Terme
Il termine latino thermae, plurale derivato del greco θερμαί (πηγαί), "(sorgenti) calde", nell'antichità stava a indicare l'insieme degli edifici in cui era possibile fare bagni caldi o freddi, e ai quali erano di frequente annessi palestre e altri ambienti; in seguito è passato a definire lo stabilimento attiguo a una sorgente termale per il suo sfruttamento a scopo idroterapico.
Le attività svolte in tali stabilimenti in funzione delle proprietà terapeutiche o igieniche loro riconosciute - comprese sotto il nome generale di termalismo - consistono nella pozione di acque minerali, nell'utilizzazione di fanghi caldi sia naturali sia preparati artificialmente, nello sfruttamento della presenza di grotte in particolari condizioni di temperatura e umidità. Tanto nell'immaginario collettivo quanto nella realtà concreta, termalismo e terme sono espressioni distinte, soltanto occasionalmente associate. La prima è fortemente evocativa di mondi sotterranei ricchi di sorgenti, vene d'acqua e fiumi dotati di proprietà straordinarie, nell'alveo di un simbolismo vivido e suggestivo che si manifesta prima e indipendentemente da ogni sfruttamento su base empirica. All'opposto, l'idea di terme si lega da tempi molto antichi a realizzazioni architettoniche destinate a svolgere una funzione specialistica, anche in assenza di riconosciute proprietà curative delle acque utilizzate per alimentarle. L'impegno con cui l'architettura si è cimentata nell'imbrigliare entro forme definite la sostanza mobile e multiforme dell'acqua rappresenta senz'altro un elemento di lunga durata nella storia degli impianti termali. Un'altra caratteristica che permane nel tempo è la funzione ricreativa che ben presto affianca la pratica igienica, contribuendo alla consacrazione delle terme come luogo della socialità, poi come meta privilegiata di villeggiatura, e infine, nella riscoperta di questi ultimi decenni del 20° secolo, come sede di nuovi rituali salutistici.
Nell'ambito della tradizione occidentale, si deve al mondo greco la consuetudine di lavacri in acqua fredda in locali realizzati nei ginnasi e in altri edifici pubblici frequentati quotidianamente. Si trattava di una pratica frugale, occasionalmente ingentilita dall'introduzione di bagni caldi, a coronamento degli esercizi ginnici e di altre cure del corpo che, con il nuoto nelle acque di mare, facevano parte integrante della formazione dei giovani: non saper leggere né nuotare suonava infatti come una nota di demerito. In tono con l'austerità dello stile di vita, i locali dei balnea, a pianta generalmente rettangolare, erano disadorni, presentando tuttavia non di rado partizioni interne (Assos) o colonne (Corinto) per identificare l'ambiente destinato alla vasca. Nella rielaborazione a opera del mondo romano, si assiste a un'evoluzione della tipologia dai primi esempi di età repubblicana, che Seneca descrive come angusti e poco illuminati, fedeli alla tradizione greca anche nella scarsa concessione ai piaceri del bagno tiepido, sino ai grandiosi impianti di età imperiale, i quali attestano livelli funzionali e di rappresentatività veramente eccezionali, registrando tra l'altro l'assimilazione della consuetudine orientale dei bagni di sudore. La dimensione 'urbana' di questi stabilimenti è resa tecnicamente possibile dalla maggiore disponibilità della risorsa idrica in relazione alla costruzione dei grandi acquedotti, nonché dalla messa a punto di procedimenti di riscaldamento imperniati sullo sfruttamento di intercapedini per la circolazione dell'aria calda, realizzate sotto i pavimenti dei locali (sospensurae). Le Terme di Tito (80 d.C.), costruite o forse riadattate su un precedente impianto a servizio della Domus Aurea