TEATRO
Il t. di prosa dell'ultimo ventennio ha preso caratteristiche che ne hanno modificato sensibilmente l'aspetto, determinando anche notevoli cambiamenti nella vita e nell'assetto teatrale. Sul piano del rapporto col pubblico va notata una maggiore partecipazione degli spettatori, nonostante e contro le oscure previsioni che davano per scontata una sottrazione sempre maggiore di fruitori da parte del cinema e della televisione. Il luogo teatrale ha trovato in alcuni paesi, inclusa l'Italia, altri sbocchi, al di fuori delle sale tradizionali, e mentre il già registrato fenomeno dei t. stabili si consolida (anche Roma, per es., ha dal 1966 il suo nel rinnovato Teatro Argentina), sono da notare i recuperi di antichi t. e teatrini andati nel corso del tempo in disuso, e gli adattamenti di palestre, magazzini, cantine, e altri spazi underground (secondo un'espressione usata ormai da qualche decennio negli spazi "sotterranei" di New York, corrispondenti alle caves parigine e alle "cantine" romane). Ma l'esigenza di spazio si è fatta nel corso degli anni anche maggiore, e i complessi, spesso giovanili e di avanguardia, si sono trasferiti in sale più ampie, capannoni (come la Cartoucherie di Vincennes), fabbriche, palazzetti dello sport, garages, e, imitando il circo, nei t.-tenda con arene per qualche migliaio di spettatori, reagendo sia al t.-stabile costruito, sia al limitato t.-cantina.
In corrispondenza dei cambiamenti nell'atteggiamento del pubblico e nel luogo dove si verifica la rappresentazione, si è modificata anche la materia e la maniera dello spettacolo esibito. Tra le caratteristiche del t. contemporaneo, senza escludere forme già accettate e tradizionali, ma comunque ammodernate attraverso i nuovi strumenti a disposizione, sono infatti da mettere in rilievo - non necessariamente coincidendo in ogni spettacolo - gestualità, visività, attoralità, politicità, e in un senso più generale, che può accumulare in uno tutti questi aspetti, sperimentalità. Arricchendosi e dilatandosi per tutti questi motivi il fenomeno teatrale, non sempre però ne ha tratto giovamento il testo: se mai l'aspetto visuale, la funzione assunta dal regista, l'acquisto da parte dell'attore di nuove, o recuperate, qualità; con minore evidenza, invece, in fatto di progressi compiuti, o di risultati definitivi raggiunti, da parte dello scrittore teatrale. Tanto che la ricchezza del fenomeno considerato lascia piuttosto in ombra quello che era l'autore tradizionale, creatore di situazioni, d'intrecci, di caratteri scolpiti, di testi, per far posto all'elemento visivo, dinamico, e corporale della rappresentazione, in massima parte controllata dal regista (v. regia): come dire, con Th. Gautier, che "il tempo degli spettacoli oculari è venuto".
Il t. di sperimentazione non riconosce più alla parola il predominio nell'evento teatrale. Anzi, come l'avanguardia storica che col futurismo, l'espressionismo, il dadaismo, il surrealismo, il Bauhaus, e altri movimenti, aveva trovato anche nelle arti figurative nuove possibilità di teatralizzazione, si può dire che il t. sperimentante cerchi uno dei suoi fondamenti nella pittura, come anche nelle altre arti, e dia importanza al gesto e all'immagine almeno quanto, e forse più, che alla parola. Affondando le proprie radici negli spettacoli francesi della fine Ottocento e dell'inizio del sec. 20°, nelle "serate" di Marinetti, nello spettacolo di cabaret mitteleuropeo e parigino, ma anche italiano (Fregoli, Petrolini), in Europa; guardando alla rivoluzione surrealista, e al t. della crudeltà, della derisione, e dell'assurdo (A. Artaud, A. Adamov, S. Beckett, E. Jonesco, R. Vitrac, B. Vian, J. Genet); scoprendo l'originalità e vitalità del Living Theatre di J. Malina (un'allieva di Brecht) e di J. Beck, nonché del Bread and Puppet Theatre, dell'Open Theatre, ecc.; accettando come maestro J. Grotowsky - col suo "teatro povero" - che avrà un allievo oltremodo dotato in E. Barba; trovando un esempio, sregolato ma geniale, in C. Bene; il t. di sperimentazione ha avuto un ruolo considerevole nella trasformazione della concezione del t. in questi ultimi tempi, almeno quanto la presenza dei registi che hanno imposto un nuovo modo di fare teatro. Il regista, in una concezione resa sempre più ragionevole dalla parallela pratica cinematografica, dove l'immagine è ancor più prevalente, è diventato sempre più autore, e l'attore, assai spesso, "attrezzo" (W. Benjamin) e oggetto; il testo, anche se assunto dai classici, pretesto; fino a una qual certa emarginazione potenziale dell'autore e dell'attore. L'autore, allora, ha dovuto cambiare la propria concezione di scrivere per il teatro. E l'attore, per riaffermare la propria personalità, è diventato esso stesso regista e autore. Sono qui da ricordare D. Fo e C. Bene, come pure o Cesare o nessuno e Sette giorni all'asta di V. Gassmann.
Il t. di sperimentazione ha dato vita, contro il decaduto t. borghese detto "della chiacchiera", a un t. "del gesto" e "dell'urlo" che avrà in molti casi fortuna, rivelando nuove vivaci personalità, specie tra i registi e gli attori-autori, ma al quale alcuni scrittori (Pasolini per es.; Moravia) preferiranno il t. "di parola", dove il dialogo, che aveva lasciato posto al gesto, riacquista la sua preminenza diventando esso stesso promotore di azione, di trasfigurazione poetica, e quindi protagonista recuperato.
Il t. "gestuale" è originato dalla teorica dello spettacolo del drammaturgo tedesco B. Brecht (1898-1956), per il quale ogni spettacolo teatrale si fonda essenzialmente sulla recitazione, basata a sua volta sull'effetto di alienazione (che ripudia in parte gli schemi tradizionali e prescrive all'attore di rappresentare il personaggio come diverso da sé, alienato). Di qui l'importanza del linguaggio, anzi dei linguaggi stilisticamente differenti, come differenti sono le classi: nei linguaggi si evidenzia il valore gestuale. Un linguaggio è detto gestuale se si basa sul gestus (che non va inteso come gesticolazione delle mani, ma d'insieme), cioè se traduce visivamente determinati atteggiamenti di colui che parla, assunti di fronte ad altre persone. Precipuo dell'attore teatrale è il compito di elaborare la gestualità del testo, realizzando quindi il t. gestuale. Nasce da B. Brecht anche l'idea del t. "didattico", tenuto per es. da molti complessi di avanguardia aderenti alla prassi rivoluzionaria (esplosi particolarmente nel 1968). Il t. didattico mira ad avere, come tutto il t. epico, efficacia d'insegnamento. Se resta fedele alla definizione di Schiller (il t. è "un'istituzione morale") non deve purtuttavia astenersi dal recare diletto. E quanto avveniva anche in altre forme di t. didattico, ovvero di t. con chiare propensioni didattiche, come quello dei misteri medievali, il t. classico spagnolo, il t. delle consociazioni religiose (Gesuiti, Scolopi). Il t. didattico è di estrema semplicità, povero di mezzi, adatto a uno scambio immediato tra interpreti e pubblico. Rifugge dall'imbonimento e dal paternalismo, e fa parte della concezione del t. epico (il quale immette - anche in maniera ibrida - elementi narrativi nelle rappresentazioni drammatiche) essendone però espressione più circoscritta. Tutte le opere epiche contengono elementi drammatici (e viceversa); ma si può affermare che l'epica si distingue nettamente dal t. per possedere una maggiore disposizione alla trasformabilità dei mezzi e impianti scenici, utilizzando anche grandi didascalie dipinte, ovvero filmate. Al poeta drammatico è dato presentare i fatti come assolutamente presenti. Il poeta epico li porge come assolutamente passati. Tutto ciò che è drammatico e passionale è rigettato a favore dell'epico, che è sempre ragionato e scientifico. Furono la polemica con l'espressionismo e il rifiuto della tradizione monumentale e borghese delle rappresentazioni tedesche ispirate ai classici, e specialmente a Shakespeare, a consentire uno sviluppo fortunato del t. epico, il quale trasse ispirazione anche dall'Opera cinese, dal t. giapponese (No), dalla commedia dell'arte e dalla farsa popolare e paesana. E. Piscator (1893-1966) praticò come Brecht il t. epico, ma piuttosto con l'impeto e l'oratoria del tribuno. In Brecht, invece, è l'invito alla riflessione, in quanto si cerca di realizzare un t. antiromantico, espresso da un collettivo di attori-narratori miranti a divertire mediante l'osservazione e quindi la rappresentazione critica del comportamento umano.
