testi prescrittivi
Il testo prescrittivo (detto anche regolativo o istruzionale) è un tipo di testo (➔ testo, tipi di) che ha come fine la regolamentazione di un comportamento immediato o futuro dell’emittente e/o di altri soggetti, attraverso l’enunciazione di obblighi, divieti o istruzioni.
Il testo prescrittivo si collega alla ➔ modalità che definisce il comportamento immediato o futuro dell’emittente, del destinatario o di altri soggetti, ponendosi come obiettivo la sua regolamentazione (cfr. Lavinio 1990; Mortara Garavelli 1988; Werlich 1976). È caratterizzato da azioni come consigliare, dare istruzioni, disporre obblighi, vietare, permettere e si traduce in forme testuali come leggi, regolamenti, statuti, manuali di istruzioni, ricette di cucina, regole di gioco.
Fondamentale in tutti i testi prescrittivi è l’ordine in cui le istruzioni vengono fornite, che è di tipo sequenziale e in genere coincidente con quello dell’esecuzione dei comandi. Altre caratteristiche formali sono specifiche dei singoli sottotipi: nei testi normativi è previsto che l’autorità dell’emittente – in genere pubblica – sia riconosciuta, il destinatario ben individuabile e la struttura organizzata secondo schemi o gerarchie. Leggi, statuti e regolamenti (➔ giuridico-amministrativo, linguaggio) prevedono inoltre il ricorso a forme impersonali e a tecnicismi (➔ terminologie), l’assenza di espressioni emotive e deittiche, nonché l’impiego di costruzioni sintatticamente non marcate (cfr. § 3).
Le ricette di cucina e i manuali di istruzioni non sono emanati da autorità pubbliche quanto piuttosto da esperti della materia, i destinatari non sono in genere nominati e l’organizzazione testuale è meno rigida, così come il grado di formalità del registro (cfr. Dardano & Trifone 1983: 551-552). Tanto nelle ricette quanto nei manuali di istruzioni è inoltre frequente la collocazione del predicato principale in posizione iniziale:
(1) Tagliate le verdure a fiammifero. Scaldate l’olio in una padella e soffriggete, per qualche minuto, le cipolle, facendo attenzione che non attacchino. Poi saltate le carote e il peperone, assieme alla cipolla, per altri due-tre minuti. Sbriciolate il tofu nella padella, strapazzatelo assieme alle verdure, aggiustate di sale, coprite e prolungate la cottura, a fuoco dolce. Servite con foglie di lattuga verde finemente tagliate (Tofu strapazzato, in Cucchiaio verde. La bibbia della cucina vegetariana, Firenze, Demetra, 2001, p. 311)
Benché in queste forme testuali forma e posizione della predicazione costituiscano i tratti morfosintattici di maggior rilievo, tale da consentirne immediatamente il riconoscimento, il paradigma delle loro realizzazioni è piuttosto ampio. Tra queste, oltre a imperativi di seconda persona singolare («taglia le verdure a fiammifero») e plurale («tagliate le verdure a fiammifero») e all’infinito semplice («tagliare le verdure a fiammifero»), si citano il futuro iussivo di seconda singolare («taglierai le verdure a fiammifero») e plurale («taglierete le verdure a fiammifero»), il si impersonale con il congiuntivo («si taglino le verdure a fiammifero») e l’indicativo («si tagliano le verdure a fiammifero»), espressioni impersonali con dovere («si devono tagliare le verdure a fiammifero») e bisognare («bisogna tagliare le verdure a fiammifero»).
Nei manuali di istruzioni il testo si accompagna spesso a immagini che ne agevolano la comprensione, e il rilievo funzionale della forma predicativa si combina con l’iterazione delle strutture frasali e con l’impiego dei capoversi, al fine di rendere più chiara e identificabile la scansione delle azioni:
(2) Si realizza la cornice esterna assemblando i pezzi A e B, stando attenti a mantenere l’ortogonalità delle parti.
Si inseriscono i due tondini C e D negli appositi fori della cornice e si bloccano incollandone alle estremità le manopole E.
