Tiro a segno
Il tiro a segno è stato praticato in Italia fin dal primo apparire delle armi da fuoco, sia per finalità ludiche sia con lo scopo di addestrare militarmente i cittadini, intesi come soldati e civili. La nascita delle armi da fuoco è stata una conseguenza diretta dell'invenzione della polvere da sparo. In Europa la polvere nera venne probabilmente diffusa dalla Spagna dove fu importata dagli arabi in seguito alle numerose guerre combattute per espandere l'Islam, e sembra abbia avuto la sua prima applicazione come polvere da sparo nel 14° secolo a opera del monaco benedettino Berthold Schwarz, del quale è stata però messa in dubbio la stessa esistenza. Già Ruggero Bacone, alla metà del 13° secolo, e Alberto Magno l'avevano citata nei loro scritti. I cinesi la chiamavano huo yao (letteralmente "sostanza chimica del fuoco") già dal 10° secolo e la usavano come materiale incendiario, principalmente per giochi pirotecnici.
La scoperta e l'uso che se ne fece in seguito rivoluzionarono ovviamente l'arte della guerra. Non è possibile accertare se l'uso delle armi portatili abbia seguito o preceduto quello delle artiglierie, ma è verosimile che esse siano state impiegate contemporaneamente. In Italia la diffusione delle armi da fuoco avvenne molto presto, in quanto bombarde e spingarde cominciarono a essere fabbricate a Gardone (vicino Brescia) fin dall'inizio del 14° secolo. Allo stesso periodo risale il primo impiego dello schioppo, l'antenato di tutti i fucili, che funzionava ad avancarica (cioè si caricava dalla bocca). Le armi da fuoco ad avancarica non contribuirono a un immediato progresso nella precisione e nell'efficacia. Esse erano costruite senza mirino e tacca di mira; inoltre, la linea di mira risultava ingombrata dal focone, cioè il forellino che consentiva di accendere la carica di lancio, il quale si trovava sopra la camera di scoppio. Un certo miglioramento si ebbe quando il focone fu spostato sulla destra della canna e l'arma fu munita di punti di mira e di altri congegni d'accensione (serpentino, ruota, acciarino). L'introduzione del sistema di sparo a percussione con l'impiego della capsula cambiò sensibilmente le cose nel campo delle armi portatili. Questo sistema permetteva un'accensione più sicura e una maggiore velocità di innesco, consentendo al tiratore di curare la mira fino al momento in cui il proiettile abbandonava la bocca della canna. Il progresso tecnologico favorì maggiormente le armi da fuoco rispetto a quelle a corda. Dal 15° secolo in poi le competizioni di tiro a segno con archibugi si affiancarono a quelle con gli archi e le balestre, che con il tempo persero d'interesse.
La prima gara di tiro di cui si ha notizia storiografica certa, denominata Gioco dell'archibugio, ebbe luogo ad Aosta nel 1427, in occasione della trasformazione della locale Società di tiro con l'arco in Società di tiro con l'archibugio. Il nuovo sodalizio fu inaugurato dal principe Amedeo VIII di Savoia. L'anno in cui si svolse tale avvenimento è riportato in un'epigrafe scolpita su lastra di marmo e collocata nel 1838 al poligono di Aosta. Durante il Rinascimento nei comuni d'Italia, dove la vita del cittadino era tanto intimamente legata a quella della res publica che egli non esitava a difenderla con le armi, s'intensificarono le esercitazioni delle milizie popolari e le manifestazioni sportive di tiro. Nel 1437 il Consiglio del popolo del Comune di Lucca propose l'istituzione dell'esercizio per mezzo di "archibugi, schioppetti, passavolanti et altri simili tormenti guerreschi". La Repubblica Veneziana, che per le sue continue guerre in sostegno del commercio in Oriente aveva sempre bisogno di soldati esperti nelle armi moderne, fondò nel 1491 la Scuola dei bombardieri per il tiro con le artiglierie, e i suoi tiratori erano così bravi da essere richiesti come maestri. Anche la Repubblica di Firenze non trascurò le arti belliche: Niccolò Machiavelli, in alcune lettere inviate nel 1507 ai vicari dello Stato fiorentino, raccomandò la creazione di corsi in ciascuna lega di cittadini per insegnare loro "ad trarre cum lo schioppetto et fare qualche exercitio militare". Successivamente, con l'invasione dell'Italia da parte delle potenze straniere, le associazioni patriottiche e liberali furono sciolte o messe in condizioni di non agire; solo in Piemonte e nei territori del Tirolo Meridionale e del Trentino riuscirono a sopravvivere alcune antiche società di tiro a segno.
Anche in Francia l'esercizio del tiro al bersaglio è collegato all'invenzione dell'archibugio. Si legge, infatti, nella settecentesca Encyclopédie méthodique: "Nel tempo in cui si cominciò a servirsi dell'archibugio i nostri Re, comprendendo i vantaggi che si possono ricavare dall'uso di quest'arma per la difesa della città, vollero che i borghesi si esercitassero nel tiro e, per invogliarli, posero dei premi, che consistevano in alcuni diritti o esenzioni. Questi premi, chiamati premi dell'archibugio, sussistono ancora in parecchie città del Regno ove vi sono delle Compagnie d'archibugieri autorizzati a radunarsi in talune circostanze per tirare agli uccelli". Le comunità degli archibugieri ricevettero da Enrico III gli statuti che dovevano regolarle nel 1575.
Anche la Svizzera fu uno di quei paesi dove le armi da fuoco si diffusero rapidamente, grazie anche al temperamento metodico degli elvetici che favorì un esercizio costante. A Basilea nel 1466 il magistrato della città designava un luogo apposito, lungo le mura presso la piazza di S. Pietro, dove i soci di una compagnia di tiratori potevano addestrarsi ogni domenica con l'archibugio. Nei mesi estivi vi si organizzavano gare a premi e il governo cittadino stesso consegnava a ogni affiliato un archibugio per far sì che nessuno venisse escluso dalle competizioni. In una gara di tiro che si tenne a Zurigo nel 1504, nella lista di centododici vincitori ne compaiono sette di Augusta, due di Ulna, tre di Norimberga e uno di Roma, il che dimostra il carattere internazionale che avevano, già alla fine del Medioevo, le riunioni di tiratori. Proprio da Norimberga arriva la prima notizia, datata 1429, di un tiro con schioppetti in Germania.
Lo schioppetto fu la prima arma portatile a polvere nera veramente efficace. Era formato da una canna di ferro o di altro metallo e si caricava dalla bocca. La pistola fu invece costruita a Pistoia sul finire del 14° secolo. All'inizio, era composta da una piccola canna fissata su un rudimentale manico piegato. Cominciò a essere popolare verso il 1550, quando comparve il meccanismo da sparo a ruota da acciarino. La carabina, arma più corta rispetto all'archibugio e con canna rigata, apparve verso la fine del 15° secolo. Il suo sviluppo subì un'accelerazione due secoli dopo, quando entrò in uso la retrocarica. L'acciarino 'a focile' (da cui il termine fucile) rimase fino ai primi dell'Ottocento il sistema di accensione più pratico per le armi lunghe individuali. A poco a poco i fucili cominciarono a essere accettati dagli eserciti, nei quali continuava però a predominare l'uso dell'archibugio a miccia per via del suo minor costo.
In generale, queste armi venivano utilizzate principalmente in guerra, anche se fin dal Quattrocento furono costruiti archibugi speciali per il tiro al bersaglio, per la caccia e l'uso privato. Essi furono ulteriormente perfezionati nel secolo seguente e la loro produzione favorì molto lo sport del tiro a segno, che s'inserì gradualmente nelle manifestazioni folcloristiche, nelle feste patronali e nelle fiere. Apparvero le armi ad aria compressa e poi quelle a gas, ma con scarso impiego perché l'attenzione degli artigiani era rivolta verso la polvere da sparo. I fucili da caccia rimanevano rari, fabbricati esclusivamente per conto dei signori che potevano concedersi tale lusso e che, anzi, ne avevano il privilegio, essendo essi soli in diritto di cacciare con una bocca da fuoco. Il prezzo delle armi rimase così molto elevato: la fabbricazione richiedeva una notevole abilità e ingegnosità da parte dell'artigiano, data l'assoluta mancanza di mezzi meccanici per la lavorazione; inoltre i fucili erano spesso decorati con incisioni e intarsi in materiali preziosi.
Nel secolo 17° comparvero i primi eserciti permanenti in vari paesi d'Europa. A essi venne affidato il compito di difendere l'ordine interno delle nazioni, per cui cessò il bisogno d'istruire il popolo alle armi. Di conseguenza il tiro a segno, che durante il Rinascimento aveva vissuto un momento di grande splendore nell'Europa occidentale, andò decadendo e divenne una prerogativa dell'esercito. Questo stato di cose durò fino alla Rivoluzione francese, quando risorsero le guardie nazionali, composte di cittadini che cercavano di mantenere operanti anche a rischio della propria vita le libertà politiche e civili appena conquistate. Ben presto gli effetti si risentirono in alcuni paesi limitrofi, dove i popoli reagirono al giogo che li teneva oppressi; vennero ricostituite le guardie comunali e si riaffermò il valore del tiro al bersaglio come addestramento popolare. La tecnologia diede il suo apporto essenziale. Nell'Ottocento, con il progresso degli studi sulla meccanica, vennero risolti molti dei problemi che in precedenza erano stati affrontati in modo soltanto empirico: l'innesco per mezzo di fulminati, la retrocarica, la cartuccia, il proiettile oblungo, la ripetizione, la rigatura, il fucile a vitone camerato e il fucile a stelo trovarono completa realizzazione. Tutto ciò determinò un rapidissimo incremento della precisione e della letalità delle armi da fuoco. Nacquero armi personali destinate a una lunga vita, come il revolver Colt e i fucili Flobert, Mauser, Winchester e Mannlicher-Carcano. Quest'ultimo ('modello 1891') fu il fucile dell'esercito italiano fino alla seconda guerra mondiale.
L'istituzione del Tiro nazionale. - In Italia, passata la ventata napoleonica, la dominazione austriaca censurò la pratica delle armi da parte dei civili, a esclusione dei territori del Trentino-Alto Adige dove la leva era legata alla difesa del territorio. Anzi, proprio i membri delle società di tiro si erano rivelati determinanti nella lotta di resistenza al dominio francese e quindi, come riconoscimento dei meriti acquisiti, il governo imperiale ne favorì la pratica, tanto che nel 1874 esistevano circa 250 poligoni nell'area trentino-tirolese. Per quanto riguarda il resto d'Italia, solo il Piemonte mantenne viva la tradizione. La Società di Aosta non interruppe mai la sua attività, mentre le altre società furono soppresse nel 1838 e furono ricostituite dieci anni dopo, quando Carlo Alberto concesse le libertà statutarie. Questi sodalizi, pur tra grandi difficoltà, ripresero a organizzare gare di tiro, incoraggiate e sostenute dai Savoia che, coltivando intenti espansionistici in Italia, con il pretesto delle manifestazioni sportive favorivano l'addestramento dei civili in vista di guerre contro le potenze straniere occupanti. Nel 1848, per iniziativa di Agostino Depretis, venne fondata a Torino la prima società dedita al tiro a segno; nel 1850 ancora Depretis, insieme a Plezza e Simonetta, si impegnò per fondare o rifondare le società nei territori liberati dagli austriaci, ma gli ostacoli connessi ai problemi economici e politici del momento non consentirono una realizzazione immediata di queste imprese. Tuttavia, pure nella carenza di leggi al riguardo e nelle ristrettezze finanziarie, alcune società, tra le quali quella di Genova, furono ricostituite, e nel tempo il tiro a segno divenne uno dei capisaldi del modello sportivo del paese, che prevedeva la ginnastica e il tiro per forgiare gli atleti-soldati del nuovo esercito. Non è un caso che la raggiunta unità del Regno d'Italia coincise con l'istituzione del Tiro nazionale, del quale Giuseppe Garibaldi, da sempre favorevole all'addestramento al tiro dei cittadini, fu il principale artefice e promotore.
Il clima patriottico risorgimentale portò all'emanazione del regio decreto 1° aprile 1861, firmato dal ministro dell'Interno Minghetti, con il quale si stabilì l'istituzione di tiri comunali che si misurassero annualmente in un grande raduno indetto dalla Società pel tiro nazionale (istituita dalla legge 11 agosto 1861), organo tecnico-sportivo alle dirette dipendenze del dicastero. Il peso maggiore della struttura più che sui municipi ‒ cellule elementari della 'nazione armata' garibaldina, dove storicamente erano nate le milizie popolari con i primi tiratori autonomamente organizzatisi fin dall'età dei Comuni a baluardo delle libertà municipali ‒ gravò di fatto sulla guardia nazionale, eredità della guardia paesana creata nel 1560 da Emanuele Filiberto. Nella preparazione ai tiri la guardia nazionale piemontese (che già nel 1859 aveva fornito il grosso dei Carabinieri genovesi e dei Cacciatori delle Alpi) e la nazione armata si completarono a vicenda, rappresentando la prima una sorta di nucleo periferico della seconda. La comunione d'intenti che saldò istituzionalmente le due strutture dette adito alla propaganda con la quale Garibaldi sostenne nel 1862 l'impianto di nuovi poligoni: per lui le società di tiro erano al centro di una visione strategica, basata sulle teorie mazziniane di una guerra di popolo condotta dai soli cittadini. Sull'altro fronte lo Stato concesse finanziamenti generosi a favore del tiro a segno: 100.000 lire di allora, di cui la metà alla Società pel tiro nazionale e il resto alle compagnie più meritevoli. Sull'esempio di quanto accadeva in Svizzera, la spinta del volontariato stimolò l'intervento dello Stato che favorì la crescita privata o parastatale di queste iniziative, riconoscendo loro una funzione nazionale.
I grandi raduni postunitari e il Tiro a segno nazionale. - La Società pel tiro nazionale, che aveva sede nella capitale del regno, organizzò il primo raduno a Torino, al Pallamaglio nei pressi del Valentino, dal 21 al 27 giugno 1863. La direzione generale e il comitato esecutivo, presieduti il primo dal principe Umberto di Savoia e il secondo dal principe Amedeo duca d'Aosta, si prodigarono per conferire alla manifestazione la massima risonanza. In talune specialità della gara poterono concorrere i tiratori stranieri che, infatti, si presentarono in gran numero (i soli svizzeri furono sessanta). Da parte italiana si registrò una grande partecipazione di tiratori sia civili sia militari. Le società di tiro, benché molte di recentissima fondazione, risposero all'appello, e di esse 31 parteciparono con più di trenta elementi. La manifestazione riscosse un eccezionale successo, tanto che anche la stampa sportiva estera ne riportò ampi resoconti. Durante i sette giorni di gara furono sparati 240.000 colpi a 61 bersagli la cui simbologia chiaramente evocava l'epos risorgimentale (Roma, Venezia, Italia, Goito, Volturno, Palestro, San Martino). Il primo classificato nella categoria superiore, Alcide Picconi, vinse 4000 lire e una carabina; nella categoria armi da guerra la vittoria andò allo svizzero Knuti.
La seconda gara nazionale si svolse nel giugno 1864 a Milano, con i premi in denaro elevati a 150.000 lire. I tiratori convenuti, in rappresentanza delle 64 società italiane e di alcune delegazioni straniere, furono più di 2000, tra cui, straordinariamente, Vittorio Emanuele II, che volle rinverdire la sua fama di re soldato. Il poligono, con 100 linee di tiro, fu approntato nella spaziosa piazza d'Armi del Castello Sforzesco e risultò sempre gremito di spettatori. La manifestazione si chiuse con un deficit di 72.000 lire, coperto per metà dal Municipio di Milano e per il resto dal governo. Il desiderio di partecipare a tali concorsi portò all'aumento in tutto il Regno del numero delle società di tiro e dei poligoni.
La terza gara nazionale ebbe luogo a Firenze nel giugno 1865. S'intendeva celebrare la nuova capitale del Regno e, facendo leva sullo spirito di corpo dei tiratori richiamati a Firenze dalle parole d'ordine garibaldine "colle armi e colla concordia si fa l'Italia", superare i profondi contrasti seguiti all'esautorazione politica di Torino. A Firenze le gare furono inaugurate da Vittorio Emanuele II; si spararono 437.000 colpi e si distribuirono 200.000 lire in premi.
Anche la quarta gara nazionale, tenutasi a Venezia, coniugò sport e politica. Disputate a distanza di due anni dalla terza guerra d'indipendenza (1866), le competizioni (che non riscossero un grande successo) sancirono il ritorno della città lagunare all'Italia. Da allora dovettero passare altri otto anni prima che fosse disputata la quinta gara generale, allorché per commemorare il settimo centenario della battaglia di Legnano la Società mandamentale di Milano volle organizzare un convegno, che però deluse le aspettative. Furono esplosi 193.000 colpi e distribuiti premi per sole 32.000 lire.
L'insuccesso di Venezia e l'ampia parentesi intercorsa fra le ultime due edizioni del Tiro nazionale riflettono la grave crisi attraversata dall'istituzione, connessa con le trasformazioni che tra il 1870 (presa di Roma) e il 1876 investirono la struttura militare del paese. In particolare, occorre riferirsi alla legge Magnani-Ricotti, con la quale si affermò il principio del servizio obbligatorio di leva in tempo di pace e l'intimo collegamento dell'esercito con la riserva. La riforma Ricotti consistette essenzialmente nell'adeguamento degli apparati bellici alla nuova realtà dell'Italia unita, con il superamento dell'esercito dinastico di tradizione sabauda mediante la creazione di armate nazionali. Tale legge rappresentò una sorta di burocratizzazione governativa del vecchio concetto di nazione armata che, epurato di ogni retaggio democratico e radicale, portò con sé il declino del tiro a segno d'impronta garibaldina e il deperimento dell'istituzione, oramai scavalcata dal reclutamento di massa. Bisogna inoltre considerare la matrice borghese-aristocratica delle società di tiro. A differenza delle organizzazioni degli Schützen tirolesi e bavaresi dell'epoca, dove l'elemento proletario e contadino era preponderante, le società di tiro italiane richiedevano alte tasse d'iscrizione che preclusero l'accesso alle classi medio-basse. Tale matrice si evidenziò nelle gare nazionali, che si trasformarono in eventi mondani deputati al loisir di famiglie della borghesia e dell'aristocrazia cittadina. Per contro, nei testi programmatici presentati dagli organizzatori era escluso ogni aspetto ludico e mondano, mentre era posto in evidenza il concetto di festa nazionale e di parata militare.
