pekoe; Scented Orange Pekoe) i Caper; Pouchong; secondo il centro d'esportazione: tè di Foochow, di Canton, di Macao (tè dei mandarini).
II. Tè ottenuti con i metodi europei:
Tè neri: Sorte a foglie intiere; Sorte a foglie spezzate.
India: Flowery Pekoe; Orange Pekoe; Pekoe; Pekoe souchong; Souchong; Congou; Pekoe spezzato; Pekoe in polvere; Tè spezzato mescolato; Souchong spezzato; Tè polveroso; Polveri di tè.
Giava: Flowery pekoe, Pekoe; Pekoe souchong; Souchong; Congou; Bohea; Flowerv pekoe spezzato; Pekoe spezzato; Polvere di pekoe; Stacciatura di tè; Tè spezzato; Polveri di tè.
Ceylon: Orange Pekoe, Pekoe; Pekoe souchong; Souchong; Congou; Orange Pekoe spezzato; Pekoe spezzato; Pekoe souchong spezzato; Stacciature di Pekoe; Polveri di Pekoe.
Giappone: Pan fired; Sun dried; Basket fired o secondo il porto di esportazione: Tè di Yokohama, di Kobe, di Nagasaki e finalmente tè in tavolette.
Formosa: Oolongs (tè verdi) e Souchongs (tè neri); tipi specialissimi.
Analisi del tè. - Secondo il Pellens ecco l'analisi di quattro tipi di tè:
Secondo l'Eder un buon tè deve contenere: 1. almeno il 30% di materie estrattive solubili nell'acqua; 2. almeno 7,5% di tannino; 3. non più del 6,4% di ceneri; 4. non meno di 1,5% di caffeina.
La stima delle sorte di tè si fa in base all'aspetto, all'odore, al sapore che si sviluppa alla masticazione e secondo l'aspetto, l'odore e il gusto dell'infusione.
Produzione e consumo. - Siccome per la Cina, il maggiore produttore, mancano dati statistici, la produzione mondiale è calcolata a stima. Come media per gli anni 1927-30 si ammette una produzione di 740.000 tonn. annue; di queste 43% spettano alla Cina, 24% all'India Britannica, 15% a Ceylon, 10% alle Indie Olandesi, 5% al Giappone. Nell'esportazione tiene il primo posto l'India Britannica (40% dell'esportazione mondiale); seguono Ceylon (26%), le Indie Olandesi e la Cina. Nell'importazione l'Inghilterra è alla testa di tutti i paesi col 60%; seguono Stati Uniti, Russia, Australia, Canada, Olanda.
Falsificazioni e surrogati. - Le falsificazioni una volta erano numerose, ma oggi sono quasi sparite per il rigoroso controllo adottato sulla produzione del tè. Consistevano nell'aggiungere foglie di piante diversissime e si riconoscevano solo all'esame microscopico.
Una falsificazione frequente consiste nell'aggiungere a tè eccellenti tè scadentissimi; ma si riconosce questa frode con l'analisi chimica: controllando il contenuto in caffeina, in estratto, ecc.
I surrogati sono numerosissimi: A. Tschirch nel suo Handbuch der Pharmakognosie (III, p. 366-67) elenca circa un centinaio di piante di varî paesi che costituiscono surrogati più o meno accettabili del tè. Durante la guerra mondiale in Germania si usarono molto le foglie di alcuni rovi (Rubus sp. pl.) sottoposte a trattamento simile a quello usato per le foglie di Thea.
Bibl.: M.-F. Coulombier, L'arbre à thé, Parigi 1900; G. Watt, The pests and blights of the tea plant, Calcutta 1903; E. Unger, Der Tee, Amburgo 1932; C. R. Harber, The culture and marketing of tea, Londra 1933; Fu Hung, La géographie du thé, Lione 1933; W. H. Ukers, All about tea, voll. 2, New York 1935.