Il t. di parola è così definito in un Manifesto sul teatro di P.P. Pasolini (v.), pubblicato nella rivista Nuovi argomenti (n. 9) nel 1968, l'anno cioè in cui lo scrittore affrontò per la prima volta il giudizio del pubblico teatrale con la tragedia in versi Orgia. Pasolini non crede nel t. popolare, destinato alle masse, perché - a suo modo di vedere - esso è stato sostituito dal cinema e dalla televisione, né nel sorpassato t. borghese della chiacchiera, né in quello underground di contestazione basato sul gesto e sull'urlo; bensì in un t. che cerca il proprio "spazio teatrale" nel cervello. Orgia è dramma della diversità in contrapposizione alla normalità: due sposi si attirano e si tormentano, fino al suicidio di lei, e all'esplosione sadica del marito. La parola di Pasolini raggiunge una suggestiva forza di comunicazione in Affabulazione (scritto nel 1966 e rappresentato da V. Gassmann nel 1977, pubblicato nello stesso anno con Pilade - i giovani e la rivoluzione in un mito greco rivissuto - e Calderon), mentre Il vantone (pubblicato nel 1973 e rappresentato nel 1978) rifà il Miles gloriosus di Plauto con dialettale vis comica. Protagonista di Affabulazione è un genitore alla ricerca di sé stesso, in un conflitto generazionale, che diventa anche identità, col figlio. Un personaggio di questa tragedia, l'Ombra di Sofocle, esalta la parola rappresentata perché capace di doppia gloria in confronto alla parola semplicemente scritta: infatti il poeta non può appartenere alla vita, alla gente che va al mercato, a chi non capisce bene la lingua; e soltanto in t. la parola diventa vera e universale.
È a partire dalla presentazione di Affabulazione che è iniziata la valorizzazione scenica delle tragedie di P.P. Pasolini, di cui finora erano stati messi in rilievo soltanto i poemi, i romanzi e i film. Ha fatto seguito, per la regia di L. Ronconi, la messinscena al t. di Prato di Calderon (1978).
Anche G. Testori affronta la tragedia, ma con una conversione di linguaggio che rifiuta il sublime in La Maria Brasca e L'Arialda (1960) per degradare poi nello spettacolo plebeo e rivoluzionare con Ambleto, Macbetto ed Edipus, tragedie di Shakespeare ed Eschilo in un linguaggio lombardo-maccheronico in bocca di scarrozzanti. Le suggestive proposte e l'interesse suscitato da questi ultimi lavori, con un richiamo alle innovazioni linguistiche di un C.E. Gadda, è dovuto alla perfetta intesa tra autore e attore protagonista, e alle prestazioni di un interprete eccezionale: F. Parenti.
Si è impegnato nel t. anche L. Sciascia, trovando nel fenomeno "mafia" i suoi temi con I giorni della civetta, riduzione da un suo racconto, poi portata anche sullo schermo, e con I mafiosi (1966), rifacimento di I mafiosi di La Vicaria di G. Rizzotto e G. Mosca (1863); cui hanno fatto seguito L'onorevole (1965) e La recitazione della controversia liparitana dedicata ad Alexander Dubcek (1970).
Nel versante comico il fenomeno più interessante è rappresentato da E. Flaiano (1910-1972) - occupatosi anche di critica teatrale e cinematografica e sceneggiatore di film - che ha dato farsette e testi pieni di aforismi e boutades, tra i quali emergono Conversazione continuamente interrotta e Un marziano a Roma. Il marziano che scende a Roma, a Via Veneto, è una satira del sedicente mondo "intelligente" romano, di coloro "che contano" nella vita moderna, nello spettacolo, nella manipolazione dei mass media. È uno strano personaggio che suscita meraviglie, imprevisti, interviste: così gl'intellettuali, veri e presunti, irridono su sé stessi.
Rappresentato nel 1972, Conversazione continuamente interrotta torna al tema di C. Zavattini (1959), Come si scrive un soggetto cinematografico, mescolando alle idee che scaturiscono giorno dietro giorno nella mente degli scrittori, geniali o mestieranti, gli stessi frammenti della loro esistenza quotidiana. La sorpresa è che la realtà supera l'immaginazione, e che il catalogo delle possibili soluzioni esistenziali proposto per un film è meno incredibile di quello che nella vita veramente succede.
Con la tipica scontrosità e asprezza che contraddistingue certi prodotti artistici della fine degli anni Sessanta, si ritrova satira e dissacrazione anche in N. Saito, nel conflitto tra I cattedratici conservatori e gli studenti perdigiorno e impertinenti, "cacciati come mosche": è una satira di costume che si carica di nuove frecce, con risvolti anche beckettiani, in Il copione e Il maestro Pip. A. Moravia, dopo la tragedia Beatrice Cenci (1955) e le commedie Il mondo è quello che è e L'intervista (1966), propone atti unici ironici come Il dio Kurt e Omaggio a James Joyce ovvero Il Colpo di stato (1971).
Tra gli autori del dopoguerra - dove sono emerse anche scrittrici come N. Ginzburg e D. Maraini - occupano tuttora nel t. italiano un posto di rilievo E. De Filippo e D. Fabbri. Tra i lavori più recenti dell'attore-autore napoletano, tradotto in più lingue, sono L'arte della commedia (1964), Il contratto (1971), Il monumento (1970), Ogni anno punto e da capo (1971), Gli esami non finiscono mai (1974). Una significativa serie di suoi lavori è stata presentata in riduzione televisiva. Ha anche riproposto nel 1974 Quattro commedie di E. e V. Scarpetta. Ricco di interessi, di idee e di aperture D. Fabbri è stato uno dei protagonisti del t. detto dei "processi morali" (Processo a Gesù, Processo di famiglia), ma anche ha avuto un filone meno austero e compresso, in chiave ironica, con Il seduttore (1951), La bugiarda (1956) e Lo scoiattolo (1963), fino al lavoro biografico su C. Pavese, scritto con D. Lajolo, Il vizio assurdo (1974), e all'interpretazione della personalità inquieta e contraddittoria di un grande poeta ottocentesco: Il Commedione di Giuseppe Gioachino Belli poeta e impiegato pontificio (1978). L. Squarzina, affermatosi con un t. ideologicamente impegnato e, in epoca neorealista, facente ricorso al documento e a situazioni storiche prospettate con acume analitico e realismo critico, presenta con Otto settembre (scritto insieme con R. Zangrandi ed E. De Bernart) un testo di t.-documento, e in Emmetí fa un'incursione, con originalità linguistica, nel t. d'avanguardia. Non è da dimenticare, nella raccolta dei suoi testi pubblicata da Laterza (con i già conosciuti Tre quarti di luna e La Romagnola) il radiodramma Il pantografo, che nella messinscena di una disgrazia, pietosamente inventata da un gruppo di operai della ferrovia per salvare la pensione di un compagno, svela profondi drammi umani.
G. Patroni Griffi continua a volgersi a temi di angoscia esistenziale e di vocazione tragica negli anni Sessanta; dopo D'amore si muore si ricordano Anima nera, In memoria di una signora amica, Metti una sera a cena - ai quali si potrebbe affiancare anche Scandali segreti di M. Antonioni (1957) - che trattano temi di cinismo giovanile, di lotta senza scrupoli per il successo, ma anche talvolta con recupero del sentimento, non retoricamente inteso, e con uno stile agile, quasi cinematografico. F. Brusati ha composto ritratti critici, a volte crudeli, della società contemporanea, con Il benessere (1959), La fastidiosa (1963), Le rose del lago (1974), e un dramma sull'uccisione di R. Kennedy, Pietà di novembre (1966). L. Codignola, solerte traduttore e ideatore di programmi teatrali televisivi, ha avuto al suo attivo, dal 1962 al 1976, una propria significativa produzione: Il gesto, Il giro d'Italia, Bel Ami e il suo doppio.
