Tiro con l'arco
Il tiro con l'arco nacque come disciplina sportiva all'inizio dell'Ottocento negli Stati Uniti, dove alcuni appassionati, attingendo alla grande tradizione arcieristica militare inglese, costruirono i primi archi sportivi, perfezionarono la tecnica di tiro, codificarono e regolamentarono l'attività agonistica. Gli inglesi avevano raggiunto il livello più alto sotto il regno di Enrico VIII (1509-1547), esperto arciere, il quale aveva emesso un decreto che obbligava ogni suddito maschio, dai sette ai sessant'anni, a possedere un arco con relative frecce e a esercitarsi nel tiro. Con quel decreto venivano stabilite anche le distanze dei tiri e una multa per chi non le avesse rispettate. Anna Bolena, la seconda delle sue sei mogli e madre di Elisabetta I, che pure era provetta tiratrice, era stata allieva di Roger Ascham (1515-1568), l'autore del primo trattato sul tiro con l'arco, dal titolo Toxophilus (1545). In questo testo sono descritti scientificamente tutti i fenomeni che regolano il funzionamento dell'attrezzo e il volo della freccia. Dal Seicento le gare con l'arco entrarono a far parte della tradizione e delle feste popolari inglesi. Le nazioni dell'Europa settentrionale e centrale hanno tutte sviluppato una tradizione arcieristica, proveniente dall'arte militare, che con l'avvento delle armi da fuoco si è ridotta a pura esercitazione di abilità. Gli appassionati di quest'arte erano riuniti in compagnie di arcieri: la più antica di cui si abbia notizia nacque nel 1381 a Bruxelles con il nome di Saint Sébastien; nel 1675 in Francia venne fondata la Compagnia di Fontainebleau, nel 1678 in Scozia la Royal Company of Archers e nel 1787 la Royal Toxophilite Society di Londra.
Le prime vere gare sportive si svolsero, però, negli Stati Uniti nel 1829. Si tirava a una sola distanza, 80 yard (poco più di 73 m), con volée (serie) di tre frecce. Nel 1878 i club arcieristici negli Stati Uniti erano già numerosi e diedero vita nel 1879 alla National Archery Association (NAA), con relativo campionato nazionale a partire dallo stesso anno. Il campionato nazionale inglese, invece, si svolgeva già dal 1844, mentre quello francese si cominciò a disputare dal 1898.
Intanto nel 1896 si inaugurarono i giochi olimpici dell'era moderna, e il tiro con l'arco, che fu il secondo sport dopo il tennis ad ammettere gare femminili, fu presente nelle edizioni in cui nel paese organizzatore esisteva una federazione. Non fu incluso ad Atene nel 1896, mentre fu presente ai Giochi di Parigi del 1900, di St. Louis del 1904, di Londra del 1908 e di Anversa del 1920. Dopo questa edizione l'arco non fu più ammesso: il motivo di questa esclusione fu che, non esistendo una federazione internazionale, i paesi organizzatori dei giochi olimpici venivano sovente accusati di scegliere tipi di gare che favorivano i propri arcieri, il che causava continue liti. Le federazioni nazionali furono perciò spinte a trovare un accordo per creare una federazione internazionale. La neonata federazione polacca fu la più attiva in questo progetto, mettendosi in contatto con le altre allora esistenti per organizzare un campionato mondiale e un congresso che desse vita a una federazione internazionale.
Il primo Campionato Mondiale si tenne a Lwów (Leopoli), in Polonia, dal 23 agosto al 6 settembre 1931, e il 4 settembre si aprì il congresso che portò alla nascita della Fédération internationale de tir à l'arc (FITA). Al Mondiale parteciparono Polonia, Francia, Cecoslovacchia e Svezia. Il primo consiglio direttivo della FITA fu eletto dai rappresentanti di otto nazioni: Francia, Cecoslovacchia, Svezia, Polonia, Stati Uniti, Ungheria, Inghilterra e Italia. L'Italia, pur non avendo ancora una federazione nazionale (si formò solo nel 1961) né un'attività di tiro con l'arco, inviò come delegato Attilio Battistoni, un veronese che fece eleggere consigliere Angelo Ronzoni, presidente dell'Unione arcieri italiani di Milano. I Mondiali furono dominati dai polacchi, ma bisogna considerare che, per gli elevati costi di trasferta, non parteciparono gli statunitensi, ritenuti molto più forti. La prima apparizione di un arciere statunitense a un campionato mondiale avvenne nel 1933, a Londra, dove vinse facilmente e con grandissimo distacco dagli avversari. Questo campionato, denominato di tiro alla targa, si svolse all'aperto con frequenza prima annuale e poi biennale e per molti anni rimase l'unica competizione internazionale. La FITA impegnò subito tutte le energie per far riammettere il tiro con l'arco ai giochi olimpici. Soltanto dopo quarant'anni di battaglie e moltissimi rifiuti da parte del CIO la Federazione raggiunse il suo scopo: l'arco fu finalmente riammesso a Monaco di Baviera nel 1972.
