TEOLOGIA
(XXXIII, p. 526).
Teologia cattolica.
La teologia cattolica è in pieno sviluppo, ancor più rigoglioso dalla fine della seconda guerra mondiale, tanto che ci si potrebbe domandare se si sia mai dato un periodo della storia in cui lo studio e la produzione teologica siano stati così intensi. L'attività teologica della nostra epoca, confrontata con quella del periodo medievale e del periodo moderno, se ne distingue prima di tutto per l'importanza considerevole assunta dalla t. positiva, dall'esame scientifico delle fonti: si è assistito, soprattutto dopo la II guerra mondiale, a un notevole rinnovamento degli studî biblici, liturgici, patristici. Inoltre questa attività presenta un deciso carattere di lavoro in collaborazione, dovuto, come si sa, in buona parte alle esigenze del lavoro scientifico sulle fonti: la t. non progredisce più in virtù di "somme teologiche", nelle quali un autore singolo tratta successivamente di tutte le questioni, ma in virtù dell'insieme degli articoli e delle opere, sempre più numerose, che cercano di chiarire, in maniera più approfondita, i testi scritturali, il pensiero dei Padri e dei teologi, le questioni speculative. Infine, la nuova attività teologica, pur continuando a studiare i temi tradizionali, si è volta a nuovi settori, e ha dato rilievo specialmente a certe dimensioni della dottrina rivelata, alle quali finora si era stati meno attenti. Si tratta di importanti temi dottrinali di ecclesiologia, di cristologia, di mariologia, dei principî direttivi della morale, della stessa natura dello sviluppo teologico, della dimensione escatologica di tutta la dottrina della salvezza, del rapporto della teologia con la storia, con le scienze, con le realtà terrestri.
Il ritorno alle fonti bibliche. - Nel 1942 l'enciclica Divino afflante Spiritu ha dissipato l'atmosfera di diffidenza che, in conseguenza delle esagerazioni moderniste, s'era diffusa verso l'uno dei metodi critici in esegesi. L'enciclica condannava lo zelo poco illuminato di coloro che hanno in sospetto ogni novità e sottolineava che per molti problemi si imponeva un nuovo esame. Incoraggiava pertanto gli esegeti a un lavoro critico approfondito, fornendo in merito una direttiva fondamentale: l'interpretazione dei libri sacri deve tener conto del loro "genere letterario", cioè del modo di esprimersi dell'autore e delle intenzioni del suo scritto. Con ciò l'enciclica confermava un principio esegetico preconizzato, circa cinquanta anni prima, dal padre M.-J. Lagrange.
Il problema del genere letterario si poneva, specialmente per i primi undici capitoli del Genesi, tradizionalmente ritenuti di genere storico. Nel 1948 una lettera del p. J.-M. Vosté, segretario della Commissione Biblica, al cardinale E. Suhard, arcivescovo di Parigi, precisava che questi undici capitoli sono di un particolare genere letterario, distinto da quello storico nel senso classico e moderno. Pertanto è ormai acquisito che i racconti della creazione, della caduta di Adamo e Eva, del delitto di Caino, del diluvio, della torre di Babele, pur avendo una loro verità di dottrina religiosa, non sono descrizioni propriamente storiche.
Incoraggiando gli esegeti a usare i metodi critici, l'enciclica li conduceva a rivedere alcuni problemi di autenticità, e a cercare di definire in modo più preciso la composizione e l'origine dei libri sacri. Questo lavoro continua: ad esempio, per il Pentateuco, attribuito a Mosé, si cerca di individuare i documenti, assai differenti per origine e data, di cui si sono avvalsi gli ultimi redattori; e nel libro di Isaia si distingue ciò che deve essere attribuito al deutero-Isaia e ad altri autori. Uno sforzo parallelo è in corso per cercare di chiarire la questione dei sinottici del Nuovo Testamento: un libro di L. Vaganay ha impostato in maniera nuova il problema della composizione dei vangeli sinottici.
D'altronde il problema dei documenti adoperati nella redazione dei libri sacri rimanda al problema dell'ispirazione. L'ispirazione si deve intendere limitata all'ultimo redattore).
Alcuni esegeti hanno mostrato la tendenza a estendere l'ispirazione agli autori, i cui documenti sono stati usati o integrati nel testo sacro. L'ispirazione assume così una fisionomia più collettiva, che corrisponde meglio al carattere della composizione. Alcuni estendono l'ispirazione anche a una traduzione come quella dei Settanta; così si terrebbe conto del fatto che i libri sacri hanno avuto una loro vita nella tradizione ebraica, con determinati svolgimenti dottrinali, che si rilevano nella traduzione.
Sono comparsi un gran numero di studî particolari, per la determinazione del senso letterale della Scrittura. Particolarmente L. Cerfaux e i suoi allievi hanno applicato il metodo analitico, che esaminando ciascuna parola secondo la provenienza e il significato consente di arrivare a conclusioni sintetiche più sicure.
Benché l'enciclica abbia concentrato la sua attenzione sul senso letterale, alcuni esegeti si mostrano soprattutto preoccupati di enucleare il contenuto dottrinale e spirituale della Bibbia. Poiché questo contenuto non risulta soltanto dal senso letterale immediato, ci si è volti con nuovo interesse al senso tipologico, fondato sul ruolo figurativo del Vecchio Testamento rispetto al Nuovo, e si è riconosciuta l'importanza del sensus plenior, che, sfuggito all'autore umano, era presente nell'intenzione divina, che, ispirando il testo, lo metteva in rapporto con l'insieme della Rivelazione. Questa tendenza a considerare il senso più largo della Scrittura si osserva non solo in patrologi come il p. J. Daniélou, ma anche in esegeti professionali come J. Coppens. In generale, l'interesse si volge sempre più alla t. biblica, che presuppone una certa sistematizzazione dei risultati dell'esegesi in vista d'un insieme dottrinale e che, già al semplice livello esegetico, tiene conto soprattutto delle intenzioni profonde che animavano l'autore sacro, delle grandi linee del suo pensiero. Si deve aggiungere che il ritorno alle fonti bibliche tocca il grande pubblico cristiano, che mostra un vivo interesse per la Scrittura e cerca di attingervi un rinnovamento di vita spirituale.