Tra gli autori scomparsi dopo il 1960, oltre a Pasolini e Flaiano, ricordiamo A. Campanile (1900-1977), di cui sono stati ristampati e ripresi in t. i brevi testi drammatici (per es. nel Manuale di teatro composto nel 1973 da F. Crivelli, contenente atti unici come Centocinquanta la gallina canta, rappresentato per la prima volta nel 1925, e "tragedie in due battute"); D. Buzzati (1906-1972), dalle fantasie surreali, kafkiane (Un verme al ministero e Il mantello, 1960, La colonna infame e L'uomo che andò in America, 1962); F. Zardi, di vena ironica, vis polemica, abilità smascheratrice (con I Giacobini, demistificazione della Rivoluzione francese, e I tromboni, 19561957, e la cui ultima opera è I marziani, 1960). La commedia musicale ha perduto un suo valido rappresentante con S. Giovannini, autore con P. Garinei di numerosi lavori di successo, da Attanasio cavallo vanesio (1952) ad Aggiungi un posto a tavola (1975).
Il siciliano B. Joppolo (1908-1965) è stato autore prolifico, estroso, tendente alla metafisica, estremamente libero nella forma teatrale. È vissuto a lungo a Parigi, e forse per questo meno seguito, e capito, dalla critica italiana. Ricco di fermenti, audace, mai adattatosi alle mode e ai procedimenti usuali, ha tra i suoi principali lavori Le acque, I minozoi, Tra le ragnatele, I carabinieri, una metafora del potere e della stupidità, portata nel 1962 sulla scena da Rossellini e, sullo schermo, da J.L. Godard. Joppolo fu uno dei pochi rappresentanti dell'avanguardia teatrale italiana attorno alla seconda guerra mondiale: la sua ricerca si caratterizzò nella tecnica e nel linguaggio delle composizioni, ma anche per un completo distacco dalla realtà, tanto più significativo, come in L'ultima stazione e in Domani parleremo di te, all'inizio degli anni Quaranta. L'avanguardia attuale abbonda di rielaborazioni, rimaneggiamenti, riduzioni, che meglio si addicono al fenomeno registico (con L. Ronconi, G. Nanni, M. Perlini, M. Ricci, L. De Bernardinis e P. Peragallo, G. Sepe, ecc.). S'ispirano al poema (L'Orlando furioso di E. Sanguineti e L. Ronconi), a Wedekind (Risveglio di primavera, di G. Nanni e poi di M. Perlini), a scrittori (Pirandello, chi? e Locus solus - da R. Roussel - di Perlini, Proust di G. Vasilicò), ma anche a personaggi e situazioni politiche di significato attuale (da Sacco e Vanzetti, Bresci, a Eva Peron di Copi, cioè l'italo-argentino R. Damonte).
Un altro fenomeno da registrare, scaturito nel 1969 con Quel 6 aprile '44 da un'esperienza di t. documento-vita-verità, e che ha preso il nome di "autodramma", si è verificato a Monticchiello (Siena), dove il popolo intero del piccolo centro - prossimo a Montepulciano dove ogni anno rivive il "bruscello" - prende parte alla stesura dei copioni (se ne sono già avuti una decina) rispecchiando in questa esperienza la cultura, i dibattiti, il progresso sociale e civile del paesino toscano: "notaio" dei testi M. Guidotti.
Sono stati recuperati dalla critica altri autori, finora passati inosservati, o, come drammaturghi, del tutto dimenticati. I. Svevo (il cui t. venne ristampato a cura di U. Apollonio nel 1960) è una riscoperta recente, e certamente di grande peso. Già ventenne si esercitava a comporre commedie. Ha scritto La rigenerazione (1927), Le cugine (o Con la penna d'oro, 1926), La casa del ladro, e vari atti unici, stesi tra il 1880 e il 1890 (con un complesso di tredici opere). Descrive la crisi dei valori borghesi, con i temi prevalenti del matrimonio e dell'adulterio, facendo risaltare mediocrità e inettitudine, grigiore e brama di denaro, con un'ironia sempre acuta, un giuoco di sentimenti mordente, quasi anticipando o partecipando alla corrente del "grottesco". La rigenerazione - rappresentata da T. Buazzelli nel 1973 - è lavoro di più vasto respiro che quasi lo colloca tra le maggiori opere drammatiche italiane della prima metà del secolo. con un tema del tutto nuovo: la presentazione di un "vecchio giovine", il suo ringiovanimento, le diverse dimensioni psicologiche e fisiologiche in cui viene a trovarsi nella famiglia e nella società, con ritorte problematiche esistenziali.
Una riduzione per il teatro di La coscienza di Zeno (1964) si deve a T. Kezich (regia di L. Squarzina), con un ulteriore contributo all'apprezzamento della connaturata teatralità dello scrittore. Kezich ha condotto egregiamente anche altre operazioni dello stesso genere (Bouvard e Pécuchet, 1968, Il fu Mattia Pascal, 1974), insieme con altri due lavori originali: Lo stanzone (1968) e W Bresci (1971).
Il t. di F. Tozzi - maturato in un periodo in cui lo scrittore frequentò Pirandello - è stato raccolto dal figlio Glauco in un volume vallecchiano (Firenze 1970) che contiene sedici testi: atti unici di tensione espressionista (La famiglia, Il figlio, Il ritorno, Le due sorelle, l'abbozzato Camilla), o boccacceschi, da ricollegare alle sue propensioni verso la letteratura toscana medievale, e al "grottesco", portato tra i contadini e sull'aia (L'uva, Gente da poco, La Pippa). Nell'Incalco, tre atti pubblicati postumi - ma da considerare "non limati", secondo la testimonianza di G. Tozzi -, si ravvisano, nel tema hauptmanniano ed espressionista della "ribellione al padre", personali ed elevati valori estetico-morali.
Un altro recupero, avvenuto alla fine degli anni Sessanta (v. M. Verdone, Teatro del tempo futurista, e Autori vari, Teatro italiano d'avanguardia, con numerosi inediti), che ha messo in evidenza i procedimenti adottati, più che i testi nel loro valore assoluto, è stato attuato nei riguardi del t. futurista: fenomeno che va considerato sia per il significato del T. Sintetico (1916), sia per le ricerche scenotecniche e scenografiche (1915, e anni Venti), sia per alcuni autori che acquistano un preciso significato nella ripresa futurista del primo dopoguerra: P. Masnata e R. Vasari. Masnata, estensore del Manifesto del Teatro Visionico (1922) e autore di una raccolta di commedie (Anime sceneggiate), s'ispira al cinema (sovrimpressione, dissolvenza, toni cromatici dominanti che richiamano alle scene filmiche virate) e si vale di un attore "creante" dalle cui parole nascono caratteri e personaggi "creati", alternando passato, presente e futuro con una tecnica che più tardi si riscontrerà di frequente in film come Otto e mezzo, L'anno scorso a Marienbad, Posto delle fragole, Providence. R. Vasari - autore di "sintesi" futur-espressioniste -, vissuto a lungo in Germania e collaboratore di Der Sturm che gli pubblica nel gennaio 1925 Maschinenangst (Angoscia delle macchine), scrive anche Raun, per un'incompiuta "trilogia delle macchine", e atti sintetici futur-espressionisti: Il figlio, Anarchie, Ecce Homo, oltre a un grottesco, La mascherata degli impotenti. Altri autori di sintesi rimessi in luce, a fianco di quelli proposti nel 1915 da Marinetti Corra e Settimelli nei due volumi di Teatro Sintetico Futurista, sono Fillia e A. Rognoni. Le sintesi di R. Chiti sono state raccolte in La vita si fa da sé (Bologna 1974).