Nell'anno di nascita della FITA i paesi con federazione nazionale erano meno di dieci, ma trent'anni dopo, quando nacque la Federazione italiana tiro con l'arco (FITARCO), quelli con una propria federazione erano 30, di cui 19 in Europa. La FITARCO fu fondata a Milano nel 1961 grazie all'interesse di cinque compagnie, le uniche allora esistenti in Italia: Compagnia arcieri di Treviso (1956); ABA (Associazione balestrieri arcieri) di Milano (1956); Arcieri Malpaga Colleoni di Bergamo (1958); Arcieri di Gorizia (1958); ABA di Roma (1961).
Il tiro con l'arco era arrivato in Italia da più strade. Il fascismo aveva incoraggiato le donne a praticare alcune attività sportive, fra cui l'arco, che veniva insegnato nelle Accademie per formare le insegnanti di educazione fisica. La tecnica si apprendeva studiando un manuale con molte lacune e inesattezze, sicuramente causate dalla cattiva traduzione di un testo inglese. In Veneto, nel dopoguerra, i militari statunitensi si esercitavano nelle ore libere con archi e frecce che si erano portati da casa. Paolo Polo, considerato il decano dell'arcieria italiana, raccolse queste esperienze e formò un primo gruppo di arcieri a Treviso. Un viaggio in Svezia del figlio Lucio, che prese lezioni di tiro e tornò con un arco a Treviso, segnò un'importante svolta dell'arcieria veneta. A Bergamo Giusi Pesenti, altro pioniere dell'arcieria italiana, che aveva imparato da ragazzo negli anni Trenta una tecnica molto approssimativa dallo stesso manuale utilizzato per formare le insegnanti di educazione fisica, partì per un viaggio di lavoro in Inghilterra dove venne in contatto con l'evoluta arcieria inglese. Al ritorno costituì con Armin Henkel la Compagnia Malpaga Colleoni di Bergamo. A Milano, invece, Massimiliano Malacrida, collezionista di armi antiche, si avvicinò all'arco moderno entrando in contatto negli anni Cinquanta con arcieri francesi, belgi e svizzeri. Nel 1956 fondò l'ABA di Milano e nel 1961 diventò il primo presidente della FITARCO.
Nei primi anni Sessanta praticare l'arco in Italia non era facile. Solo nelle grandi città, dove esistevano armerie che vendevano archi e frecce, si aveva la possibilità di frequentare gruppi di arcieri. A questo proposito bisogna ricordare che all'epoca l'arcieria italiana ed europea era convinta che il tiro con l'arco dovesse svolgersi all'interno delle società di tiro a segno. La nascita della stessa FITA avvenne per diretta filiazione dall'Unione internazionale di tiro a segno. Presto si capì però che l'arco, per le sue caratteristiche peculiari, non aveva niente in comune con le armi da fuoco, e si giunse alla convinzione che dovesse avere una federazione autonoma. Gli arcieri appartenenti alle compagnie italiane si accorsero che la loro conoscenza dei materiali era piuttosto scarsa e che la tecnica di tiro in loro possesso risultava praticamente nulla; fu quindi deciso unanimemente di recarsi all'estero per partecipare a gare con l'obiettivo di migliorarsi e di inserirsi in un circuito di carattere internazionale. La prima svolta qualitativa dell'arcieria italiana avvenne attraverso un grande torneo internazionale, l'Ambrosiano, organizzato dalla compagnia milanese ABA a partire dal 1959, con in palio un prezioso collare d'oro da assegnare definitivamente al concorrente capace di vincerlo tre volte. Dopo le prime edizioni la notizia del valore del collare si diffuse in tutta Europa facendo accorrere nel capoluogo lombardo tiratori di grande valore e trasformando l'Ambrosiano nel torneo più importante d'Europa.