Il ritorno alle fonti patristiche. - Prescindiamo qui dal rinnovamento liturgico, trattato altrove (v. liturgia, in questa App.). Il ritorno alle fonti patristiche non ha l'ampiezza di quello biblico. Si è tuttavia manifestato con numerosi studî sui Padri, e con la pubblicazione di testi e traduzioni particolarmente di Padri greci. Queste traduzioni mettono le opere dei Padri a disposizione di una élite di fedeli; la collezione francese Sources chrétiennes (iniziata nel 1942) risponde a un tempo a una seria preoccupazione scientifica e a un compito divulgativo. Per completezza, si deve osservare che il ritorno alle fonti suscita studî su tutti i settori della tradizione; ci si occupa, così, con crescente interesse, della tradizione orientale e, per il periodo medievale, si progredisce, sotto l'impulso particolarmente di A. Landgraf, nella conoscenza delle origini della teologia scolastica.
Ecclesiologia. - Il predominio, nella nostra epoca, delle idee comunitarie trova una ripercussione nell'importanza riconosciuta all'ecclesiologia e nello sviluppo dei varî aspetti della comunità cristiana. L'ecclesiologia ha assunto una nuova forma nella teoria del Corpo Mistico, della quale un'enciclica pontificia, nel 1943, ha consacrato il valore ed esposto le linee fondamentali.
Al trionfo di questa teoria hanno particolarmente contribuito i lavori di E. Mersch S. J., il quale intendeva ordinare tutta la t. in funzione dell'idea del Corpo Mistico. Effettivamente con ciò si ritorna alla scrittura, poiché l'idea che la chiesa è il corpo di Cristo è stata enunciata da san Paolo. Tra le affermazioni dell'enciclica che hanno colpito è quella che dichiara la coincidenza del Corpo Mistico di Cristo con la Chiesa cattolica romana. Corpo Mistico di Cristo è la Chiesa di Roma; tuttavia si può appartenere a questa Chiesa con una specie di desiderio inconsapevole, senza esserne membri visibili, com'è il caso di tutti i cristiani in buona fede che appartengono alle Chiese separate.
Notevole è l'elaborazione di una t. del laicato. Il problema è emerso dalla vita stessa della Chiesa, nella quale il laico svolge una parte sempre più considerevole. Teologi come il p. Y. Congar e altri hanno cercato di definire il posto del laico nella struttura della Chiesa.
Si è sottolineato la partecipazione attiva del laico al culto, soprattutto nella celebrazione del sacrificio della messa, nella quale egli deve unirsi all'offerta del prete; in particolare, si è cercato di definire la sua missione d'apostolato. Non solo per l'impulso che lo porta a diffondere il suo ideale il laico fa dell'apostolato, bensì per un mandato ricevuto dalla Chiesa quale membro del Corpo Mistico in sviluppo. Il che comporta che questa missione si esercita sotto la direzione o il controllo della gerarchia. Si è molto discusso sul grado d'autonomia dei laici, soprattutto in Francia. Da una parte, bisogna ammettere che questa autonomia è limitata, poiché una missione nel quadro della Chiesa implica l'approvazione della gerarchia e la conformità alle sue direttive. D'altra parte, si conviene nel riconoscimento che il laico deve assumersi la sua personale responsabilità in certe decisioni e scelte d'ordine temporale, ad esempio nella vita politica. Uno dei compiti più urgenti dell'apostolato laico è appunto la cristianizzazione delle istituzioni.
All'ecclesiologia si riconnette la t. missionaria o missionologia, la quale ha preso slancio nel periodo tra le due guerre con gli studî del p. J. Schmidlin e soprattutto del p. P. Charles. Oggi essa continua a studiare i problemi posti dall'espansione della Chiesa in paesi di assai diversa civiltà. Attualmente, inoltre, si trova ad affrontare il fatto che le terre pagane divengono progressivamente cristiane e che alcune sono ormai cristiane a un punto che non si addice più loro il nome di missioni; d'altra parte paesi cristiani di vecchia data devono considerarsi, almeno parzialmente, paesi di missione. Con ciò s'impone che la condizione di missione è di tutta la Chiesa cessando pertanto la t. missionaria d'essere legata a particolari determinazioni geografiche.
Cristologia. - Il quindicesimo centenario del concilio di Calcedonia, nel 1951, è stato occasione per nuovi studî sul dogma dell'unicità di persona e dualità di natura del Cristo: i più importanti di questi studî sono raccolti nell'opera collettiva Das Konzil von Chalkedon, pubblicata sotto la direzione dei pp. A. Grillmeier e H. Bacht. Ma l'attenzione dei teologi si è volta soprattutto alla traduzione psicologica del dogma di Calcedonia. Si deve attribuire al Cristo un io umano, con autonoma psicologia umana.
Il problema era già stato sollevato, prima della guerra, dalle pubblicazioni del p. Déodat de Basly, ma è stato posto in tutta la sua estensione dopo la guerra dalla controversia tra due professori di Roma, P. Parente e P. Galtier, che ebbe larga ripercussione tra i teologi. Ognuna delle due posizioni illuminava un aspetto effettivo della psicologia del Cristo: il Parente, sostenendo l'unicità dell'io divino, mostrava come l'unità di persona si traduca sul piano psicologico, e il Galtier, mettendo in rilievo l'autonomia della coscienza umana di Gesù, gettava luce sulle conseguenze psicologiche della dualità delle nature.
Mariologia. - Da una ventina d'anni, è stato notevole lo sviluppo della t. mariana.
