TERRISIO DI ATINA
Della biografia del maestro T. gli elementi accertabili non sono numerosi. Il nome Terrisius, collegato alla qualifica di magister, cioè docente universitario, si trova indicato quale autore di alcune composizioni presenti, tra l'altro, nel manoscritto di Palermo, Biblioteca della Società Siciliana di Storia Patria, I. B. 25. (cf. qui testi I., II., III., VI.). La salutatio del testo III., una lettera consolatoria ai docenti dell'Università di Napoli (fondata ‒ come è noto ‒ nel 1224 e 'rifondata' nel 1234; v. Studio di Napoli) per la morte del collega Arnaldo Catalano, ci informa che l'autore, magister Terrisius, insegna anch'egli in quello Studio: "Neapolitani Studii doctoribus venerandis, magister Terrisius eorum minimus, non plus sapere quam oportet" (Torraca, 1911, p. 247). Nel testo I., consolatoria ai dottori bolognesi per la morte di un collega, l'autore si definisce "Terrisius solo nomine dictus magister" (ibid., p. 243). Un secondo elemento biografico si ricava dal testo II., una missiva di argomento politico indirizzata al conte di Tolosa. In questa epistola, infatti, il magister Terrisius ricostruisce e descrive nel dettaglio la congiura cosiddetta di Capaccio (v.), del 1246, con la quale un gruppo di stretti collaboratori di Federico II (Tebaldo Francesco, Andrea Cicala, Pandolfo di Fasanella, Giacomo di Morra, Guglielmo di S. Severino) tentò di sopprimere il sovrano; scoperti, alcuni si rifugiarono nei due castelli di Sala e di Capaccio; stanati, furono condannati a morti atroci.
Il collegamento del personaggio magister Terrisius con la città di Atina (castrum situato a 15 km dall'abbazia di Montecassino, dei possedimenti della quale faceva parte dal 1194, per un decreto dell'imperatore Enrico VI) è possibile grazie a una notizia presente nella cronaca di Riccardo di San Germano. Nel gennaio del 1237 i monaci di Montecassino eleggono il nuovo abate, Pandolfo da S. Stefano, dopo vari mesi dalla morte del precedente, avvenuta nel luglio del 1236. L'imperatore Federico chiede agli arcivescovi di Palermo e Capua di svolgere un'inchiesta sulle capacità dell'eletto; l'inchiesta viene materialmente affidata al giudice della Magna Curia imperiale Taddeo da Sessa. Costui raccoglie pareri sia nell'abbazia, sia nel circondario; questa "inchiesta, messa per iscritto, inviò ai detti signori per mezzo del maestro Terrisio di Atina" (Riccardo di San Germano, 1936-1938, pp. 193-194).
Gli elementi raccolti dalle opere 'firmate' e dalla testimonianza del cronista cassinese conducono alla seguente ricostruzione del personaggio. T., insieme a Taddeo da Sessa uno degli esponenti della seconda generazione della Scuola capuana, è professore di dictamen (retorica) allo Studio di Napoli (dove insegnano la stessa disciplina il grammatico Gerardino e Agnello da Gaeta). L'epistola consolatoria per la morte di maestro Bene (testo I.), inviata ai colleghi di Bologna, lascia intendere che T. dovette essere in stretti rapporti intellettuali con lo Studium di quella città (vi studiò?). L'incarico d'insegnamento a Napoli ce lo configura quale importante uomo di lettere dell'entourage di Federico II, in quanto la nomina dei professori di quell'ateneo era di stretta competenza imperiale. Nell'ambito della corte sveva egli si trova a operare con certezza tra il 1237 e il 1246, come lasciano dedurre il passo di Riccardo di San Germano e la lettera al conte di Tolosa. Si sa infine, da un necrologio del monastero di Montecassino, che ebbe un figlio di nome Nicola, che gli premorì il 21 dicembre di un anno non precisato (manoscritto Cassinese 47).