Alla fine degli anni Sessanta il tiro con l'arco non era ancora molto diffuso in Italia, la quale contava soltanto 14 compagnie. Oltre alle cinque fondatrici della FITARCO esistevano il Biancamano di Milano, l'Aga di Genova, i Felsinei di Bologna, la compagnia 'Ugo di Toscana' di Firenze, gli Arcieri della Bicocca di Cinisello (Milano), l'Arca di Alpignano (Torino), gli Arcieri di Giovanni dalle Bande Nere di Grosseto, il Carroccio di Milano e gli Arcieri Padovani. La FITARCO, sotto la presidenza di Francesco Gnecchi Ruscone, si diede un nuovo statuto e strutture più funzionali. Un processo di ammodernamento che creò le premesse per il suo riconoscimento da parte del CONI, il quale nel 1971 la considerò Federazione di 'sport riconosciuto' e nel 1973 Federazione aderente, in attesa del definitivo riconoscimento, avvenuto nel 1978, di Federazione effettiva. Se nel 1968 le compagnie in Italia erano, come si è detto, solo 14, in Inghilterra se ne contavano alcune centinaia. Nel 1972, con la reintroduzione dell'arco ai giochi olimpici, l'Italia non era più la cenerentola dell'arcieria mondiale e poteva vantare almeno quattro tiratori di buon livello: Luigi Fiocchi, Gian Carlo Ferrari, Sante Spigarelli e Alfredo Massazza. I migliori restavano gli statunitensi, in campo sia maschile sia femminile. Seguivano qualitativamente Svezia, Finlandia, Belgio, Unione Sovietica, Inghilterra, Canada, Danimarca, Giappone e, in campo femminile, la Polonia. Il ritorno dell'arco nel programma olimpico generò un grande interesse in Italia, come in tutto il mondo, con conseguente aumento di praticanti. Dal 1973 al 1977 la FITARCO registrò una forte crescita di società affiliate e di praticanti. Nel 1973 le compagnie erano 38 con 565 tesserati, nel 1977 salirono a 110 con 2601 tesserati e nel 1979 arrivarono a 143 con 3078 tesserati. Nel 1985 le compagnie assunsero la denominazione di società sportive; nell'ultimo quadriennio esse hanno raddoppiato il loro numero e quello dei tesserati.
I primi importanti risultati degli italiani arrivarono nella seconda metà degli anni Settanta, quando batterono alcuni record mondiali e salirono sul podio dei campionati internazionali. Nel 1976 Ferrari vinse il bronzo ai Giochi Olimpici di Montreal, medaglia che conquistò nuovamente a Mosca nel 1980. Nel 1977 Gnecchi, presidente della FITARCO, fu eletto al Congresso di Canberra presidente della FITA. La FITARCO, per mettersi alla pari con le nazioni più evolute, aveva fatto giungere in Italia a partire dagli anni Sessanta alcuni tecnici stranieri. I più importanti sono stati: il francese Jacques Cadet (1963), lo svedese K.B. Jonson (1970), il polacco Mieczysław Nowakowski (1972) per preparare gli azzurri ai Giochi Olimpici di Monaco dello stesso anno, l'ucraino Viktor Sidoruk e il coreano Suk Dong-eun per quelli di Atlanta 1996. Dal 1974 al 1984 aveva allenato la squadra nazionale Mario Codispoti, un arciere goriziano che era vissuto all'estero e 'cresciuto' tecnicamente in Belgio.
L'arco era ormai sempre presente alle Olimpiadi, ma a ogni edizione circolavano voci di un possibile ripensamento da parte del CIO a causa della scarsa spettacolarità delle sue gare, dell'esiguo numero di spettatori, dei bassi introiti provenienti dalla vendita di biglietti e dai diritti per le riprese televisive. Per questa complessa serie di motivi la FITA fu invitata a cambiare la prova olimpica per renderla più spettacolare e comprensibile al pubblico. La prova venne modificata due volte, con soddisfazione del CIO che inserì, oltre alla medaglia individuale, anche quella a squadre a partire da Seul 1988. Tra gli anni Ottanta e i primi anni Novanta emersero nuove nazioni, come la Corea del Sud, che affrontò il tiro con l'arco con sistemi scientifici e diventò, specialmente in campo femminile, quasi imbattibile. Furono migliorate le attrezzature, fu progettato e costruito un arco dalla tecnologia avanzata, denominato compound, funzionante su principi differenti rispetto all'arco tradizionale; esso ha attirato l'interesse della maggior parte dei tiratori di tutto il mondo, ma ha generato anche molte controversie e non è stato ammesso ai giochi olimpici. Questo arco, dopo essere stato contrastato dalle federazioni nazionali, è stato infine ammesso dalla FITA in tutte le gare, in un'apposita divisione. Nei paesi occidentali sono nate gare, con relativi campionati, di diverse specialità con diversi tipi di arco. Gli archi raggruppati in divisioni sono tre: arco olimpico, arco nudo, arco compound. Le specialità, oltre a quella olimpica di tiro alla targa, che è rimasta la specialità principale, sono: il tiro di campagna, che si svolge tirando su bersagli posti lungo percorsi; il tiro indoor, che si pratica d'inverno alle distanze di 18 e 25 m; lo ski arc, ossia il biathlon con l'arco (archery biathlon), che si pratica con gli sci da fondo e l'arco. Esistono anche il tiro 3D, il tiro alla bandiera, l'archery golf ecc. Questo proliferare di specialità e di tipi di gare ha portato alla nascita di associazioni o federazioni, non riconosciute dal Comitato olimpico, le quali in genere praticano competizioni che simulano la caccia. Alcune di queste associazioni, inizialmente osteggiate dalle federazioni riconosciute dal Comitato olimpico, sono state in seguito accorpate o riconosciute con doppio tesseramento (in Italia la FIARC).