Per lungo tempo nella Chiesa, la riflessione intellettuale e l'indagine scientifica sulle fonti non avevano accompagnato sufficientemente l'espansione della devozione mariana. Questo ritardo oggi ha trovato una riparazione con l'immenso lavoro compiuto sia sul terreno della t. positiva, con l'analisi esegetica e lo studio della tradizione, sia sul terreno dell'elaborazione speculativa della dottrina. La mariologia è il settore teologico in cui il lavoro in collaborazione è organizzato nella maniera più sistematica. In Francia, in Spagna, negli S. U. A. e in Belgio esistono società di studî mariani che, ogni anno, si riunicono in congresso e pubblicano un volume di contributi. Inoltre, a partire dal 1950, si tiene, ogni quattro anni, un congresso internazionale di mariologia.
Nel 1950 ha avuto luogo la solenne proclamazione del dogma dell'Assunzione e, nel 1954, Pio XII ha istituito la festa della regalità di Maria. Ma per ora, il tema che più appassiona i teologi è quello dei rapporti tra Maria e la Chiesa, che corrisponde allo sviluppo della coscienza comunitaria e colloca Maria nella prospettiva della comunità.
Esso, implicando il problema della parte che tocca alla donna nell'opera salvifica, tende a fondarsi su una t. della donna. In termini più generali, si osserva che, per comprendere e unificare i dati della Rivelazione concernenti Maria, la t. si riferisce sempre più alla definizione della parte avuta dalla madre del Cristo nella redenzione. La natura della collaborazione di Maria all'opera redentrice è oggetto di grandi discussioni, ma la realtà di questa collaborazione appare sempre più nettamente come il principio donde derivano tutti i privilegi della Vergine.
Principî direttivi della morale. - La t. morale mostra la tendenza a enucleare i suoi principî direttivi. Per il passato, non si era sempre sufficientemente preoccupata di cercare il suo fondamento nella Rivelazione. Appoggiandosi alla dottrina di san Tommaso il p. G. Gilleman ha posto in rilievo il primato della carità. Il p. B. Häring si rifà più direttamente al Vangelo, poiché la legge morale è la legge del Cristo: il principio delle nostre azioni morali va trovato nel richiamo d'amore che Dio ci rivolge attraverso il Cristo, chiamata alla quale il nostro amore deve rispondere con il seguire il Cristo.
Sviluppo dogmatico e teologico. - È uno dei problemi più delicati impostisi alla t. dopo il 1945. Molti teologi si preoccupano d'essere aperti al pensiero moderno e di formulare la dottrina cattolica in termini accessibili al pubblico intellettuale contemporaneo. Può profilarsi con ciò il pericolo di attribuire un valore troppo relativo ai concetti che il dogma aveva adoperato, nel passato, per esprimersi. Nel 1950 l'enciclica Humani generis mise in guardia i teologi contro ogni relativismo dogmatico e sottolineò che la dottrina rivelata si esprime in dottrine che sono adeguatamente vere e contengono affermazioni assolute. Ricordò che sarebbe imprudente rifiutare o trascurare la t. scolastica e definì le condizioni di ogni progresso teologico: si tratta di rispettare tutta la tradizione anteriore, senza scartarne niente, bensì studiandone e assumendone tutto il contenuto per progredire. L'enciclica non condannava affatto l'apertura al pensiero moderno; lo sforzo della t. inteso a presentare la verità religiosa in maniera adatta alla mentalità e alla filosofia contemporanea è legittimo e necessario. I teologi che si erano impegnati in questo sforzo hanno avuto il merito di attirare l'attenzione su un compito urgente della teologia.
Rapporti della teologia con le scienze. - Nel corso di questi ultimi venti anni si sono dissipate certe apparenze d'opposizioni tra la t. e la scienza. Riguardavano soprattutto il dogma della creazione, che bisognava accordare con i dati scientifici contemporanei sulle origini dell'universo e dell'umanità. Poiché il racconto della creazione nella Bibbia non si propone di fornirci informazioni scientifiche su queste origini, esso è compatibile con qualsiasi ipotesi scientifica.
Alcune ipotesi recenti sull'origine dell'universo, come quella dell'atomo primitivo, si mostrano esse stesse accordabili con l'idea di creazione, poiché risalendo nel passato al primissimo stadio dell'espansione della materia pongono il problema d'uno zero iniziale dello spazio e del tempo. La creazione dell'uomo si accorda senza difficoltà con l'evoluzionismo. Essa implica che Dio ha dato un'anima spirituale agli organismi derivati dall'evoluzione. Il disagio suscitato dall'ipotesi scientifica del poligenismo è stato in buona parte dissipato. Nel 1935 i fratelli A. e J. Bouyssonie avevano esposto nel Dictionnaire de théologie catholique le ragioni che inclinavano la scienza ad affermare una duplice origine dell'umanità: l'impossibilità d'ammettere un solo phylum per l'uomo di Piltdown e per la discendenza del sinantropo. Essi domandavano ai teologi se la t. poteva ammettere il poligenismo. La risposta dei teologi fu negativa. Dal punto di vista scientifico il problema è stato chiarito solamente nel 1953, quando si stabilì che il fossile di Piltdown era il risultato di una frode. La maggioranza degli scienziati attualmente propende per la monogenesi, cioè per l'opinione secondo la quale l'umanità deriva da un unico ceppo; ma essi non sono in grado di pronunciarsi - e lo saranno mai? - sul punto se l'umanità discende da una sola coppia. Ci si trova pertanto in condizioni migliori per affermare che, dal punto di vista scientifico, non si oppongono difficoltà a sostenere la dottrina che Dio ha creato una prima coppia umana, dalla quale è derivata tutta l'umanità.
Non solo non può darsi contraddizione tra la t. e la scienza, ma la t. ha il compito d'integrare, nella sua visione del mondo, i dati della scienza. A ciò ha atteso particolarmente il p. P. Teilhard de Chardin: se le sue concezioni filosofiche e teologiche non sfuggono a qualche critica, tuttavia questo grande paleontologo ha avuto il merito di voler mostrare come l'evoluzione della materia, della vita e dell'uomo fosse orientata verso il Cristo, il quale poi rilancia il progresso umano verso un superiore stadio di divinizzazione.