Nel corso degli anni Settanta il declino delle società promosse da Garibaldi fu verticale e irrefrenabile. Mutato il quadro politico con la caduta della Destra e l'avvento del trasformismo di Depretis, ma anche di Crispi e Giolitti, le associazioni di tiro a segno furono investite di un ruolo ufficiale, conforme all'epoca dell'espansione coloniale e dell'entrata dell'Italia nel novero delle potenze internazionali. L'evoluzione conseguente delle dottrine politiche e militari implicò l'abbandono dell'appello al volontariato popolare, che anzi venne giudicato un pericoloso canale di rivendicazioni economiche, sociali e politiche. La visione della nazione armata cedette il posto a una più moderna armata della nazione. Tale concezione si espresse nella legge 2 luglio 1882, n. 883, con la quale si istituì il Tiro a segno nazionale (TSN), che aveva lo scopo di "cooperare alla educazione militare della nazione preparando la gioventù al servizio militare e conservando la pratica dell'esercizio delle armi in tutti coloro che possono essere chiamati alla difesa della patria". Essa ridisegnò la natura dei rapporti tra lo Stato e le società di tiro a segno, le quali divennero istituzioni governative, dotate di un regolamento comune che precedeva la clausola dell'apoliticità, sottoposte al controllo politico, tecnico e amministrativo dei diversi ministeri di tutela (Interno, Guerra, Istruzione pubblica).
Il Tiro a segno nazionale nacque per consentire una partecipazione più attiva dello Stato alla costruzione dei poligoni e alle spese di esercizio. L'effetto fu immediato, tanto che negli anni 1883-85 furono inaugurate numerose società e costruiti centinaia di campi di tiro. La legge consentiva d'istituire in ogni capoluogo di provincia, circondario o mandamento una società di tiro comprendente almeno 100 tesserati; l'adesione interessava i cittadini che avessero compiuti i sedici anni. All'atto dell'iscrizione i soci venivano suddivisi in tre distinti reparti: Scuole, per i giovani che non avessero concorso alla leva; Milizia, per i congedati tuttora nei ruoli dell'esercito o della milizia; Libero, per tutti gli altri. Nelle sue linee generali questa legge reggerà le sorti del tiro a segno fino alla prima guerra mondiale.
Un ulteriore decreto del 15 aprile 1883 responsabilizzò il ministero della Istruzione pubblica, cui spettò il compito di propagandare il tiro in ambito scolastico e avviare la popolazione studentesca alle gare. Con regio decreto 11 agosto 1884 fu istituito, per le società di tiro a segno, un emblema che consisteva nella figura di un bersaglio coronato alla reale, circondato da due rami di quercia e di alloro, caricante due fucili incrociati sostenuti da un'aquila d'oro coronata e fregiata nel petto dello scudo dei Savoia. L'uccello era disegnato nell'atto di spiccare il volo, appoggiato a una tessera che conteneva il nome della società. Con la medesima legge fu istituita una divisa per gli aderenti al Tiro a segno nazionale: cappello, giubba alla cacciatora, pantaloni e uose.
La legge del 2 luglio 1882 prevedeva anche lo svolgimento di una gara generale ogni due anni, ma molte società non ebbero subito a disposizione un poligono di tiro e quindi non poterono prepararsi adeguatamente. D'altra parte, la direzione centrale del TSN, distaccata presso il ministero della Guerra, desiderava che alla manifestazione partecipassero in larga misura società e tiratori bene addestrati, anche per dimostrare agli ospiti stranieri che in Italia l'esercizio del tiro veniva praticato seriamente. La prima gara generale si svolse a Roma dal 5 al 17 maggio 1890. Comprese dodici specialità di tiro e riscosse un chiaro successo sia per il rilevante numero di concorrenti sia per la grandiosa organizzazione. Il poligono della Farnesina ospitò 100 bersagli a 300 m, 12 a 200 m e 4 a 50 m. Rispetto alle precedenti gare la manifestazione romana assunse un tono assai diverso: più prossimo all'esercitazione di tiro militare che non al confronto sportivo tra civili. Si sparò con fucili e moschetti d'ordinanza Vetterli, 'modello 1870' e '1870-1887', o con carabine a ripetizione 'modello 1882'. Gli ufficiali in congedo non furono ammessi alle gare se non in uniforme. Alcune prove, per poter essere apparentate a un evento bellico, vennero disputate di notte con l'ausilio della luce elettrica.
Nella seconda metà dell'Ottocento il sensibile progresso delle armi e delle cartucce (per esempio, il caricamento di culatta per mezzo di cartuccia a bossolo con innesco a spillo, ideato da Casimir Lefaucheux, o l'invenzione della cartuccia a percussione nel 1865 da parte di Charles Lancaster) consentì di aumentare gittata e precisione nel tiro, destando un più alto interesse nei comandi militari e negli appassionati. Nacque la convinzione che un esperto tiratore avrebbe potuto ottenere un tiro ugualmente efficace con un numero minore di cartucce. L'addestramento venne valorizzato ai suoi limiti massimi e il ruolo delle società di TSN acquisì maggiore importanza.
L'Unione italiana di tiro a segno. - L'onorevole Luigi Pelloux, che tra il 1888 e il 1895 cumulò (con qualche parentesi di ministro della Guerra) la presidenza della direzione centrale del Tiro a segno e della Federazione ginnastica, fu il personaggio che catalizzò il processo di militarizzazione. Egli si ripropose di "curare l'educazione della gioventù sia colla ginnastica sia col tiro a segno". Ordine, disciplina, obbedienza: queste le virtù che la pratica del tiro doveva suscitare; non passatempo dilettevole, bensì mezzo propedeutico alla vita militare. Dal rifiuto, dunque, dell'idea del tiro a segno come sport derivava l'indirizzo legislativo che, con regio decreto 21 febbraio 1892, trasferì dal ministero dell'Interno a quello della Guerra gli aspetti amministrativi. Una successiva circolare ministeriale fissò le norme d'utilizzo, per cinque giorni alla settimana, dei poligoni di proprietà delle società di tiro da parte delle truppe regolari, mentre il decreto 2 settembre 1892 istituì una Commissione centrale del Tiro a segno nazionale. Un gruppo di parlamentari fu incaricato di aggiornare e meglio delineare, con una legge articolata, gli imprescindibili doveri del TSN nella formazione del soldato.
Sempre nel 1892 prese vita un'iniziativa di Arturo Magagnini, redattore della rivista Il Tiratore italiano, per la fondazione di una federazione delle società di tiro. Esse ammontavano ormai a più di 600, suddivise tra Piemonte (87), Lombardia (82), Marche (64), Lazio (61), Toscana (51), Sicilia (49), Veneto (48), Emilia Romagna (35), Abruzzo (34), Liguria (31), Campania (28), Umbria (23), Puglia (19), Sardegna (11), Friuli (10), Calabria (7), Molise e Basilicata (5). Il senatore Luigi Roux sostenne l'iniziativa di Magagnini, e la sera del 26 maggio 1894, nella sede del Municipio di Milano, venne fondata l'Unione dei tiratori italiani (UTI). L'Unione si ammantò da subito di un agnosticismo politico teso a convogliare ogni energia a difesa della patria; un programma che emulava l'atteggiamento di neutralità delle consorelle ginnastiche, riconoscendosi nei valori monarchici, liberali e nazionalisti.
Negli ultimi anni dell'Ottocento e nei primi del Novecento l'Unione si giovò di una favorevole congiuntura politica: dopo il rovescio subito nella guerra coloniale in Africa (battaglia di Adua del 1896) ci si accorse, infatti, che le spese militari erano salite a un terzo del bilancio statale. Dall'impopolarità di ulteriori investimenti per la difesa scaturì un forte rilancio del tiro a segno, valutato di utilità militare, per il suo carattere di infrastruttura civile, e valido fattore di risparmio sui costi di armamento e addestramento bellico. Il ministero della Guerra accentuò l'inclinazione a completare il tiro con esercitazioni ginniche, e furono varate agevolazioni sulla ferma per i giovani di leva iscritti alle società private di tiro. Si approntò un programma per la partecipazione diretta dello Stato alle spese di gestione degli impianti che comprese la distribuzione gratuita di munizioni. Alla presidenza dell'Unione si avvicendarono personaggi di primo piano della politica, come lo stesso Roux, il generale Menotti Garibaldi, Giuseppe Zanardelli e Luigi Lucchini. Salirono gli indici numerici dei tiratori e delle società aderenti e, contemporaneamente, l'UTI svolse un'ampia attività di competizioni internazionali. Partecipò nel 1897 all'edizione inaugurale dei Campionati del Mondo di carabina di grosso calibro; nel 1898 e nel 1902 organizzò i medesimi a Torino e a Roma, al poligono Umberto I, questi ultimi in coincidenza con la quarta gara generale.
Nell'età giolittiana, che registrò un'impennata nella corsa al riarmo, il traguardo da raggiungere rimase l'istruzione premilitare e postmilitare. Per rispondere a tale scopo, fin dal 1896 era stata ristabilita la Commissione centrale del TSN, chiamata a dare il suo parere sulle proposte tendenti a riformare le disposizioni in vigore. Nell'istruzione del tiro a segno si identificò un mezzo efficace per diminuire la ferma militare e quindi le spese del ministero della Guerra. Ma, così com'era organizzato, il tiro a segno non era adatto alla preparazione militare: il tiro ordinario che si faceva nei poligoni non corrispondeva, nella realtà delle cose, al tiro di guerra, dove il bersaglio era mobile e si sparava a distanze ignote. Per di più i richiamati dopo poche lezioni di tiro ottenevano la dispensa ed evitavano di prendere parte alle manovre di campagna, più proficue per l'aggiornamento della forma fisica e la preparazione tecnica e tattica. Inoltre, il susseguirsi di gare nazionali e internazionali stava creando tiratori di mestiere che partecipavano alle gare nella speranza di conquistare le medaglie d'oro pieno messe in palio. Allo scopo di moralizzare il tiro a segno, nel 1909 fu compilato da Paolo Spingardi, presidente della Commissione centrale del TSN, un progetto di legge che sanciva il principio dell'obbligatorietà degli esercizi militari per tutti i cittadini che avessero compiuto sedici anni, prescriveva l'istituzione di una società di tiro in ogni capoluogo di mandamento e stabiliva la necessità di mantenere intatte le abilità belliche tra i congedati. Tale disegno di legge, con alcuni tagli imposti dal Consiglio superiore dell'esercito (che intendeva mantenere alle caserme la tutela gerarchica e amministrativa sull'istruzione alle armi), fu ripetutamente respinto dal parlamento, restio a ogni rilascio di brevetti ginnastici militari da parte di società e federazioni sportive nazionali.
La legge di ristrutturazione del tiro a segno, esposta alle Camere l'11 febbraio 1911, iniziò il suo faticoso iter in parallelo con alcune significative trasformazioni che interessarono l'UTI. L'11 novembre 1910 era stato sancito l'assorbimento delle società di TSN in seno all'Unione italiana di tiro a segno (UITS), nuova denominazione dell'UTI. Il primo impegno cui venne chiamato il nuovo organismo, presieduto dal generale Giuseppe Fadda, fu l'organizzazione della sesta gara generale per commemorare il cinquantenario dell'Unità d'Italia. Essa si tenne nel giugno 1911 a Roma, città che giusto l'anno prima, nel suo moderno poligono, aveva ospitato la quinta edizione dei campionati italiani assoluti. Il programma prevedeva 18 specialità di tiro, oltre al campionato del mondo. L'affluenza dei tiratori raggiunse le 12.000 unità. Nel tiro collettivo a squadre le società partecipanti furono 447, delle quali 314 premiate. Al campionato individuale concorsero 1500 tiratori e ne vennero premiati 966. La bandiera fu vinta, come era accaduto in passato, dalla Società di Brescia. Nell'ottobre 1911 il generale Fadda lasciò la presidenza e, nel febbraio del 1912, venne nominato al suo posto il principe Pietro Lanza di Scalea. Nel marzo 1915 fu approvato un nuovo statuto; poi, con l'entrata in guerra, l'UITS sospese le gare e invitò le società aderenti a fare altrettanto e a dedicarsi all'addestramento dei cittadini.
L'attività tra le due guerre. - Nel 1919 Lanza di Scalea diramò una circolare alle società per invitarle a riprendere l'attività, ma molti dirigenti e tiratori mancavano, caduti sui vari fronti. Si operò comunque un pronto recupero delle forze disponibili, onde rendere possibile la partecipazione dei tiratori italiani alle Olimpiadi di Anversa e successivamente organizzare i campionati del mondo previsti nel 1922 a Milano. Prima della rassegna iridata furono apportate alcune modifiche allo statuto, per cui l'Unione entrò a far parte del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI).
Con il fascismo, nel giro di pochi anni la riforma sportiva rivoluzionò gli statuti dei vari enti e associazioni, e l'assegnazione delle cariche fu decisa imperiosamente dagli alti vertici. Il presidente del CONI, ente ristrutturato e potenziato, era nominato dal governo su proposta del segretario generale del Partito nazionale fascista (PNF), che a sua volta, su consiglio del presidente del CONI, provvedeva alla nomina dei presidenti delle federazioni. Nel 1927 le società affiliate scesero a 47, perché la passione suscitata da altri sport aveva allontanato nel dopoguerra i giovani dai poligoni. Quell'anno Lanza di Scalea lasciò la presidenza al generale della Milizia volontaria sicurezza nazionale Ferdinando Negrini, il quale, per organizzare i campionati del mondo (previsti a Roma) senza l'incomodo di doversi allontanare dalla sua città, spostò la sede dell'UITS a Milano. Nel febbraio 1928 l'Unione tornò nella capitale, a seguito di disposizioni che stabilirono l'accoglimento di tutte le federazioni sportive nel bacino collettore del Foro Mussolini (odierno Foro Italico). L'anno successivo il segretario del PNF e commissario straordinario del CONI, Augusto Turati, assunse temporaneamente la presidenza di alcune federazioni, tra le quali l'UITS, che si trovava in un evidente stato di crisi. Nel 1930, con la legge 17 aprile, n. 479, l'ordinamento del tiro a segno venne sensibilmente modificato e le società furono trasformate in sezioni. Il TSN fu strettamente legato al ministero della Guerra, che si doveva avvalere dell'opera dei comandi di divisione, degli ispettori di mobilitazione, dei comandi della Milizia, dei podestà, dell'UITS e dei consigli direttivi delle sezioni.
La legge del 1930 fu la prima di tre leggi (regio decreto 16 dicembre 1935, n. 2430, e regio decreto 4 giugno 1936, n. 1143) pensate per dare all'istituzione del tiro a segno una fisionomia aderente alle finalità del governo fascista. In pratica, le gerarchie intesero mantenere la doppia valenza militare e sportiva del tiro a segno, distinguendo meglio le due funzioni. A Mussolini premeva la formazione di una nazione di cittadini-soldati; parimenti voleva avere a disposizione un paese che nelle competizioni sportive internazionali si ponesse al livello delle grandi potenze, e il tiro a segno era, fra tutte le discipline sportive, quella che per ascendenza e intime caratteristiche più atteneva all'orbita militare. Pertanto, esso venne posto sotto la sorveglianza del nuovo organo militare creato dal fascismo: la Milizia. Alla presidenza di ogni sezione fu chiamato un ufficiale della Milizia, mentre a dirigerla materialmente era un delegato UITS. I poligoni passarono dalla proprietà dell'Unione a quella del demanio, rimanendo in comodato gratuito alle sezioni. L'Unione mantenne la propria personalità giuridica e l'autonomia amministrativa, continuando a svolgere compiti di preparazione premilitare e postmilitare. Fu introdotto l'obbligo di un corso di tiro per coloro che domandavano il permesso di porto d'armi, per la caccia o per la difesa personale, e anche per coloro che prestavano servizio armato presso enti pubblici o privati. Per gli aspetti amministrativi e disciplinari riguardanti tali questioni, le sezioni rimasero sotto il controllo del ministero della Guerra. Per quanto riguardava la modalità sportiva, che includeva un gran numero di amatori senza finalità agonistiche e la ristretta schiera degli agonisti, l'UITS fece capo al CONI.
Negli anni Trenta, sotto la presidenza dell'onorevole Giunio Salvi e poi del generale della Milizia Alessandro Tarabini, l'UITS svolse un lavoro di potenziamento delle sezioni e di avviamento e manutenzione dei poligoni, sostenuta sempre dall'apparato militare di cui seguiva le direttive. Secondo dati ufficiali, inclusi nell'Annuario italiano dello sport 1936, alla fine del 1935 si contavano 850 sezioni affiliate e 5689 tiratori. Le regioni con il maggior numero di tesserati erano la Lombardia, l'Emilia, il Lazio, il Veneto e la Venezia Giulia. Annualmente l'Unione organizzava circa 200 gare comunali e una quarantina di gare provinciali. Completavano il calendario le gare nazionali e internazionali, con l'appuntamento più importante costituito dalle Olimpiadi.
Nel 1935 si svolse a Roma l'ottava gara generale, che incluse i campionati italiani assoluti e quelli mondiali; nonché, per volontà di Achille Starace, un campionato nazionale tra i gerarchi del PNF. Si formulò un sistema secondo cui i tiratori vennero classificati in base ai punteggi ottenuti nella gara generale per ciascuna arma e specie di tiro. Gli altri ebbero la graduatoria scaturita dalla loro partecipazione alle gare comunali e provinciali effettuate dal 1928. Dal 1927 partì, invece, l'omologazione dei record nazionali. Fino a quel momento gli organizzatori delle gare avevano adottato bersagli e distanze meglio rispondenti alle singole manifestazioni, togliendo così la possibilità del confronto in identiche condizioni. Nelle varie specialità in voga, distinte per arma impiegata e distanza del bersaglio ‒ fucile 'modello 1891' con cartuccia da guerra a 300 m e con cartuccia frangibile a 200 m, pistola libera a 50 m, carabina .22 (cioè di calibro 0,22 pollici) a 50 m, arma libera a 300 m ‒, si mise in luce il romano Amedeo Bruni. Nella pistola automatica il ravennate Renzo Morigi e il mestrino Walter Boninsegni si aggiudicarono un titolo olimpico nel 1932 e uno mondiale nel 1935.
Nella fabbricazione dei fucili e soprattutto delle pistole, grazie a un artigianato diffuso e alla ditta Beretta, l'Italia rimase al vertice dell'industria continentale. In seguito, l'impegno nelle guerre d'Africa e di Spagna influenzò negativamente i risultati nelle competizioni internazionali. Scoppiato il secondo conflitto mondiale, l'Unione e le sezioni TSN continuarono l'attività sportiva e di addestramento. Nel 1942, in accordo con la legge n. 426 del 16 febbraio, istitutiva del CONI e che pose l'ente alle dirette dipendenze del PNF, l'UITS fu trasformata in Federazione italiana di tiro a segno, ferme restando le sue attribuzioni. Nel 1943 e 1944 la guerra fu combattuta su tutto il territorio italiano, arrecando gravi danni ai circa 700 poligoni. La legge con la quale, dopo la caduta di Mussolini, fu sciolta la Milizia liquidò pure gli organi direttivi del TSN. Ne conseguì la dissoluzione della neonata Federazione e della quasi totalità delle sezioni.