Negli anni Ottanta e Novanta il tiro con l'arco ha avvicinato atleti sempre più giovani, fino ad arrivare alla consapevolezza, da parte dei tecnici e di chi si occupa della didattica di questa disciplina, che per ottenere risultati soddisfacenti questo sport deve essere iniziato in giovanissima età. Le nazioni che per prime sono entrate in questa logica sono riuscite a formare giovani atleti che hanno partecipato a vari campionati raggiungendo livelli soddisfacenti. In Italia per sviluppare il settore vennero organizzati i Giochi della gioventù con l'arco, riservati ai ragazzi delle scuole elementari e medie. Se alle Olimpiadi del 1972 l'età media dei partecipanti era tra i trenta e i quarant'anni, in quelle degli anni Novanta si abbassò drasticamente con la presenza di molti diciottenni e ventenni. Nella prima metà degli anni Novanta, inoltre, le prestazioni degli arcieri e i punteggi conseguiti in gara raggiunsero livelli prima inimmaginabili. In Italia, dove nel frattempo (1987) la sede della FITARCO si era trasferita da Milano a Roma, la svolta dei grandi punteggi, realizzati da questa nuova generazione di tiratori, ebbe come protagonisti negli anni Novanta, tra gli altri, Ilario Di Buò, Andrea Parenti, Alessandro Rivolta, Michele Frangilli, Matteo Bisiani. A metà degli anni Novanta le nazioni che avevano una federazione affiliata alla FITA erano 96; in Italia le società sportive della FITARCO erano circa 500, con una media di 40 soci ciascuna, distribuite sul territorio nazionale in questo modo: nell'Italia settentrionale il 48%, nell'Italia centrale il 27%, nel Sud e nelle isole il 25%.
Da Barcellona 1992 la prova olimpica, su richiesta del CIO, subì una seconda modifica e si svolse con scontri a eliminazione diretta su un bersaglio posto a 70 m. La prova appassionò milioni di telespettatori che seguirono in tutto il mondo le semifinali e le finali trasmesse in diretta. Le gare dei Giochi di Atlanta 1996 furono seguite da tre milioni e mezzo di telespettatori italiani, testimoni della medaglia di bronzo della squadra italiana. Lo spettacolo ebbe una ricaduta sulle società sportive, che videro salire il numero di curiosi e appassionati. La stessa formula fu introdotta ai campionati nazionali e internazionali e poi al tiro indoor e a quello di campagna. Il grande successo di pubblico dei Giochi Olimpici di Barcellona e di Atlanta non venne confermato, in particolare in Italia, da quelli di Sydney 2000, anche se gli azzurri si aggiudicarono una medaglia d'argento. Le trasmissioni televisive a tarda notte, per la differenza di fuso orario, furono naturalmente seguite da pochi appassionati. L'arco, dopo un lungo periodo di crescita, vide per la prima volta un leggero calo nel numero dei tesserati e conobbe un periodo di stasi proprio nel momento in cui i suoi tiratori ai vertici, nel maschile con Frangilli, Bisiani, Parenti e Di Buò e nel femminile con Natalia Valeeva, avevano fatto divenire l'Italia una delle nazioni più forti del mondo. Nel panorama nazionale cambiarono anche abitudini consolidate da decenni: sparirono, per esempio, i grandi tornei internazionali organizzati dalle società, come il grande Torneo Ambrosiano che aveva superato il numero di 300 concorrenti ed era sopraffatto dai costi organizzativi ma soprattutto penalizzato dalla nascita di molti campionati e Grand Prix riservati ai tiratori delle squadre nazionali. I grandi tornei, che erano nati per mettere a confronto atleti di nazionalità differenti, non avevano più ragione di esistere; i campioni erano sempre più impegnati nei loro circuiti di gare internazionali.
Per trentotto anni dalla nascita della FITA (1931) il mondiale targa è stato l'unico campionato esistente. Nel 1969 fu inaugurata la prima edizione del mondiale campagna, nel 1991 l'indoor e il targa juniores e nel 1998 lo ski arc. Delle stesse gare furono organizzati anche i relativi campionati europei e di altri continenti. Dal 1979 l'arco è entrato a far parte delle specialità presenti ai Giochi del Mediterraneo e dal 1985 di quelle dei World Games. Inoltre in Europa e in Asia sono stati organizzati circuiti di Grand Prix riservati alle squadre nazionali.
