(gr. Τηλέμαχος, lat. Telemăchus) Personaggio d'origine poetica, secondo Omero unico figlio di Ulisse e di Penelope.
Durante la lunga assenza paterna si trova, giovinetto inerme, alle prese coi Proci che gli dilapidano i beni e comandano nella sua casa pretendendo alla mano di sua madre. Guidato da Atena, che ha assunto l'aspetto dell'amico paterno Mentore, si reca a Pilo da Nestore e a Sparta da Menelao in cerca di notizie del padre, ma invano. Tornato a Itaca e sfuggito a un'insidia dei Proci, trova presso Eumeo il padre, ritornato sotto l'aspetto di mendicante. Dopo il riconoscimento, Telemaco aiuta il padre a uccidere i Proci e a vendicarsi dei servi infedeli.
A queste avventure narrate nell'Odissea i mitografi aggiunsero episodi vari. Secondo la Telegonia, dopo la morte di Ulisse ucciso da Telegono, questi avrebbe sposato Penelope, mentre Telemaco sposava Circe avendone come figlio Latino, oppure Romo, o Rome, l'eponima di Roma (e Telemaco avrebbe poi ucciso Circe).
L'arte antica ha raffigurato Telemaco come giovane in scene dell'accoglienza di Nestore, del ritorno di Ulisse, della strage dei Proci, su vasi greci e urnette etrusche.
Il viaggio di Telemaco, come prima presa di posizione del giovane figlio di Ulisse dinanzi alle multiformi esperienze della vita, fu ripreso da Fénelon nel suo romanzo Les aventures de Télémaque (1699), col proposito d'instillare ai lettori l'amore della giustizia e della virtù. Nell'Ulisse, J. Joyce ricalca la traccia del poema omerico e raffigura Telemaco nel giovane intellettuale Stephen Dedalus.