Alle idee espresse dai manifesti futuristi del Varietà (1913) e del T. Sintetico, poi della Sorpresa (con particolare impulso di F. Cangiullo, 1884-1977) vanno aggiunte anche quelle del t. in movimento, significate specialmente nel manifesto marinettiano del T. Totale, e i progetti, sia di Marinetti che di Bragaglia, per una rappresentazione dell'Orlando furioso. Forse è in queste idee che si possono ritrovare gli antecedenti di quell'Orlando furioso di E. Sanguineti, messo in scena da L. Ronconi, nel quale è vista una manifestazione tra le più significative del t. italiano contemporaneo, suscitatrice di analoghi spettacoli anche in altri paesi, sia per le creazioni date da Ronconi all'estero, sia per l'impostazione non distante di altre messe in scena: per es., 1789 e 1793 dati da A. Mnouckine alla Cartoucherie (ex fabbrica di cartucce) di Vincennes. È il fenomeno di coinvolgimento che porta lo spettacolo in mezzo agli spettatori e li obbliga a seguire ora l'uno ora l'altro interprete o gruppo recitante, e dando quindi una sorta di collaborazione allo spettacolo.
Le ricerche di Ronconi (cui occorre aggiungere il t.-labirinto di XX, testo dell'anglo-argentino R. J. Wilcock, presentato a Parigi nel 1975) e quelle dei suoi imitatori o seguaci, la ricchezza delle esperienze avanguardiste americane, dove il Living Theatre - col suo spirito collettivista, la prospettiva rivoluzionaria e la fede missionaria - rimane capofila, il t. "povero" di Grotowski, gli assertori del "t. di strada" dalla Germania alla Francia, dagli spagnoli El Comediants ai latino-americani, mostrano di quale ampiezza siano le tendenze teatrali dell'ultimo ventennio, registrate e discusse dalla critica teatrale mondiale. Si è rinunciato ai palcoscenici tradizionali e alle strutture fisse, si è scesi verso e dentro il pubblico, si è chiesto il grande auditorio e poi la sala per piccoli gruppi (Grotowski e Barba non si esibiscono che per poche decine di spettatori), si è affermata l'agitazione e la lotta politica, si è teorizzato il disordine, si sono deprezzati i classici, si è chiesta la partecipazione attiva del pubblico. Ma rimane sempre valido l'insegnamento di J. Vilar (1912-1971), che pure attraverso il Festival di Avignon ha enormemente incoraggiato queste nuove forme rappresentative: "fare una buona società, e poi, forse, avremo un buon teatro".
Living Theatre, happenings, t. di strada, t. di guerriglia, t. politico, sono spettacoli collettivi. 1789 celebra la Rivoluzione francese. 1793 rievoca l'appropriazione della Rivoluzione da parte della borghesia. J. Savary porta col Grand Magic Circus lo spettacolo collettivo alla "festa", lo recita in un bazar orientale o sotto la tenda di un circo; fonde music-hall, circo, festa popolare, cabaret, operetta, fumetto, in spettacoli fragorosi, caleidoscopici, incantati, che s'ispirano a Tarzan, Robinson Crusoe, Cenerentola, Freud, Mosè, Mao, Courage, infine alle Mille e una notte. Lavora sui grandi miti dell'umanità, compenetrando i suoi spettacoli di elementi fiabeschi, parodistici, poetici, osceni, musicali, cabarettistici e politici.
Negli anni Cinquanta v'era stata l'affermazione del t. detto "dell'assurdo" (la denominazione era stata consacrata in un libro di M. Esslin, pubblicato nel 1961 a New York e subito tradotto in più lingue), mentre A. Adamov (1908-1970) aveva proseguito la sua attività drammatica - dopo Tutti contro tutti, Ping-Pong, Paolo Paoli - con Anime morte, Primavera 71, Politica degli avanzi, M.le Moderé, Off Limits (dal 1958 al 1968), ed E. Ionesco era chiamato all'Académie Française nel 1971 (tra le sue opere recenti sono Jeux de massacre, del 1970, Macbett - ovvero il Potere che scaccia il Potere - del 1972, Ce formidable bordel del 1973); e S. Beckett, insignito nel 1969 del premio Nobel, dal 1950 caposaldo della letteratura drammatica contemporanea (con Aspettando Godot), darà dal 1958 al 1970 L'ultimo nastro di Krapp, Film, Respiro, Non io. I critici hanno ampiamente discusso questa definizione, non amata a dire il vero neppure dagli stessi protagonisti: un caucasico, un rumeno e un irlandese acquisiti e inseriti nella cultura francese. Lo statunitense G. Wellwarth preferisce chiamare il t. dell'assurdo "t. della protesta e del paradosso"; E. Jacquart "t. della derisione". Tutti, comunque, vi vedono quali caratteri comuni il rifiuto del realismo e delle convenzioni del passato, dello psicologismo e della causalità, ma anche delle preoccupazioni non artistiche; e, come temi predominanti, solitudine, sofferenza, angoscia, assurdo della condizione umana, ironia. Venivano da Jacquart separati dal minimo comune denominatore dell'"assurdo" J. Tardieu, J. Billetdoux, M. Duras (L'amante inglese); mentre F. Marceau, autore di successo per L'uovo, La pappa reale, Madame Princesse, La morte di Nerone, L'uomo in questione, continua la tradizione del t. di evasione boulevardier, tenendo ogni distanza dall'avanguardia. B. Vian, morto nel 1959, è soltanto ora rivalutato: fu certamente egli stesso anticipatore dell'"assurdo" in certe pièces, per es. in Costruttori di imperi del 1957, dove una famiglia tenta di salvarsi da un Rumore misterioso e incalzante. Lo spagnolo F. Arrabal, anch'egli operante a Parigi, ha una collocazione a parte, come fondatore nel 1962 al Café de la Paix del Théatre Panique (con R. Topor, J. Sternberg, A. Jodorowsky e altri) divulgato nella rivista di A. Breton La Brèche. "Il panico è un modo di essere dove dominano confusione, umorismo, terrore, caso, euforia. Si realizza nella festa panica". Arrabal è vicino a P. Brook e a J. Beck, sostiene la liberazione dell'istinto, l'happening, l'irrazionale, e cerca spiragli nel subcosciente. Il suo Labirinto è la descrizione di un sogno. L'architetto e l'Imperatore di Assiria simbolizza, col "nudo", il rifiuto di una vita opulenta. Punk e Punk e Colegram aggredisce i totalitarismi. Un altro scrittore spagnolo di avanguardia che s'ispira all'humour nero e al terrore è A. Sastre, di cui è da ricordare Esercizi di terrore (cioè Il vampiro di Upsala, Il dottor Frankestein a Hortaleza, Metamorfosi sotto la luna, 1970) con i temi cari dell'horror letterario, dei vampiri e dei mostri, delle notti d'incubo, mentre A. Buero Vallejo ha opere di denuncia e di testimonianza, come Il sogno della ragione.
Nel t. della Rep. Fed. di Germania l'anziano drammaturgo C. Zuckmayer (n. 1896) ha presentato nel 1975 un vasto affresco medievale con L'acchiappatopi, ispirato alla leggenda del pifferaio di Hameln. Il premio Nobel H. Böll scriveva nel 1961 una favola allegorica di tipo avveniristico, Un boccone di terra, e nel 1970 Lebbra, atroce storia di un prete finito suicida, messo in quarantena come un lebbroso perché le sue idee progressiste non si espandessero. Virulento, esplosivo, assurdo, G. Grass nel 1954 esordisce in t. con un burlesco atto unico, A dieci minuti da Buffalo, poi compone una metafora del diluvio in Acqua alta (1957), Zio, zio (1958) su un Landru allo stato fallimentare, I cuochi malvagi (1961) alla ricerca di una ricetta tanto miracolosa quanto sinistra, I plebei provano la rivolta (1962) in cui s'intravede la figura di Brecht, e Prima (1969) sulle agitazioni studentesche.
All'umorismo grottesco di M. Walser si devono La scappatella (1961), Querce e conigli d'angora (1962), Il signor Krott a grandezza più che naturale (1963), Il cigno nero (1964) che scava sul passato nazista, Battaglia in camera (1967), su un torbido rapporto fra coniugi, Un giuoco di bambini (1970), satira dell'erotismo precoce, e La rappresentazione della scrofa (1975) con musiche di M. Theodorakis, e un protagonista cantante, finto cieco.
