terzomondismo
Atteggiamento favorevole ai Paesi del Terzo Mondo (➔ sviluppo, in via di), che può manifestarsi sotto forma di solidarietà politica, di aiuto economico, di forte interesse culturale eccetera. Negli anni 1960 e 1970, con il termine t. si è indicato un orientamento sviluppatosi soprattutto nell’ambito della nuova sinistra, di sostegno alle lotte di liberazione dal dominio coloniale o neocoloniale, ai movimenti rivoluzionari operanti nei Paesi del Terzo Mondo e ad altri come Cuba e la Cina.
L’orientamento ideologico del t. trova le sue radici nella cosiddetta ‘teoria della dipendenza’, della seconda metà degli anni 1960, secondo la quale lo sviluppo capitalistico comporterebbe l’arricchimento di un ristretto gruppo di Paesi a scapito di altri, condannati a restare fermi al livello della pura sussistenza (A.G. Frank, Capitalism and underdevelopment in Latin America, 1967). I sostenitori di questa teoria sottolineano come la dipendenza dei Paesi in via di sviluppo si sia manifestata in forme diverse nel tempo, essendo stata il risultato inizialmente della loro necessità di esportare prodotti primari verso le aree sviluppate che ne formulavano la domanda, quindi dell’esigenza di ottenere da esse capitale sotto forma di investimenti e prestiti, infine, del loro bisogno di importare tecnologie con l’obiettivo di avviare un processo di industrializzazione.
Il rapporto tra centro e periferia, secondo i sostenitori di queste tesi, è necessariamente basato sullo sfruttamento portato avanti anche dalle filiali estere delle grandi imprese oligopolistiche, da essi viste come uno strumento del trasferimento dei profitti dalla periferia al centro, che continua a essere il polo delle decisioni e della crescita tecnologica. Secondo questa impostazione fortemente ideologica, avulsa dalla realtà storica riguardante lo sviluppo di Paesi emergenti, come la Cina, il Sud-Est asiatico, l’India, il Brasile e molti altri, la crescita dei Paesi del Terzo Mondo, qualora potesse realizzarsi, sarebbe comunque ‘dipendente’, seguirebbe cioè un modello imposto al Paese dai suoi legami con il centro e presumibilmente incompatibile con i bisogni locali: di conseguenza, solo l’instaurazione di un nuovo ordine economico internazionale potrebbe consentire il raggiungimento di una dinamica soddisfacente.