Sette le composizioni generalmente attribuite a T. da Francesco Torraca (e da lui pubblicate; 1911, pp. 243-251); a esse va aggiunta l'ipotesi di un'ottava, recentemente ripresa dalla critica: I. epistola (si chiude con otto esametri leonini): agli studenti e ai docenti dello Studio di Bologna, consolatoria per la morte del maestro Bene da Firenze, dettatore; attribuzione del titolo: Terrisius solo nomine dictus magister (il testo è edito anche da J.-L.-A. Huillard-Bréholles, Vie et correspondance de Pierre de la Vigne, Paris 1865, p. 300); II. epistola: al conte Raimondo di Tolosa, per incarico dell'imperatore Federico II, sulla scoperta e la repressione della congiura del 1246; attribuzione del titolo: magister Terrisius (edita anche in Acta Imperii inedita, p. 725); III. epistola (si chiude con sei esametri leonini): ai docenti dello Studio di Napoli, consolatoria per la morte del maestro Arnaldo Catalano, filosofo; attribuzione della salutatio: magister Terrisius; IV. epistola, fittizia, da parte delle prostitute Alessandrina e Papiana ai docenti dello Studio di Napoli; V. epistola, fittizia, risposta dei docenti dello Studio di Napoli alle prostitute Alessandrina e Papiana (cf. testo IV.); VI. epistola (si chiude con un carme di quindici versi ritmici), fittizia, da parte di uno degli allievi di maestro T. ai suoi compagni di studio; attribuzione del titolo: magister Terrisius; VII. carme (si tratta di venti strofe di quattro endecasillabi alcaici ritmici, rimati AAAA) dal titolo Cesar auguste, princeps mirabilis: dubbio. È una composizione in lode di Federico II e di invettiva contro la corruzione dei magistrati della sua corte (nuova edizione in Schaller, 1993, pp. 98-101); VIII. epistola: Contentio de nobilitate generis et probitate animi, dubbia (nuova edizione, fondata sui testimoni Palermo, Biblioteca della Società Siciliana di Storia Patria, I. B. 25. e Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, mss. Pal. Lat. 955 e Vat. Lat. 4957, in Delle Donne, 1999, pp. 15-20).
In questa produzione maggiore peso rivestono le composizioni a carattere politico. Innanzitutto il carme in lode dell'imperatore Federico (due testimoni manoscritti: quello palermitano già citato e Napoli, Biblioteca Nazionale, ms. V. B. 37.) è testo intorno alla paternità del quale si è agitata per molti decenni una forte querelle critica: accanto all'attribuzione a T., oggi praticamente acquisita grazie ai lavori di Wolfgang Kirsch (1973) e di Hans Martin Schaller (1993), ha avuto a lungo vigore un'attribuzione a Quilichino da Spoleto. In base a ‒ tenui ‒ elementi interni, è ipotizzabile una sua collocazione cronologica tra il 1239 e il 1241. La struttura del carme è sostanzialmente bipartita: a un'impostazione panegirica iniziale fa seguito, nella seconda parte, un'acre satira anticuriale, rivolta contro i funzionari venali e rapaci della corte federiciana. Il carme presenta molti punti controversi. Ad esempio, per l'espressione "Luget in parte lesa Liguria", è possibile pensare a due vittorie imperiali: quella di Cortenuova contro i comuni (1237) o quella dell'isola del Giglio (1241); di difficile identificazione poi i foschi magistrati e avvocati cui si fa allusione, concreta ma criptica, nelle strofe 18 e 19.
Rilievo storico forte riveste anche la lettera al conte di Tolosa sulla congiura del 1246, episodio determinante dell'ultima parte del regno di Federico.
La sezione quantitativamente più rilevante della produzione terrisiana è a carattere 'accademico'. I testi I., III., IV., V., VI., infatti, riguardano docenti o studenti universitari. Oltre alle due lettere di cordoglio, tipiche della produzione dettatoria d'età sveva, originali e ricche di vivacità si mostrano nel contenuto le esercitazioni retoriche: il canto con cui gli studenti dello stesso T. ritengono il maestro degno di doni concreti in cambio di quelli culturali da lui offerti (testo VI.: "È senz'altro onesto e buono / al maestro fare un dono, / in questa quaresima, / a lui che ci nutre e rifocilla / al suo banchetto. / Egli ci offre le lezioni, / noi portiamogli capponi, / grassi, ognuno, / per far sì che dal suo fonte / possiam esser fecondati, / noi che siam ruscel di monte […]"; Torraca, 1911, p. 56); e le lamentele delle prostitute napoletane Alessandrina e Papiana ("carnalium voluptatum cathedratice magistre"), che si dolgono del fatto che gli studenti, per poter seguire le lezioni di filosofia e grammatica, non possono più pagare le loro 'lezioni' notturne (testo IV.); i maestri rispondono sostenendo, tra l'altro, che "non in una sede morantur philosophia et luxuria" (testo V.).