Dal punto di vista delle nazionali il panorama è così delineato: se si tiene conto della sola specialità olimpica, la Corea ha consolidato il primo posto con 3000 giovani che praticano solo il tiro olimpico. Dopo la Corea ci sono l'Ucraina, la Cina, la Russia e altri paesi che prediligono la specialità olimpica. In Europa ogni nazione ha almeno un buon tiratore; il 60% degli arcieri di buon livello nel mondo è formato da tiratori europei. Gli Stati Uniti, che con le loro vittorie ai giochi olimpici si erano ritagliati un posto nella storia di questa specialità, sono in declino per mancanza di nuove leve. Poche migliaia di tiratori si dedicano al tiro olimpico, mentre più di un milione tira con il compound in gare che simulano la caccia o di altro tipo. Se si tiene conto invece di tutte le divisioni (i tre tipi di arco) e di tutte le specialità (tipi di gara), ci sono molte nazioni, fra cui Svezia, Francia, Italia, Stati Uniti, Australia, Germania, Gran Bretagna, Finlandia, Belgio, Olanda, Danimarca, Slovenia, Spagna, che ottengono complessivamente buoni risultati. La maggior parte degli specialisti del settore è convinta che la Corea, se affrontasse con gli stessi sistemi scientifici che dedica alla specialità olimpica qualsiasi altra specialità o divisione, si collocherebbe anche in quelle ai primi posti. Bisogna inoltre tenere conto del fatto che i paesi occidentali hanno in comune la debolezza del settore femminile, con il risultato che nelle competizioni internazionali della specialità olimpica è sempre casuale l'inserimento delle atlete in alta classifica, contrastate da coreane, cinesi, ucraine, russe, turche, indiane e polacche.
Ai Giochi Olimpici di Atene 2004 l'Italia ha raggiunto il miglior risultato della sua storia, la medaglia d'oro nella prova individuale con il giovane padovano Marco Galiazzo. Un risultato che non è arrivato inaspettato perché i tre forti tiratori azzurri di Atene, Galiazzo, Frangilli e Di Buò, erano considerati da podio, così come la tiratrice Valeeva, una moldava naturalizzata italiana. Frangilli campione del mondo targa in carica, Di Buò campione del mondo indoor in carica, Galiazzo campione d'Europa targa in carica, Valeeva pluricampionessa mondiale. Nel 2004 la FITARCO contava 489 società, 15.820 atleti, di cui 12.466 uomini e 3.354 donne. Altri tiratori sono tesserati in associazioni non riconosciute dal CONI.
Il tiro con l'arco in Italia non ha atleti professionisti. Solo una ristretta cerchia di tiratori che partecipano ai giochi olimpici ricevono dalla Federazione un modesto compenso, sotto forma di borsa di studio o altri tipi di rimborso. Negli altri paesi occidentali la situazione è pressoché uguale. In alcune nazioni europee i migliori tiratori sono arruolati nell'esercito o nelle forze di polizia, dove possono disporre, senza chiedere permessi, di tutto il tempo per allenarsi e per partecipare alle competizioni. Si tratta comunque di quattro o cinque tiratori per nazione; la grande massa degli arcieri pratica l'arco pagandosi tutto, dalle attrezzature (arco, frecce e accessori) alla quota associativa della propria società, fino alle trasferte per partecipare alle gare; inoltre ogni arciere è chiamato, come volontario, a collaborare alla conduzione della società di appartenenza. Le gratificazioni sono quindi solo di carattere sportivo: salire sul podio, qualificarsi ai campionati nazionali, essere convocati nelle squadre regionali o nazionali, sentirsi soddisfatti per il lavoro svolto nella conduzione della propria società. Il tiro con l'arco, per il modo in cui si svolge e per le regole che governano le sue gare, è considerato propedeutico per la formazione del carattere. Come tutti gli sport individuali questa disciplina insegna, soprattutto in ambito giovanile, ad assumersi tutte le responsabilità del risultato conseguito. Inoltre, come in altri sport che hanno una tradizione storica, il tiro con l'arco ha conservato in alcune manifestazioni lo spirito di lealtà che vigeva tra i primi praticanti. Per esempio, durante le competizioni ogni concorrente è tenuto a dichiarare e registrare direttamente i propri punteggi sugli scores, che rimangono l'unico documento riconosciuto ai fini della classifica, anche se le federazioni hanno introdotto, con il tempo, alcuni controlli. La lealtà è la prima regola che viene insegnata in tutte le scuole di tiro del mondo, qualsiasi età abbia l'allievo. Questa è una delle componenti dello spirito arcieristico che tiene uniti tutti i praticanti. Se non ci fosse questo spirito anche l'organizzazione delle gare diventerebbe un problema difficilmente superabile. Queste vengono infatti organizzate dalle singole società sportive che, alternandosi nel corso dell'anno, hanno la responsabilità dell'intero calendario relativo alle competizioni. Poiché il lavoro in queste occasioni spesso risulta gravoso, ogni socio si assume un incarico, naturalmente sotto forma di volontariato, contribuendo così al perfetto funzionamento della macchina organizzativa. Identico spirito anima le società di tiro, che si avvalgono della collaborazione di ogni iscritto per ogni fase gestionale: dalla segreteria alla manutenzione del campo, all'istruzione dei neofiti.