Si incolla un perno F nel foro superiore della cornice con una ranella di legno H (Istruzioni per la costruzione di un «Labirinto in legno». Educazione manuale e tecnica per la classe prima - dispensa didattica)
Nei fogli illustrativi di medicinali l’istruzione può essere introdotta dalla combinazione di informazioni testuali e paratestuali, come l’indicazione del tipo di istruzione nel titolo («quando non deve essere usato») e delle condizioni nel testo («tendenza accertata verso le emorragie, gastroepatite ...»). Nei fogli illustrativi, inoltre, rispetto ai manuali di istruzioni, è più frequente il ricorso a forme di variatio, cosicché possono cooccorrere più prescrizioni segnalate con formule diverse, come il verbo in prima posizione all’imperativo («consultate il medico se il disturbo si presenta ripetutamente»), il verbo in prima posizione all’infinito («usare solo per brevi periodi di trattamento») e varie formulazioni perifrastiche con dovere e l’infinito («i pazienti anziani dovrebbero attenersi ai dosaggi minimi sopraindicati»; «l’assunzione del prodotto deve avvenire a stomaco pieno»):
(3) quando non deve essere usato
Tendenza accertata verso le emorragie, gastroepatite (es. ulcera gastro-duodenale), asma.
Ipersensibilità verso i componenti o altre sostanze correlate dal punto di vista chimico.
Nei bambini e nei ragazzi di età inferiore a 16 anni.
[...]
come usare questo medicinale
Quanto
Adulti: 1-2 compresse se necessario fino a 3-4 volte al dì.
I pazienti anziani dovrebbero attenersi ai dosaggi minimi sopraindicati.
Attenzione: non superare le dosi indicate senza il consiglio del medico.
Quando e per quanto tempo
L’assunzione del prodotto deve avvenire a stomaco pieno.
Consultate il medico se il disturbo si presenta ripetutamente o se avete notato un qualsiasi cambiamento recente delle sue caratteristiche.
Non usare per più di tre giorni alla dose massima e non superare i 5-7 giorni di impiego continuativo.
Attenzione: usare solo per brevi periodi di trattamento.
Come
Sciogliere in mezzo bicchiere d’acqua non gassata 1 o 2 compresse di VIVIN C (Vivin C - foglio illustrativo)
Né la forma del verbo principale né altre componenti morfosintattiche, stilistiche o paratestuali sono tuttavia discriminanti del testo prescrittivo: decisiva è sempre, per il carattere imperativo che la tipologia impone, la forza pragmatica delle enunciazioni, unita alla presenza di un contesto situazionale che consenta l’accettazione e la validazione della prescrizione come tale (cfr. Mortara Garavelli 1988: 164). È, ad es., il contesto a permettere il riconoscimento della prescrizione di molti enunciati nei manuali di gioco:
(4) Il Cavallo si muove di due case in avanti, indietro o di lato e poi svolta a destra o a sinistra, come a formare una immaginaria “L” (Il manuale degli scacchi. Tutte le strategie e le mosse vincenti, a cura di P. Cavallanti, Firenze, Demetra, 2006, p. 27)
Nell’es. (4) nessun tratto linguistico orienta la lettura in termini esplicitamente prescrittivi, tanto che lo stesso enunciato, se collocato in un testo informativo (ad es. un dizionario), verrebbe interpretato come asserzione. Gli enunciati come (4), che non attribuiscono una proprietà a un soggetto bensì determinano lo stato di cose su cui verte la loro enunciazione, sono detti tetici (cfr. Conte 1977; Mortara Garavelli 2001: 58). Perché possa essere tetico, un enunciato deve essere pronunciato da un’autorità specifica e in circostanze adatte a riconoscerne il valore, come nel caso del primo comma dell’art. 1 della Costituzione italiana:
(5) L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro.
La scelta di includere gli atti tetici nell’ambito delle prescrizioni non è tuttavia univoca. Le norme possono essere suddivise in prescrittive e costitutive o dispositive, di cui le prime soltanto «stabiliscono obblighi» o «forme di dover essere», mentre le seconde non prescrivono ma attuano il contenuto dell’enunciazione, oppure sono attributive di uno stato o di una condizione (cfr. Carcaterra 1994: 220-223).