neroniana, rappresentano il manifesto inaugurale di una politica intesa a legare il nome delle dinastie imperiali alla realizzazione di edifici monumentali destinati all'uso pubblico. In particolare, le terme dell'era volgare estendono il proprio 'mandato' specialistico, appropriandosi dei principali spazi di rappresentanza della città. La nuova tipologia, difficilmente riproducibile nei piccoli impianti privati di cui dispongono le ville e le abitazioni più lussuose, ma anche numerosi caseggiati di condominio, risulta impostata secondo un asse di simmetria e delimitata da un recinto rettangolare, generalmente orientato in direzione nord-est, sud-ovest per poter usufruire più a lungo di condizioni favorevoli di soleggiamento. Al centro del complesso sorge lo stabilimento balneare vero e proprio, con i suoi ambienti principali coperti da volte maestose e dotati di ampie aperture, circondato da giardini e porticati. A ridosso del muraglione perimetrale sono disposti altri ambienti, quali, per es., palestre, biblioteche, sale di convegno. La consuetudine del bagno termale, accessibile a un costo irrisorio, permea profondamente e durevolmente la vita quotidiana dei cittadini dell'Impero, dalle isole britanniche alle coste dell'Asia Minore e dell'Africa settentrionale. Nel perseguire l'ideale di sanitas introdotto dai greci, gli avventori si sottopongono in primo luogo a qualche esercizio ginnico nei diversi locali destinati allo scopo, oppure all'aperto, secondo le stagioni. Sostano poi negli ambienti riservati all'immersione nell'acqua, che nell'ampia piscina del frigidarium è disponibile a temperatura ambiente, mentre nelle vasche del calidarium e del tepidarium viene immessa dopo un riscaldamento più o meno prolungato. Queste pratiche sono intervallate con bagni di sudore in un locale detto laconicum, dove un flusso di aria calda e secca, proveniente dall'intercapedine creata dalle sospensurae, si diffonde attraverso particolari condutture in cotto dette fistulae che rivestono le pareti sino all'altezza desiderata. Tra copiose sudate nel laconicum e vigorose nuotate nelle vasche del frigidarium, tra esercizi ginnici e giochi all'aperto, il frequentatore abituale coniuga la cura del corpo a quella dei rapporti sociali, trascorrendo i pomeriggi alle terme, dove usufruisce di ampi spazi per lo svago e la conversazione. Egli completa il rituale termale nell'apodyterium, lo spogliatoio, dove si unge il corpo con oli speciali e si deterge con lo strigilum, strumento metallico ricurvo, manovrato da schiavi personali o forniti dallo stabilimento. La separazione tra uomini e donne, inizialmente realizzata attraverso la consuetudine di impianti oppure di orari separati, scompare gradualmente sino a essere abolita.
La disgregazione dell'Impero e lo spopolamento delle città determinano un progressivo abbandono degli impianti termali; l'acqua, prima disponibile in quantità abbondante, scarseggia per il deterioramento o la distruzione degli acquedotti, ma le pratiche igieniche e salutari vengono accantonate anche per effetto di quel forte richiamo alla spiritualità dei primi secoli del cristianesimo che respinge come peccaminoso il principio della cura del corpo. Dopo il Mille, saranno i Crociati a introdurre gradualmente nell'Occidente i rituali 'passivi' del bagno all'orientale: nel cosiddetto hammam (bagno turco), in un ambiente confortevole e raffinato, nella penombra ottenuta attraverso una sapiente schermatura della luce diurna o con fioche lanterne, domina il principio del riposo in un perfetto isolamento dal mondo esterno. Se anche qui, come nella Roma imperiale, il linguaggio architettonico manifesta una predilezione per le strutture voltate e le cupole, nell'usanza