A differenza di quanto avveniva nel passato, oggi il tiro con l'arco è praticato da molti giovani. Questo è sempre avvenuto negli Stati Uniti, dove l'arco si insegnava nei colleges e dove, nel corso degli anni, si è notata una frequente corrispondenza tra l'andamento scolastico e la bravura nel tiro. Inoltre, spesso molti ragazzi che non riuscivano a conseguire un sufficiente profitto scolastico hanno ottenuto importanti miglioramenti dopo aver iniziato questa disciplina. Gli stessi ragazzi hanno riferito che, appassionatisi a questo sport, per emergere nelle competizioni avevano dovuto sviluppare qualità che prima non curavano. Diventare molto più precisi nella cura dei materiali e nella loro messa a punto, applicare la massima attenzione durante l'esecuzione del gesto tecnico, rimanere concentrati per tutta la durata della gara, programmare gli allenamenti sono attività che aiutano la crescita della personalità, rivelandosi molto utili anche in altri ambiti.
La tecnica di tiro della specialità più importante, quella con l'arco olimpico, ha avuto una lunga evoluzione a cui hanno contribuito tutte le più importanti scuole di tiro. Fino alla fine degli anni Settanta esistevano due grandi scuole, quella statunitense e quella sovietica: la prima si è diffusa nei paesi occidentali, la seconda in quelli orientali. L'Italia ha attinto da entrambi gli indirizzi. Negli anni Settanta i primi istruttori italiani furono inviati negli Stati Uniti, in celebri scuole di tiro, dove ebbero l'opportunità di formarsi e di migliorare le tecniche; nello stesso tempo gli arcieri italiani potevano osservare, tutti gli anni, le formidabili squadre sovietiche impegnate nel Torneo Ambrosiano di Milano. Per un occhio poco esperto era difficile notare differenze nell'azione di tiro delle due scuole, perché il gesto tecnico era, almeno esteriormente, identico; differivano invece la preparazione e la filosofia della disciplina. In ambito arcieristico le due impostazioni sono state sintetizzate rispettivamente nelle formule contrapposte "lascia che tutto avvenga", propria della tecnica statunitense, e "tieni tutto sotto controllo", tipica di quella sovietica. La scuola statunitense metteva in primo piano la preparazione mentale e poneva l'accento sull'importanza del fattore legato all'inconscio; quella sovietica, fondamentalmente scettica sull'effettivo apporto dell'inconscio, indicava nel potenziamento con i pesi e nell'allenamento giornaliero nel tiro la via da preferire. Con gli anni le due scuole si sono fuse e negli anni Novanta è emersa la scuola coreana, che è riuscita a imporsi nelle competizioni internazionali.
Volendo semplificare in poche righe il contenuto dell'attuale insegnamento da parte degli istruttori di tutto il mondo, la posizione e l'azione dell'arciere possono essere così descritte: i piedi sono a cavallo della linea di tiro, in posizione perpendicolare a essa; la mano sinistra afferra l'arco senza stringerlo; le dita della mano destra, protette da una pattelletta, agganciano la corda, l'indice sopra la cocca della freccia, il medio e l'anulare sotto la cocca. Il braccio che regge l'arco, protetto da un parabraccio, si solleva; la mano che aggancia la corda apre l'arco, con una trazione dei muscoli della schiena, e va ad ancorarsi sotto la mandibola con la corda che tocca il mento e la punta del naso. Lo sguardo, rivolto verso la linea di tiro, fa collimare il mirino con il centro del bersaglio. Il braccio che regge l'arco è perfettamente teso e la sua spalla non si deve alzare. Il gomito del braccio che tende la corda è allineato con la freccia. A questo punto il tiratore è nel suo allungo ideale e deve eseguire un'ulteriore piccola trazione per fare uscire la punta della freccia dal clicker (una linguetta metallica, avvitata sull'arco, sotto la quale scorre la freccia in trazione), dopo di che le dita si aprono e lasciano la corda (rilascio). La freccia parte verso il bersaglio. La mano che regge l'arco non lo trattiene ma lo lascia balzare in avanti, in direzione del bersaglio, trattenuto da un cordino (dragon) che lo lega alla mano. La mano destra che teneva la corda per reazione indietreggia verso il collo. L'arciere rimane immobile per qualche secondo (follow-through) in questa posizione, mentre l'arco per effetto della bilanciatura ruota sulla mano.