In questi termini, l’enunciato al primo comma dell’art. 1 della Costituzione non sarebbe prescrittivo bensì costitutivo, così come gli atti tetici in generale, in quanto non prescriventi azioni ancora da compiersi ma attuatori di effetti nel momento stesso della loro enunciazione. Sono invece prescrittivi enunciati come i seguenti, tratti dal Codice di procedura civile:
(6) L’ordinanza è succintamente motivata. Se è pronunciata in udienza, è inserita nel processo verbale; se è pronunciata fuori dell’udienza, è scritta in calce al processo verbale oppure in foglio separato, munito della data e della sottoscrizione del giudice o, quando questo è collegiale, del presidente (Codice di procedura civile, art. 134)
Le proposizioni prescrittive, intese in questa accezione, possono essere riformulate con una parafrasi con dovere («L’ordinanza deve essere succintamente motivata. Se è pronunciata in udienza, deve essere inserita nel processo verbale; se è pronunciata fuori dell’udienza, deve essere scritta in calce al processo verbale»), che non è invece ammessa per le proposizioni costitutive o attributive (Mortara Garavelli 2001: 60).
Un’altra classificazione prevede la suddivisione delle regole in regolative e non regolative, di cui solo le seconde «sono, pongono o presuppongono una condizione», che può essere «necessaria», «sufficiente» o «necessaria e sufficiente». I nove tipi di regole non regolative conseguenti sono (in corsivo la terminologia proposta da Conte 1977):
(a) regole che sono condizioni necessarie, dette eidetico-costitutive («L’alfiere muove solamente in diagonale di quante case vuole», Il manuale degli scacchi, cit., p. 25);
(b) regole che pongono condizioni necessarie, dette anankastico-costitutive («Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere», Costituzione, art. 94, comma 1);
(c) regole che presuppongono condizioni necessarie, dette anankastiche («Per visualizzare il documento bisogna aver installato adobe acrobat reader»);
(d) regole che sono condizioni sufficienti, dette thetico-costitutive («L’articolo 251 del codice civile è abrogato», d.d.l. 1154 24.10.2008, art. 1);
(e) regole che pongono condizioni sufficienti, dette metathetico-costitutive («È senatore di diritto e a vita, salvo rinunzia, chi è stato Presidente della Repubblica», Costituzione, art. 59, comma 1);
(f) regole che presuppongono condizioni sufficienti, dette metathetiche («Sono abilitati all’assistenza tecnica dinanzi alle commissioni tributarie, se iscritti nei relativi albi professionali, gli avvocati, i procuratori legali, i dottori commercialisti, i ragionieri e i periti commerciali», d.lg. 31.12.1992, art. 12);
(g) regole che sono condizioni necessarie e sufficienti, dette noetico-costitutive, come ad es. «la norma fondamentale di un ordinamento, se concepita […] come condizione necessaria e sufficiente della possibilità di validità delle norme dell’ordinamento da essa individuato» (Azzoni 1986: 161);
(h) regole che pongono condizioni necessarie e sufficienti, dette nomico-costitutive («La capacità giuridica si acquista dal momento della nascita», Codice civile, art. 1, comma 1);
(i) regole che presuppongono condizioni necessarie e sufficienti, dette nomiche (ad es., l’essere iscritto a un albo professionale per l’abilitazione all’assistenza tecnica di cui il citato art. 12 del d.lg. 31.12.1992) (cfr. Azzoni 1988; Mortara Garavelli 2001: 74-75).
Alle regole regolative, che «sono, pongono o presuppongono» una condizione, appartiene invece la modalità deontica, come espressione di un obbligo, un permesso o un divieto circa una determinata azione:
(7) I pedoni, per attraversare la carreggiata, devono servirsi degli attraversamenti pedonali, dei sottopassaggi e dei sovrappassaggi. Quando questi non esistono, o distano più di cento metri dal punto di attraversamento, i pedoni possono attraversare la carreggiata solo in senso perpendicolare, con l’attenzione necessaria ad evitare situazioni di pericolo per sé o per altri (Codice della strada, art. 190, comma 2)
A differenza delle regole non regolative, l’inadempimento di una regola regolativa produce un illecito, per il quale può essere esplicitamente prevista una sanzione («Chiunque viola le disposizioni del presente articolo è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 23 a euro 92», Codice della strada, art. 190, comma 10).