Dimensione escatologica, teologia della storia e delle realtà terrestri. - Il ritorno alla Scrittura, nella quale il tema dell'escatologia ha un posto notevole, ha portato i teologi a rendersi meglio conto della dimensione escatologica di tutta la dottrina rivelata. L'escatologia può intendersi in due modi. Intesa come escatologia individuale, che ha riguardo ai fini ultimi dell'individuo, non ha dato luogo a un progresso teologico, salvo per le teorie proposte in merito alla sorte dei bambini morti senza battesimo, le quali prevedono per questi bambini una possibilità di salvezza in virtù del desiderio di battesimo, sia mediante un desiderio individuale, in una opzione che avrebbe luogo al momento della morte, sia mediante un desiderio dei genitori o della Chiesa. Queste teorie peraltro non hanno ancora ottenuto alcuna approvazione da parte dell'autorità docente nella Chiesa. Invece l'escatologia collettiva s'impone sempre più come il quadro entro il quale si deve vedere l'opera salvifica. La Chiesa è essenzialmente in cammino verso il suo stato finale di comunità beata. D'altronde essa possiede già in sé, in certo modo, questo stato finale poiché con il Cristo l'escatologia è entrata nel presente, la sua attuazione è cominciata. In questo modo tutte le verità implicate nel piano salvifico divino assumono una dimensione escatologica.
Questo orientamento escatologico conferisce alla storia dell'umanità il suo vero senso e costituisce uno dei fondamenti della t. della storia, tanto importante in un'epoca in cui è stato fortemente sottolineato il valore della storia.
La prospettiva escatologica induce altresì a porre il problema del valore delle realtà terrestri. Di fronte al destino finale celeste dell'umanità, come valutare i compiti temporali? Alcuni teologi, il cui sguardo si volgeva soprattutto alle realtà ultime, si sono mostrati inclini ad abbassare i valori di questo mondo, benché la t. cattolica non si spinga mai tanto avanti, in questa direzione, come certa t. protestante. Altri teologi, più attenti al mistero dell'Incarnazione, hanno insistito sul nuovo valore di cui il Cristo ha rivestito tutte le cose e tutti i compiti di questo mondo. Queste due tendenze esprimono entrambe un aspetto della verità: le realtà terrestri non devono essere cercate né esaltate per sé stesse, poiché hanno solo un valore relativo e esistono solo in vista della salvezza soprannaturale, per l'edificazione in terra del mondo dell'aldilà; d'altronde esse contribuiscono veramente al destino finale della umanità, in quanto siano assunte dalla grazia, dalla vita divina del Corpo Mistico. In questo modo tutti i valori della civiltà sono integrati nello sviluppo del Regno di Dio.
Bibl.: Per uno sguardo d'assieme sulla teologia attuale: R. Aubert, La théologie catholique au milieu du XXe siècle, Tournai 1954; J. Feiner, J. Truetsch, F. Boeckle, Fragen der Theologie heute, Einsiedeln 1957; G. Thils, Orientations de la théologie, Lovanio 1958; A. H. Maltha, De nieuwe Theologie, Informatie en Orientatie, Bruges 1958. Sui più importanti problemi teologici la bibliografia è vastissima: ci limiteremo ad alcune indicazioni essenziali, in relazione ai temi accennati nella voce.
Studî biblici. - 1. Introduzioni generali ai problemi biblici: C. Charlier, La lecture chrétienne de la Bible, Maredsous 1951; A. Robert e A. Feuillet, Introduction à la Bible, 2ª ed., Tournai 1959. - 2. Opere e articoli sui principî generali d'interpretazione della Scrittura: H. de Lubac, Typologie et allégorie, in Recherches de science religieuse, XXXIV (1947), pp. 180-226; J. Coppens, Les harmonies des deux Testaments, Parigi 1949; G. Courtade, Inspiration et inerrance, in Supplément au Dict. de la Bible, IV, 1949, coll. 482-559; Questioni bibliche alla luce dell'enciclica "Divino afflante Spiritu", Roma 1950; J. Daniélou, Sacramentum futuri. Études sur les origines de la typologie biblique, Parigi 1950; H. de Lubac, Histoire et esprit. L'intelligence de l'Écriture d'après Origène, Parigi 1950; J. Schildenberger, Vom Geheimnis des Gotteswortes, Heidelberg 1950; J. Daniélou, Bible et liturgie, Parigi 1951; E. Florit, Ispirazione biblica, Roma 1951; C. Spicq, L'avènement de la théologie biblique, in Revue des sciences philosophiques et théologiques, XXXIV (1951), pp. 561-574; P. De Ambroggi, I sensi biblici, in La scuola cattolica, LXXX (1952), pp. 230-239; E. Galbiati e A. Piazza, Pagine difficili dell'A. T., Genova 1952; A. Penna, La lettera di Dio, Brescia 1952; A. Fernández, Sentido plenior, literal, tipico espiritual, in Biblica, XXXIV (1953), pp. 299-326; R. E. Brown, The sensus plenior of Sacred Scripture, Baltimora 1955; C. Charlier, Méthode historique et lecture spirituelle des Écritures, in Bible et vie chrétienne, 1957, n. 18, pp. 7-26; L. Vagaggini, Ispirazione biblica e questioni connesse, in Problemi e orientamenti di teologia dogmatica, Milano 1957, vol. I, pp. 171-230; J. Coppens, L'inspiration et l'inerrance bibliques, in Ephemerides theologicae lovanienses, XXXIII (1957), pp. 36-57; id., Le problème du sense plénior, ibid., XXXIV (1958), pp. 5-20; J. Levie, La Bible, parole humaine et message de Dieu, Parigi 1958.