dell'immersione, che intervalla i bagni di vapore, non vi è memoria delle vasche per la natatio; nella consuetudine dei massaggi e di altre tecniche di rilassamento non vi è alcun ricordo dell'intensa attività fisica praticata nelle terme romane. La graduale diffusione in tutti i paesi d'Europa di bagni e 'stufe' all'orientale riporta al centro della vita pubblica rituali anche molto privati: questi rari locali riscaldati, inseriti nel tessuto cittadino senza alcun clamore architettonico, propongono condizioni di promiscuità che solo la specializzazione funzionale dei secoli successivi riuscirà a eliminare: le donne vi partoriscono, gli ammalati si sottopongono a terapie rudimentali, altri avventori vi praticano attività quotidiane. Una serie di ordinanze tenderà ovunque a regolamentare gli usi dei bagni pubblici, se non a proibirne la frequentazione sotto la pressione delle epidemie o dietro l'incitamento dell'autorità ecclesiastica. Non si perde però completamente la memoria di quei luoghi le cui acque manifestano proprietà particolari che hanno fama di curare affezioni morbose: non si tratta più di una frequentazione quotidiana e di massa per lo svago del corpo, ma di uno sfruttamento cosciente che promuoverà il rito della 'villeggiatura' sotto il segno di una duratura alleanza tra aspetti ricreativi e usi terapeutici. Per es., il Costituto del Comune di Siena, trascritto in volgare nel 1309, cita una serie di sorgenti termali controllate direttamente dalla città, fornendo un quadro pittoresco ma realistico delle usanze dei frequentatori e delle incombenze degli appaltatori dei bagni, tenuti a una pulizia radicale due volte l'anno, alla manutenzione nella stagione invernale, al controllo delle attività lungo i corsi d'acqua: a Petriolo gli alloggi sono forniti da 'stazoneri' obbligati a "tenere in ciascuna stazone uno soppedano o vero una cassa [...] la quale siano tenuti a prestare, alli uomini et persone, le quali anderanno a li detti bagni, secondo che prestano l'altre masseritie"; a Macereto è invece "licito di ponere et tenere tende [...] et padillioni d'ogni parte d'intorno al bagno, infino a cento braccia". La permanenza viene rallegrata dalle distrazioni più o meno innocenti del gioco, dall'animazione di mercati e taverne e da una disinvolta promiscuità tra i sessi, a dispetto delle ordinanze. Se, come si è visto, accanto alle ragioni di pellegrinaggio e di commercio, il viaggio per motivi di salute inizia a essere ritenuto socialmente accettabile, ciò si verifica anche grazie alla nuova stagione di studi inaugurata da Ugolino Simoni, originario di Montecatini e fondatore dell'idrologia italiana con il trattato De balneorum Italiae proprietatibus (1417). Le acque termominerali, già decantate nell'antichità da Vitruvio, Plinio e Galeno, sono ora oggetto di indagini empiriche che censiscono le sorgenti note e sfruttate, segnalandone le possibili applicazioni terapeutiche in relazione alle diverse infermità. In particolare, accanto alle pratiche in loco - immersioni e fanghi - viene raccomandata anche la cura idropinica, che consente il trasporto dell'acqua e il suo consumo altrove, alla stregua di una qualsiasi altra merce: ne è testimonianza il curioso quesito rivolto dal mercante di Prato Francesco Datini al suo medico fiorentino (1387): "qua à molta gente che vanno al Bagno a Monte Chatini e chie fae venire l'aqua qua e pertanto io vorei preghare che mmi diceste se vi pare ch'io faccia a qua venire della detta aqua e bernne chome ad usanza io e lla Margherita". Anche a livello istituzionale, nell'arco di tempo che va dal Rinascimento all'Ottocento, si fa progressivamente strada la consapevolezza che le sorgenti termominerali costituiscono un'importante