Un autore che si è imposto sul piano della polemica e del t.- documento è R. Hochhuth, il quale presentò Il vicario nel 1963 mirando a colpire Pio XII con l'accusa di non aver condannato Hitler, Soldati (1967), dove il bersaglio è W. Churchill, Guerriglieri (1970), critico verso gli SUA, e La levatrice (1971) verso il governo di Bonn e il considerato fasullo miracolo economico tedesco; infine Lisistrata e la Nato (1977). Al t.-documento appartiene anche H. Kipphardt con Il caso J.R. Oppenheimer (1964), Joel Brand - Storia di un affare (1965), in cui Eichmann tratta con gli ebrei per ottenere, in cambio della vita di gruppi di deportati, diecimila camion pesanti, e La festa di Sedan (1970). Il più efficace in questo genere è P. Weiss, che dopo Marat-Sade (ovvero: La persecuzione e l'assassinio di J.P. Marat, rappresentati dai filodrammatici del manicomio di Charenton sotto la guida del signor De Sade, 1964), presenta un classico del t.-inchiesta, L'istruttoria (1965), e successivamente la Cantata del fantoccio lusitano (1969), Come il signor Mockinpott fu liberato dai suoi tormenti e Discorso sul Viet-Nam (1968), Trotstki in esilio (1970), Hölderlin (1971).
Anche la Germania vede svilupparsi considerevolmente il proprio t. (la RDT possiede 112 sale statali, mentre la Rep. Fed. di Germania ha 188 t. di cui soltanto 58 a gestione privata). Il Berliner Ensemble continua la propria attività anche se ha perduto H. Weigel nel 1971. Un autore (nato a Monaco di Baviera) che si è affermato presso questo complesso (lavorandovi fin dal 1955) è P. Hacks. Ha scritto Inaugurazione dell'era indiana (1954), una dissacrazione del mito di Colombo e una lezione di critica storica marxista, La battaglia di Lobositz (1956), demistificazione dell'eroismo germanico, La leggenda popolare del Duca Ernesto ovvero L'eroe e il suo seguito (1957), caricatura del mondo gotico, Il mugnaio di Sanssouci (1958) dove un popolano è messo a contrasto con Federico di Prussia, Le preoccupazioni e il potere (1960) di scottante attualità politica, Moritz Tassow (1965) su un esperimento di comunismo contadino, Margarete in Aix, Onfale, Pressaspe, testi ambientati in epoche remote, Adamo ed Eva (1972) scritto "per salvare il cristianesimo dai cristiani".
Tra gli scrittori teatrali in lingua tedesca ricorderemo in quest'ultimo ventennio il ritorno al t. dello svizzero M. Frisch, che dopo La grande rabbia di Filippo Hortz (una satira matrimoniale), e Omobono e gli incendiari (la paura che arma gli avversari), entrambi del 1958, scrive nel 1961 Andorra, sul pregiudizio razziale e, più, sul pregiudizio umano, e Biografia (1968), l'ipotesi di ricominciare da capo una vita sbagliata; e la costante operosità di F. Dürenmatt, meno cupo e amaro, più fantasioso e colorito. Sono tra i suoi più recenti lavori il polemico, antiatomico, I fisici (1961), beffardamente ambientato in un sanatorio; l'estrosa Meteora (1966), una trama di morte e resurrezione, il sogghignante Gli anabattisti (1967), Ritratto di un pianeta (1970), in una polemica cosmica, il sarcastico Il collaboratore (1973), dove un meccanismo complesso è utilizzato da un'Anonima Omicidi per disintegrare i cadaveri.
Dall'Austria, dopo il giusto rilancio di O. von Horváth (1901-1938), il miglior poeta drammatico tedesco con Brecht, tipico rappresentante della "nuova oggettività" (Notte all'italiana, 1930, Storie del bosco viennese, 1931, Kasimir und Karoline, 1932, La sconosciuta della Senna, 1934, Fede speranza carità, 1936), il nome più valido è quello di P. Handke, attivo nella Rep. Fed. di Germania e impostosi con Insulti al pubblico (1966) e Kaspar (1968), con indagini sottili sul linguaggio e tematiche nuove di significato sociologico. La cavalcata sul lago di Costanza (1971) s'ispira a una ballata del poeta tedesco ottocentesco G. Schwab.
La via a una posizione di avanguardia del t. polacco nel contesto mondiale è stata aperta da autori come S.I. Witkiewicz (1885-1939) - con le tragifarse La madre, Essi, Gyubal Wahazar, I ciabattini, Il pazzo e la monaca, assurde ma profetiche nella valutazione della Polonia e del mondo --, W. Gombrowicz (1904-1969), il romanziere cui si devono anche Iwona principessa di Borgogna (1935), Il matrimonio (1947), e Operetta (1967); S. Mrozek (I poliziotti, Il tacchino, Karol, Strip-tease, La casa alla frontieraa, In alto mare, Divertimento, e Tango di un grottesco quasi surrealista); T. Rosewicz (Schedario, I testimoni, Atto interrotto). J. Grotowski, fondatore a Opole, nella Polonia occidentale, nel 1959, del T. Laboratorio, poi trasferitosi a Wroclaw nel 1965, è assertore di un "t. povero", come rito scarnito, dove è l'attore che irradia luce. Egli ritiene che la tecnica scenica e personale dell'attore è il nucleo dell'arte teatrale. Per il testo-pretesto ricorre a poeti romantici polacchi (J. Slowacki), o a testi come Akropolis di S. Wyspianski e Principe costante di Calderon (nella trascrizione poetica di Slowacki). I temi trattati nella Bibbia gli dànno occasione per Apocalypsis cum figuris (1969), nel quale il dramma di Cristo è confrontato con quello dell'uomo contemporaneo. Grotowski, sensibile alle esperienze di Stanislawski per perfezionare la tecnica dell'attore, con le sue possibilità fisiche e vocali, ha messo a frutto le conquiste del t. asiatico, dell'Opera di Pechino, del No, del Kathakali indù, rinunciando a scene, costumi, luce, musica, regìa, in un t. ascetico dove solo materiale è l'attore e il suo corpo.
Un'indipendenza dal testo letterario, con tendenza all'happening, concepisce anche T. Kantor che ha costituito nel 1955 il gruppo Cricot 2 e si è esibito in un t. sperimentale sotterraneo. Dal suo t. (che ha chiamato di volta in volta Autonomo, Zero, Informale, Impossibile) emergono creazioni come Gallinella acquatica (da Witkiewicz), La classe morta (1969), La pillola verde (1974). Il rifiuto del testo letterario non è però assoluto: "Esso è illusione, finzione, il senso è tutto nelle parole mentre il teatro è azione. Però il testo ha la sua importanza, eliminarlo sarebbe troppo facile: dà la garanzia che si resta nel dramma e non, come in molta così detta avanguardia, nella pantomima o nel balletto".
Nel ricco panorama del t. polacco contemporaneo ha un posto anche il T. Stu di Krzysztof Jasinski, di cui va ricordato lo spettacolo La caduta (1970), basato su un poema di T. Rozewicz (oltre a Libro dei sogni polacco e cataratta).
Se non abbondano le traduzioni di autori sovietici - tanto che collane e riviste occidentali si occupano piuttosto di autori delle avanguardie "storiche" da rivalutare, e tra questi sono riemersi i nomi di L. Lunc, l'eccentrico J. Olesa (I tre grassoni), M. Bulgakov, N. Erdman, l'armeno E. Ciarenz con i suoi "agitka" - la vitalità dei complessi teatrali delle repubbliche dell'URSS è dimostrata dalla partecipazione a festival e rassegne internazionali, magari puntando principalmente su testi classici o di risalto folklorico. La rivista Il Dramma ha presentato nel 1969 un testo di B. Pasternak, La bellezza cieca, che s'ispira a modelli gogoliani, sul tema dell'abolizione della servitù della gleba; e nel 1967 Una candela al vento di A. Solženicyn.
Un autore sovietico tra i più rappresentati è A. N. Arbuzov, che ha trattato prevalentemente tematiche riguardanti il mondo dei giovani, come in Tanja (1939). Tra i suoi lavori dell'ultimo ventennio sono Accadde a Irkutsk, La dodicesima ora, Il mio povero Marat (o La promessa), Confessione notturna, Giorni felici di un uomo infelice, Racconti del vecchio Arabat, Vecchio mondo.