Ecclesiologia. - 1. Teologia del Corpo Mistico: L. Cerfaux, La théologie de l'Église suivant s. Paul, Parigi 1942; G. Ceriani, Il mistero di Cristo e della Chiesa, Milano 1945; A. Mitterer, Geheimnisvoller Leib Christi nach st. Thomas von Aquin und nach Papst Pius XII., Vienna 1950; T. Soiron, Die Kirche als Leib Christi, Düsseldorf 1951; E. Sauras, El Cuerpo Místico de Cristo, Madrid 1952; E. Mersch, La théologie du Corps Mystique, 4ª ed., Bruges 1954; E. Mura, La dottrina del Corpo Mistico, in Problemi e orientamenti, cit., Milano 1957, vol. II, pp. 373-406. - 2. Teologia del laicato: P. Dabin, Le sacerdoce royal des fidèles dans la tradition ancienne et moderne, Bruxelles 1950; M. D. Koster, Volk Gottes im Wachstum des Glaubens, Heidelberg 1950; Y. Congar, Jalons pour une théologie du laïcat, Parigi 1953; G. Philips, Le rôle du laïcat dans l'Église, Parigi 1954; L'apostolato dei laici nella parola dei papi, Roma 1955; R. Spiazzi, il laicato nella Chiesa, in Probl. e orientamenti, cit., I, pp. 303-358; G. Philips, Études sur l'apostolat des laïcs, Bruxelles 1960 (Études religieuses, 744). - 3. Teologia delle missioni: J. Daniélou, Le mystère du salut des nations, Parigi 1946; A. Retif, Introduction à la doctrine pontificale des missions, Parigi 1952; A. Seumois, Introduction à la missiologie, Schöneck-Beckenried 1952; A. Rétif, Foi au Christ et mission, Parigi 1953; A. Perbal, La teologia missionaria, in Problemi e orientamenti, cit., I, pp. 415-462.
Cristologia. - 1. Studî storici: A. Sepinski, La psychologie du Christ chez saint Bonaventure, Parigi 1948; A. Grillmeier e H. Bacht, Das Konzil von Chalkedon, Würzburg 1951-1954; T. J. Van Bavel, Recherches sur la christologie de saint Augustin, Friburgo 1954. - 2. Opere e articoli sul problema dell'"Io" di Cristo: P. Galtier, L'unité du Christ-Être... Personne... Conscience, Parigi 1939; A. Gaudel, Le mystére de l'Homme-Dieu, Parigi 1939; H. Diepen, Un scotisme apocryphe: la christologie du P. Déodat de Basly, in Revue thomiste, XLIX (1949), pp. 428-492; id., La critique du baslisme selon saint Thomas d'Aquin, ibid., L (1950), pp. 82-118, 290-329; id., La psychologie humaine du Christ selon saint Thomas d'Aquin, ibid., pp. 515-562; L. Seiller, La psychologie humaine du Christ et l'unité de personne, in Franziskanische studien, XXXI (1947), pp. 49-76, 246-274 (cfr. Acta Apostolicae Sedis, XLIII, 1951, p. 12); P. Galtier, La conscience humaine du Christ, in Gregorianum, XXXII (1951), pp. 525-568; XXXV (1954), pp. 225-246; B. M. Xiberta, El Yo de Jesucristo, Barcellona 1954; P. Parente, L'Io di Cristo, 2ª ed., Brescia 1955; id., La psicologia di Cristo, in Problemi e orientamenti, cit., II, pp. 345-372. - Tra i numerosi articoli apparsi su questo problema: L'Année théologique, IX (1948), pp. 5-20, 129-147, 311-322 (E. Masure); Revue des sciences religieuses, XXIII (1949), pp. 245"269 (P. Glorieux); La scuola cattolica, LXXX (1952), pp. 265-301; (M. Cé); Mélanges de science religieuse, IX (1952), pp. 27-54 (P. Glorieux); Revue thomiste, LIII (1953), pp. 62-80 (H. Diepen); Zeitschrift für katholische Theologie, LXXIV (1952), pp. 339-348, LXXVII (1955), pp. 212-228 (F. Lakner); Estudios ecclesiásticos, XXVII (1953), pp. 203-229, XXIX (1955), pp. 443-478 (F. de P. Sola); Divus Thomas, LVIII (1955), pp. 90-110, 296-310, LXI (1958), pp. 472-480 (A. Perego); Ciencia tomista, LXXXII (1955), pp. 105-123 (M. Cuervo); Theologische Revue, LII (1956), pp. 145-162 (R. Haubst); Revista española de teología, XVI (1956), pp. 215-224 (B. M. Xiberta), XIX (1959), pp. 243-252 (J. Ezquerro); Nouvelle revue théologique, LXXX (1958), pp. 337-358 (J. Galot); Revue des sciences philosophiques et théologiques, XLII (1959), pp. 462-471 (Ch. - V. Heris).
Mariologia. - Ci limitiamo a ricordare alcune opere collettive e trattati di mariologia: 1. Opere collettive: I volumi pubblicati ogni anno dalle società di studî mariani nei diversi paesi: Mariale Dagen, Tongerloo, dal 1931; Études mariales, Juvisy, poi Parigi, dal 1935; Estudios marianos, Madrid, dal 1944; Marian studies, Washington, poi New York, dal 1950. Riviste di teologia mariana: Marianum, Roma, dal 1938, e Ephemerides mariologicae, Madrid, dal 1951. Atti dei congressi mariologici internazionali, pubblicati dall'Academia Mariana Internationalis: Alma Socia Christi (Roma 1950); Virgo Immaculata (Roma 1954); Maria et Ecclesia (Lourdes 1958); P. Straeter, Katholische Marienkunde, Paderborn 1947-1951; H. du Manoir, Maria, Parigi 1949-1958; Enciclopedia Mariana Theotocos, Genova-Milano 1954; J. B. Carol, Mariology, Milwaukee, 1955-1957; Mother of the Redeemer, Dublino 1959; Lexikon der Marienkunde, in corso di pubblicazione, Ratisbona dal 1960. - 2. Trattati di mariologia: G. Alaustruey, Tratado de la Virgen Santísima, 2ª ed., Madrid 1947; G. M. Roschini, Mariologia, Roma 1947-1948; id., La Madonna secondo la fede e la teologia, Roma, 1953-1954; M. Schmaus, Mariologie (Katholische Dogmatik, V), Monaco 1955; R. Laurentin, Court traité de théologie mariale, 4ª ed., Parigi 1959.