risorsa economica da proteggere e da gestire, benché spesso le comunità interessate non siano in grado di far fronte alle spese di manutenzione e di valorizzazione. Tipico è il caso dei Bagni di Montecatini, dove nel 1550 gli impianti risultano in avanzato stato di obsolescenza: la comunità, che ne è proprietaria, non disponendo dei mille fiorini necessari al restauro, li offre in dono a Cosimo I de' Medici affinché li ripristini nell'uso, in cambio del privilegio della frequentazione gratuita da parte degli abitanti, oltre a un modesto risarcimento per la perdita dei redditi derivanti dalla locazione annuale. In tale occasione, l'ispezione effettuata dall'incaricato granducale rileva la presenza di tre bagni principali circondati da muraglie ottagonali, oltre a un bagno rettangolare riservato alle donne e "d'altra lacuna parimenti murata in figura di trapezio, cui davasi il nome di Bagno de' Cavalli". Dopo secolari traversie che registrano un sostanziale disinteresse da parte dell'autorità governativa, il Granducato entra in possesso delle terme, mentre la comunità rinuncia a qualsiasi contropartita. Le prime operazioni di restauro dei Bagni e di bonifica dei terreni impaludati saranno tuttavia avviate soltanto a partire dal 1772 da Pietro Leopoldo di Lorena, che realizzerà gli impianti di canalizzazione delle acque e l'ampio viale di accesso dalla Strada Regia, con l'intenzione di cederne nuovamente proprietà e gestione alla comunità, chiamandola a proseguire l'azione di sviluppo: come prototipo per le nuove costruzioni a servizio dei bagnanti viene indicata la 'palazzina regia', fatta erigere per ospitare la stessa famiglia granducale durante la stagione estiva. Con le perduranti difficoltà economiche della comunità, la proprietà dell'intero complesso, compresi il mobilio e le suppellettili, passa nelle mani dei monaci della Badia di Firenze, autorizzati a lottizzare e ad alienare i terreni sotto il vincolo che gli acquirenti diano ulteriore impulso allo sviluppo della stazione termale, realizzando residenze e locande per gli ospiti. La conduzione benedettina darà prova di una solida capacità imprenditoriale, testimoniata dal crescente afflusso di avventori richiamati dalla prima struttura ricettiva, la Locanda maggiore, inaugurata dagli stessi monaci insieme al cosiddetto Spedaletto, dotato di 24 letti e destinato ad accogliere gratuitamente i 'rustici' affetti "da dolori, da malaria, da malattie di fegato o da rogna" e bisognosi di cure termali. Sotto il dominio napoleonico, la gestione dell'intero complesso viene affidata a una commissione di quattro cittadini, di cui uno designato dai monaci e tre dalla comunità, incaricati di investire gli utili per il miglioramento delle terme e la loro manutenzione. Questo illuministico fervore di iniziative a beneficio delle comunità non è isolato: nel Lombardo-Veneto, drammaticamente provato dalla carestia del 1816, una manodopera di estrazione rurale verrà impiegata in una serie di lavori 'socialmente utili' - opere stradali, ma anche imponenti rimodellazioni del paesaggio - sotto la direzione di una committenza pubblica e privata, politicamente e culturalmente impegnata. Nei Colli Euganei si distingue in particolare l'attività dell'architetto G. Jappelli, incaricato della "sistemazione regolare e costante delle terme di Abano e Battaglia per renderle al più possibile utili, piacevoli e comode". Le sue realizzazioni sono espressione di un singolare miscuglio di neoclassicismo, che sottolinea il decoro urbano dei fabbricati di bagni, alberghi e altri pubblici luoghi, nonché di fantasiose reminiscenze romantiche nel disegno degli spazi aperti, punteggiati di montagnole, boschetti, mitiche grotte e laghi danteschi.