I testi giuridici possono essere suddivisi in normativi, interpretativi e applicativi.
I testi normativi comprendono forme testuali come costituzioni, leggi, convenzioni, decreti legge, decreti legislativi, codici, regolamenti, statuti; i testi interpretativi comprendono forme testuali come manuali di diritto, articoli di rivista, lezioni universitarie, tesi di laurea e di dottorato; i testi applicativi comprendono forme testuali come atti processuali (sentenze, ordinanze), atti amministrativi (decreti, avvisi, verbali, ordini di servizio), atti giuridici privati (contratti, testamenti, procure, procedimenti arbitrali).
Nei paragrafi che seguono saranno illustrati alcuni aspetti linguistici caratterizzanti il solo testo normativo, in quanto forma testuale dotata di maggior prestigio e rilievo all’interno della tipologia, con un’analisi ripartita in «aspetti lessicali», «aspetti morfosintattici e interpuntivi» e «aspetti stilistici e testuali».
Il lessico normativo si caratterizza per la presenza di tecnicismi specifici, di ridefinizioni e di tecnicismi collaterali. Tra i tecnicismi specifici, ossia termini il cui uso è esclusivo di un settore o di una disciplina, si citano a titolo di esempio, tra le molte possibili, le voci laudemio («tassa dovuta dall’enfiteuta al padrone»), sinallagma («rapporto di scambio che nei contratti a controprestazione lega necessariamente le due prestazioni») e stellionato («atto doloso non rientrante in una specifica figura di reato»), evidentemente incompatibili con contesti d’uso comune.
Considerevole è anche il numero delle ridefinizioni, ossia termini tratti dalla lingua comune che nell’impiego tecnico assumono un significato nuovo oppure circoscritto. Esempi sono le voci multa e contravvenzione, reciprocamente sostituibili in contesti non settoriali («Gianni ha pagato la multa» / «Gianni ha pagato la contravvenzione»), ma specializzati nell’impiego tecnico, dove multa mantiene il significato di «sanzione pecuniaria» e contravvenzione è usata per indicare la tipologia di reato (cfr. Serianni 2003: 109).
I tecnicismi collaterali, cioè i termini legati a uno specifico ambito settoriale ma non motivati da reali o urgenti necessità comunicative, possono appartenere a diverse categorie. Possono essere sostantivi generici, usati come coesivi oppure come ➔ iperonimi di casi di interesse giuridico, di cui un esempio è fatto, che nell’uso tecnico assume il significato di «qualsiasi comportamento umano che abbia rilevanza giuridica»:
(8) Salvo che la legge disponga altrimenti, il diritto di querela non può essere esercitato, decorsi tre mesi dal giorno della notizia del fatto che costituisce il reato (Codice penale, art. 124, comma 1)
Altri esempi sono cosa, con il significato di «qualsiasi bene che possa essere oggetto di un diritto»; parte, con il significato di «ciascun soggetto portatore di interessi omogenei, in quanto stipuli un contratto con altri o in quanto intervenga tra i protagonisti di un processo»; e persona, con il significato di «ciascun essere umano dotato di capacità giuridica» (cfr. Serianni 2003: 114). Tecnicismi collaterali sono in secondo luogo i termini di uso stabile non relativi a nozioni usate esclusivamente in ambito giuridico (adire, contemplare, rigettare), e anche i termini e le espressioni, in genere desueti in ambito non settoriale, selezionati per esibire ricercatezza espressiva (altresì, siffatto, porre in essere, espletare, incardinare, caducare). Alcune espressioni appartenenti a quest’ultima categoria possono essere considerate autentici ‘fossili lessicali’, come nell’immediato conquesto, in denegata ipotesi, in severa ipotesi (cfr. Mortara Garavelli 2001: 179). Tecnicismi collaterali, infine, sono locuzioni preposizionali come a carico di, usata con il significato di «contro» (e a questa preferita, benché meno comune):
(9) L’esecuzione del decreto di condanna pronunciato a carico di più persone imputate dello stesso reato rimane sospesa nei confronti di coloro che non hanno proposto opposizione fino a quando il giudizio conseguente all’opposizione proposta da altri coimputati non sia definito con pronuncia irrevocabile (648) (Codice di procedura penale, art. 463, comma 1)
oppure anche a seguito di, con il significato di «per» o «dopo»; a titolo di, con il significato di «per» o «come»; ai fini di, con il significato di «per» (cfr. Serianni 2003: 116-117).