L'UITS dal dopoguerra a oggi. - La guerra e il suo disastroso esito sconvolsero, in misura maggiore rispetto ad altre discipline sportive, l'organizzazione del tiro a segno. L'8 luglio 1944 il governo provvisorio emanò un decreto in base al quale la Federazione riprese la vecchia denominazione di Unione italiana di tiro a segno. L'ente e le sezioni TSN furono messi alle dipendenze dell'allora ministero della Guerra, che affidò a un commissario straordinario, il generale Carlo Porzio, l'ufficio di dirigerle previa nomina di commissari in ciascuna sezione che desse segni di attività. Si cercò di sollecitare una legge che riordinasse in maniera definitiva il tiro a segno. Si ottenne un decreto del ministero della Difesa del 30 aprile 1947, con il quale fu istituito un consiglio provvisorio dell'Unione e delle sezioni, nelle more della riforma della legge istitutiva del TSN. In tal modo, per la prima volta, i due enti TSN e UITS furono posti al vaglio di un unico organo direttivo giuridicamente dipendente dal ministero della Difesa. Sotto la guida del segretario Attilio Battistoni e dei due presidenti incaricati dal ministero (il colonnello Sebastiano Italia, prima, il generale Giovanni Gatta, poi), negli anni Quaranta e Cinquanta l'Unione si prodigò per la ricostruzione delle sezioni e la riattivazione dei poligoni che non avevano subito danni irreparabili. Stante l'alto costo delle munizioni da guerra, adottò una carabina standard calibro 5,6 mm di fabbricazione italiana che ebbe grande diffusione e servì, insieme a una pistola di pari calibro, alle normali esercitazioni di tiro e per le competizioni circoscritte al campo nazionale. La ripresa fu molto lenta, in quanto affidata alla volontà e ai sacrifici finanziari personali degli appassionati; tuttavia, già dal 1947 una rappresentativa azzurra prese parte alla rassegna iridata. L'esperienza della guerra aveva indirizzato le autorità militari verso l'uso delle armi automatiche, perché i generali si erano convinti che l'addestramento individuale al tiro con le armi tradizionali non era più adeguato. Abolita di fatto l'istruzione premilitare e postmilitare, ne era derivato il completo abbandono dei poligoni e il disinteresse più assoluto verso il tiro a segno; la tecnologia militare, che privilegiava la potenza di fuoco rispetto alla precisione di tiro, aveva finito per rendere desueta la gloriosa istituzione garibaldina.
Preso atto degli orientamenti dati dalle autorità militari all'addestramento del soldato, l'UITS indirizzò le sue sezioni verso l'impiego di armi sportive. Si curò di mantenere alcuni compiti d'istituto, cioè svolgere le lezioni di tiro per le guardie armate e rilasciare i certificati d'idoneità al maneggio delle armi. Un decreto legge del 6 maggio 1957 stabilì che il suo consiglio fosse composto da rappresentanti dei ministeri della Difesa e dell'Interno, del CONI e delle sezioni TSN.
Nel 1959 e nel 1960 l'Unione dovette procedere all'organizzazione di due eventi importanti: i campionati europei a Milano e la rassegna olimpica a Roma. La capitale era rimasta senza poligono (dichiarato inagibile per la presunta fuoriuscita di una pallottola che aveva causato un incidente mortale) e solo all'ultimo momento un finanziamento del CONI permise la riattivazione dell'impianto. La riuscita delle manifestazioni fu perfetta, tanto che all'Italia pervennero attestati di stima da parte delle autorità sportive straniere.
Nel 1966 l'UITS, in considerazione della propria duplice veste giuridica di organo unico sovrintendente al TSN e di federazione sportiva, elaborò una normativa per adeguarsi alle disposizioni emanate dal CONI per tutte le federazioni. A quella data sul territorio erano attive 170 sezioni, mentre altre 120 avevano pura vita amministrativa; i principali poligoni erano ubicati a Roma, Milano, Torino, Verona, Venezia, Brescia, Bologna e Firenze. In passato gli organi centrali e periferici del genio militare avevano provveduto alla custodia, alla manutenzione e all'ammodernamento dei campi di tiro, mentre ora si limitavano a qualche lavoro per la stabilità dei fabbricati e degli impianti. Su circa 200.000 iscritti al TSN, di cui 10.000 tesserati all'UITS, gli sportivi praticanti a livello agonistico potevano assommarsi a non più di 8000, mentre tutti i rimanenti iscritti erano 'obbligati' (guardie municipali, giurate e campestri). All'attività dei tiratori civili si aggiungeva quella dei tiratori sportivi militari, che nel 1965 misero in gara 415 squadre per un totale di poco meno di 2000 unità.
Il 24 luglio 1973 il ministero della Difesa con un decreto pose finalmente termine al consiglio provvisorio di amministrazione dell'Unione, dando veste ufficiale al consiglio direttivo dell'UITS e ai direttivi delle sezioni TSN. La legge antiterrorismo del 17 aprile 1975 (concernente misure più restrittive sulla detenzione, il trasporto e l'uso delle armi, delle munizioni e degli esplosivi) creò numerose difficoltà per lo svolgimento delle normali esercitazioni di tiro e per l'agonismo. Negli anni Settanta l'UITS, diretta dal colonnello Michelangelo Borriello, cercò di scindere la questione dei poligoni da quella del riordinamento generale del tiro a segno, promuovendo una legge (non approvata) che prevedeva il ridimensionamento dei poligoni e la riattivazione degli impianti di tiro abbandonati e degli edifici sociali.
Nel 1979 l'UITS si dotò di un nuovo statuto in base al quale l'Unione fu classificata ente pubblico sorvegliato dal ministero della Difesa, nonché organo del CONI affiliato all'Unione internazionale di tiro. L'attività nei poligoni, esercitata normalmente dalle sezioni del TSN, fu posta sotto la vigilanza degli organi del ministero dell'Interno d'intesa con l'UITS. Definite posizione giuridica e finalità, rimaneva da risolvere il problema della determinazione della tassa d'iscrizione alle sezioni di tiro a segno (dal 1882 la misura della tassa era sempre stata stabilita per legge). Con il decreto 28 maggio 1981, n. 286, l'argomento venne definitivamente chiuso, distinguendo i soggetti obbligati a iscriversi al tiro da quelli che si iscrivevano per praticare solo lo sport. L'importo di quest'ultima quota fu assegnato all'UITS, in quanto federazione sportiva aderente al CONI.
Con l'elezione di Antonio Orati nel 1989 iniziò una fase in cui il settore sportivo all'interno dell'Unione ricevette un impulso mai avuto prima, culminata con l'oro olimpico di Atlanta 1996. Fu redatto un nuovo statuto per chiarire meglio funzioni e posizione dell'UITS, approvato con decreto del ministro della Difesa 14 aprile 1998, poi modificato per effetto del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, sul riordino del CONI. Ma oggi ci si accorge che pure questo documento necessita di ulteriori cambiamenti a causa delle evoluzioni sopravvenute nel CONI. Il compito dell'Unione e del suo presidente, che dal 2004 è Ernfried Obrist, sarà quindi quello di elaborare un documento tale da rendere operativa la duplice natura istituzionale e sportiva dell'UITS.
La concezione moderna dello sport del tiro prese forma nel corso del 19° secolo. Associazioni, federazioni, confederazioni, unioni sorsero in Europa e in America, usando termini diversi per descrivere l'alleanza di tiratori in club e in organizzazioni locali, regionali o nazionali. Nel 1897, in seguito all'inclusione del tiro a segno nel programma della prima Olimpiade moderna e in occasione dei campionati mondiali di Lione, venne creata una commissione internazionale con il compito di tenere i collegamenti tra le associazioni dei vari paesi. Il 10 giugno 1906, a Milano, dove era in corso la decima edizione dei Campionati del Mondo, i rappresentanti di sei nazioni accolsero la proposta del presidente della Federazione francese, Daniel Mérillon, di dare vita a un'unione internazionale. Alla successiva rassegna iridata di Zurigo, il 7 luglio 1907, l'Union internationale des fédérations et associations nationales de tir ebbe il varo ufficiale. Vi parteciparono i rappresentanti di Argentina, Austria, Belgio, Francia, Grecia, Italia, Paesi Bassi e Svizzera. Eletto Mérillon presidente, l'ente prese sede a Parigi, in accordo con lo statuto che prevedeva la residenza presso la Federazione del presidente in carica. L'Unione si prefissò lo scopo di assicurare la partecipazione delle nazioni aderenti alle grandi feste e manifestazioni, dirigendo gli incontri internazionali e aiutando i tiratori a stringere fra loro relazioni di cameratismo. Il sistema delle comunicazioni venne garantito dalla pubblicazione di un bollettino ufficiale. Si concordarono regole per specificare tipo di armi, bersagli, abbigliamento, distanze di fuoco e per definire standard di condotta e organizzazione delle competizioni. L'incontro inaugurale approvò la scelta del francese come lingua comune per le procedure, e fu deciso che gli statuti e i documenti ufficiali fossero pubblicati anche in tedesco.
Le assemblee ordinarie si svolsero con puntualità a ogni campionato iridato, almeno fino al 1914; con l'inizio della prima guerra mondiale l'Unione fu sciolta, risorgendo con il nome di Union internationale de tir (UIT) il 16 aprile 1921, allorché si riunirono a congresso a Parigi i delegati di Belgio, Cecoslovacchia, Francia, Giappone, Gran Bretagna, Grecia, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Principato di Monaco e Svizzera. A Mérillon nel 1927 succedette il connazionale Jean Carnot.
Negli anni Trenta, oltre a sovrintendere all'organizzazione degli eventi internazionali, la UIT spinse le federazioni aderenti a intensificare gli incontri bilaterali e plurilaterali fra di loro, mentre una commissione tecnica lavorò per il perfezionamento dei regolamenti e dei programmi dei campionati. Ancora una volta la guerra mondiale costrinse la UIT allo scioglimento, proprio nel momento di maggior splendore per l'adesione di nuove associazioni.
Fu ricostituita a Stoccolma il 1° agosto 1947, quando fu eletto presidente lo svedese Erik Carlsson, con il nome di International Shooting Union. Nei documenti ufficiali si continuò però a usare la sigla UIT anziché ISU per non creare confusione con la International Skating Union.
La UIT e la ISSF. - Negli ultimi cinquant'anni la UIT ha subito importanti mutamenti. Nel 1961 il vecchio bollettino venne sostituito da una rivista più ricca di informazioni, la International Shooting Sport. Furono create confederazioni continentali e regionali, costituite commissioni per lo studio dei problemi tecnici e regolamentari, varate competizioni come la World Cup, e numerose nuove discipline di tiro furono ammesse ai campionati. Già alla fine degli anni Settanta, dall'unica arma con quattro specialità impiegata al mondiale del 1897 si era arrivati a 12 modelli di armi con 25 specialità, comprese 5 per le donne. Le nazioni aderenti all'Unione sfioravano le cento unità. A un certo punto parve necessario identificare l'organizzazione che governava lo sport del tiro rispetto alle altre organizzazioni che si occupavano del tiro militare, della caccia o degli altri usi legali riguardanti i fucili e le pistole. Il cambio del nome in International Shooting Sport Federation (ISSF) fu approvato in un'assemblea generale tenuta a Barcellona il 15 luglio 1998.
Attualmente, la International Shooting Union, operante sempre all'interno della ISSF, è riconosciuta dal CIO come unico organo supervisore per le competizioni amatoriali. Vi appartengono 157 federazioni da 137 paesi affiliati, e per realizzare i suoi compiti si compone dei seguenti organi: assemblea generale, che si riunisce ogni due anni, consiglio di amministrazione, comitato esecutivo e comitati delle varie discipline di tiro.
Il tiro a segno è uno sport seguito dal grande pubblico solo in rare occasioni, e segnatamente nelle due settimane olimpiche; per questo motivo, oltre che per lo scarso ritorno economico che offre, il fenomeno del professionismo stenta a decollare. La disciplina vive soprattutto delle gratificazioni personali di chi la ama. È un esercizio che affina la calma, l'osservazione, lo spirito di emulazione, la rapidità di decisione, la prontezza dei riflessi, il dominio dei nervi. Insegna a sincronizzare le energie per tenderle a un unico scopo, senza mai perdere la concentrazione. La pratica costante stimola alla prudenza nel maneggio delle armi e al controllo su tutto ciò che può essere nocivo al fisico e al sistema nervoso. La presenza di un maestro è basilare, non solo in quanto aiuta il principiante ad apprendere nel migliore dei modi l'arte sportiva, ma anche perché agisce come valore pedagogico generale. Il tiro svolge una funzione positiva sia sull'organismo sia sulla formazione del carattere. L'obiezione che non educhi sufficientemente il fisico, in quanto lo sforzo dinamico al quale il tiratore è sottoposto sarebbe così insignificante da non esercitare un irrobustimento dei muscoli, è falsa perché al contrario il tiro, a livello agonistico, implica una preparazione seria e rigorosa. L'allenamento richiede di maneggiare per più ore consecutive un'arma pesante vari chilogrammi e insieme di assumere diverse posizioni obbligate del corpo. Per l'atleta è essenziale mantenere il controllo cardiorespiratorio e posturale. Pertanto sono privilegiate attività di endurance associate a ginnastica di tipo posturale, propriocettiva e stretching (spalle, arti superiori, ginocchia e caviglie) per migliorare la coordinazione motoria, la resistenza alla fatica e la potenza muscolare. Dal punto di vista traumatologico, rispetto agli altri sport l'infortunistica è la più bassa in assoluto (0,02%). Si rileva, piuttosto, una traumatologia legata al sovrapporsi di patologia degenerativa e patologia da sovraccarico, che concerne le spalle (lesioni della cuffia dei rotatori), i gomiti (epicondiliti ed epitrocleiti), la mano (tendinopatie) e la colonna vertebrale (cervicalgie, cervicobrachialgie, lombalgie e lombosciatalgie).
Forti sono le caratteristiche 'ereditate' in chi pratica questo sport. L'influenza dei familiari, in specie della figura paterna, fa sì che il talento venga generalmente ritenuto una predisposizione originaria, il più delle volte sollecitata culturalmente. La passione si esprime in un'adesione emozionale intensa nei confronti di ogni aspetto della specialità preferita. La grinta comporta un atteggiamento improntato a persistente mobilitazione delle attitudini nelle fasi decisive del confronto sportivo. La classe si riconosce dalla spontanea idoneità a evidenziare la padronanza tanto nell'impostazione tecnica e gestuale quanto nell'attivazione efficiente e fluida del linguaggio motorio impiegato durante l'azione di tiro. Il carattere richiede l'accentuazione delle cariche agonistiche capaci di stimolare la rimonta in caso di svantaggio e di sostenere, dopo eventuali insuccessi, la motivazione a insistere nella pratica senza improvvisi e talora irreparabili abbandoni, imputabili non di rado a scarsa tolleranza della pressione durante la competizione.
Oggi i tiratori sono diventati personaggi sofisticati, sempre alla ricerca di nuovi sistemi che li possano condurre al '10'. Nel 1945 Giorgio Rastelli, nel manuale Il tiro a segno, accennava alla preparazione psicofisica con riferimento al training autogeno: l'influenza morale e l'autostima che egli definiva basilari per il successo. Nel Duemila si parla di psicologia applicata al tiro a segno, o mental training, ma le osservazioni sulle influenze interne ed esterne, sulla necessità di mantenere la concentrazione, la dominazione dei nervi e l'immobilità sono le medesime.
Si chiamano poligoni i luoghi chiusi preposti all'esercizio del tiro con armi a fuoco o a gas compressi (aria, anidride carbonica), nei quali la sicurezza rispetto al tiro è data da particolari opere artificiali opportunamente predisposte (pensilina, muri di cinta, diaframmi, fermapalle ecc.) che impediscono al proiettile di uscire dal perimetro del poligono o di dirigersi verso il cielo.
Si chiamano campi di tiro i luoghi per il tiro all'aperto, nei quali la sicurezza è determinata da semplici ripari naturali che non garantiscono l'intercettazione di tutte le traiettorie.
La forma dei poligoni e dei campi di tiro è rettangolare, la distanza tra i tiratori e i bersagli è in funzione del tipo di arma. In ambito sportivo le distanze sono: 10 m per il tiro con pistole e carabine ad aria compressa o gas precompresso; 25 m per le pistole; 50 m per le carabine di piccolo calibro e per la pistola libera; 300 m per i fucili e le carabine di grosso calibro.
L'orientamento delle linee di tiro è il parametro qualificante. Il migliore orientamento (nel nostro emisfero) è quello da sud a nord, poiché in tutte le stagioni i bersagli, posti a nord, vengono illuminati uniformemente per quasi tutto il giorno; inoltre il tiratore ha il vantaggio di avere il sole sempre alle spalle. Con l'orientamento a est i bersagli sono all'ombra al mattino e a mano a mano si illuminano per raggiungere il massimo nel pomeriggio; il contrario avviene con l'orientamento a ovest. Tale situazione è da evitare in quanto la presenza di uno stacco luce-ombra che attraversa il bersaglio non consente di effettuare il tiro con precisione, caratteristica questa che è la base del tiro sportivo.
L'evoluzione degli impianti dal campo di tiro agli attuali poligoni è motivata dall'esigenza di svolgere l'esercizio del tiro in assoluta sicurezza, sia per il tiratore sia per coloro che sono in prossimità dell'impianto. Gran parte dei campi di tiro furono costruiti sul finire dell'Ottocento o nei primi del Novecento, in località distanti dai centri abitati. La conformazione del terreno garantiva un'adeguata sicurezza passiva che, integrata dallo 'sgombro poligono' (l'interdizione a persone, animali e cose dell'area di terreno circostante), consentiva di ottenere la sicurezza assoluta, anche se al prezzo di un notevole impegno di sentinelle e di un danno economico alle attività produttive rientranti nell'area dello sgombro. L'ampiezza di tale area era stabilita in funzione del calibro e della gittata dell'arma impiegata nell'esercitazione (per le pistole circa 1000 m, per i fucili di grosso calibro 3500 m). La predisposizione di idonee opere fisse atte a contenere i proiettili entro il perimetro del campo di tiro e la volontà di rendere confrontabili i risultati sportivi hanno fatto sì che in questi primordiali impianti fossero realizzati i poligoni attuali, nei quali si raggiunge l'assoluta sicurezza senza dover ricorrere allo sgombro poligono. Oltre che dalle opere murarie, la sicurezza viene garantita anche dai direttori di tiro e dagli istruttori che, in possesso di apposita licenza, sorvegliano le attività di tiro nel rispetto delle norme regolamentari, variabili a seconda del tipo di poligono e della categoria dell'arma impiegata.