Morale. - G. Gilleman, Le primat de la charité en théologie morale, Bruxelles 1952; B. Haering, Das Gesetz Christi, Friburgo in Brisgovia 1954.
Sviluppo dogmatico e teologico. - Opere pubblicate prima della controversia: M. D. Chenu, Une école de théologie: Le Saulchoir, Kain-lez-Tournai 1937; L. Charlier, Essai sur le problème théologique, Thuillies 1938. - 1. In favore di una concezione più larta dello sviluppo dogmatico: H. Bouillard, Conversion et grâce chez s. Thomas d'Aquin, Parigi 1944; La théologie et ses sources, in Recherches de science religieuse, XXXIII (1946), pp. 385-401; J.-M. Le Blond, L'analogie de la vérité - Réflexions d'un philosophe sur une controverse théologique, in Recherches de science religieuse, XXXIV (1947), pp. 129-141; H. Bouillard, Notion conciliaires et analogie de la vérité, in Recherches de science religieuse, XXXV (1948), pp. 251-271; H. de Lubac, Le problème du développement du dogme, in Recherches de science religieuse, XXXV (1948), pp. 130-160. - 2. In opposizione a questa concezione: R. Garrigou-Lagrange, diversi articoli in Angelicum, 146-1951; M. L. Guérard des Lauriers, La théologie historique et le développement de la théologie, in L'Année théologique, VII (1946), pp. 276-325; M. M. Labourdette, La théologie et ses sources, in Revue thomiste, XLVI (1946), pp. 353-371; id., Fermes propos, in Revue thomiste, XLVII (1947), pp. 5-19; M.M. Labourdette e M. J. Nicolas, L'analogie de la vérité et l'unité de la science théologique, in Revue thomiste, XLVII (1947), pp. 417-466; R. Garrigou-Lagrange, natura e valore delle formule dogmatiche, in Problemi e orientamenti di teologia dogmatica, I, pp. 387-408. - 3. Opere o articoli che hanno rapporto con la controversia: Ph. Donnelly, On the development of dogma and the supernatural, in Theological studies, VIII (1947), pp. 471-491; A. Perego, La teologia nueva, in Ciencia y Fe, V (1949), pp. 7-30; Th. Deman, Tentatives françaises pour un renouvellement de la théologie, in Revue de l'Université d'Ottawa, XX (1950), pp. 129-167; A. Perego, La nuova teologia: sguardo d'assieme alla luce dell'enciclica "Humani Generis", in Divus Thomas, LIII (1950), pp. 436-465; Ph. Donnelly, Theological opinion of the development of dogma, ibid., pp. 668-699; T. Gregory, Cattolicesimo e storicismo. La polemica sulla "nuova teologia", in Rassegna di filosofia, I (1952), pp. 49-66; G.M. Eldarov, Presenza della teologia, Padova 1954. - 4. Commenti all'enciclica "Humani Generis": in Revue thomiste, L (1950), pp. 32-55 (M. M. Labourdette); in La scuola cattolica, LXXVIII (1950), pp. 397-428 (C. Colombo); in Euntes docete, IV (1951), pp. 23-45, 149-161 (P. Parente e C. Fabro); in Nouvelles revue théologique, LXXIII (1951), pp. 3-20 (F. Taymans); in Theological studies, XII (1951), pp. 208-230, 510-549 (G. Weigel); in Gregorianum, XXXIII (1952), pp. 58-84, 162-182 (G. Rambaldi e C. Boyer).
Teologia e scienza. - 1. Opere del p. P. Teilhard de Chardin: Le phénomène humain, Parigi 1955; L'apparition de l'homme, Parigi 1956; La vision du passé, Parigi 1957; Le milieu divin, Parigi 1957; L'avenir de l'homme, Parigi 1959. - 2. Opere sul p. Teilhard de Chardin: C. Tresmontant, Introduction à la pensée de Teilhard, Parigi 1956; Cl. Cuenot, Pierre Teilhard de Chardin. Les grandes étapes de son évolution, Parigi 1958 (biografia completa); P. Leroy, P. Teilhard de Chardin, Parigi 1958; N. Rabut, Dialogue avec Teilhard, Parigi 1958; P. Chauchard, L'être humain selon Teilhard de Chardin, Parigi 1959.
Teologia della storia. - D. Dubarle, L'Église et le monde: harmonie ou divorce?, in La vie spirituelle, LXXVII (1947), pp. 547-571, LXXVIII (1948), pp. 311-335; G. Fessard, Théologie et histoire, in Dieu vivant, VIII (1947), pp. 37-65; M. I. Montuclard, La médiation de l'Église et la médiation de l'histoire, in Jeunesse de l'Église, VII (1947), pp. 9-33; R. Aubert, Discussions récentes autour de la théologie de l'histoire, in Collectanea Mechliniensia, XXXIII (1948), pp. 129-149; L. Bouyer, Christianisme et eschatologie, in La vie intellectuelle, ott. 1948, pp. 6-38; H. Rahner, La théologie catholique de l'histoire, in Dieu vivant, X (1948), pp. 91-116; L. Malevez, La vision chrétienne de l'histoire, in Nouvelle revue théologique, LXXI (1949), pp. 113-134, 244-264; id., Deux théologies catholiques de l'histoire, in Bijdragen, 1949, pp. 225-240; G. Thils, Théologie des réalités terrestres, II, Théologie de l'histoire, Bruges-Parigi 1949 (trad. it., Teologia della storia, Alba 1951); H. Urs von Balthasar, Theologie der Geschichte, Einsiedeln 1950; E. Castelli, I presupposti della teologia della storia, Milano 1952; J. Daniélou, Essai sur le mystère de l'histoire, Parigi 1953; U. Padovani, Filosofia e teologia della storia, Brescia 1953; A. Ferrabino, Le vie della storia, Firenze 1955; L. Sartori, Teologia della storia, Padova 1956.