N. Ram Hikmet (Ma è poi esistito Ivan Ivanovic?, 1956, La spada di Damocle, 1959) è, anche in teatro, il maggiore scrittore turco. Nato nel 1902, è vissuto lungamente - dall'epoca dell'avanguardia - in Unione Sovietica, dove è morto nel 1963.
Gli avvenimenti del 1968 in Cecoslovacchia nocquero all'attività intensa di complessi celebri come il T. alla Ringhiera di J. Grossman e il T. Dietro la Porta di O. Krejca. Praga aveva conquistato un grande prestigio anche per la presenza di scenografi come J. Svoboda, e d'iniziative originali come quelle della Laterna Magika, con regìe di A. Radok. Gli autori più significativi di questi anni sono V. Havel (con le commedie satiriche La difficile possibilità di concentrazione, La festa in giardino, L'avviso), P. Kohout (Augusto Augusto, augusto), J. Topol (Un'ora d'amore, La gatta sui binari), P. Karvas (Experiment Damocles), M. Kundera (Due orecchie due nozze).
Anche in Iugoslavia l'attività teatrale è intensa, arricchita pure da confronti internazionali e festival. Hanno acquistato notorietà europea il croato M. Krleža, dall'ossessivo sentimento drammatico (con gli espressionistici Leggenda, Mascherata, Kraljevo, Cristoforo Colombo, Michelangelo Buonarroti, Adamo ed Eva, dal 1913 al 1922, e con i realistici Nell'accampamento e Vučjak, il trittico Glembaj, e Aretco, 1959), lo sloveno P. Kozak (Afera e Dialogo, 1962, Il congresso, 1969), e M. Bor, nel cui Ballo della spazzatura una congiura di notabili è ambientata nella Siena cinquecentesca.
Tra gli scrittori iugoslavi del dopoguerra sono da ricordare il serbo Nušić, per lavori farseschi, e M. Matkovic, R. Marinković, B. Ćosić, V. Desnica.
Un panorama del Teatro Rumeno è stato composto da A. Militelu (Milano 1960): vi è messa in risalto, per i "miti drammatici", la personalità del poeta rumeno L. Blaga, il cui lavoro più importante è Mesterul Manole.
Anche il t. bulgaro ha una sua ricca e significativa silloge (Berlino 1974) dove figurano, a cura di W. Köppe, i drammi dei seguenti scrittori: P. Jaworow, R. Stojanow, D. Dimow, W. Petrow, N. Haitow, G. Mischew, N. Jordanow.
La ventata di rinnovamento portata nel t. britannico attorno agli anni Sessanta dai cosiddetti angry young men (giovani arrabbiati) mise subito in evidenza J. Osborne, diventato una sorta di leader dei nuovi drammaturghi, il quale aveva ottenuto consensi con i suoi Ricorda con rabbia (1956) e L'istrione (1957), ma il cui valore era stato molto ridimensionato per i successivi Epitaffio per Georges Dillon, Tempo presente, Hotel in Amsterdam, A ovest di Suez. Nel 1961 ebbe miglior fortuna con Lutero e nel 1964-65 con Inammissibile evidenza e Un patriota per me. Influenzato da A. Miller e T. Williams, Osborne è attratto dalla tematica del fallimento, che qualche volta può diventare anche retorica. Accanto a Osborne si affermarono H. Pinter, anche fortunato sceneggiatore cinematografico, dalle situazioni ambigue e dai personaggi inquietanti, autore di Il guardiano (1960), Il ritorno a casa (1964), Paesaggio (1968), Silenzio (1969), Terra di nessuno (1974), Il tradimento (1978), dove dominano malessere, isolamento, e incomunicabilità; R. Bolt che scrive drammi di ambiente storico come Un uomo per tutte le stagioni (1954), centrato sulla figura di T. More, e Vivat! Vivat! Regina (1970) su M. Stuart, mentre meno riuscito è il dramma - sul problema delle armi atomiche - La tigre e il cavallo (1960); J. Whiting, il cui Diavoli è portato in film da K. Russell, mentre T. Richardson filma Sapore di miele di S. Delaney; J. Arden (La danza del sergente Musgrave, 1959, L'ultimo addio di Armstrong, 1964, La libertà mancina, 1965), dai messaggi pacifisti e anarchici; P. Shaffer, con i ritratti critici della società borghese britannica Esercizio a cinque dita, Orecchio privato e Occhio pubblico (dal 1958 al 1962). Il suo dramma storico ispirato a Pizzarro tra gl'Incas, La grande caccia al sole, è del 1964; gli hanno fatto seguito Commedia nera (1965), Bianchi bugiardi (1968), La battaglia delle confessioni (1970), Fquus (1974). A. Wesker e D. Mercer sono più impegnati politicamente. Rivolta contro la società e senso di colpa individuale caratterizzano i drammi di Mercer Il caso di Belcher (1966) e Flint (1970). Wesker si ricollega ai drammi sociali di Odets. Figlio di un ebreo ungherese e di una russa, descrive spesso il mondo degli ebrei londinesi. Sono tra i suoi lavori più significativi Brodo di pollo con l'orzo e Radici (1958), La cucina (1959), Parlo di Gerusalemme (1960), Patatine di contorno (1962), Le quattro stagioni (1965). I suoi Gli amici (1970) sembrano riconciliarsi con la morte, e I vecchi (1972) con la vita. Wesker ha vinto nel 1970 il premio Marzotto con Le loro dorate città.
È spesso in questi scrittori un senso di ribellione e una tendenza all'immoralismo che può apparire scopertamente gratuita: per es., in E. Bond - lo sceneggiatore di Blow up di M. Antonioni -, allorché presenta Salvi (1965), dove un bimbo in carrozzella è lapidato da un gruppo di giovinastri. Ma, nonostante le noie avute con la censura, il lavoro di Bond fu difeso da alte personalità del t. e incontrò vivo successo, non meno di Le nozze del Papa e dei successivi Primo mattino (1968), Stretto cammino verso il profondo nord (1969) e Lear (1972).
Fa parte del gruppo anche un impetuoso irlandese, B. Behan, le cui commedie, tra il drammatico e il grottesco, sono specchio della difficile situazione dell'Irlanda: The quare fellow e The heritage. Morto giovane, nel 1964, stroncato dall'alcoolismo, Brehan è tra i pochi autori nazionali inclusi nel 1969-70 in programmi commemorativi all'Abbey Theatre di Dublino.
Nel t. americano dell'ultimo ventennio non è agevole un orientamento perché le commedie nuove rappresentate si calcolano sulle circa trecento all'anno. Tra gli autori più famosi restano T. Williams, A. Miller, N. Simon, ed E. Albee, che si considera rappresentante in SUA del "t. dell'assurdo", P. Chayefsky (dai drammi sociologici Il decimo uomo, 1959, e Gideon, 1961). Al Living Theatre di J. Malina e J. Beck è legato J. Gelber, con The Connection (Il contatto, 1959) - dove un gruppo di eroinomani è in attesa spasmodica della droga -, The marrying maiden (1960) e The apple (1961), dove è un non riuscito tentativo di partecipazione del pubblico, Square in the eye (1964), The Cuban thing (1968); e al movimento sorto al di fuori dei t. (Off Off Broadway) M. Terry (Viet Rock, 1966), D. Rabe (una trilogia sul Vietnam), e A. Weinstein (Red eye of love, 1960, The twenty-five cents cap, 1961, Dynamite tonight, 1963): contestatori di certi atteggiamenti ufficiali statunitensi (per es. nelle iniziative militari), così come della tradizionale forma teatrale naturalistica. L'antimilitarista The brig (La prigione) di K.H. Brown (1963) è diventato testo fondamentale del Living Theatre e del cinema underground: la spersonalizzazione dell'individuo in un carcere di marines. Le posizioni ideologiche e l'attivismo politico di certi complessi ha fatto nascere anche un T. di Guerriglia, di cui si può leggere il manuale, steso da R.G. Davis, leader di una "SanFrancisco Mime Troupe", in Tulane drama review (estate 1966).