Molto interessante è la possibilità di attribuzione a T. di un noto testo di età staufica, che ha per argomento una delle problematiche maggiormente discusse alla corte sveva di Sicilia (si pensi alla 'commedia' De Paulino et Polla, del giudice Riccardo da Venosa; v.): la questione della supremazia tra nobiltà di stirpe e nobiltà d'animo. Si tratta della Contentio de nobilitate generis et probitate animi (testo VIII.). Il suo autore risulta di non facile identificazione, poiché nei testimoni manoscritti il nome si compone della sola iniziale (T. nel migliore di essi, il ms. Vat. Lat. 4957: "Viris elegantissimis, magni Cesaris domesticis, sensu et moribus predotatis dominis magistris Petro de Vinea et Taddeo de Suessa magistri T. animi devotionem"; Delle Donne, 1999, p. 16). Il più recente editore del testo ha ripreso l'ipotesi della paternità terrisiana (l'alternativa faceva riferimento all'astrologo di corte Teodoro d'Antiochia), sottolineando gli elementi che conducono in questa direzione. Aggiungerei che a favore dell'attribuzione all'Atinate può giocare un ruolo l'ambientazione 'accademica' del testo (scolae è sinonimo di Studium, in particolare presso T.: così infatti, nei testi IV. e V., è definita proprio l'Università di Napoli: cf. Torraca, 1911, p. 249). Il testo si presenta come la richiesta, da parte di un maestro, di soluzione a un importante quesito sorto all'interno della sua scola, e che egli rivolge a due personalità d'eccezione dell'entourage svevo, Pier della Vigna e Taddeo da Sessa: "in scolis nostris iocoso quodam incidente litigio de nobilitate generis et animi probitate facta est contentio". In questo senso è difficile giudicare con certezza della reale natura del testo: potrebbe, cioè, trattarsi di una esercitazione scolastica. La struttura è quella della lite giudiziaria: parla prima il difensore della priorità della nobiltà di stirpe e poi controbatte il sostenitore della superiorità della nobiltà d'animo.
Fonti e Bibl.: F. Torraca, Maestro Terrisio di Atina, "Archivio Storico per le Provincie Napolitane", 36, 1911, pp. 231-253; Riccardo di San Germano, Chronica, in R.I.S.2, VII, 2, a cura di C.A. Garufi, 1936-1938. G. Paolucci, La giovinezza di Federico II di Svevia e i prodromi della sua lotta col papato, "Atti della R. Accademia di Scienze Lettere e Arti di Palermo", 6, 1900, pp. 1-55; T. Ferri, Appunti su Quilichino e le sue opere, "Studi Medievali", 9, 1936, pp. 239-250; G. Mercati, Conjectures upon the Text of the Preconia Frederici II, "Speculum", 13, 1938, pp. 237-239; A. De Stefano, La cultura alla corte di Federico II, Bologna 1950, pp. 195-196; R.M. Kloos, Alexander der Grosse und Kaiser Friedrich II., "Archiv für Kulturgeschichte", 50, 1968, pp. 181-199; W. Kirsch, Quilichinus oder Terrisius? Zur Authorschaft des Rhythmus "Caesar Auguste, multum mirabilis", "Philologus", 117, 1973, pp. 250-263; E. Kantorowicz, Federico II, imperatore, Milano 1976, pp. 360-362, 716; H.M. Schaller, Zum 'Preis-gedicht' des Terrisius von Atina auf Kaiser Friedrich II., in Id., Stauferzeit. Ausgewählte Aufsätze, Hannover 1993, pp. 85-101; E. Cuozzo, La nobiltà dell'Italia meridionale e gli Hohenstaufen, Salerno 1995, pp. 200-202; A. Romano, Federico II e lo Studium generale di Napoli, in Federico II e l'Italia, Roma 1995, pp. 149-155; F. Delle Donne, Una disputa sulla nobiltà alla corte di Federico II di Svevia, "Medioevo Romanzo", 23, 1999, pp. 3-20.