Caratteristico del lessico normativo è infine l’alto numero di astrazioni, selezionate in quanto fattori di impersonalità e perché ritenute di registro più formale: esempi sono i nomi deverbali (➔ deverbali, nomi; ➔ astratti, nomi) sospensione, cancellazione, trasmissione (cfr. Mortara Garavelli 2001: 172).
Una rassegna incompleta di tratti morfologici caratteristici dei testi normativi prevede almeno le seguenti forme:
(a) participi presenti usati con valore verbale (diritti spettanti a, norme regolanti il processo, fatto costituente reato);
(b) participi passati anteposti al nome (dolosa preordinazione);
(c) locuzioni con omissione dell’articolo (unico processo verbale), benché quest’ultimo fenomeno sia più frequente in testi giuridici non normativi (cfr. Rovere 2005: 35-53; Serianni 2003: 121-122).
Significativa, dal punto di vista morfologico, è anche la sistematicità di alcune assenze, tra cui vanno notate le seguenti:
(a) forme verbali, pronominali e aggettivali di prima e seconda persona, singolare e plurale (fatto salvo per usi occasionali e non rappresentativi);
(b) espressioni deittiche di tipo temporale e spaziale, mentre sono regolarmente presenti ➔ deittici testuali;
(c) nomi alterati (purché non si tratti di casi di ➔ grammaticalizzazione), esclamazioni, interiezioni (➔ interiezione), avverbiali valutativi e in generale espressioni che riguardano il dominio dell’emotività;
(d) interrogative dirette, interrogative retoriche e forme di discorso diretto, purché non si tratti di citazioni di formule, come nei giuramenti (cfr. Mortara Garavelli 2001: 118-123).
Quanto all’interpunzione (➔ punteggiatura), ci si aspetterebbe un uso ‘logico-sintattico’ mirante a funzioni esclusive, come quella segmentatrice, quella sintattica e quella metalinguistica, senza concessioni a scarti espressivi. Se è così in testi meglio confezionati, tra cui soprattutto quello costituzionale, in altri sono state rilevate frequenti trascuratezze interpuntive. Nell’articolo del Codice della strada riportato in (10), l’assenza della virgola potrebbe provocare un’interpretazione errata («centri abitati ad uso pubblico»), evitata solo grazie all’applicazione del principio di pertinenza (Mortara Garavelli 2001: 84):
(10) Strada vicinale (o poderale o di bonifica): strada privata fuori dai centri abitati ad uso pubblico (Codice della strada, art. 3, comma 52)
Approssimazioni interpuntive si possono trovare anche nei codici, come nei casi in cui una relativa restrittiva è accompagnata da virgole correlate:
(11) Il coerede, che vuole alienare (1542 e seguenti) a un estraneo la sua quota o parte di essa, deve notificare la proposta di alienazione, indicandone il prezzo, agli altri coeredi, i quali hanno diritto di prelazione. Questo diritto deve essere esercitato nel termine (2964) di due mesi dall’ultima delle notificazioni. In mancanza della notificazione, i coeredi hanno diritto di riscattare la quota dall’acquirente e da ogni successivo avente causa, finché dura lo stato di comunione ereditaria (1502) (Codice civile, art. 732, comma 1)
Sotto il profilo sintattico, i testi normativi prediligono costruzioni impersonali e un ordine delle parole non marcato (➔ ordine degli elementi), ossia disposto secondo la sequenza soggetto + verbo + oggetto diretto + oggetti indiretti. Tale ordine è rispettato nella gran parte degli enunciati semplici, soprattutto se posti all’inizio di articoli o commi:
(12) Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere (Costituzione, art. 94, comma 1)
L’ordine può invece essere marcato quando un costituente è di particolare estensione, e collocato per questo motivo in posizione finale, indipendentemente dal suo ruolo sintattico; oppure in relazione a caratteristiche di singoli verbi che prevedono la posposizione del soggetto, come gli intransitivi con ausiliare essere e tutti gli inaccusativi (➔ inaccusativi, verbi; cfr. Mortara Garavelli 2001: 92):
(13) La domanda di dispensa per le cause indicate nell’articolo precedente deve essere presentata al giudice tutelare prima della prestazione del giuramento, salvo che la causa di dispensa sia sopravvenuta (Codice civile, art. 353, comma 1).