L'avanguardia americana, di cui abbiamo già ricordato i gruppi radicali del Living Theatre, del Bread and Puppet (che utilizza pupazzi di cartapesta, anche giganti, e considera il "t. come il pane"), dell'Open Theatre, ritualistico, il cui pezzo forte è stato The Serpent di J.-C. Van Itallie, è rappresentata anche dal Café La Mama di E. Stewart, che ha contribuito a lanciare S. Shepard, M. Terry e J.-C. Van Itallie, e che destò sensazione con Hair di R. d'Amore, con i suoi giuochi luministici e musicali-coreografici e con la sua esplosione di "nudo"; il Performance Group di R. Schechner, e Pageant Players, Playhouse of the Ridiculous, Firehouse Theatre, i gruppi neri Theatre Black e Black House. R. Wilson, un texano, già rieducatore di handicappati, dirige la Byrd Hoffmann School of Byrds, con la quale ha dato Ka Mountain and Guardenia Terrace e Ouverture (1972), The life and times ofJoseph Stalin (1973), A letter for queen Victoria (1974), Einstein on the beach (1976), Dia log/network (1977). Le performances di Wilson sono tutte immagini, di preponderante valore cinetico, cifrate, spesso interminabili. Ouverture dura ventiquattro ore, e Ka Mountain, realizzato sui monti di Persepolis, sette giorni e sette notti. Non raccontano una storia e "parlano ai sordi": tipico è Deafman glance (Lo sguardo del sordo, 1970).
Mentre A. Kaprow e il critico M. Kirby (cfr. il suo studio sulla cosiddetta "rappresentazione senza matrici") sono stati i sostenitori e propagandisti dell'happening - che è considerato come sintesi delle arti ed è inizialmente appannaggio di pittori e scultori - J. Gelber ne è avversario considerandolo un pre-teatro, come l'inglese J. Osborne, del resto, che non ammette che "abbia lo stesso significato che scrivere un libro il gesto d'un insensato che getta flash di luce su una parete". L'happening è un t. particolare: gli artisti che lo praticano sono contrari a "ripresentare" i loro lavori, che s'intendono eseguiti senza copione e senza prove. T. di forma visuale, l'happening assomiglia al collage, ha carattere non verbale, è strutturato a compartimenti (dunque con unità teatrali autonome, appunto come il collage) e gli attori godono di considerevole libertà. M. Kirby sostiene che l'happening nasce dalla pittura - trasformata in assemblage o collage, invadente lo spazio -, la quale poi diventa environment, con appropriazione dell'ambiente, e infine, associata all'azione, si trasforma in happening. Tra gli anticipatori dell'happening Kirby indica V. Boccioni, con l'inserimento di un frammento del telaio di una finestra di legno in una scultura futurista, G. Braque o P. Picasso, che incollano oggetti veri sulla tela creando il collage (il materiale reale entra così a far parte della pittura), e K. Schwitters, che praticò il collage, trasformò la casa in environment, e col T. Merz progredì verso l'happening.
I più significativi rappresentanti dell'happening americano, che s'ispirano anche a J. Cage e al suo riallacciarsi alla tradizione futurista e dada sono A. Kaprow (18 happenings in 6 Parts, Coca cola Shirley Cannonball?, A spring happening, The courtyard), R. Grooms (The burning building), R. Whitman (The American moon, Mouth, Flower, Water), J. Dine (The car crash), C. Oldenburg (Injun, World's fair, Gayety, Autobodys). I copioni di questi "accadimenti" sono stati registrati nel volume di M. Kirby, Happenings (New York 1965, trad. it. Bari 1968).
Nella produzione teatrale "scritta" gli autori che tornano più spesso sulle scene sono A. Kopit, con le sue tragifarse e atti unici di humour nero, J. Richardson (The prodigal, 1960, che riprende il mito di Oreste, Risate sul patibolo, 1961, una tragicommedia in una prigione), R. Anderson (The days between, 1965, You can't hear me, 1966, Solitaire e Double solitaire, 1971), W. Gibson (The miracle worker, 1959, Golden boy, 1964), I. Horovitz (The Indian wants the Bronx e It's called the Sugar Plum, 1967, Morning, 1968, Acrobats e Line, 1970, The primary English class, 1975), F. Gagliano (Conerico was here to stay, 1964, Night of the dance, 1966, City scene, 1968), L. Lo Russo (Lampport reunion, 1975, Wheelbarrow closers, 1976), A. Innaurato (Worms, 1977, Ulysses in Traction e Gemini, 1978), D. Mamet (American Buffalo, 1977, Life in Theatre e Water engine, 1978), L. Wilson (Gingham dog, 1968, Lemon sky). R. Foreman ha fondato l'Ontological-Hysteric Theatre e creato, con l'attrice K. Mannheim, il personaggio di Rhoda, "eterna vagabonda nel deserto della mente umana". Tra le sue commedie, che chiama "macchine del riverbero", Dr. Selavy's magic theatre (1972), Mobility e Sophia Part IV (1973), Paint and vertical pandering to the masses e Hotel for criminals (1974), Rhoda in Potatoland (1975). Non tutti questi autori sono conosciuti in Europa e tradotti, ma alcuni di essi hanno avuto altrettanta fortuna a Broadway che oltre Atlantico e, in più, sono noti per versioni cinematografiche di lavori come Il prigioniero della Seconda Strada, di N. Simon, o Il locatario di R. Topor; e Gin game di D. L. Coburn - una lunga partita a ramino di vecchi frustrati - è stato presentato da P. Stoppa e F. Valeri al Festival di Spoleto nell'anno stesso della sua uscita (1978).
Gli spettacoli di avanguardia sono spesso per pochi spettatori; quelli di maggior richiamo si orientano verso opera e balletto, e taluni hanno avuto anche considerevole successo di pubblico, come Jesus Christ Superstar, Pippin, Hair - che con i suoi "nudi" ha dato il via ad altri spettacoli come Oh! Calcutta e The dirtiest show in town -, e Ralph Mac Donald and friends, che ha riaperto un celebre locale di Harlem, l'Apollo Theatre.
Un autore italiano residente a New York, non recepito con sufficiente interesse nel paese d'origine, ma che il Festival di Spoleto ha presentato nel 1965 con Il suicidio, e che negli Stati Uniti, dove vive, ha trovato accoglienza presso complessi teatrali e pubblico è l'aquilano M. Fratti. I suoi lavori s'ispirano preferibilmente ad avvenimenti di cronaca e a temi di dibattito sociale: ricordiamo, negli anni Sessanta, Mafia, Eleonora Duse, Dialogo con un negro, Che Guevara (presentato al Festival di Venezia 1970), La vittima, e, successivamente, Chile 1973, Patty Hearst, Kissinger, fino ai recenti The third daughter e The biggest thief in town, allestito all'Actor's Studio Theater di L. Strasberg (1978).
In questo stesso anno si è avuto a New York un "Forum" di autori italiani residenti in America, programmato da N. Daddazio, con P. Copani (Will Power, L'Americana l'ha fatto per te), N. Daddazio (An Italian-American passion, Selling Ma), G. Granozio (The defense rests), D. De Matteo (Paradis Kid), G. Ruffini (Father's day), R. Veter (Paradise), L. Melsi (Untitled), L.A. Coppola (Chiaroscuro), J.-A. Tedesco (Sacramenti) e M. Fratti (Dolls no more, The academy).
Varie comunità hanno in SUA un proprio t., consacrato alla tutela della cultura nativa. L'autore negro più celebre è LeRoi Jones (L'olandese, 1964, La nave degli schiavi, 1967). Il T. Campesino ha la sua base culturale nel Centro Campesino Cultural (Farm-workers Cultural Center) fondato da M.L. Valdez a San Juan Bautista, California: collegato coi gruppi teatrali chicanos e latino-americani, ha avuto suoi festival a Mexico C. e alle piramidi di Teodihuan e Tajin. Un American Theatre Ensemble (che fa propria la causa del Red Power) è sorto ad opera di H. Geigomah (Kiowa-Delaware). È a queste iniziative che si devono poi produzioni, diffuse internazionalmente, quali Come! And the day will be ours, di E. Barba, che verte sulla disgregazione politica e psichica dei pellirosse.
