Teeteto
(Θεαίτητος) Dialogo di Platone. Presumibilmente composto nel 369 a.C., per affinità stilistiche e contenuti vicini alle problematiche discusse in dialoghi quali il Sofista (➔) e il Filebo, il T. può essere considerato tra i dialoghi dialettici della maturità di Platone. Il racconto si apre con un breve dialogo introduttivo tra Euclide, discepolo di Socrate e fondatore – alla morte del maestro – della cosiddetta scuola megarica (➔ megarica, scuola), fiorita nel corso del 4° sec. a.C., e Terpsione, anche lui discepolo di Socrate e testimone della sua morte (i loro nomi ricorrono anche in Fedone, 59 c). Protagonisti in senso stretto del dialogo sono invece – oltre a Socrate – Teeteto (➔) e Teodoro di Cirene. Il primo fu un matematico di chiara fama, considerato dalla tradizione come il teorico di due dei cinque solidi regolari descritti da Platone nel Timeo (➔) (55 a-c): mentre tetraedro, cubo e dodecaedro sarebbero stati noti già ai pitagorici, a Teeteto andrebbe ricondotto lo studio di ottaedro e icosaedro. Inoltre, forse proprio sulla base di quanto si legge nel T. (147 c- 148 b), un antico scolio agli Elementi di Euclide attribuisce a Teeteto il quadruplice teorema 9 del libro X, relativo agli irrazionali quadratici. Anche Teodoro era un matematico; Giamblico (Vita di Pitagora, 36, 267) lo annovera tra i membri della scuola pitagorica nel noto ‘catalogo dei pitagorici’; originario di Cirene, fu in amicizia con Socrate e Protagora e – per quanto si può dedurre da T. 147 d – si interessò al problema dei numeri irrazionali. Assiste al dialogo, senza prendere la parola, Socrate il giovane, maestro di Aristotele nei primi tre anni del soggiorno ateniese. Argomento centrale del dialogo è la definizione del concetto di scienza (ἐπιστήμη); la grande considerazione di Platone per la matematica – basti ricordare il ruolo riconosciuto a questa disciplina nel VII libro della Repubblica (➔), dove è ricordata come mezzo di elevazione e conversione alla sfera del puro intelligibile (525 c-526 c) – giustifica la scelta di due matematici come interlocutori del filosofo Socrate nella discussione attorno al problema. Alla questione vengono date nel corso del dialogo tre diverse risposte, intervallate da due intermezzi, il primo riguardante l’arte maieutica (➔ maieutica) di Socrate (148 e-151 d), il secondo relativo alla figura del filosofo, la sua libertà di spirito, il suo ideale di assimilazione alla divinità (172 c-177 c). La prima definizione di scienza pone la sua eguaglianza con la sensazione (αἴσϑησις). Essa è confutata da Socrate (151 d-172 c), che mostra le contraddizioni interne alla dottrina del relativismo protagoreo, con il quale viene identificata in questa fase del dialogo, e le sue conseguenze sul piano etico-politico. Più avanti (177 c-186 e) la dottrina per cui scienza è sensazione viene discussa e criticata attraverso un esame critico dell’eraclitismo che sarebbe alla base del relativismo di Protagora, mentre si rimanda l’esame critico della dottrina eleatica. La seconda definizione di scienza è quella di «opinione vera» (ἀληϑής δόξα) e viene respinta (187 a-201c) attraverso una serie di obiezioni, ultima delle quali quella per cui in termini logici è impossibile definire cosa sia un’opinione falsa se prima non si sia stabilito cosa è scienza. La terza definizione di scienza è «opinione vera accompagnata da ragionamento» (ἔφη δὲ τὴν μὲν μετὰ λόγου ἀληϑῆ δόξαν ἐπιστήμην εἶναι; 201 c), anch’essa respinta con una serie di obiezioni che portano alla conclusione aporetica del dialogo.