Teologia protestante (XXXIII, p. 530) Fra le due guerre mondiali la t. p. ebbe un periodo di rinnovamento preparato da una rinascenza di studî luterani e calviniani, da un approfondimento teologico dell'esegesi biblica, e favorito in seguito dalla lotta della Chiesa confessante contro lo stato nazionalsocialista in Germania e dallo sviluppo del movimento ecumenico. Il liberalismo teologico di A. Ritschl, A. Harnack e W. Herrmann fu sottoposto a severa critica dalla cosiddetta teologia dialettica (K. Barth, E. Thurneysen e, con sfumature diverse, E. Brunner e Fr. Gogarten), sorta al termine della prima guerra mondiale, sotto l'influenza della filosofia esistenziale di S. Kierkegaard, ma anche del messaggio evangelico-escatologico dei pastori J. Chr. e Chr. Fr. Blumhardt del Württemberg. Il maggiore rappresentante della t. dialettica è K. Barth: tutto lo sviluppo degli studî teologici protestanti negli ultimi tre decennî sta sotto la sua influenza diretta o indiretta. Anche i teologi che lo avversano non possono respingere certi dati da lui acquisiti, senza apparire anacronistici. Nel 1919 il Barth pubblicava un commento alla lettera ai Romani (importante soprattutto la seconda edizione, 1922) in cui la t. p. antropocentrica, che da Fr. D. E. Schleiermacher in poi aveva fatto oggetto della sua indagine l'esperienza religiosa, era richiamata al suo vero argomento: la testimonianza biblica della rivelazione divina. Per il suo pessimismo antropologico paolino-riformato il Barth affermava l'assoluta diversità di Dio dall'uomo, della rivelazione in Cristo dalla religione considerata come fenomeno umano. Dopo un primo periodo di critica al cristianesimo umanistico liberale la teologia barthiana si evolveva verso una "concentrazione cristologica" per cui si liberava degli elementi filosofici che fin'allora avevano in parte determinato il suo metodo.
Il nuovo orientamento era segnato dalla pubblicazione di Anselms Beweis der Existens Gottes (1929), alla quale faceva seguito una Kirchliche Dogmatik (finora 12 tomi), in cui tutto il pensiero dei Padri, degli Scolastici, dei Riformatori e dei teologi moderni e contemporanei viene riesaminato in senso costruttivo secondo il particolare criterio che "la dottrina cristiana esclusivamente e conseguentemente e in tutte le sue affermazioni direttamente o indirettamente dev'essere dottrina intorno a Gesù Cristo che è la vivente parola di Dio a noi rivolta".
All'infuori della rivelazione in Cristo, Dio ci rimane assolutamente ignoto. Perciò viene negata ogni rivelazione naturale e l'analogia dell'essere fra Dio e l'uomo (analogia entis), la quale offrirebbe un punto comune di riferimento (Anknüpfungspunkt) e quindi una possibilità di conoscenza di Dio all'infuori della sua rivelazione.
In questo particolare orientamento K. Barth si distingue tanto dal Gogarten quanto dal Brunner i quali, in misura diversa, cercano un'antropologia che possa offrire un punto di riferimento a una predicazione desiderosa di trasmettere il vangelo all'uomo moderno scristianizzato. Ogni concessione fatta alla t. naturale appariva particolarmente pericolosa al Barth nel decennio del nazionalsocialismo, per cui ruppe la collaborazione col Gogarten nel 1933 (fine della rivista Zwischen den Zeiten, fondata da entrambi nel 1922) e col Brunner nel 1934, con un violento scritto Nein! contro le concessioni del collega zurighese alla rivelazione naturale.
Alla analogia entis (unico serio motivo di separazione dalla Chiesa romana!) il Barth contrappone l'analogia fidei, secondo cui l'analogia fra la creatura e il Creatore è sempre un dono di Dio (che mai diviene un possesso dell'uomo) e quindi può essere conosciuta soltanto per fede nella rivelazione. L'antropologia viene quindi fondata sulla cristologia. La filosofia e la scienza non possono raggiungere la realtà dell'uomo, perché l'uomo in se stesso, oggetto dello studio scientifico, è un'astrazione. In base alla analogia relationis, nuova categoria teologica introdotta dal Barth, l'uomo esiste soltanto in presenza di Dio e col prossimo; e si trova disponibile per Dio e per il prossimo in Gesù Cristo. La stessa immagine di Dio nell'uomo è la vita in relazione. Come Dio nella vita trinitaria, come Cristo nell'attuata relazione fra Dio e l'uomo, così l'uomo esiste nella relazione col suo prossimo, nella relazione fra l'uomo e la donna. La dottrina calviniana della predestinazione che, attraverso le correnti illuministiche e pietiste, aveva subìto varie attenuazioni fino a perdere i suoi caratteri tipici, viene ripresa dal Barth, ma per la sua "concentrazione cristologica" si trasforma in una dottrina dell'elezione per grazia (Gnadenwahl) di Dio. In Cristo Dio sceglie la reiezione e la condanna per sé, ma compie l'elezione del peccatore, cui attribuisce la beatitudine.
Il rinnovamento teologico dovuto al Barth e ai suoi collaboratori fu accompagnato sin dagli inizî da un superamento dell'esegesi biblica liberale, dovuto in gran parte alla scuola storico-morfologica (formgeschichtliche Schule). Questa considera gli Evangeli sinottici non già come opera di singoli scrittori, ma come prodotto della predicazione edificativa, missionaria e catechetica delle primitive comunità cristiane. Attraverso lo studio delle forme preletterarie della tradizione evangelica e dell'ambiente cultuale, in cui esse sono sorte, cerca di scoprire le leggi che hanno presieduto alla loro nascita e al loro primo sviluppo.