Gestione e caratteristiche generali. - In Italia l'esercizio dei poligoni e dei campi di tiro è affidato alle sezioni del Tiro a segno nazionale, sottoposte all'Unione italiana di tiro a segno. Ogni sezione che ha in consegna un poligono organizza le lezioni, gli allenamenti e le gare, oltre all'attività istituzionale, vale a dire i corsi di tiro per conseguire il certificato di idoneità al maneggio delle armi (non il vero porto d'armi), l'esame annuale per il personale armato di municipi, corpi di vigilanza privati ecc.
Si distinguono due categorie di poligoni: a cielo chiuso (o in galleria) e a cielo aperto. Nei primi la sicurezza è garantita dalla totale chiusura dell'impianto di tiro, nei secondi dalla chiusura perimetrale e da opere di intercettazione delle traiettorie dirette e di rimbalzo, quali diaframmi o pensiline, che impediscono ai proiettili di oltrepassare il piano identificato dal bordo superiore dei muri perimetrali. Negli impianti a cielo chiuso l'illuminazione è artificiale e il ricambio dell'aria forzato, mentre in quelli a cielo aperto l'una e l'altro sono naturali.
I poligoni sono composti da una zona servizi e da una zona operativa. La zona operativa comprende l'area tiratori o stazione di tiro ‒ che si suddivide in un'area per gli ufficiali di gara e la giuria (controllo del tiro) e in un box o postazione di tiro, destinato all'esecuzione del tiro ‒ e un'area o stazione dei bersagli. Qui si trovano i portabersagli, contrassegnati da un numero corrispondente alla linea di tiro e immediatamente identificabili dal tiratore. I numeri hanno colori alternati e contrastanti e i bersagli sono fissati in maniera tale da non muoversi. Ogni stand è dotato di un orologio, visibile dai tiratori e dagli ufficiali di gara. Tra la stazione di tiro e la stazione dei bersagli c'è un'area intermedia. Completa l'impianto l'area del parapalle. Gli stands hanno una sola fila di bersagli ciascuno e sono allineati sulla linea del fuoco, parallela alla linea dei bersagli e dietro la quale sono collocate le piazzole.
La stazione di tiro è differentemente attrezzata a seconda che il poligono sia utilizzato per le armi lunghe o per quelle corte. Nel primo caso si ha un pancone di legno, sollevato di 1,2 m dalla pedana, che permette di tirare nella posizione sdraiata e, previo spostamento di una porzione del pianale superiore, nella posizione in ginocchio, con l'arma quasi alla stessa distanza da terra; rimuovendo il ripiano intermedio si può effettuare il tiro in piedi direttamente dalla pedana. Ancora oggi sono presenti, in alcuni impianti, i banchi dei marcatori, ufficiali di gara che, uno per ogni linea, segnano i punti rilevati dai segnalatori, cioè dal personale addetto al punteggio e all'otturazione dei fori sui bersagli. Negli impianti per arma corta ogni singola pedana è identificata da semplici linee tracciate a terra. Normalmente la linea del fuoco è costituita da un banco di 30 o 40 cm di larghezza, su cui si poggiano l'arma e le attrezzature occorrenti al tiro.
Il poligono è completato da un insieme di ambienti di supporto (armeria, uffici dei giudici, locali di ritrovo) che variano da luogo a luogo e che possono essere adiacenti al poligono o ubicati all'interno dell'edificio sociale.
Bandierine segnavento per stands a 300 m e a 50 m. - I movimenti dell'aria sono segnalati da bandierine rettangolari di tessuto leggero. Le bandierine sono sistemate il più vicino possibile alla traiettoria delle pallottole, senza interferire con essa o con il campo visivo del tiratore. Negli stands di carabine e pistole a 50 m sono inserite, tra le corsie di ciascuna linea di tiro, due bandierine a 10 e a 30 m dalla linea del fuoco; oppure, se in corrispondenza di diaframmi di sicurezza, dal lato dei tiratori. Negli stands per la carabina a 300 m le bandierine sono collocate ogni quattro linee di tiro, a circa 50 m, 100 m e 200 m dalla linea del fuoco.
Distanze di tiro. - Le gare si svolgono sulle distanze riconosciute dal CIO e dalla ISSF, cosicché gli impianti sportivi sono dimensionati per tali esigenze; le distanze, misurate dalla linea del fuoco al bersaglio, devono essere esatte, ma sono ammesse tolleranze variabili da 0,05 m a 1 m a seconda della distanza standard. La linea del fuoco va chiaramente segnata. Nessuna parte del corpo del tiratore può essere a contatto con il pavimento o con il terreno davanti alla linea del fuoco. I record vengono omologati soltanto se lo stand rispetta le misure regolamentari.
Altezza e variazioni del centro del bersaglio. - Non tutti i poligoni sono a piano. Norme regolamentari stabiliscono limiti e variazioni per il posizionamento dei bersagli a seconda del tipo di impianto; per esempio, nel caso della carabina a 300 m il centro del bersaglio si trova ad altezze comprese tra 1,4 e 3 m, misurate dal livello del pavimento della piazzola di tiro. Tutti i centri dei bersagli appartenenti alla stessa serie o stand sono situati alla medesima altezza. I centri a 300 m, 50 m e 10 m si pongono sul centro della rispettiva linea di tiro. Le deviazioni orizzontali dall'asse teso perpendicolarmente dal centro della piazzola possono essere di 6 m (carabina 300 m), 0,75 m (carabina e pistole 50 m) e 0,25 m (carabina e pistole 10 m). Per gli stands di bersaglio mobile a 50 m, 10 m e pistola a 25 m, il centro delle piazzole di tiro rispetta diverse posizioni. Le deviazioni orizzontali massime dall'asse teso perpendicolarmente dal centro del bersaglio o dell'apertura sono di 0,75 m (pistole a 25 m), 2 m (bersaglio mobile a 50 m) e 0,4 m (bersaglio mobile a 10 m).
Caratteristiche degli stands a 300 m, 50 m e 10 m. - La piazzola di tiro ha dimensioni variabili a seconda della distanza del bersaglio. È costruita in modo solido e stabile, perfettamente livellata in tutte le direzioni (per circa 1,2 m) nella zona retrostante la linea del fuoco. Se il tiro viene effettuato sui panconi, questi misurano 2,2 m di lunghezza e 0,8-1 m di larghezza, sono rimovibili e hanno superficie antisdrucciolo. La piazzola è fornita di una balaustra con mensola sovrastante. Cuscini rotondi e una stuoia, di materiale comprimibile e spessore regolamentato misurabile da uno speciale apparecchio, aiutano a tirare nelle posizioni a terra e in ginocchio; in alternativa, gli stands sono forniti di uno zerbino e di una stuoia. Completano l'arredamento una sedia per il tiratore e una per il marcatore, che ha a disposizione anche un bancone, un cannocchiale e una tabella per l'esposizione dei punteggi ufficiosi a beneficio degli spettatori. Gli stands a 10 m, quasi tutti al chiuso, sono provvisti di un'illuminazione artificiale tale da non creare riflessi e ombre che disturbino le linee di tiro o la visione dei bersagli. L'ambiente è uniformemente illuminato a non meno di 300 lux; l'illuminamento dei bersagli varia da 800 a 1000 lux. Lo sfondo dietro i bersagli deve essere di colore non riflettente, medio e neutro. Se si usano luci fluorescenti, allora si devono installare tubi multipli che funzionino in opposizione di fase tra loro. La misurazione dell'illuminamento del bersaglio e dell'ambiente è eseguita dai giudici di gara con un luxmetro prima dell'inizio della competizione.
Caratteristiche degli stands a 25 m. - Gli stands a 25 m sono forniti di tetti e di schermi di separazione per un adeguato riparo dalle intemperie, dal sole e dai bossoli eiettati. La piazzola di tiro, ampia 1,50 m e profonda altrettanto, è coperta a un'altezza minima di 2,2 m dal livello del terreno. Le linee di tiro sono separate da uno schermo trasparente, di dimensioni regolamentate, che ha lo scopo di proteggere i tiratori dai bossoli espulsi e consentire agli ufficiali di gara di vedere i tiratori. Gli stands sono equipaggiati con un meccanismo in grado di fare ruotare i bersagli di 90° sul loro asse verticale (nelle riprese di tiro di precisione si possono utilizzare portabersagli fissi). Il tempo di rotazione non supera gli 0,3″. Una volta ruotato, il bersaglio deve risultare esente da vibrazioni visibili che possano distrarre il tiratore. Visti dall'alto, i bersagli girano in senso orario per presentarsi di fronte; in senso antiorario in fase di chiusura. Durante le gare sono collocati in gruppi di 5 per le gare di pistola automatica e in gruppi di 3 o di 4 per le altre gare di pistola. Gli stands sono divisi in due settori corrispondenti a due gruppi di bersagli, posti ciascuno sotto la responsabilità di un vicedirettore e separati tra loro da muri protettivi. I bersagli di entrambi i settori ruotano simultaneamente con comando centralizzato. Qualora ciò non fosse realizzabile, ruotano in sincronia almeno i bersagli di un settore (impianto doppio). L'apparecchio per la rotazione automatica garantisce la rotazione dei bersagli dalla posizione iniziale di profilo (chiusura) a quella frontale (esposizione), la permanenza nella posizione di esposizione per il tempo stabilito e il ritorno nella posizione di chiusura. L'esattezza e la costanza dei tempi di rotazione e di esposizione sono controllate prima e durante la gara mediante cronometri. Nei casi di rotazione falsata, la giuria può rimandare l'inizio o la ripresa del tiro. I bersagli dello stesso gruppo per le gare di pistola automatica sono posti alla stessa altezza. La distanza tra i centri dei bersagli è di 75 cm. I bersagli nelle gare di pistola a 25 m hanno tempi di esposizione diversi a seconda della specialità. Per la pistola automatica sono di 8″, 6″ e 4″; per la standard di 150″, 20″ e 10″; per la pistola di grosso calibro e la pistola sportiva sono di 3″ per ciascun colpo, e l'esposizione è alternata con una chiusura di 7″. Per tutti i tempi di esposizione è consentita una tolleranza di 0,2″ per eccesso e 0″ per difetto.
Caratteristiche degli stands a bersaglio mobile. - Lo stand è sistemato in modo che il bersaglio corra orizzontalmente, a velocità costante, da destra e da sinistra, attraversando una 'apertura' nella quale può essere colpito. I muri di protezione su entrambi i lati dell'apertura hanno dimensioni tali da nascondere qualsiasi parte del bersaglio prima che questo raggiunga l'apertura. I bordi sono segnati con un colore diverso da quello del bersaglio. I bersagli per le gare a 50 m sono collocati su un carrello o un portabersaglio strutturato in modo che i due bersagli siano mostrati alternativamente. Il carrello scivola su rotaie o su un cavo ed è azionato da un'unità di guida regolabile alla velocità richiesta. I bersagli per le gare a 10 m non vengono cambiati fra la corsa a sinistra e quella a destra. La piazzola di tiro è disposta in modo che il tiratore sia visibile agli spettatori. È larga almeno 1 m ed è allineata con il centro dell'apertura. Pareti di separazione garantiscono una protezione da entrambi i lati, cosicché il tiratore in gara non sia disturbato da chi effettua il tiro a secco (in una piazzola specifica situata alla sinistra della piazzola di tiro) o da qualsiasi altra causa. Il tiratore ha davanti a sé un tavolo e dietro a sé il direttore di tiro. I tempi di corsa dei bersagli sono di 5″ per la corsa lenta e di 2,5″ per quella veloce. La corsa è il tempo in cui il bersaglio è visibile nell'apertura; inizia quando il bordo anteriore del bersaglio appare e termina quando questo raggiunge il muro opposto; è misurata manualmente o, meglio, con un cronometro elettronico azionato e fermato da due interruttori montati sulle rotaie.
Il bersaglio mobile a 50 m è una specialità di tiro non più effettuata in Italia e non riconosciuta né a livello olimpico né a livello mondiale. Il bersaglio mobile a 50 m ha, su ciascun lato dell'apertura, un muro verticale di protezione per il personale di manovra e i marcatori. Dietro l'apertura c'è un terrapieno, davanti un muro basso di protezione del carrello portabersaglio. L'ampiezza dell'apertura è di 10 m: il bersaglio, cioè, deve essere visibile per un tratto di 10 m dalla piazzola di tiro.
Nel bersaglio mobile a 10 m, qualora il cambio del bersaglio e la valutazione dei punti siano effettuati dietro al carrello portabersagli, lo stand deve possedere una protezione per il personale di manovra e i marcatori. Dietro l'apertura c'è un parapalle per evitare rimbalzi. Il meccanismo di trasporto del bersaglio è protetto anteriormente da una lastra di copertura. L'ampiezza dell'apertura è di 2 m. Schermi sporgenti oltre la linea del fuoco evitano al tiratore disturbi visivi provenienti dai due lati.
Nel tiro a segno sportivo i bersagli, essenziali in questo sport, hanno importanza pari a quella dell'attrezzo utilizzato. Appare evidente che con il progredire della tecnica del tiro e della tecnologia delle armi le dimensioni dei bersagli si sono ridotte di conseguenza, in modo da permettere agli atleti di esprimersi sempre al massimo. Ovviamente i bersagli hanno dimensioni differenti a seconda che si tiri a 10 m, 25 m, 50 m o 300 m e, a parità di distanza, nelle specialità a 10 m e 50 m con arma corta o lunga. Il bersaglio sportivo nasce come foglio di carta su cui sono disegnati anelli concentrici di uguale spessore, corrispondenti ai valori da 10 a 1 (decrescenti dal centro alla periferia) e costituiti da un corpo chiaro dal numero 1 al 5 e da un corpo nero dal 6 al 10. Gli anelli sono separati fra loro da una sottile circonferenza di colore opposto. Il punto nero, del diametro di 0,8 mm, stampato al centro della zona del 10 è chiamato mouche. Il tiratore che osserva il proprio bersaglio, qualunque sia la distanza di tiro, vede un punto nero al centro di un foglio chiaro, con una linea verticale e una orizzontale composte dai numeri che assegnano il punteggio ai vari anelli. Il conteggio dei punti realizzati è dato dal foro prodotto sul foglio. Ai fori ubicati in una determinata zona, o che sono tangenti al suo bordo esterno, è assegnato il punteggio di quella zona. Qualora la gara preveda la determinazione del decimale di punto, un particolare regolo consente di individuare il valore esatto del punteggio, grazie all'escamotage di suddividere l'anello in altrettanti anelli concentrici di valore decimale. Tutti i bersagli sono sottoposti a omologazione dell'ente competente. La carta è di colore e materiale non riflettenti, in modo che la zona nera e il centro del bersaglio siano visibili in normali condizioni di luce all'appropriata distanza. La carta del bersaglio e le righe dei punteggi devono mantenere le corrette dimensioni con ogni tipo di tempo e, inoltre, registrare i fori delle pallottole senza un'eccessiva deformazione.
Bersagli elettronici. - Il recentissimo utilizzo di bersagli elettronici, composti da tessuti speciali, ha portato con sé un'evoluzione del tiro, soprattutto in termini spettacolari, fino a pochi anni fa ritenuta impensabile. Infatti il bersaglio cartaceo è stato rimpiazzato da un bersaglio che, pur presentandosi perfettamente identico a quello classico, consente, con l'ausilio di un piccolo video posto accanto al tiratore, di controllare il singolo tiro effettuato e la rosata conseguita; tale visione può essere condivisa dal pubblico tramite uno schermo di normali dimensioni. Il bersaglio elettronico mette a disposizione immediatamente il punteggio realizzato sia in forma intera sia in forma decimale; inoltre è possibile aggiornare la classifica in tempo reale mediante un personal computer collegato. Il procedimento è semplice: un campo magnetico, attivato quando si mette in funzione il bersaglio, è interrotto dal passaggio del proiettile, fornendo così le coordinate del foro (virtuale) rispetto al centro.
Bersaglio di gara a 300 m. - I numeri da 1 a 9 sono stampati nelle zone del rispettivo punteggio su due linee diagonali che si incontrano ad angolo retto. Il numero della zona di punteggio 10 non è segnato.
Bersaglio per carabina a 50 m. - I numeri da 1 a 8 sono stampati nelle zone del rispettivo punteggio su due linee, una orizzontale e l'altra verticale, ad angolo retto. I numeri delle zone di punteggio 9 e 10 non sono segnati.
Bersaglio per carabina a 10 m. - La dimensione minima del bersaglio visibile è di 80x80 mm. Le zone di punteggio da 4 a 9 sono nere e hanno un diametro di 30,5 mm. I numeri dei punteggi da 1 a 8 sono stampati nelle rispettive zone su due linee, una orizzontale e l'altra verticale, ad angolo retto. La zona del 9 non è segnata dal numero e quella del 10 è un punto bianco. A richiesta del tiratore si fornisce un controbersaglio di 170x170 mm di colore simile a quello del bersaglio, onde facilitare il puntamento.
Bersaglio per tiro celere con pistola a 25 m. - I numeri dei punteggi da 5 a 9 sono stampati su una sola linea verticale. Il numero della zona di punteggio 10 non è segnato.
Bersaglio per tiro di precisione con pistola a 25 m e a 50 m. - I numeri dei punteggi da 1 a 9 sono stampati su due linee, una orizzontale e l'altra verticale, ad angolo retto. Il numero della zona di punteggio 10 non è segnato.
Bersaglio per pistola a 10 m. - I numeri dei punteggi da 1 a 8 sono stampati su due linee, una orizzontale e l'altra verticale, ad angolo retto. I numeri delle zone di punteggio 9 e 10 non sono segnati.
Bersaglio mobile a 50 m. - Sulle visuali del bersaglio mobile a 50 m è disegnato un cinghiale e, sulla spalla di questo, gli anelli dei punteggi. L'animale è raffigurato nell'atto di correre sia verso destra sia verso sinistra. I bersagli sono monocromatici, stampati su carta di formato rettangolare. Il centro della zona del 10 è posto a 500 mm dalla punta del naso del cinghiale in linea orizzontale. I numeri dei punteggi da 1 a 9 sono stampati su due linee diagonali ad angolo retto. È consentito usare bersagli di ricambio o mezzi bersagli tali da combaciare con l'intero bersaglio.
Bersaglio mobile a 10 m. - Il bersaglio mobile a 10 m consta di un unico cartoncino, di formato rettangolare, con due visuali stampate a destra e a sinistra di un punto centrale, ciascuna con zone di punteggio da 1 a 10. Il centro della zona del 10 è posto a 70 mm dal centro del punto centrale in linea orizzontale. Il punto nero di mira, con diametro di 15,5 mm, include gli anelli bianchi della mouche, del 10 e del 9. I numeri dei punteggi da 1 a 9 sono stampati su due linee diagonali ad angolo retto.