Questa tecnica di tiro si svolge in circa cinque secondi, ma per eseguirla in modo corretto occorrono, con l'aiuto di un tecnico, alcuni anni. Si inizia con un arco poco potente, senza bilanciatura e senza clicker, che tutte le società mettono a disposizione dei neofiti per il corso di formazione sotto la guida di un istruttore. L'allievo, quando ha imparato i fondamentali, può acquistare un'attrezzatura personale adatta alle sue caratteristiche: la forza che riesce a sviluppare per aprire un arco, e che determina la potenza dell'arco da scegliere; l'allungo ideale, legato alla lunghezza delle braccia, che determina la misura dell'arco e delle frecce. Dopo aver appreso i fondamentali si impara l'uso del clicker. Quando la freccia è passata completamente sotto il clicker, questo batte sull'arco, segnalando che è giunto il momento di lasciare la corda. Oltre a essere un misuratore di allungo, tale dispositivo genera, con il suo suono, un riflesso condizionato che fa aprire al tiratore le dita con cui trattiene la corda, con automatismo costante. Uno dei segreti della tecnica di tiro consiste nella capacità di ripetere il gesto sempre allo stesso modo, con tempi uguali, utilizzando gli stessi muscoli.
La preparazione prevede particolari esercizi per migliorare la tecnica di tiro: il tiro a occhi chiusi con il battifreccia senza bersaglio posto a 3 m, in modo tale che l'arciere senta meglio i muscoli coinvolti; il tiro con aumento o diminuzione della velocità di esecuzione; l'apertura dell'arco fino allo scatto del clicker senza rilasciare la freccia; il tiro con una moneta appoggiata sul polso della mano che sorregge l'arco (la moneta, dopo il rilascio, non deve cadere); il tiro con uno specchio di fianco per osservarsi durante l'azione; il dry shoot, cioè l'esecuzione mentale del tiro senza arco e frecce.
L'allenamento dei tiratori delle squadre nazionali, in previsione di grandi eventi, prevede sistemi per raggiungere il massimo della forma in vista della competizione. Si aumenta progressivamente, nei mesi precedenti la gara, il numero di frecce tirate quotidianamente, per poi diminuirlo con l'avvicinarsi della data dell'evento.
Con l'arco nudo la tecnica è pressoché uguale, tenuto conto che sull'arco non ci sono clicker, mirino e bilancieri. Per mirare l'arciere usa la punta della freccia e altri sistemi. Per colpire il bersaglio a distanze differenti ricorre al face walking (ancoraggio sulla guancia in punti differenti) o allo string walking (aggancio delle dita sulla corda in punti differenti).
Nel compound la tecnica è leggermente differente, perché l'arco funziona in modo diverso e sono permessi accessori vietati sull'arco olimpico. Il più importante è lo sgancio meccanico, costruito in vari modelli, che trattiene la corda al posto delle dita: quando si è ancorati e in mira si aziona il dispositivo, che rilascia la corda. Questo modo di rilasciare, aggiunto alla maggiore potenza dell'arco e agli altri accessori consentiti (per esempio un mirino con lente), rende il compound molto più preciso. Dopo lunghe discussioni tecniche sugli aspetti statici e dinamici, la tecnica di tiro del compound si sta orientando verso la back tension, consistente nel completo coinvolgimento della tensione dei muscoli dorsali dell'arciere.
Le sedute di allenamento per tiratori di arco olimpico e di arco nudo avvengono circa tre volte alla settimana per una durata di 2-3 ore a seduta. Per i tiratori delle squadre nazionali le sedute avvengono giornalmente per una durata non inferiore alle 4 ore. Per i tiratori di arco compound l'impegno può essere inferiore. In Italia quasi tutti i giovani sono indirizzati verso l'arco olimpico, perché la FITARCO ha come finalità la conquista delle medaglie olimpiche. Per la formazione degli istruttori esiste un'apposita commissione che sovrintende alla preparazione a vario livello: il più alto è l'allenatore nazionale, seguito dall'allenatore, dall'istruttore di secondo livello e da quello di primo.
Nell'allenamento al tiro con l'arco, oltre l'elemento tecnico, esistono le componenti legate al potenziamento fisico e a quello mentale. Per il potenziamento fisico esistono particolari esercizi da svolgere in palestra con l'ausilio di apposite macchine che circoscrivono il più possibile l'allenamento ai muscoli interessati. Per il potenziamento mentale, a differenza di quello fisico, ci sono pochi specialisti, i sistemi non sono ben codificati e i risultati sono difficilmente misurabili.