Al Festival mondiale del t. di Nancy e alle Giornate internazionali del t. al Théatre des Nations di Parigi si sono esibiti nel 1972 i T. delle minorità nazionali: El Campesino (California), Mascarones (Mexico), Theatre Euh! (Quebec), La cuadra (Siviglia), Rencontres e La carriera (occitani). Chicanos, Campesinos, Mascarones, occitani, praticano un t. politico, come Morte e resurrezione di Monsieur Occitania. Taluni di questi complessi minoritari hanno raggiunto anche notevoli progressi di rinomanza internazionale: per es. il T. Campesino (1965) di Valdez (autore di La carpa - tra Brecht e Cantinflas - e La cabeza reducida di Pancho Villa). Nel Quebec il t. - di lingua francese - ha avuto per iniziatore G. Gélinas nel 1950 con Tit-Coq (dramma di un fanciullo senza famiglia). Altri suoi lavori sono Bousille e i giusti (1967) e Ieri i fanciulli danzavano (1968). L'autore di Quebec più rappresentato è M. Dubé (Tempo di lillà, 1958, Virginia, 1968, Povero amore e Le belle domeniche, 1969, Paradiso perduto, 1970, Un mattino come gli altri e Il naufrago, 1971).
In Canada è attivo il t. di lingua inglese specialmente per opera di J. Coulter, R. Davies, L. Peterson, L. Sinclair.
Un Festival del t. latino-americano si è tenuto nel 1978 a Caracas (Venezuela): presenti numerosi gruppi venezuelani; l'Equipo Teatro Payro, argentino, esponente del t. politico, con Visita di R. Monti; il Teatro Popolare di Bogotà; la Compañia Nacional de Mexico; il Grupo Tierranegra di Costa Rica (con Il testamento del cane del brasiliano A. Suassuna); gl'indios ecuadoriani Los Yumbos Chagumangos; il Teatro Investigacion Niquinohomo formato da campesinos del Nicaragua, con Historia del Gueguense. Lo stile più diffuso è quello del t. politico-folklorico.
Tra i lavori di lingua spagnola - nell'area latino-americana - vanno specialmente segnalate Torotumbo - danza di purificazione dopo una profanazione - del guatemalteco premio Nobel M.A. Asturias, e le ardite pièces del cubano V. Pinera (Jesus, La boda, Aire frìo, Dos viejos pànicos, Vanguardia o Absurdo, El flaco y el gordo, El filantropo). Agli autori brasiliani R. Jacobbi ha dedicato una ricca antologia (Teatro brasiliano, 1960); mentre L.F. Rebello è uno dei più affermati autori portoghesi (Il giorno dopo, 1949, Condannati a vita, 1964).
Nella nuova configurazione politico-sociale del mondo arabo, dove il t. è stato in precedenza dominato dalle influenze straniere (recitato in francese in Algeria e Libano, o presentato mediante adattamenti di classici, nei quali eccelsero gli egiziani Najîb al-Rîhânĭ, 1892-1949, e Badi' Khayrî, 1893-1965), o si è limitato al t. d'ombre e di marionette, o addirittura non è esistito (come asseriscono N. Malch e C. Khaznadar, riferendosi all'Arabia Saudita, nel volume UNESCO Le théâtre arabe, 1969), si può rilevare un notevole sforzo, sia in Egitto e Libano che in Algeria, Tunisia, Marocco, per la ricerca di un'identità e per il tentativo di provocare un'espressione drammatica araba. A ciò ha notevolmente contribuito lo spettacolo televisivo, Così come il ritorno in patria di studenti che hanno soggiornato in Italia, Francia, Gran Bretagna. Sono stati fondati t. popolari e universitari, un T. della televisione e un Théâtre de poche al Cairo, e convegni sul t. sono stati organizzati spontaneamente u dall'Unesco (per es. a Beyrouth nel 1967). Nel 1969 Algeri ha ospitato il primo Festival culturale panafricano.
Tra i primi autori della nuova era del t. arabo ricordiamo gli egiziani Nùmân 'Ashûr con L'amante, che tratta il problema dell'inadattamento da parte dei giovani intellettuali formati in Occidente, e con la tragicommedia Gente di sotto (influenzata dai Bassifondi di M. Gorki); Abd al-Rahman al-Sharqâwi, autore di Jamila (1962), storia di una patriota algerina, e di Mahran il guerriero, situata all'epoca dei Mammalucchi; A. Faraj che s'ispira alle Mille e una notte (1965), ma utilizzando anche tecniche del t. di marionette, e in Solimano d'Aleppo sull'uccisione del generale napoleonico Kléber da parte di un patriota siriano; Tawfiq al-Hakîm, apparso influenzato dal t. francese nella pièce "assurda" Tu che sali sull'albero. Il complesso della città di Tunisi ha dato negli anni Settanta Il mostratore di A. Chedid, Il pazzo di Layla di A. Chawki, Sette contro sette di C. Khaznadar. Il t. della negritude, di cui è rappresentante anche L. Senghor, si allarga al martinicano A. Césaire (La tragedia di Re Cristoforo, 1961, e Una stagione in Congo, 1967, sul sacrificio di Lumumba), nonché all'algerino Kateb Yacin (Il cadavere accerchiato, Mohamed prendi la tua valigia - affresco sardonico sull'emigrazione -, e La guerra dei duemila anni, sulla colonizzazione).
Convegni sul t. africano e asiatico si sono tenuti altresì al Festival di Shiraz-Persepolis, dove sono state presentate anche pièces iraniane (Vis e Ramin di A. Ovanessian), libanesi, giapponesi, oltre a gruppi che hanno dato esibizioni di t. Kathakali, No, Kabuki, e d'ombre, di vari paesi dell'Oriente. Da ricordare specialmente il complesso Tenjo-Sajiki, formato da S. Terayama nel 1967, reso celebre da esibizioni date nei festival internazionali teatrali (La Marie Vison, Inugami, e Doctor Caligari Crime, 1969, Jashumon, 1971, Il sacrificio del sangue, 1973); e gli spettacoli allestiti da P. Brook e J. Xenakis (rispettivamente Orghast e Persepolis). Orghast (I e II) ha un testo di T. Hughes - un linguaggio inventato con parole latine, greche, sanscrite, veda. Realizzato nelle tombe dei re persiani ha per protagonista il Sole (al tramonto, I parte, e all'alba, II parte) e per tema centrale il mito del fuoco. Persepolis rievoca, con luci, musica elettronica, masse di soldati, la storia dell'Iran.
Il t. asiatico, nato sotto forma di rappresentazioni popolari, ha avuto sempre per oggetto la rappresentazione delle relazioni della comunità con la divinità, ma anche mirato, in parte, a divertire. Caratteristica comune è stata di fondere armoniosamente t., musica e danza. Maschere, marionette e t. d'ombre vi hanno avuto parte importante (il t. giapponese del No, con maschere, le ombre indiane, cambogiane, tailandesi, e malesi (Kelantan), le danze ispirate alle leggende degli Dei (India), il t. danzato indonesiano, le marionette Joruri che con il No e il Kabuki restano le forme più originali del t. giapponese e del suo contributo alle arti asiatiche dello spettacolo.
Nella Cina attuale l'Opera di Pechino rimane il t. nazionale cinese per eccellenza. La sua concezione è particolare: classificazione dei ruoli, trucco simbolico, costumi convenzionali, declamazione e recitazione stilizzata, senza concessioni al realismo. Le rappresentazioni sono praticamente senza scena, e il tempo e il luogo sono indicati dalla mimica, sottolineata dalla musica. È un t. che riunisce più arti tradizionali: canto, danza, declamazione, mimica, acrobazia. Non è soltanto strumento di ricreazione, ma anche mezzo di comunicazione tra i più efficaci, specie nelle zone rurali, ancora poco raggiunte da cinema e televisione.
L'Opera di Pechino ha presentato spettacoli a tema contemporaneo rivoluzionario: Il porto, La presa della montagna della Tigre, Raid sul reggimento del Tigre bianco, Il fanale rosso, i balletti Il distaccamento femminile rosso, La ragazza dai capelli bianchi, e la sinfonia rivoluzionaria Cha-kiapong. Alcuni di questi lavori scomparvero negli ultimi anni dal repertorio, ma La ragazza dai capelli bianchi (che Chinese Literature, n. 5-6,1977, afferma soppressa dalla "banda dei quattro") è stata ripresa. Una delle ultime pièces è Il sole che sale, lavoro redatto da Souen Wei-che, "e messo a punto dopo discussioni con i lavoratori di Taking". Vedi. tav. f. t.
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