Bersagli di prova e controbersagli. - I bersagli di prova sono contrassegnati da una striscia diagonale nera nell'angolo superiore destro (salvo che per i bersagli di pistola automatica e per il bersaglio mobile a 50 m). I controbersagli servono a individuare i colpi incrociati, i possibili colpi doppi e i colpi dubbi. Sono costituiti da una striscia di carta leggermente colorata e senza punteggio, di dimensioni idonee a intercettare i colpi sparati. Ciascun controbersaglio copre l'ampiezza di un gruppo di 5 bersagli ed è collocato a una distanza uniforme, minimo 1 m e massimo 2 m, dietro i bersagli di gara.
Le armi ammesse alle gare si dividono convenzionalmente in armi lunghe (o da spalla), cioè fucili e carabine, e in armi corte, vale a dire le rivoltelle e le pistole. Gli appassionati possono disporre di una vasta gamma di modelli di armi sportive, diffuse in tutto il mondo e che hanno sostituito egregiamente quelle di ordinanza. Il progresso ha investito non solo aspetti marginali ma anche l'organizzazione meccanica e l'architettura dell'arma, poiché la competizione sportiva funge da stimolo per l'industria a ricercare nuove soluzioni. Le ditte italiane sono al vertice per qualità nella fabbricazione delle armi sportive, che devono avere le caratteristiche stabilite dalle norme regolamentari per ciascuna di esse. Alle armi libere è stato limitato da tempo il calibro e alle carabine il peso. L'alta precisione è stata raggiunta anche mediante il perfezionamento delle cartucce e dei proiettili. L'arma può essere adattata alla persona, aggiustata nel tiro e migliorata nel rendimento, ma è pur sempre il tiratore che deve realizzare il punteggio. Egli può usare soltanto equipaggiamenti e accessori conformi alle regole. È responsabile della presentazione dell'equipaggiamento al controllo prima della gara; un 'accompagnatore' lo coadiuva in questa operazione. La giuria ha il diritto di esaminare l'equipaggiamento e l'apparecchiatura in qualsiasi momento. In genere, le armi utilizzate nei poligoni sono caratterizzate dall'energia cinetica iniziale e quindi dalle cartucce impiegate. Esse vengono classificate in tre categorie.
La prima categoria comprende le armi ad avancarica, le armi di tipo sportivo aventi calibro compreso fra 7,62 mm e 9,65 mm con pallottole di piombo dolce a testa piana e non ogivata, nonché tutte le armi che, unitamente al munizionamento impiegato, sviluppano un'energia cinetica iniziale fino a 26 kgm. Tra queste armi, le attuali più significative hanno i calibri: .22 Flobert p.t., .22 Flobert p.c., .22 Short, .22 Long Rifle, 5,75 mm Velo-dog, 6,35 mm, 7,65 mm Browning.
La seconda categoria comprende armi che sviluppano un'energia cinetica da 27 a 63 kgm. In particolare: 7,65 mm Parabellum, 7,63 mm Mauser, 9 mm Corto, 9 mm Glisenti, 9 mm Parabellum, 10,35 mm Ordin. Ital., .38 Special WAD-C, .45 Auto, 7,62 mm Pall. Plast., .32 SSWL WAD-C.
La terza categoria comprende armi che sviluppano un'energia cinetica da 64 a 400 kgm. In particolare: 7,62 mm Winchester, .357 Magnum, 5,56 mm M 193 (SS92), 5,56 mm SS109, 7,62 mm NATO, 7,62 mm Pall. Corta g., .44 Magnum.
La carabina. - La carabina è una varietà di fucile con canna rigata internamente, usata a scopi sportivi e come arma di caccia grossa. I diversi tipi sono distinti dai sistemi di chiusura. Si hanno pertanto le carabine Mauser, Winchester, Verndl, Spencer, Remington ecc. Nelle carabine da bersaglio e da sala il proiettile è costituito da una semplice capsula e, nei tipi ad aria compressa, da pallini di piombo. La carabina ha come principali componenti i dispositivi di mira, costituiti da una diottra e da una mira ad anello o a lama. Nel tiro con la carabina è ammesso qualsiasi tipo di organo di mira non contenente lenti o sistemi di lenti. Si possono applicare filtri per la luce all'occhio o nella diottra; oppure usare un apparato con prismi o specchi quando il tiratore spara poggiando la carabina sulla spalla destra ma mirando con l'occhio sinistro o viceversa, purché l'apparato non contenga lenti d'ingrandimento. La cinghia viene indossata sopra la parte superiore dell'avambraccio sinistro ed è fissata alla parte anteriore della cassa della carabina, in modo che passi soltanto lungo una parte della mano o del polso. Nessuna parte della carabina può toccare la cinghia o altri suoi accessori, a eccezione dell'attacco della cinghia (maglietta) e del fermo della mano. È proibito l'uso di qualsiasi accorgimento o capo di abbigliamento che immobilizzi o riduca in maniera non corretta la flessibilità delle gambe, del corpo o delle braccia del tiratore. È consentito l'utilizzo di cuffie per proteggersi dal rumore.
Le specialità sono le seguenti: carabina libera, carabina sportiva, arma libera, carabina standard, carabina a 10 m.
Il tiro con la carabina libera si effettua con calibro 5,6 mm a percussione anulare. Il peso dell'arma non può eccedere gli 8 kg, compresi gli accessori; l'impugnatura a pistola non può essere costruita in modo da fornire supporto alla cinghia della carabina o al braccio sinistro; è vietato forare le canne e i tubi di prolunga. Si può usare un calciolo con uno sperone, altrimenti detto gancio, che non sporga di molto e abbia una lunghezza regolamentare. Per sostenere meglio la carabina nella posizione in piedi si può usare un supporto al di sotto della cassa.
La carabina sportiva è una specialità riservata alle donne. Le carabine hanno le stesse caratteristiche della libera, tranne per il peso che non deve superare i 6,5 kg.
Per l'arma libera sono valide le regole della carabina libera, eccetto per il calibro, che non può superare gli 8 mm.
Nella carabina standard si usano armi di modello convenzionale il cui calibro non superi gli 8 mm. Vigono diverse proibizioni e limitazioni, che riguardano la resistenza del grilletto allo scatto (almeno 1500 g), la lunghezza del calciolo, il foro e l'alloggiamento per il pollice, il supporto per la mano e il polso, il supporto attaccato alla carabina, i pesi concentrici applicabili alla parte anteriore della cassa, la livella a bolla, la misura dell'eventuale prolunga, la foratura della canna e l'impugnatura anatomica. Durante la gara gli atleti sono obbligati a sparare sempre con la stessa carabina, senza cambiamenti nelle tre posizioni.
Il tiro con la carabina a 10 m prevede armi ad aria compressa o a CO2 di modello convenzionale e di calibro 4,5 mm. La lunghezza complessiva della meccanica non supera gli 850 mm, la canna e la prolunga della canna non sono forate. Il peso massimo consentito dell'arma è di 5,5 kg.
La pistola. - Le pistole a uso sportivo sono armi portatili che sparano pallottole di piombo o analogo materiale tenero. Si dividono in semiautomatiche, revolver, monocolpo (o pistole libere) e ad aria compressa. In gara si usano solo linee di mira scoperte, cioè senza coperture protettive del mirino o della tacca di mira. Sotto certe condizioni sono consentiti gli scatti elettronici; sono invece proibiti congegni ottici o a specchio, cannocchiali, sorgenti di raggi, punti proiettati elettronicamente, dispositivi di mira programmati per attivare il meccanismo di sparo. L'arma può avere un'impugnatura personalizzata, ma va tenuta con il polso libero da ogni sostegno. Il peso minimo dello scatto è uguale per la durata della gara. Nelle gare a 25 m la pistola deve presentare misure di ingombro tali da consentire la sua completa introduzione in una scatola rettangolare di 300x150x50 mm. La lunghezza della canna è misurata, per le pistole semiautomatiche o a colpo singolo, dal 'vivo di volata' al 'vivo di culatta' (canna più cameratura); per le rivoltelle è considerata solo la canna con esclusione del tamburo. Per quanto riguarda l'abbigliamento è consentito calzare scarpe che non raggiungano il malleolo.
Le pistole automatiche si dividono in due categorie a seconda che abbiano il caricatore alloggiato nell'impugnatura oppure posizionato davanti al ponticello del grilletto. Il primo tipo è più convenzionale ed è preferibile per il tiro celere. La modifica del regolamento di tiro con la pistola standard, in base alla quale il tiro celere è diventato preponderante rispetto al tiro mirato, ha relegato l'impiego dei revolver a un ruolo marginale. L'arma a tamburo è infatti eccessivamente penalizzata nel tiro celere, cosicché i tiratori si sono indirizzati sulle semiautomatiche. La nuova impostazione delle pistole standard si è anche propagata a quelle categorie di tiro (grosso calibro) nelle quali il revolver potrebbe avere residui spazi. Oltre agli handicap insuperabili nel tiro celere, il revolver presenta altri limiti: la linea di mira viene a trovarsi piuttosto in alto rispetto alla mano del tiratore; lo scatto diretto (senza precorsa) e la ridotta possibilità di regolazione non incontrano il favore di molti tiratori; fra un colpo e l'altro è sempre necessario armare manualmente il cane; infine, il rinculo è più secco di quello dell'automatica. Le pistole monocolpo si diffusero nel tiro a segno a cavallo del Novecento, grazie alla caratteristica del sistema di otturazione Martini, uno scatto molto leggero e un sistema di alzo a regolazione micrometrica. Negli anni Sessanta, sotto l'influenza della scuola russa, il peso dello scatto fu portato a 50 g e venne migliorato il sistema di percussione. A partire dal 1979 l'introduzione della Hammerli 'modello 152', dotata di scatto elettronico, garantì una costanza del peso tra i 3 e i 50 g. Le pistole ad aria compressa hanno avuto un'evoluzione rapida, e ancora oggi sono il settore che registra le più incisive migliorie. Per azionare il pistone, in luogo dell'aria compressa (o precompressa) si è poi utilizzata l'anidride carbonica, caricata da speciali bombolette. Le pistole alimentate a CO2, almeno fino a una decina di anni fa, erano considerate le migliori per la specialità pistola a 10 m. Dalle Olimpiadi del 2000, tuttavia, si è fatta strada una nuova tendenza, motivata dagli effetti inquinanti del CO2: il mezzo di propulsione del pallino è tornato a essere l'aria (compressa a valori superiori ai 200 bar) immagazzinata in un serbatoio solidale all'arma o in bombolette intercambiabili. Attualmente i tiratori si dividono tra anidride carbonica e aria compressa, e la maggior parte delle pistole da competizione è studiata per la doppia alimentazione.
Le specialità sono le seguenti: pistola automatica, pistola di grosso calibro, pistola sportiva, pistola standard, pistola libera, pistola a 10 m.
Nella pistola automatica il tiro si effettua con armi calibro 5,6 mm che non superano in peso i 1260 g. Sono permesse impugnature speciali e cartucce a percussione anulare.
Nella pistola di grosso calibro si usano armi non a colpo singolo, di calibro da 7,62 mm a 9,65 mm e non eccedenti nel peso i 1400 g. Per motivi di sicurezza non sono consentite munizioni di tipo Magnum. Altri limiti e condizioni riguardano la lunghezza della canna (massimo 153 mm), la distanza tra il mirino e la tacca di mira (massimo 220 mm), la resistenza del grilletto allo scatto (almeno 1360 g), la maniera dell'impugnatura e del suo appoggio.
Nella pistola sportiva e nella pistola standard il tiro si svolge con armi calibro 5,6 mm Long Rifle a percussione anulare, non eccedenti i 1400 g di peso. Le altre condizioni sono uguali a quelle per la pistola di grosso calibro, a parte la resistenza del grilletto (almeno 1000 g).
Nella pistola libera si usano armi a percussione anulare calibro 5,6 mm, caricate con una sola cartuccia. Di solito lo scatto è diretto, cioè senza precorsa.
Nella pistola a 10 m si usano armi ad aria compressa o a CO2 di calibro 4,5 mm, caricate con un solo pallino (proiettili di piombo o altro materiale tenero), con peso non superiore ai 1500 g e scatto di 500 g. L'arma ha misure d'ingombro tali da consentire la sua completa introduzione in una scatola rettangolare di 420x200x50 mm. È permesso l'uso di canne con dispositivo per la fuoriuscita del gas propellente e freno di bocca, a condizione che la pistola mantenga le caratteristiche richieste.
Il bersaglio mobile. - Il bersaglio mobile si svolge con carabine aventi peso complessivo massimo di 5,5 kg, compreso il cannocchiale e i pesi aggiungibili per equilibrare l'arma. È permesso un calciolo regolabile. Ogni carabina durante la gara è soggetta a contrassegno e registrazione della marca e del numero di matricola, in modo che non sia possibile alterare alcunché. Il tiro si opera in posizione da caccia, e la linea della vita viene considerata a 20 mm sopra la cresta iliaca. È obbligatorio usare sia per la corsa lenta sia per quella veloce la stessa carabina con gli stessi mirini, cannocchiale, pesi aggiunti e sistema di scatto.
Nella specialità a 50 m la resistenza del grilletto non deve essere inferiore a 500 g e la lunghezza della canna non può eccedere il metro. Si usano munizioni a percussione anulare calibro 5,6 mm Long Rifle.
Nella specialità a 10 m il peso dello scatto è libero, la canna è lunga 1 m e si sparano proiettili aventi diametro massimo di 4,5 mm.
Munizioni. - In gara o in allenamento si usano solo i tipi di munizioni consentiti dalle consegne del poligono e che possano essere sparati senza pericolo per il tiratore e il personale. Proiettili traccianti, perforanti e incendiari sono proibiti. Le munizioni prescritte nelle gare sono le seguenti: cartucce frangibili nei campi di tiro chiusi, cartucce ridotte per il tiro a segno, cartucce calibro 5,6 mm in piombo nei tipi Long Rifle, cartucce calibro 6 mm con pallottola di piombo, pallini calibro 4,5 mm in piombo per carabina ad aria compressa, cartucce di calibro da 7,62 mm a 9,65 mm con pallottola di piombo per pistola automatica o revolver, cartucce di calibro non superiore a 8 mm per armi libere per il tiro a 300 m.
Abbigliamento. - Tutti gli indumenti da tiro sono normalmente in pelle e/o tela, in maniera da consentire al tiratore una perfetta stabilità. Tuttavia, la rigidità del materiale non può superare i limiti imposti dal regolamento. Solo un'unica giacca, un paio di pantaloni e un paio di scarpe per ciascun tiratore possono essere approvati per le gare di una stessa competizione. È lecito usare pantaloni ordinari o normali scarpe da ginnastica. La giacca deve essere adatta per il tiro in tutte le posizioni e rispettare le specifiche. Esiste uno strumento di misurazione dello spessore del materiale di un capo d'abbigliamento, scarpe incluse.
La giacca da tiro ha corpo e maniche di uno spessore non superiore a 2,5 mm, deve vestire in maniera sciolta e la sua chiusura deve potersi eseguire esclusivamente per mezzo di sistemi non regolabili. Sono proibiti ganci asportabili, lacci, chiusure a strappo (velcro) o congegni che forniscano un supporto artificiale. È consentito avere un pannello intercambiabile sulla schiena per l'aerazione. La giacca deve essere lunga al massimo quanto il braccio disteso con la mano chiusa a pugno. Nella posizione a terra e in ginocchio la manica non deve sporgere oltre il polso del braccio al quale è agganciata la cinghia e, quando il tiratore è in posizione, la manica non deve essere sistemata fra la mano o il guanto e la cassa della carabina.
Per i materiali dei pantaloni valgono le stesse norme della giacca. La parte superiore dei pantaloni non può essere indossata più di 50 mm sopra la cresta iliaca. Qualsiasi legaccio (o cerniera lampo, fermaglio ecc.) atto a renderli più stretti intorno alle gambe o ai fianchi è proibito. Per sostenerli sono consentite una cintura normale oppure bretelle elastiche. Se i pantaloni hanno una banda in vita, essa non può essere più alta di 70 mm e può essere chiusa da un gancio con 5 occhielli al massimo, oppure avere fino a 5 bottoni a pressione o una chiusura simile o il velcro. È consentito un solo tipo di chiusura. I pantaloni devono poter essere infilati calzando normali scarpe sportive o da ginnastica, con le cerniere lampo delle gambe chiuse. Devono essere larghi intorno alla gamba, in modo che il tiratore sia in grado di sedersi su una sedia con tutte le abbottonature e cerniere chiuse. Se non si indossano quelli specifici da tiro, sono ammessi pantaloni normali, purché non diano sostegno artificiale ad alcuna parte del corpo. Le giacche e i pantaloni possono avere toppe di rinforzo applicate all'esterno.
Si usano normali scarpe da passeggio, da ginnastica leggere o da tiro, appartenenti allo stesso paio e adeguate alla misura del piede del tiratore. Devono avere la tomaia soffice e non più spessa di 4 mm, la suola flessibile in corrispondenza dell'avanpiede, con spessore massimo di 10 mm, tacco massimo di 30 mm, altezza dal pavimento che non superi i due terzi della lunghezza del piede.
Per i guanti si usano pelle naturale o materiali sintetici, con spessore non superiore a 12 mm tranne che nelle cuciture. Il guanto non deve estendersi per più di 50 mm oltre il polso. È proibita l'allacciatura mediante velcro o altro accorgimento; tuttavia, una parte del bordo può essere elastica, per consentire al tiratore d'indossarlo, ma il guanto non deve stringere attorno al polso.
I capi di vestiario indossati sotto la giacca da tiro possono avere uno spessore massimo di 2,5 mm. Sotto la giacca e i pantaloni da tiro è lecito portare solo biancheria intima e una tuta da ginnastica, tali da non contribuire a incrementare la stabilità.
Altri accessori. - È permesso l'uso di un cannocchiale fissato non sulla carabina, per localizzare i colpi, ma soltanto nelle gare a 50 m e a 300 m. Il suo contenitore non può essere di misura e forma tali da interferire con gli altri tiratori o costituire un riparo dal vento. Per il tiro in ginocchio è consentito l'uso di un cuscino cilindrico, mentre l'uso di stuoie o zerbini personali è proibito.