Tale metodo era stato già applicato allo studio dei testi antico-testa- mentarî da H. Gunkel, ma fu proposto per lo studio degli Evangeli da M. Dibelius nel 1919 (Die Formgeschichte des Evangeliums), subito seguito da K. L. Schmidt (Der Rahmen der Geschichte Jesu, 1919) e da R. Bultmann (Die Geschichte der synoptischen Tradition, 1921). Poiché i vangeli non venivano più considerati come narrazione storico-biografica della vita di Gesù, ma come confessione di fede e proclamazione della Chiesa primitiva, l'indagine si concentrò nello studi0 del messaggio cercando di scoprirne l'originalità rispetto al pensiero ellenistico e giudaico contemporaneo. Opera monumentale del lavoro esegetico, così orientato, di un'intera generazione, è G. Kittel, Theologisches Wörterbuch zum Neuen Testament (1933, finora 6 voll. in 4°).
R. Bultmann tentò un'interpretazione esistenziale del Nuovo Testamento e propose una demitizzazione del suo linguaggio per liberarlo da concezioni estranee al modo di pensare dell'uomo moderno. Il suo radicalismo, sebbene contrastato da O. Cullmann, dal Barth e da altri, sembra prevalere in molte facoltà teologiche, specialmente in Germania. Altra tendenza ermeneutica è quella dell'escatologismo conseguente, promossa alla fine del secolo scorso da Joh. Weiss (Die Predigt Jesu vom Reiche Gottes, 1892) e in seguito da Albert Schweitzer.
Essa vuole interpretare il Nuovo Testamento fondandosi esclusivamente sull'attesa dell'imminente avvento del regno di Dio, attesa che avrebbe determinato parole, opere, atteggiamenti di Gesù e dei suoi discepoli. La caduta dell'attesa escatologica (per la mancata parusia) nel pensiero cristiano nella Chiesa postapostolica, avrebbe promosso la formazione dei dogmi centrali cristiani nei primi tre secoli (M. Werner, Die Entstehung des christlichen Dogmas, 1941).
L'escatologismo conseguente viene respinto dal Cullmann e da altri teologi, sostenendo che la speranza della primitiva comunità cristiana non era totale, esclusivo protendersi verso la fine, ma aveva il suo solido fondamento in ciò che era già avvenuto: la morte, la resurrezione di Cristo e il dono dello Spirito Santo, come anticipo delle cose avvenire. Così alcuni teologi parlano di un'escatologia attualizzata (l'esegeta C. H. Dodd ne fa il suo principio ermeneutico); altri distinguono fra un'escatologia attualizzata (realized eschatology) e un'escatologia avvenire (futuristic eschatology). Altri ancora vedono questa distinzione superata nel pensiero biblico. "Già ora si compie la veniente redenzione... Perciò il tempo di questo mondo è saldamente racchiuso dalla vittoria di Cristo". Così si esprimeva il luterano Ed. Schlink alla Conferenza ecumenica di Evanston, 1954, che aveva come argomento centrale la speranza cristiana. Le diverse concezioni escatologiche influiscono necessariamente sulla visione della storia: un'interpretazione esistenziale di questa (Bultmann) o lo sviluppo di una storia della salvezza (Cullmann). Notevole è la t. della storia esposta dal nordamericano R. Niebuhr in varie opere dal 1937 in poi. Egli vede nella croce di Cristo la manifestazione culminante della sovranità di Dio sulla storia. La croce è ad un tempo compimento e negazione di ciò che l'uomo ha potuto fare solo parzialmente.
Notevole influenza sulla t. p. di questi ultimi decennî ha esercitato il Movimento Ecumenico delle Chiese, offrendo possibilità d'incontri frequenti e di studio comune a numerosi teologi di confessioni e tendenze diverse. In modo particolare l'ecclesiologia ebbe nuovi interessanti sviluppi, non tanto per il confronto fra le diverse confessioni, quanto per un serio riesame della natura e della missione della Chiesa alla luce della recente indagine biblica, valorizzando il ripensamento dei problemi ecclesiologici fatto dalle correnti teologiche transconfessionali. Ne è risultato una messa a fuoco dell'intimo rapporto fra cristologia ed ecclesiologia nel riconoscimento che la Chiesa riceve realtà soltanto dalla sua relazione con Cristo. La Chiesa quale corpo di Cristo è intesa come un "prolungamento dell'incarnazione", talvolta fino all'affermazione che essa, quale corpo di Cristo, è Cristo stesso (così i teologi svedesi A. Nygren, G. Aulén e altri come il danese R. Prenter e l'inglese A. Richardson); ma altri respingono tale identificazione perché il rapporto fra il capo e le membra non è reversibile (K. Barth e lo scozzese T. F. Torrance). Il riferimento cristologico ha fortemente rilevato - contro il pericolo dell'istituzionalismo - la dimensione escatologica della Chiesa (Vissert't Hooft, segretario generale del Consiglio ecumenico delle Chiese, e Ed. Schlink) che appartiene ad un tempo al presente e al veniente eone, mentre annunzia il regno di Dio.
Bibl.: V. bultmann, rudolf e cullmann, oscar in questa App.; inoltre M. Strauch, La teologia della crisi (trad. dal tedesco), Roma 1928; F. Holmström, Das escatologische Denken in der Theologie er Gegenwart, Gütersloh 1936; H. Urs von Balthasar, K. Barth, Colonia 1951; B. Gherardini, La parola di Dio nella teologia di K. Barth, Roma 1955; varî, a cura di Ch. W. Kegley, Reinhold Niebuhr, New York 1956; G. P. Vignaux, La théologie de l'histoire chez R. Niebuhr, Neuchâtel 1957; G. C. Berkouwer, Der Triumph der Gnade in der Theologie K. Barths, Neukirchen/Moers, 1957; H. Bouillard, K. Barth, 3 voll., Parigi 1957; G. Wingren, Theology in conflict. Nygren, Barth, Bultmann, Filadelfia 1958.