Il richiamo delle stazioni idrotermali, legato al riconoscimento ormai concorde della classe medica, e talvolta anche alla fama di aristocratiche frequentazioni (Montecatini e Abano Terme in Italia, Bourbon e Vichy in Francia, Bath e Scarborough nel Regno Unito, per restare alle principali), raggiunge ben presto le élite economiche e infine il ceto medio. Intorno alla metà dell'Ottocento, tuttavia, con l'affermarsi delle nuove mode della 'terapia dell'aria' (la montagna) e della pratica del bagno di mare, la consuetudine di 'passare le acque' inizia a perdere terreno: le prime località costiere con spiagge 'attrezzate', propagandate ormai come luoghi della salubrità per eccellenza, si sviluppano inizialmente nell'Inghilterra vittoriana, seguita a ruota dalle altre nazioni europee, con la complicità di una rete ferroviaria che consente persino forme di pendolarismo giornaliero. Il declino delle città termali procede di pari passo con la graduale sostituzione della clientela originaria con un'utenza di ammalati e di anziani spesso intenzionati a risiedervi trasferendosi dai luoghi di origine: è il caso di Bath che, senza partecipare ai riti della rivoluzione industriale, ma soltanto in virtù della celebrità delle sue acque, note del resto sin dall'8° secolo a.C., a partire dalla fine del Settecento risulta una delle città più popolose del Regno Unito. Nell'arco di tempo che va dall'Ottocento ai primi anni del 20° secolo, sino alla drammatica cesura della Grande guerra, la controffensiva sferrata dalle città termali alle nuove mete di villeggiatura è basata soprattutto su di un richiamo elegante e discreto, classicamente 'vecchio stile' sul piano delle attrazioni, ma accuratamente aggiornato sul piano tanto dell'architettura quanto del comfort: i 'curisti', cui è prescritto anche il rito della passeggiata, si muovono in un décor suggestivo, con ampi parchi e giardini ben curati, tra stabilimenti balneari e alberghi, teatri e caffè-concerto, sale per il gioco e gallerie coperte, che sono realizzati nel linguaggio dell'epoca: quello compassato del neoclassico, quello aulico proprio della stagione eclettica, quello rigoglioso del liberty, quello asciutto e sintetico del déco. Risale al primo dopoguerra (r.d. 29 luglio 1927, nr. 1443) la disciplina che regola in Italia lo sfruttamento di acque minerali e termali, riconosciute parte del patrimonio indisponibile dello Stato (oggi delle Regioni) in quanto sostanze del sottosuolo. La ricerca e la 'coltivazione' delle acque sono subordinate a una concessione soggetta a canone annuale, dietro dimostrazione dell'idoneità tecnica ed economica del richiedente. In parallelo, nonostante il richiamo appannato rispetto ai fasti di una volta, il settore del turismo termale rappresenta attualmente, con all'incirca 200 stazioni attrezzate, una quota tutt'altro che irrilevante dell'offerta complessiva. La particolare 'via italiana' al rilancio delle località termali, alla quale la legge di Riforma sanitaria (l. 23 dicembre 1978, nr. 833) ha fornito un forte impulso nel riconoscere il diritto alle 'prestazioni curative, preventive e riabilitative' che vi si praticano, si affida a un'offerta variegata di storia e natura, agriturismo e manifestazioni culturali, congressi e simposi scientifici, a corredo di programmi antistress e cure disintossicanti che vivificano il nuovo mito salutistico. Del resto, le norme che tutelano sorgenti e bacini idrotermali, come pure gli orientamenti protettivi nei riguardi dell'inquinamento atmosferico e di quello acustico, nonché delle densità edilizie, hanno integrato l'antica tradizione di decoro urbano ispirata a un sapiente uso del verde come materiale progettuale, contribuendo a preservare l'immagine elitaria e appartata di tali mete turistiche, immagine che ne costituisce probabilmente il principale motivo di fascino. Infine, l'apporto dell'ecologia ha evidenziato le conseguenze di uno sfruttamento intensivo delle sorgenti termali a causa di un eccesso di carico stagionale, sottolineando le condizioni di precarietà, scarsità e vulnerabilità della risorsa idrica, definita come 'un mezzo di cura che non può essere modificato o ricostituito ma solo protetto', e imponendo una nuova attenzione sui limiti di sostenibilità ambientale.
bibl.: a. corbin, L'invenzione del tempo libero (1850-1960), Roma-Bari, Laterza 1996; k. feireiss, The water temple. Grunderzeit and Jugendstil public baths, London, Academic, 1994; b. messina, f. grossi, Elementi di idrologia medica, Roma, SEU, 1984; Stile e struttura delle città termali, a cura di R. Bossaglia, Bergamo, Nuovo Istituto Italiano di Arti Grafiche, 1985; Terme romane e vita quotidiana, Modena, Panini, 1993.