Nelle gare sono valutati i bersagli relativi alle seguenti specialità: carabina a 10, 50 e 300 m (solo i bersagli di carta); pistola a 10, 25 e 50 m; bersaglio mobile a 10 e 50 m. Tutti i bersagli delle gare, contrassegnati da numeri corrispondenti a quelli riportati sulla scheda di tiro, sono trasportati in un contenitore apposito in condizioni di adeguata sicurezza. L'ufficio classifica è responsabile dell'esatta numerazione dei bersagli. Il direttore di tiro e il direttore dell'ufficio classifica sono responsabili della sollecita consegna dei bersagli per la valutazione. Elemento decisivo della classifica è il punteggio conseguito con il totale dei punti dei colpi validi, sottratte le penalità. La classifica individuale è determinata dal totale dei punti ottenuti dal tiratore. La classifica di squadra è determinata dalla somma dei punteggi individuali dei singoli tiratori. Le classifiche sono stilate per categorie e per specialità. Ultimato il lavoro di controllo dei bersagli, la valutazione dei colpi e il computo del punteggio, si registrano i punti sulle schede di tiro; si procede, infine, alla compilazione della classifica. I tiratori che non hanno completato la gara sono ugualmente classificati in base ai risultati ottenuti, a meno che non abbiano manifestato la volontà di ritirarsi. Nell'ufficio classifica un secondo commissario procede alla determinazione del valore di ogni singolo colpo, all'eventuale detrazione di punti e alla somma dei punti e delle serie. I dieci migliori risultati individuali e i tre migliori risultati di squadra sono verificati prima di ufficializzare le classifiche finali.
Ai fori dei colpi è attribuito il valore della zona di punteggio in cui si trovano. Ai colpi che risultano tangenti a una riga di demarcazione tra due zone è attribuito il punteggio relativo alla zona di valore superiore. Per la misurazione si usa un calibro a inserimento oppure un calibro inciso su una piastrina trasparente, che aiuta a ricostruire la posizione della riga o il numero dei fori sovrapposti. I fori dei colpi al di fuori della zona del punteggio sul bersaglio sono valutati come mancati (zero). 'Strappi' e rimbalzi nelle gare di bersaglio mobile sono colpi mancati.
Nelle gare di bersaglio mobile a 25 m i colpi sparati mentre il bersaglio è in rotazione non sono ritenuti validi se la maggiore dimensione orizzontale del foro del proiettile misura più di 7 mm nelle specialità di piccolo calibro e più di 11 mm in quelle di grosso calibro. Quando il bordo interno della linea incisa tocca una linea dei cerchi di punteggio, il punto attribuito risulta quello della zona di valore più alto.
Per valutare i colpi dubbi si usano cinque tipi di calibri omologati: calibro per pistola di grosso calibro; calibro per fucile di grosso calibro; calibro per carabina e pistola di piccolo calibro 5,6 mm; calibro a misurazione interna 4,5 mm; calibro C10 a misurazione esterna.
Le gare olimpiche. - Le gare disputate alle Olimpiadi e nelle manifestazioni della World Cup prevedono un programma di qualificazione e una finale, da effettuarsi nell'arco della stessa giornata. Le finali vengono disputate dagli 8 migliori classificati su un totale di 10 colpi. Al termine di ogni colpo, su appositi schermi viene visualizzato il punteggio di qualificazione sommato al punteggio dei singoli colpi di finale, calcolati in decimali. In caso di parità, gli atleti interessati continuano a tirare a oltranza un colpo (o una serie) per volta.
Nella carabina libera 3 posizioni uomini l'atleta spara 120 colpi con una carabina da 5,6 mm (calibro .22) che non può eccedere il peso di 8 kg. L'arma è provvista di mirino metallico. Sono ammessi il calciolo ortopedico, il pomo di sostegno per la posizione in piedi e la cinghia per le altre due posizioni. Il bersaglio va colpito a una distanza di 50 m, entro un tempo limite di 45 minuti nella posizione a terra, 75 minuti nella posizione in piedi e 60 minuti nella posizione in ginocchio. Ogni ripresa consta di 40 colpi. Prima dell'inizio di ciascuna ripresa è consentito effettuare un numero libero di tiri di prova. La finale si svolge nella posizione in piedi nel tempo massimo di 75 secondi per ogni colpo.
Nella carabina libera a terra uomini l'atleta spara 60 colpi nella posizione a terra. Ha a disposizione un tempo limite, compresi i tiri di prova, di 75 minuti. La distanza dal bersaglio, l'ampiezza del suo centro e l'arma usata corrispondono alla prova con la carabina a 3 posizioni. In finale il tempo massimo è di 45 secondi a colpo.
Nella carabina sportiva 3 posizioni donne si impiega un'arma calibro .22 Long Rifle del peso di 5,5, kg. L'atleta spara 3 serie di 20 colpi in posizione a terra, in piedi e in ginocchio a un bersaglio posto a 50 m. Il tempo totale della prova è di 2 ore e 30 minuti. La finale viene effettuata nella posizione in piedi nel tempo massimo di 75 secondi per ogni colpo.
Nella carabina a 10 m uomini e donne si usano armi di calibro 4,5 mm del peso di 5,5 kg, dalle quali il proiettile è espulso da aria o gas compressi mediante una leva esterna oppure precompressi in un cilindro. La gara degli uomini si svolge in 6 riprese di 10 colpi nella posizione in piedi contro un bersaglio a 10 m, da spararsi nel tempo complessivo, prova compresa, di 105 minuti. La gara delle donne consiste in 4 riprese di 10 colpi nel tempo totale di 75 minuti. In finale il tempo massimo è di 75 secondi a colpo.
Nel bersaglio mobile a 10 m uomini si usano carabine ad aria o gas compressi di calibro 4,5 mm e del peso di 5,5 kg. Questa è l'unica specialità olimpica del tiro a segno nella quale è concesso l'utilizzo di apparecchiature ottiche per aiutarsi nella mira. Si sparano due riprese di 30 colpi a due bersagli posti a 10 m. Nella prima ripresa il bersaglio compie 2 m in linea orizzontale nel tempo di 5 secondi. Nella seconda ripresa il tempo di corsa del bersaglio si riduce a 2,5 secondi. È consentita una prova di 4 colpi prima di ogni ripresa. In finale il tempo massimo è di 2,5 secondi a colpo.
Nella pistola libera uomini si usa una pistola calibro .22 di peso e dimensioni libere. In posizione in piedi i tiratori sparano 6 riprese di 10 colpi con un bersaglio posto a 50 m e un tempo limite di 2 ore, prova compresa. In finale il tempo massimo è di 75 secondi a colpo.
Nella pistola automatica uomini si usa una semiautomatica calibro .22 del peso limite di 1,26 kg e di dimensioni massime 300x150x50 mm. La gara consiste in 2 riprese di 30 colpi contro un bersaglio distante 25 m. Tutti i tiratori sparano simultaneamente. Ciascuna ripresa si suddivide in 2 serie di 5 colpi da eseguirsi prima in 8 secondi, poi in 6 e, infine, in 4 secondi. In finale il tempo massimo è di 4 secondi per ciascuna serie.
Nella pistola sportiva donne si usa una semiautomatica calibro .22 del peso massimo di 1,4 kg e con resistenza al grilletto di 1 kg. Le tiratrici sparano contro un bersaglio, posto a 25 m, in 2 riprese di 30 colpi suddivise ciascuna in 6 serie di 5 colpi. Nella prima ripresa hanno 5 minuti a disposizione per ogni serie di 5 colpi (tiro mirato); nella seconda ripresa hanno 3 secondi per ogni colpo (tiro celere). Le finaliste eseguono 2 serie di 5 colpi nella modalità tiro celere.
Nella pistola a 10 m uomini e donne si usano pistole ad aria o gas compressi del calibro di 4,5 mm e del peso massimo di 1,5 kg, con resistenza al grilletto di 500 g e dimensioni di 420x200x50 mm. La gara degli uomini consiste in 6 riprese di 10 colpi a un bersaglio distante 10 m da eseguirsi in 105 minuti. In finale il tempo massimo è di 75 secondi a colpo. La gara delle donne consiste in 4 riprese di 10 colpi nel tempo limite di 75 minuti, prova compresa. In finale il tempo massimo è di 75 secondi per ogni colpo.
I campionati mondiali. - Oltre alle specialità olimpiche, i campionati del mondo prevedono le gare sotto descritte.
Nella pistola di grosso calibro a 25 m uomini si usano armi di calibro da 7,62 mm a 9,65 mm, che sparano 2 serie di 30 colpi contro un bersaglio posto a 25 m con modalità uguali a quelle della pistola sportiva donne.
Nella pistola standard a 25 m uomini si sparano 60 colpi in 3 riprese da 20 con una calibro 5,6 mm Long Rifle. La prima ripresa consiste in 4 serie di 5 colpi in 150 secondi; quindi 4 serie di 5 colpi in 20 secondi; infine, 4 serie di 5 colpi in 10 secondi.
Nella pistola sportiva a 25 m juniores uomini si usa una calibro 5,6 mm. La gara consiste in una serie di 30 colpi di precisione contro un bersaglio a 25 m (tiro mirato), seguiti da un'altra ripresa di 30 colpi di tiro rapido. Le modalità sono le stesse della pistola sportiva donne.
Nel bersaglio mobile a 50 m uomini si hanno le stesse modalità della prova olimpica, ma a una distanza di 50 m. La specialità ha subito nel tempo vari cambiamenti, sia in relazione alla forma dei bersagli sia per la distanza (originariamente era di 100 m).
Nel bersaglio mobile a 50 m corse miste uomini si usa la carabina della prova olimpica. La gara consiste in 2 serie di 40 colpi da sparare equamente a una sagoma che si muove sia lentamente sia velocemente, senza alcuna possibilità per il tiratore di sapere in precedenza quale delle due modalità sta per essere eseguita.
Nel bersaglio mobile a 10 m corse miste uomini si hanno le stesse modalità della prova a 50 m, ma con la distanza ridotta a 10 m.
Nel bersaglio mobile a 10 m donne si applicano le stesse condizioni della prova olimpica maschile, con la differenza che le atlete sparano 2 serie di 20 colpi.
Nella carabina standard a 50 m donne si usano armi calibro 5,6 mm per 6 serie di 10 colpi sparati in posizione a terra contro un bersaglio posto a 50 m.
Dal momento in cui un tiratore prende in mano l'arma a quello della partenza del colpo egli deve compiere sette operazioni: prendere la posizione di tiro; impugnare l'arma; imbracciare l'arma; controllare la posizione di tiro e l'orientamento dell'arma sul bersaglio; trattenere il respiro; affinare la mira; tirare il grilletto.
Posizioni di tiro con carabine e fucili. - Le posizioni regolamentari sono quattro: a terra, in piedi, in ginocchio e di caccia.
Nella posizione a terra il tiratore è disteso con il ventre a contatto con il suolo o con il pancone, la parte superiore del busto appoggiata sui gomiti, le gambe libere. L'arma è sorretta dalle mani e poggia contro la spalla destra e la guancia. Il braccio sinistro può essere sostenuto da una cinghia passante dal lato del polso e intorno al braccio. L'avambraccio forma un angolo maggiore di 30° con il pancone o il pavimento, mentre l'avambraccio destro è staccato dal suolo e, insieme alla mano, non tocca la cinghia dell'arma né l'avambraccio sinistro. Il tiratore si tiene in posizione leggermente obliqua rispetto alla direzione del tiro, e la sua colonna vertebrale forma un angolo di circa 30° con l'asse della canna dell'arma.
Nella posizione in piedi il tiratore sta eretto sulle gambe senza alcun appoggio. Sorregge con le mani l'arma appoggiandola contro la spalla destra, la guancia e la parte del petto vicini alla spalla. Il gomito sinistro poggia sul fianco o sull'anca. Nelle competizioni con carabine libere gli è consentito di aiutarsi nel sostegno dell'arma con un pomo o maniglia regolabili, fissati al sottocalcio. Per poggiare meglio il gomito al fianco può sorreggere l'arma con le dita, il pollice indietro e le altre avanti lungo il sottocanna. Di solito il peso del busto viene ripartito sulle due gambe, cercando di portare il baricentro del peso dell'arma verso il baricentro del corpo del tiratore.
Nella posizione in ginocchio il tiratore prende contatto con il suolo o con il tappeto con il piede sinistro, il ginocchio destro e la punta del piede destro. Tiene l'arma nello stesso modo della posizione a terra, ma poggia il gomito o il braccio sinistro sul ginocchio sinistro. Il braccio destro rimane con il gomito inclinato verso il basso, la mano appoggiata sul calcio in posizione idonea per premere il grilletto. Il piede sinistro si dispone in posizione più o meno verticale, con il collo del piede poggiato su un cuscino rotondo. La punta del piede e il ginocchio destro poggiano sul suolo o sul pancone. Il tiratore sta così seduto sul tallone destro posizionato tra le natiche. Nelle posizioni a terra e in ginocchio può usare una cinghia che aiuta a sostenere la carabina. La cinghia è fissata anteriormente sotto la calciatura immediatamente davanti alla mano che impugna l'arma e, a cappio, sulla parte alta del braccio mediante un ritegno applicato sulla manica della giacca da tiro.
Nella posizione di caccia il tiratore sta dritto sulle gambe senza alcun appoggio, il peso del corpo che grava sulla gamba sinistra. Sorregge l'arma appoggiandola contro la spalla e la guancia destra, e l'impugna con la mano sinistra al sottocanna tenendo il braccio quasi disteso. Non gli è consentito poggiare il gomito sul fianco o sull'anca.
Da queste quattro posizioni basilari originano varie altre posizioni personali, che si assumono spostando il busto più o meno in avanti o indietro e distribuendo in maniera diversa il peso del corpo sulle gambe. Qualunque sia la posizione scelta, classica o personale, l'obiettivo da raggiungere è quello di impiegare solo i muscoli che interessano la posizione e lasciare a riposo quelli che non servono.
Posizione di tiro e modo di impugnare la pistola. - La postura per le pistole è unica ed è sempre in piedi. Il peso del corpo, in posizione leggermente obliqua rispetto alla direzione di tiro, viene ripartito sulle gambe, divaricate 30-40 cm da tallone a tallone. Il tiratore mantiene la testa diritta, il braccio destro, disteso ma non rigido, impugna l'arma ed è orientato in maniera che i congegni di mira collimino esattamente all'altezza dell'occhio destro. È essenziale che sia il braccio a portare i congegni di mira in corrispondenza con l'occhio e non viceversa. Può tenere il braccio libero in una postura naturale (al fianco, in tasca ecc.), ma non utilizzarlo come sostegno del braccio che impugna la pistola. Nella posizione 'pronto per il tiro' dei tiri celeri o a tempo, impugna la pistola con il braccio proteso verso il suolo a un angolo di 45° con la verticale e lo solleva all'apparire del bersaglio.
La precisione nel tiro con la pistola, specie di grosso calibro, dipende in gran parte dal modo di impugnare l'arma. Nel tiro di precisione il tiratore prende l'arma carica dalla balaustra dove è appoggiata con la bocca della canna rivolta verso il basso, la solleva con il braccio disteso a 30-40° gradi sopra la linea orizzontale, quindi la riabbassa lentamente fino a far risultare i congegni di mira all'altezza dell'occhio. Nel tiro celere il tiratore toglie la sicura e, all'apparire dei bersagli o al comando "fuoco", solleva l'arma con rapidità, allineando poi lentamente i congegni di mira all'altezza dell'occhio. La frenata del braccio, nella corsa verso l'alto, deve essere eseguita in modo che l'arma risulti esattamente orientata verso il centro del bersaglio. Nella pistola libera, dove esiste lo scatto diretto, cioè senza il primo tempo, il tiratore arma la leva di scatto, posta di lato vicino al grilletto, prima di portare l'arma in punteria.
Orientamento dell'arma sul bersaglio. - Il controllo della corretta posizione di tiro si esegue chiudendo entrambi gli occhi e puntando l'arma nella posizione più comoda; quindi si riapre l'occhio destro e si vede in quale direzione è rivolta l'arma. Se risulta a destra o a sinistra, non bisogna spingerla con le braccia verso il centro del bersaglio, ma occorre ruotare la posizione del corpo mediante lo spostamento dei piedi verso sinistra o destra, fino a quando l'arma non si troverà centrata sul bersaglio. Per correggere errori in verticale bisogna intervenire sul calciolo mobile: per salire occorre alzare il calciolo, per scendere abbassarlo. Nell'imbracciare l'arma è consigliabile non inclinarla di lato, perché altrimenti risulterà difficoltoso mantenere la stessa inclinazione nella successione dei colpi.
Linea di mira. - Mirare a un bersaglio è un atto naturale. Il tiratore, una volta trovata la sua esatta posizione, impugna l'arma e la porta verso il bersaglio. Qui incomincia il momento della mira. Il tiratore mira spontaneamente al bersaglio avendo cura di applicare tutti i dettami della tecnica. Nelle armi a linea di mira scoperta è consigliabile vedere la punta del mirino a quasi metà tacca in modo che, in caso di scarsa visibilità o di agitazione emotiva, il mirino non possa essere inavvertitamente perso di vista al momento della partenza del colpo. Nelle armi con congegni a diottra e mirino ad anello o a lama l'occhio destro deve poter vedere, attraverso il foro della diottra, la visuale del bersaglio al centro del mirino. La distanza dell'occhio rispetto alla diottra è inversamente proporzionale all'intensità della luce e alla grandezza del foro della diottra. Tale distanza va determinata con opportuni spostamenti in avanti o indietro della diottra e con la sistemazione del foro più adatto della stessa, così che l'alone di luce che si osserva all'esterno del tunnel del mirino sia di diametro circa tre volte superiore a quello tra l'anello del mirino e il tunnel stesso. I tre aloni di luce che l'occhio osserva attraverso il centro del foro della diottra devono risultare perfettamente concentrici rispetto alla visuale del bersaglio, con particolare riguardo all'alone più piccolo, che è il più interessato alla buona punteria dell'arma. Il mirino ad anello è più usato dai tiratori che riescono a tenere l'arma con grande stabilità; gli altri usano quello a lama. Parimenti, nelle posizioni a terra e in ginocchio si preferisce il mirino ad anello, mentre nella posizione in piedi si adotta quello a lama. A prescindere dall'arma e dai congegni di mira adoperati, il tiratore che imbraccia e impugna correttamente non incontra difficoltà a prendere la linea di mira. Quando compie tale operazione con le armi a un solo grilletto, effettua contemporaneamente il primo tempo di scatto.
Apnea. - Stabilita la linea di mira, il tiratore trattiene il respiro, perfeziona la punteria e inizia i tentativi per far partire il colpo. Nel provocare l'apnea dapprima emette l'aria dai polmoni lasciandovi soltanto la residua: a polmoni quasi vuoti si resiste di più senza respirare e si ha a disposizione un maggior margine di tempo per far partire il colpo. Di solito si usa una respirazione addominale, in quanto facilita il rilassamento.