Tra gli aspetti stilistico-testuali si segnala in primo luogo la disposizione di tipo gerarchico della materia, riconoscibile anche esteriormente per l’esplicitezza delle partizioni. Un esempio sono i codici, organizzati, su modello di quello napoleonico, in «libri», «titoli», «capi», «sezioni», «paragrafi» e «articoli», sempre rubricati. L’articolo può essere a sua volta suddiviso in commi, segnalati dal rientro iniziale del capoverso e a partire dal 1982 anche dal numero.
Nel testo della Costituzione l’organizzazione gerarchica si compie al meglio come sintesi di chiarezza e di eleganza, dove le partizioni tematiche, anche per la presenza limitata di connettivi logici, esercitano oltretutto un importante ruolo coesivo (cfr. Cignetti 2005: 96).
Motivi testuali possono essere all’origine di una disposizione marcata degli elementi frasali: l’ordine preferenziale delle unità informative nel testo giuridico (come del resto in ogni tipologia) è infatti del tipo tema/rema (➔ tematica, struttura), con anteposizione di circostanziali di tempo e frasi temporali come informazioni di «inquadramento» o di «quadro informativo» (cfr. Ferrari et al. 2008). Il principio informativo che prevede il tema in prima posizione può talvolta tradursi, sul piano sintattico, in una costruzione marcata:
(14) Quando il minore è moralmente o materialmente abbandonato o è allevato in locali insalubri o pericolosi, oppure da persone per negligenza, immoralità, ignoranza o per altri motivi incapaci di provvedere all’educazione di lui, la pubblica autorità, a mezzo degli organi di protezione dell’infanzia, lo colloca in luogo sicuro, sino a quando si possa provvedere in modo definitivo alla sua protezione (Codice civile, art. 403)
Tra i nessi logici occupa un ruolo di primo piano la causa, che può manifestarsi in modalità regressiva o in modalità progressiva (cfr. Ferrari 1999). Il modo regressivo, che corrisponde alla relazione causale (➔ causalità, espressione della) propriamente detta, prevede che dal motivo si risalga alla causa, indicando, ad es., la motivazione partendo dal risultato. Un esempio di relazione causale di modo regressivo è il seguente:
(15) Il pubblico ministero presenta al giudice la richiesta di archiviazione (408 c.p.p.) quando ritiene l’infondatezza della notizia di reato perché gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non sono idonei a sostenere l’accusa in giudizio (Codice di procedura penale, art. 125, disposizione attuativa)
Oltre a perché, la causa di modo regressivo è introdotta anche da connettivi come poiché, dato che, per il fatto che e simili. Il modo progressivo introduce una relazione di tipo consecutivo, ad es. quando si ricavano le conseguenze da un comportamento o da una situazione di fatto (cfr. Mortara Garavelli 2001: 129). I ➔ connettivi che segnalano la relazione causale di modo progressivo sono quindi, perciò, dunque e sim., il secondo presente nel seguente estratto del Codice della strada:
(16) Il veicolo non può proseguire il viaggio se il conducente non abbia provveduto a sistemare il carico secondo le modalità stabilite dal presente articolo. Perciò l’organo accertatore, nel caso che trattasi di veicolo a motore, oltre all’applicazione della sanzione di cui al comma 8, procede al ritiro immediato della carta di circolazione e della patente di guida, provvedendo con tutte le cautele che il veicolo sia condotto in luogo idoneo per la detta sistemazione; del ritiro è fatta menzione nel verbale di contestazione della violazione. I documenti sono restituiti all’avente diritto allorché il carico sia stato sistemato in conformità delle presenti norme. Le modalità della restituzione sono fissate dal regolamento (Codice della strada, art. 184, comma 9)
Per i nessi di tipo condizionale, anch’essi rilevanti per l’organizzazione logica del testo normativo, si rinvia a Visconti (2000).