Pressione sul grilletto. - Il congegno di scatto di quasi tutte le armi si disimpegna in due tempi: un primo momento nel quale compie una corsa lunga e un secondo in cui effettua una corsa quasi inavvertibile. Al termine della prima corsa, un lieve arresto avverte il tiratore che il tempo di scatto è ultimato e che la pressione sul grilletto non deve aumentare fino a quando non sia stata affinata la linea di mira. Per il secondo tempo di scatto, decisamente l'operazione più delicata, esistono due diversi metodi che il tiratore può scegliere sulla base della sua sensibilità e stabilità. Il primo metodo consiste nell'aumentare lievemente e gradatamente la pressione del dito sul grilletto, nel tentativo di disimpegnare il congegno di scatto. Se il colpo non è partito si ripete da capo la punteria. È da tenere presente che il momento migliore per la partenza del colpo va dai 5 ai 12 secondi dall'inizio dell'apnea; trascorso questo tempo è bene posare l'arma, ossigenare il sangue con la respirazione e ricominciare l'operazione di puntamento. Il secondo metodo richiede riflessi prontissimi: il tiratore, dopo aver puntato l'arma e controllato le prime oscillazioni, la blocca per un attimo nella giusta punteria e agisce subito sul grilletto, con la decisione necessaria ad assicurare la partenza del colpo. I due metodi presentano differenti vantaggi e svantaggi. Il primo metodo comporta la possibilità di disporre di maggior tempo per curare lo scatto e la punteria, ma è consigliabile solo nelle posizioni a terra e in ginocchio. Il secondo metodo va bene per la posizione in piedi, nella quale le possibilità di avere il mirino fermo sul bersaglio sono molto ridotte e quindi è indispensabile cogliere l'attimo giusto il più velocemente possibile. In entrambi i metodi, eseguito lo scatto, è importante non abbandonare la linea di mira. Infatti, dall'istante in cui il dito indice ha terminato la sua pressione sul grilletto al momento dell'uscita del proiettile avvengono ancora alcune operazioni: il congegno di scatto deve finire di disimpegnarsi, il cane compie una corsa per battere il percussore, questo colpisce la capsula che, a sua volta, va a provocare l'accensione della polvere, la quale infine sviluppa i gas per la fuoriuscita del proiettile dalla canna. La sequenza brucia una frazione di secondo: vale a dire un tempo sufficiente a deviare il tiro qualora non si continui a tenere sott'occhio la linea di mira e l'arma ben salda e puntata.
Tirare il grilletto non è cosa facile. L'impulso parte dalla corteccia cerebrale e viene trasmesso al dito in una frazione di secondo. Gli esperti discutono sulla questione se il dito debba tirare il grilletto con la pressione della prima falange o fra la prima e la seconda. A parte le armi standard, che hanno un grilletto 'duro', nelle altre il grilletto è leggero e basta una pressione di 20 g per sparare. Per un fenomeno psicologico che è stato studiato a fondo, si sa che l'agonista, quando prova in allenamento e tira 'in bianco', cioè senza la cartuccia, imprime una pressione sul grilletto inferiore a quella che esercita normalmente in gara. Oppure, conscio della sindrome, insorge in lui la paura di dare una spinta troppo forte al grilletto, di cadere nell'errore che, in gergo tecnico, si definisce 'strappo del grilletto'; di conseguenza, manca di far partire il colpo. L'abilità del tiratore consiste nel conservare la consapevolezza che, se il grilletto aveva un certo peso in allenamento, quel peso rimane invariato nel momento del confronto sportivo. Il perfezionamento progressivo del tiro del grilletto porta a sviluppare un automatismo tale che il tiratore fa partire il colpo quasi inconsciamente.
Condizioni che influenzano il tiro. - Innanzitutto bisogna considerare i fattori inerenti al tiratore, con particolare riferimento alle sue capacità (forma fisica, stato d'animo) e alla sua fiducia nell'arma, nelle cartucce e nell'allenatore. Per quanto riguarda le armi, neppure quelle nuove e appartenenti allo stesso lotto di fabbricazione hanno tutte la medesima precisione, che è sostanzialmente data dalla rosa di tiro. Quanto più la rosa è di piccola dimensione tanto più l'arma è precisa. Quale che sia la grandezza della rosa, se il suo centro non coincide con quello del bersaglio il tiratore, azionando i congegni di mira, deve provvedere all'aggiustamento del tiro, mettendo in corrispondenza i due centri della rosa e del bersaglio. Altro punto da tenere in considerazione è lo scatto. Si è già detto che far scattare l'arma è un'operazione delicata; se inoltre lo scatto presenta imperfezioni, il compito di centrare il bersaglio sarà ancora più arduo. Le parti meccaniche dello scatto sono state sempre oggetto di studio da parte dei costruttori di armi sportive, che hanno creato congegni di alta affidabilità. Tuttavia, i congegni fabbricati in serie non risultano esenti da imperfezioni. La perfezione dello scatto è data non tanto dalla sua minore resistenza quanto dalla costanza di tale resistenza. Uno scatto può essere perfetto anche se, per provocarlo, occorre esercitare sul grilletto una forte pressione. Si dice perfetto nel caso in cui la tolleranza della resistenza non superi, in più o in meno, il 2%. Se l'arma è munita di parti regolabili che consentono di adattarla alla costituzione fisica del tiratore, questi ne trarrà un vantaggio. Il tiratore che dispone di una propria arma può apportarvi le modifiche che ritiene necessarie, purché conformi al regolamento. In genere, i tiratori finiscono per esagerare, ottenendo il risultato opposto; molte armi sono state rese inservibili dalla smania di perfezionarle. Ciò si verifica perché il tiratore è spinto istintivamente, per discolparsi, ad attribuire all'arma difetti che essa non possiede.
Per quanto riguarda le cartucce, è importante adoperare quelle a innesco rapido. Ogni cartuccia ha i suoi tipi di arma con i quali offre un migliore rendimento. Non esistono cartucce valide al 100% per tutti i tipi di armi. Ne consegue che il tiratore si deve premurare di stabilire quali siano le cartucce più adatte alla sua arma. Inoltre, deve preservarle dall'umidità. La cattiva conservazione accelera l'alterazione della polvere, ossida il fondello della capsula, ritarda l'accensione della carica e genera un'irregolare combustione dei gas nella camera di scoppio.
Altri fattori che influenzano l'andamento del tiro sono quelli correlati alle condizioni ambientali e atmosferiche. L'intensità della luce che illumina il bersaglio non ha molta importanza: si può sparare ugualmente con il bersaglio illuminato dal sole oppure no. Danneggiano, invece, le variazioni di luce nel corso della gara e tra un colpo e l'altro. Quando la luce impatta il bersaglio da una direzione che si avvicina alla perpendicolare rispetto alla traiettoria del proiettile, sul bersaglio appaiono zone più illuminate e altre meno. Tale fenomeno può insorgere in qualsiasi momento, quando tra il sole e il bersaglio si frappongono ostacoli come le nuvole. Per ovviare all'handicap è stato introdotto l'uso del mirino ad anello, che consente di scorgere la visuale nera del bersaglio sempre al centro dell'anello del mirino, quali che siano gli effetti di luce che agiscono sulla visuale. Il mirino ad anello, però, fa perdere attimi preziosi al tiratore, che riesce a sparare con migliore tempestività quando usa il mirino a lama, dove è tenuto a controllare solo un piccolo punto della corona alla base del bersaglio. I campioni più esperti riescono ad attenuare le conseguenze dei cambiamenti di luce facendo partire il colpo nell'istante in cui la luminosità del bersaglio ritorna normale, oppure correggendo la punteria in alto o in basso, a seconda che il bersaglio sia poco o molto illuminato. Il mirino ad anello concede vantaggi nelle posizioni di tiro in cui l'arma risulta più stabile e, in generale, è il più usato. I raggi solari producono effetti negativi anche sui congegni di mira, cosicché la punteria diventa difficoltosa; difficoltà che raddoppiano qualora i raggi colpiscano il tiratore al viso. Tali circostanze si verificano sia nei campi di tiro all'aperto, privi di protezioni, sia nei poligoni coperti, quando le prese di luce solare sono state disposte male.
Grande influenza può avere il vento. Esso agisce sulla stabilità del proiettile, del tiratore e dei bersagli. Disturba di più quando è incostante e spira da destra o da sinistra, cioè nel senso normale alla direzione di tiro. Il vento che proviene in senso contrario influisce di meno sulla corsa del proiettile, ma procura enorme fastidio al tiratore che non sia in possesso di occhiali per ripararsi. Il tiratore deve pure stabilire se usare cartucce più o meno veloci. Infatti, se il proiettile è molto veloce arriva prima al bersaglio e soggiace meno alle sollecitazioni del vento. Anche la distanza di tiro influisce: tanto è maggiore quanto più grandi, per i fattori di resistenza dell'aria e di inerzia del proiettile, sono le deviazioni causate al proiettile dal vento.
In base all'insieme delle condizioni atmosferiche e ambientali ‒ che includono anche i fattori visibilità (nebbia, foschia, oscurità), temperatura (l'ottimale oscilla tra i 15 e i 25 °C), altitudine, caratteristiche del poligono ‒ il tiratore valuta quale cartuccia scegliere. Vi sono tipi di cartucce a velocità moderata che risultano più precise, ponendosi in una posizione intermedia tra i diversi fattori d'influenza.
La ISSF supervisiona le competizioni che si svolgono nell'ambito dei giochi olimpici, dei campionati del mondo, della Coppa del mondo e delle varie rassegne continentali e Trofei internazionali. Esse interessano sia il tiro a volo sia le tre discipline del tiro a segno: carabina, pistola, bersaglio mobile. Gli eventi hanno un meccanismo di rotazione ben delineato. I campionati mondiali si tengono ogni quadriennio, due anni dopo i giochi olimpici. I campionati continentali hanno cadenza biennale e seguono immediatamente l'evento olimpico e i mondiali. La World Cup e le sue finali sono organizzate ogni anno da una federazione affiliata, scelta dal comitato esecutivo.
Esistono differenze tra il tiro olimpico e le altre rassegne. Ai Giochi di Atene 2004, per esempio, sono state effettuate 11 gare per il tiro a segno, sia individuali sia a squadre. I campionati del mondo della ISSF, invece, hanno visto in programma anche altre specialità non inserite nel quadro olimpico. Alle categorie maschile e femminile le rassegne mondiali, continentali e nazionali aggiungono la categoria juniores per entrambi i sessi. In generale, lo sport del tiro a segno si caratterizza per l'alto numero di tipi di gare che si sono succeduti nel tempo.
Le competizioni olimpiche, in oltre un secolo, hanno messo in lizza atleti e atlete in una quarantina di specialità diverse, delle quali molte discontinue. La lista degli eventi si è andata modificando alla luce dell'evoluzione delle armi, dei costumi sociali e della situazione politica internazionale. Fino al 1924 i programmi di tiro olimpici avevano presentato una moltitudine di specialità, 31 in tutto, 17 delle quali eseguite in una sola circostanza. Le gare a squadre sono state in vigore fino al 1948. Le donne furono ammesse solo nel 1968. Il tiro a segno è stato sempre presente alle Olimpiadi, con l'eccezione delle edizioni di St. Louis 1904 e di Amsterdam 1928.
Per l'edizione di Atene 1896 fu costruito appositamente un poligono a Galatea, inaugurato dalla regina Olga. Le prove si svolsero in cinque specialità: fucile militare sistema Grass a 200 m; fucile militare di qualsiasi tipo a 300 m; rivoltella di qualsiasi tipo a 30 m; rivoltella d'ordinanza a 20 m; pistola da duello a 25 m. Alle gare presero parte 116 concorrenti, dei quali solo 5 non greci (2 statunitensi, 2 danesi e un francese). Si sospetta anche la partecipazione di un italiano, tale Rivabella, ma mancano le evidenze documentarie. Tre greci vinsero nelle specialità fucile da guerra e pistola da duello. I fratelli americani John e Sumner Paine si aggiudicarono le prove con il revolver. Risultarono primo e secondo nella gara con la pistola d'ordinanza, e la differenza con il terzo classificato, il greco Dorakis, fu enorme: gli americani andarono a segno più del doppio delle volte. Il rapporto ufficiale attribuì la vittoria dei Paine alle loro armi personali, "fabbricate con materiale superiore e dotate di un sistema di puntamento assolutamente perfetto".
Nella seconda Olimpiade di Parigi 1900 il tir à la cible fu uno dei 17 sport in programma, secondo per numero di specialità (21) soltanto all'atletica leggera (24). Ciò fu dovuto al fatto che le feste per l'Esposizione universale di Parigi compresero, oltre alle Olimpiadi, anche altri eventi, e tra questi i Campionati del Mondo di tiro, i cui risultati valsero per l'assegnazione dei titoli olimpici. Nelle tre settimane di gara, dal 19 luglio al 7 agosto, entrarono a far parte del programma prove con la carabina e il fucile e alcune al bersaglio mobile: capriolo, cervo e cinghiale corrente. L'Unione italiana di tiro a segno inviò una sua rappresentativa ma il 29 luglio, avuta notizia dell'assassinio del re Umberto I, i tiratori italiani decisero di astenersi dalla partecipazione in segno di lutto. A Parigi vinsero soprattutto statunitensi, svizzeri, inglesi e francesi.
Nel confuso programma di St. Louis 1904 le competizioni di tiro per ragioni di sicurezza non furono ammesse. Rientrarono a Londra nel 1908. I britannici, per lo più policemen di Scotland Yard, si aggiudicarono la maggior parte delle 13 prove, sia individuali sia a squadre, svolte con la carabina libera di piccolo e grosso calibro, il fucile d'ordinanza a bersaglio fisso e mobile, la pistola.
A Stoccolma 1912 furono ammesse 16 specialità. Statunitensi, svedesi, francesi e britannici si dimostrarono i più precisi. Il periodo di massimo splendore per la presenza del tiro alle Olimpiadi ebbe il suo apice nel 1920 ad Anversa. Poiché si era da poco chiusa la prima guerra mondiale, le rappresentative nazionali schierarono moltissimi atleti in divisa militare. Dal 7 al 22 giugno furono disputate ben 19 specialità di tiro. Un giornale locale commentò la cosa argutamente: "Si sparò di meno a Verdun". Dominarono gli statunitensi, che furono accusati di professionismo, essendo tutti cowboys e prestandosi durante le gare a propagandare fucili e cartucce. Seguirono i norvegesi, che fecero l'en plein nel tiro al cervo corrente, specialità il cui bersaglio consisteva in un occhio dipinto sopra una tavola di cartone mobile montata su un binario. Per la prima volta gli italiani presero parte fino in fondo alle prove, ottenendo un quarto posto a squadre nel fucile d'ordinanza a 300 m, posizione in piedi.
A Parigi 1924 cominciò la discesa del tiro a segno, almeno in relazione al numero delle gare eseguite. Furono ammesse 10 specialità, data l'abolizione delle prove con il fucile da guerra. Statunitensi, norvegesi, francesi e britannici si aggiudicarono le vittorie. A Parigi si verificò il primo caso clamoroso di spareggio per l'alloro olimpico. La gara di pistola automatica si svolse in 3 serie di 6 colpi da indirizzarsi in 10 secondi a 6 sagome umane poste a 25 m. Otto dei 55 concorrenti fecero il pieno del punteggio. Iniziò allora una serie di shoot-offs, nel tempo di 8 secondi, che portarono lo statunitense Henry Bailey e lo svedese Vilhelm Carlberg a un ennesimo spareggio dopo aver centrato 48 bersagli. Il sesto shoot-off fu chiamato, e ancora i due tiratori fecero il pieno. Bailey, un trentunenne sergente d'artiglieria del corpo dei Marines, sparò per primo. Dopo aver chiamato i bersagli, cercò di far fuoco ma la sua automatica calibro .22 si inceppò. Bailey, con freddezza, liberò il caricatore e nei rimanenti 5 secondi a disposizione esplose 5 colpi, centrandoli tutti a bersaglio. L'esperto Carlberg mancò 2 dei suoi 6 colpi. Bailey vinse lo spareggio.
Al Congresso olimpico di Praga del 1926 fu deciso che il tiro non dovesse essere compreso tra gli sport in programma all'Olimpiade di Amsterdam. Esso ritornò a Los Angeles 1932, dove le gare, limitate a 2 specialità ‒ la pistola a 50 m e la carabina piccolo calibro a 50 m ‒, furono ospitate nel magnifico impianto di Long Beach. Gli italiani si dimostrarono i più forti: nella pistola automatica Renzo Morigi ottenne la vittoria, mentre al terzo e quarto posto si classificarono Domenico Matteucci e Walter Boninsegni; nella carabina Mario Zorzi fu quarto a un punto dal vincitore, lo svedese Bertil Ronmark. La lenta ripresa del tiro olimpico proseguì nel 1936 a Berlino, allorché 3 specialità furono messe in cantiere.
Dopo la seconda parentesi bellica, nel 1948 a Londra le specialità salirono a 4: due di pistola e altrettante di carabina. Questa volta si evitò di ripetere lo spreco di colpi della prima Olimpiade postbellica del 1920. Le autorità che governavano i Giochi avevano ormai compreso che le armi da guerra dovevano lasciare spazio a quelle sportive. Ai Giochi del 1952 le specialità furono portate a 6, con il rientro del tiro al cervo corrente a 100 m e della carabina in posizione a terra a 50 m. La tradizione olimpica accolse le imprese di atleti di paesi come l'Unione Sovietica e la Romania.
La scuola sovietica prese il sopravvento a Melbourne 1956, dove s'impose in 3 delle 6 prove, compresa l'ultima edizione della specialità di tiro al cervo corrente. I Giochi di Roma, svoltisi per le competizioni di tiro dal 5 al 10 settembre 1960 nei poligoni Umberto I e di Cesano, stabilirono uno standard che sarebbe rimasto valido a lungo: 5 specialità in programma, di cui 3 di carabina e 2 di pistola. La scuola dell'Est europeo si confermò la migliore. Nella carabina a terra, tra 85 concorrenti in gara vinse il più giovane: il diciottenne tedesco orientale Peter Kohnke.
Tokyo 1964, Città del Messico 1968 e Monaco di Baviera 1972 registrarono vittorie di atleti americani, dell'Europa settentrionale e di quella orientale. La squadra statunitense vinse l'ultima edizione della specialità di carabina 3 posizioni, che in seguito venne abolita. A Monaco per la prima volta conquistò l'oro un tiratore asiatico, il nordcoreano Li Ho-jun, che stabilì il nuovo record olimpico con 599 punti nella carabina piccolo calibro a terra.
A Montreal 1976 la rappresentativa azzurra, grazie al miglioramento dei criteri di preparazione, ottenne buoni piazzamenti, tra cui un terzo posto con Roberto Ferraris nella pistola automatica. Le gare furono quasi tutte appannaggio dei tedeschi orientali, che avevano sviluppato tecniche di allenamento assolutamente scientifiche. Bill McMillan, lo statunitense vincitore dell'oro a Roma nella pistola automatica, realizzò un solo punto in meno e dovette accontentarsi di uno spareggio per la sedicesima posizione: tanto era migliorata la qualità di tiro in sedici anni di evoluzione, sotto la spinta dei paesi del blocco orientale. La mancata partecipazione dei nordamericani ai Giochi di Mosca 1980 non inficiò il valore tecnico delle competizioni, dominate dai tiratori di casa e dell'Europa orientale.