Tra i fenomeni retorici e stilistici si può segnalare la predilezione per la repetitio rispetto alla variatio, fatto comune ad altri testi interpretativamente vincolanti. Si tratta tuttavia di una forma di ripetizione funzionale, usata per garantire chiarezza e rigore attraverso l’identificazione univoca di un referente, e anche di coesione testuale, come garanzia della continuità tematica:
(17) Le deliberazioni dell’assemblea contrarie alla legge, all’atto costitutivo o allo statuto possono essere annullate [...].
L’annullamento della deliberazione non pregiudica i diritti acquistati [...].
Il Presidente del tribunale o il giudice istruttore, sentiti gli amministratori dell’associazione, può sospendere, su istanza di colui che l’ha proposto l’impugnazione, l’esecuzione della deliberazione impugnata, quando sussistono gravi motivi [...].
L’esecuzione delle deliberazioni contrarie all’ordine pubblico o al buon costume può essere sospesa anche dall’autorità governativa (Codice civile, art. 23)
Trova inoltre riscontro anche un’alta frequenza di enumerazioni e di elenchi:
(18) Non possono contrarre matrimonio fra loro: 1) gli ascendenti e i discendenti in linea retta, legittimi o naturali; 2) i fratelli e le sorelle germani, consanguinei o uterini; 3) lo zio e la nipote, la zia e il nipote; 4) gli affini in linea retta; il divieto sussiste anche nel caso in cui l’affinità deriva dal matrimonio dichiarato nullo o sciolto o per il quale è stata pronunciata la cessazione degli effetti civili; 5) gli affini in linea collaterale in secondo grado; 6) l’adottante, l’adottato e i suoi discendenti; 7) i figli adottivi della stessa persona; 8) l’adottato e i figli dell’adottante; 9) l’adottato e il coniuge dell’adottante, l’adottante e il coniuge dell’adottato (Codice civile, art. 87)
Quanto agli schemi retorici come tropi e figure (➔ retorica), benché in tipologie vincolanti ne sia attesa l’assenza (cfr. Sabatini 1999), nei testi normativi compaiono spesso sotto forma di catacresi, cioè di schemi non finalizzati all’ornamento dell’espressione (cfr. Mortara Garavelli 2001: 149). Tra queste la personificazione, che in genere riguarda istituti ed enti, oppure la stessa Repubblica:
(19) La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale (Costituzione, art. 2 )
Sempre in forma di catacresi, compare la ➔ metonimia («La legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane»: Costituzione, art. 44, comma 2), la ➔ litote («L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva»: Costituzione, art. 27, comma 2), il chiasmo («L’arte e la scienza sono liberi e libero ne è l’insegnamento»: Costituzione, art. 33, comma 1), l’anastrofe e l’➔iperbato («Chiunque, con denuncia, querela, richiesta o istanza [...] diretta all’autorità giudiziaria o ad un’altra Autorità che a quella abbia obbligo di riferirne ...»: Codice penale, art. 368), benché non in misura rilevante. Più numerose sono le dittologie, i parallelismi e soprattutto le forme di iterazione anaforica («I termini previsti dall’art. 303 sono sospesi [...] nei seguenti casi: a) nella fase del giudizio [...]; b) nella fase del giudizio [...]; c ) nella fase del giudizio ...»: Codice di procedura penale, art. 304, comma 1; «L’esecuzione della rogatoria è negata: se [...]; se [...]; se [...]»: Codice di procedura penale, art. 724, comma 5).
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