I Giochi di Los Angeles 1984 presentarono un'importante novità: l'introduzione di prove destinate esclusivamente alle donne. Da Città del Messico 1968 e fino a quel momento le gare avevano impegnato contemporaneamente entrambi i sessi, con una presenza ovviamente minima delle donne. Le tiratrici si cimentarono in 3 competizioni: la pistola sportiva a 25 m, la carabina piccolo calibro a 3 posizioni e la carabina ad aria compressa. L'azzurra Edith Gufler colse l'argento nella carabina a 10 m. Le specialità della pistola e della carabina ad aria compressa furono le altre due novità di quei Giochi che, oltre a un dominio statunitense (assenti i paesi del blocco comunista aderenti al boicottaggio), segnarono il trionfale ingresso della scuola cinese. Nella pistola libera Xu Haifeng fu cronologicamente la prima medaglia d'oro dell'intera Olimpiade e la prima nella storia della Cina. Nel 1988 a Seul le specialità salirono a 11, delle quali 7 per gli uomini e 4 per le donne. La scuola europea, ormai più omogenea nei valori tra paesi dell'Est e paesi dell'Ovest, prevalse su quella asiatica.
Nell'edizione di Barcellona 1992 le gare furono trasmesse in televisione. I sudcoreani, i cinesi e gli ex sovietici lasciarono solo due titoli a statunitensi e tedeschi. Ad Atlanta 1996 l'Italia tornò a fregiarsi di un alloro per merito di Roberto Di Donna, protagonista di una drammatica finale nella pistola ad aria compressa. Gli ultimi due appuntamenti di Sydney 2000 e Atene 2004 hanno visto vincere europei e cinesi in un contesto di sostanziale equilibrio.
Attualmente lo sport del tiro, nei suoi due rami del tiro a segno e del tiro a volo, può essere considerato come uno dei pilastri del movimento olimpico ed è saldamente ancorato nel programma dei giochi. La partecipazione è andata aumentando costantemente dal dopoguerra in poi. Ad Atene sono stati quasi 300 gli atleti del tiro a segno convenuti da un centinaio di paesi. Essi hanno gareggiato, dal 14 al 22 agosto 2004, nelle seguenti 11 specialità individuali: per gli uomini carabina libera 3 posizioni a 50 m, carabina libera a terra a 50 m, carabina a 10 m, pistola libera a 50 m, pistola automatica a 25 m, pistola a 10 m, bersaglio mobile a 10 m; per le donne carabina standard 3 posizioni a 50 m, carabina a 10 m, pistola sportiva a 25 m, pistola a 10 m.
In occasione dei Giochi di Pechino 2008 è prevista una riduzione delle specialità, poiché il bersaglio mobile a 10 m sarà cancellato dalla lista delle gare. Dal 1988 la partecipazione alle Olimpiadi di tiratori d'interesse nazionale non è più garantita. Ogni federazione dispone di una quota massima di posti assegnabili. Un atleta ottiene la qualificazione quando vince una medaglia d'oro nella ISSF World Cup, oppure si piazza tra i primi classificati nei campionati mondiali e continentali nei tre anni precedenti l'Olimpiade.
Le competizioni iridate si differenziano dalle altre rassegne perché vi partecipano anche le squadre. Per tradizione e storia rappresentano l'appuntamento più prestigioso dopo quello olimpico. Proprio il successo delle gare di tiro ai Giochi di Atene 1896 convinse il presidente del movimento di tiro a segno olandese, M. Sillem, a istituire una manifestazione riservata a rappresentative nazionali. Egli suggerì di farla partire in occasione della grande gara che la Società di Lione aveva in programma dal 22 al 31 maggio 1897, per la celebrazione del venticinquesimo anniversario della sua fondazione. Pur tra numerose polemiche, dovute alle discordanze tra i dirigenti delle principali associazioni nazionali sui tipi di bersagli da utilizzare e sul numero di colpi da sparare, i primi Campionati del Mondo poterono svolgersi a Lione il 26 maggio 1897. Parteciparono tiratori di cinque nazioni (Francia, Italia, Svizzera, Paesi Bassi e Norvegia) con cento prestazioni individuali e venti di squadra. Si sparò con carabine o fucili di grosso calibro a 300 m di distanza, dalle posizioni a terra, in piedi e in ginocchio.
Torino accolse la seconda edizione nel 1898, in concomitanza con la terza gara generale dell'Unione italiana di tiro a segno. La terza fu ospitata nei Paesi Bassi. In occasione della quarta, prevista a Parigi, fu introdotta la pistola libera individuale, specialità 60 colpi a 50 m. L'Italia allestì ancora i sesti campionati a Roma nel 1902 e i decimi a Milano nel 1906. Nel 1907 la neonata UIT si assunse l'onere di organizzare le successive rassegne. Il programma delle specialità si arricchì nel 1911 delle prove con il fucile d'ordinanza, allorché la competizione fu ospitata a Roma. Ai diciottesimi Mondiali di Viborg, in Danimarca, gli ultimi prima della sospensione per lo scoppio della prima guerra mondiale, furono eseguite 9 prove individuali e 5 a squadre, riguardanti la carabina, la pistola libera e il fucile d'ordinanza.
Negli anni Venti e Trenta l'atmosfera di militarizzazione e gli atteggiamenti fortemente nazionalisti di molti paesi favorirono l'introduzione di specialità relative a nuovi tipi di carabine e fucili. Nel 1935, quando i Campionati si svolsero ancora a Roma, si istituì la specialità individuale della pistola automatica, 18 colpi a 25 m. I trentaduesimi Campionati del 1939 in Svizzera, a Lucerna, raccolsero 19 nazioni, impegnate in una ventina di gare. Passata la guerra, le competizioni iridate ripresero nel 1947 a Stoccolma.
Per una decina di anni il programma s'infittì di specialità e divenne discontinuo nella cadenza, non più annuale. Ai trentaseiesimi Campionati di Caracas, in Venezuela, parteciparono 27 nazioni e furono eseguite una trentina di specialità. Si decise, allora, che i successivi appuntamenti si sarebbero svolti ogni quattro anni, tranne i campionati di cervo corrente (sostituiti in seguito da quelli di cinghiale corrente), che potevano essere organizzati annualmente. Nel 1958 Mosca ospitò i campionati della nuova era, cui parteciparono per la prima volta le donne, impegnate in 2 prove con la carabina. Fu inaugurato un concorso individuale e a squadre destinato agli juniores uomini. Nel 1982 le gare open, aperte a uomini e donne, furono abolite. Un programma completo per gli juniores e per le donne venne istituito nel 1994. Gli ultimi Mondiali si sono svolti a Lahti, in Finlandia, nel 2002.
Attualmente le specialità obbligatorie dei campionati mondiali (individuali e a squadre) sono 19. Per gli uomini: carabina libera 3 posizioni a 50 m; carabina libera a terra a 50 m; carabina a 10 m; pistola libera a 50 m; pistola automatica a 25 m; pistola di grosso calibro a 25 m; pistola standard a 25 m; pistola sportiva a 25 m; pistola a 10 m; bersaglio mobile a 50 m; bersaglio mobile a 50 m corse miste; bersaglio mobile a 10 m; bersaglio mobile a 10 m corse miste. Per le donne: carabina standard 3 posizioni a 50 m; carabina standard a terra a 50 m; carabina a 10 m; pistola sportiva a 25 m; pistola a 10 m; bersaglio mobile a 10 m.
Campionati continentali. - Vi possono partecipare solo federazioni affiliate all'ISSF. I campionati d'Europa, dalla prima edizione del 1955 a Bucarest, si svolgono ogni due anni, con competizioni sia maschili sia femminili, individuali e a squadre, per le specialità carabina a 50 e a 300 m, pistola a 25 e a 50 m, bersaglio mobile a 50 m; campionati juniores sono previsti tutti gli anni, eccetto quelli nei quali si svolgono i mondiali. I campionati d'Asia cadono nell'anno precedente l'Olimpiade per le specialità carabina a 10 e a 50 m, pistola a 10, a 25 e a 50 m, bersaglio mobile a 10 m; in gara uomini, donne, juniores a livello sia individuale sia di squadra. I campionati americani si svolgono ogni due anni, evitando gli anni olimpici e dei mondiali. Uomini, donne e juniores si cimentano nella carabina a 10, a 50 e a 300 m, nella pistola a 10, a 25 e a 50 m, nel bersaglio mobile. I giochi panamericani prevedono solo le specialità olimpiche e si svolgono nell'anno che precede l'Olimpiade. I campionati d'Africa si svolgono ogni due anni, uomini e donne, per le specialità della carabina a 10 e a 50 m e della pistola a 10, a 25 e a 50 m. I campionati d'Oceania hanno cadenza biennale in anni non olimpici e non iridati, prevedono competizioni per uomini, donne e juniores. Le specialità in programma sono la carabina a 10, a 50 e a 300 m, la pistola a 10, a 25 e a 50 m, il bersaglio mobile.
World Cup. - La Coppa del mondo nacque nel 1986 per iniziativa dell'ISSF, che prese a modello competizioni già esistenti in America e in Europa. Ogni anno diversi paesi ospitano quattro eventi di Coppa del mondo, relativamente alle specialità olimpiche. Dal 1988 un complesso meccanismo di punteggi determina la quota di qualificazione necessaria ad accedere a una fase finale, cui sono ammessi i migliori otto elementi con il limite di due atleti per nazione in ciascuna disciplina. Alla finale della World Cup è garantita la partecipazione, mediante il sistema degli inviti (wild cards), dei tre primi classificati nell'ultima edizione.
Campionati italiani. - Gli assoluti risalgono al 1890. La manifestazione comprende gare master e un regionale a squadre. Le donne hanno avuto competizioni riservate a partire dal 1960. I primi campionati juniores datano al 1973; oggi mettono in gara maschi e femmine under 16, ragazzi e allievi. Per quanto riguarda gli assoluti, alcune delle specialità più antiche e prestigiose riservate agli uomini, come la prova con il fucile d'ordinanza che si è svolta dal 1890 al 1974 con armi classiche (il Vetterli e il 'modello 1891'), sono state nel tempo abolite.
Gli ultimi campionati assoluti, svoltisi nel 2004 al poligono della Cagnola di Milano, hanno visto lo svolgimento di 16 specialità. Per gli uomini: carabina libera 3 posizioni a 50 m; carabina libera a terra a 50 m; carabina a 10 m; bersaglio mobile a 10 m; bersaglio mobile corse miste a 10 m; pistola libera a 50 m; pistola automatica a 25 m; pistola grosso calibro a 25 m; pistola standard a 25 m; pistola a 10 m. Per le donne: carabina sportiva 3 posizioni a 50 m; carabina sportiva a terra a 50 m; carabina a 10 m; bersaglio mobile a 10 m; pistola sportiva a 25 m; pistola a 10 m.
Gli assoluti e i tricolori juniores rientrano in un fitto programma di impegni annuali che comprende la Coppa Italia, vari Trofei (Coppa Unuci, Walter Trophy ecc.), i campionati universitari, le gare sezionali e provinciali, le prove federali regionali, i campionati giovanissimi, le gare di settore (polizia, bancari ecc.), le preolimpiche, la partecipazione alle competizioni internazionali (Giochi del Mediterraneo, World Cup, europei, mondiali, ecc.).
In un'ipotetica galleria dei personaggi che hanno fatto la storia del tiro al bersaglio trova posto una figura leggendaria quale quella del colonnello William Frederick Cody, meglio noto con il nome d'arte di Buffalo Bill. Il contributo di Cody alla popolarità dello sport del tiro è tangibile, in quanto con il suo circo itinerante, nel corso di tours europei che toccarono anche Roma, ebbe modo di mostrare una maestria ineguagliabile come marksman sia nelle posizioni statiche sia a cavallo. Il suo spettacolo presentava altre due stars che rispondevano ai nomi di Johnny Baker e Annie Oakley, la più famosa tiratrice della seconda metà del 19° secolo. Si trattava, comunque, di esibizioni a pagamento, organizzate e funzionali allo spettacolo.
Entrando in un ambito propriamente agonistico, le Olimpiadi del 1908 ci consegnano i primi eccezionali campioni: Oscar Swahn e suo figlio Alfred furono i cardini della squadra svedese che vinse l'oro nel tiro al cervo corrente. Oscar si aggiudicò la prova individuale a colpo singolo e arrivò terzo nel colpo doppio. Nel 1912 a Stoccolma i due bissarono l'oro a squadre e Alfred vinse quello individuale a colpo singolo, mentre il padre giunse terzo nel colpo doppio. Ad Anversa, nel 1920, altri 3 argenti suddivisi, e Oscar vinse nuovamente all'età di settantadue anni. La saga degli Swahn si concluse a Parigi nel 1924, allorché Alfred salì ancora sul podio.
Tiratori di classe di questo periodo furono anche lo svedese Vilhelm Carlberg e lo statunitense Alfred Lane. Carlberg, che vinse 3 ori e un argento nella carabina piccolo calibro, aveva un fratello gemello, Erik, che vinse una medaglia nella stessa specialità. Lane, di New York, a Stoccolma vinse 3 ori nella pistola, a cui aggiunse 2 ori e un bronzo ad Anversa.
Due generazioni dopo, il finlandese Pentti Linnosvuo sarebbe riuscito nella stessa impresa di vincere sia nella pistola libera sia in quella automatica. Cinque ori olimpici (1920 e 1924) e svariati titoli iridati raccolse Morris Fisher, ma nella specialità della carabina libera. Fisher, sergente nell'esercito statunitense, amava suonare il violino per rilassarsi prima della gara.
Renzo Morigi (Ravenna, 1895-1962) è stato il primo italiano a vincere alle Olimpiadi nel tiro a segno. Ai Giochi del 1932, nel poligono Rifle Range di Long Beach, s'impose nella pistola automatica dopo uno spareggio con il tedesco Heinrich Hax. Nell'ultima serie centrò 6 sagome in meno di 2 secondi, scatenando l'applauso degli spettatori, per lo più poliziotti di Los Angeles. La stampa locale lo definì "mitragliatrice umana" e circolò la voce che un capo gangster di origine italiana fosse rimasto così impressionato da volerlo assoldare nella anonima omicidi. Negli anni Trenta Morigi fece carriera in campo politico ricoprendo alte cariche nel Partito nazionale fascista.
Trionfatore a Londra nel 1948 nella prova di pistola automatica fu il magiaro Károly Tákacs. Tákacs, già campione nazionale nel 1938, aveva poi perso in guerra il braccio destro per lo scoppio di una granata. Sparò impugnando l'arma con la mano sinistra e batté il due volte campione mondiale e olimpionico Torsten Ullman. Si ripeté quindi a Helsinki nel 1952.
Gli anni Cinquanta videro imporsi nella carabina libera il sovietico Anatolij Bogdanov, vincitore di 7 titoli iridati nel 1954 a Caracas e di 2 ori olimpici a Helsinki e a Melbourne nel 1956. A questi ultimi Giochi il canadese Gérald Ouellette si rese protagonista di una straordinaria prestazione nella carabina piccolo calibro posizione a terra. Dopo essersi piazzato malissimo nella specialità 3 posizioni a 50 m, Ouellette e il suo compagno di squadra, il campione del mondo Gilmour Boa, decisero di usare entrambi l'arma di Boa nella competizione a terra, pure se questo significava sparare tutti e due nel tempo limite complessivo di due ore e mezza. Boa si presentò per primo ed eguagliò il suo record di 598 punti. Ouellette, nei 70 minuti circa che gli restavano, realizzò 60 centri, per un totale di 600 punti: il massimo raggiungibile. Sfortunatamente il record non poté essere omologato, in quanto i giudici australiani per quella gara avevano piazzato i bersagli un metro e mezzo più vicino della distanza ufficiale.
Sempre nella carabina libera, lo statunitense Gary Anderson, classe 1939, ha stabilito negli anni Sessanta 3 primati mondiali e ha vinto 4 titoli iridati. Anderson vinse l'oro a Tokyo 1964 nella specialità 3 posizioni e si ripeté quattro anni dopo a Città del Messico. Anderson, che era contemporaneamente sergente nell'esercito e prete presbiteriano, divenne in seguito direttore esecutivo della National Rifle Association.
Dagli Stati Uniti proviene anche la prima donna ad avere vinto una medaglia olimpica: Margaret Murdock. Ai Giochi di Montreal 1976 Murdock, un'infermiera di 33 anni originaria del Kansas, colse l'argento nella carabina piccolo calibro 3 posizioni, superata per un soffio dal connazionale Lanny Bassham. Tre anni prima, incinta al quarto mese, aveva vinto la prova in piedi ai Mondiali, battendo tutti gli uomini. A Los Angeles 1984 e a Seul 1988, nella stessa specialità 3 posizioni, brillò la stella del britannico Malcolm Cooper: nella posizione a terra Cooper stabilì il record olimpico con un pieno di 400 punti.
Alla specialità forse più spettacolare, la pistola automatica uomini, appartiene uno dei campioni che hanno saputo monopolizzare l'attenzione negli ultimi vent'anni. Il tedesco Ralf Schumann, classe 1964, dal 1986 in poi ha dominato il campo: più volte iridato e primatista mondiale, si è imposto alle Olimpiadi di Barcellona, di Atlanta e di Atene.
Ricordiamo infine, per la pistola libera e per quella ad aria compressa a 10 m, il trentacinquenne russo Michail Nestruev, vincitore di tre mondiali e olimpionico ad Atene. Poi il cinese Wang Yifu e l'italiano Roberto Di Donna, scontratisi nella finale olimpica di Atlanta. Nel poligono di Wolf Creek, Wang Yifu, campione in carica e in ampio vantaggio all'ultima serie, patì lo stress psicofisico e fallì completamente. Subito dopo svenne e fu portato via in barella. Con un punteggio di 10,5 al tiro conclusivo, Di Donna, classe 1968, romano ma con residenza nella provincia di Verona, lo sorpassò per un solo decimo di punto. Ad Atene 2004 Di Donna, che ad Atlanta si era aggiudicato pure un bronzo nella pistola libera, non ha partecipato. Wang ha vinto il suo terzo alloro.
Il blasone dell'Italia è stato tenuto alto dalla triestina Valentina Turisini, classe 1969, che alla sua prima esperienza olimpica (Atene 2004) al poligono di Markopulo ha conquistato l'argento nella carabina 3 posizioni. Per quanto concerne le donne, le atlete più vincenti alle Olimpiadi sono state la montenegrina Jasna Šekarić (un oro, 3 argenti e un bronzo), la russa Marina Logvinenko (2 ori nel 1992) e la trentaduenne bulgara Marija Grozdeva (oro nel 2000 e nel 2004) nella pistola; la polacca Renata Mauer (oro nel 1996 e nel 2000) nella carabina. In generale dominano, sia tra gli uomini sia tra le donne, le scuole cinese, coreana e dell'Europa orientale.
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