La tattica, non essendo l'arco uno sport di squadra e non essendoci un combattimento diretto contro l'avversario, è praticamente assente. Si tira sempre al massimo delle proprie capacità, dalla prima all'ultima freccia. I coreani, che hanno affrontato questo problema con analisi e studi, escludono drasticamente ogni tatticismo, proibiscono ai loro tiratori di guardare il bersaglio dell'avversario e consigliano ai propri arcieri di concentrarsi esclusivamente sulla propria azione di tiro.
L'attrezzatura nel tiro con l'arco è costituita da arco, frecce e accessori. I primi archi sportivi sono stati i diretti discendenti del long bow, famoso arco inglese considerato nel Regno Unito arma nazionale. Negli anni Quaranta fecero la loro comparsa vari tipi di archi di acciaio smontabili in tre pezzi. Il modello più famoso era il Sefab, che per più di un decennio ha dominato ai campionati mondiali. Negli anni Cinquanta arrivarono gli archi finestrati, per consentire il passaggio della freccia, con flettenti in legno a doppia curva e, di lì a poco, quelli con flettenti in fibra di vetro. Negli anni Sessanta i flettenti vennero costruiti in multistrato, con uno strato di legno tra le due facce esterne di fibra di vetro. Erano tutti archi monolitici e senza bilancieri. La bilanciatura nacque negli anni Sessanta per stabilizzare l'arco dopo le vibrazioni procurate, al rilascio, dalla fibra di vetro contenuta nei flettenti. Bisogna ricordare che l'arco si è evoluto di pari passo con i regolamenti della FITA, i quali al principio vietavano perfino il punto d'incocco sulla corda, mentre successivamente consentirono il mirino, la bilanciatura e altri accessori. Ai Giochi Olimpici di Monaco 1972 fece la sua comparsa l'arco vincente take-down della Hoyt, molto simile agli archi usati attualmente. Era un arco smontabile con una parte centrale in lega metallica e due flettenti inseriti a innesto alle due estremità. Nella parte centrale (riser) erano avvitati i bilancieri. I primi archi avevano corde in vari materiali, poi in dacron, sostituite alla fine degli anni Settanta da quelle anelastiche in kevlar; poiché queste ultime avevano il difetto di rompersi con molta facilità, negli anni Ottanta si impiegarono corde più robuste in fast-flite. Negli anni Sessanta circolavano vari dispositivi, ottici e acustici, con la funzione di misuratori di allungo, fino ad arrivare al successo del clicker. Negli anni Settanta comparve il bottone elastico o berger (dal nome del suo inventore). Negli anni Novanta gli archi e gli accessori avevano ormai l'aspetto attuale. La parte centrale, in lega metallica fresata, sovente traforata per alleggerirla e farle offrire minore resistenza al vento laterale, è dotata di manopole intercambiabili da inserire sull'impugnatura. I due flettenti, in multistrato di fibra, carbonio e altri materiali sempre più veloci, sono inseriti a innesto sopra e sotto la parte centrale. Un dispositivo nel punto di innesto, che sposta l'inclinazione dei flettenti, permette di variare di circa il 15% la potenza dell'arco. Le caratteristiche di un arco sono la sua lunghezza e la sua potenza misurate rispettivamente in pollici e in libbre. Tutti gli accessori sono fissati nella finestra ricavata nella parte centrale dell'arco: mirino, clicker, bottone elastico, supporto della freccia. Il mirino è costituito da una prolunga di lunghezza variabile che lo fissa sull'arco e da una diottra dotata di movimenti verticali e orizzontali. La bilanciatura, che può avere varie geometrie, è costituita in genere da un bilanciere lungo centrale e da due corti laterali. Sulla corda, oltre il punto d'incocco, è consentito un dischetto che, in posizione di ancoraggio, si posiziona tra le labbra.
Per quanto riguarda le frecce, negli anni Quaranta erano costruite prevalentemente in legno di cedro. Nel 1946 furono immesse sul mercato le prime frecce in lega di alluminio dalla Easton, fabbrica statunitense che già produceva quelle in legno dal 1922. Nel 1985 il mercato delle frecce, monopolizzato quasi interamente dalla Easton, vide la comparsa di frecce in carbonio prodotte dalla fabbrica francese Beman, che furono scelte dai migliori tiratori. Tre anni dopo la Easton riconquistò il mercato con una freccia rivoluzionaria, il modello ace, molto leggera, veloce e precisa, costituita da un'anima in tubo di lega d'alluminio rivestita di carbonio, con diametro esterno di misura non uniforme (a barilotto), maggiore nella zona centrale, dove la freccia tende a flettersi. L'alta tecnologia richiesta nella fabbricazione si riflette sul costo di vendita, piuttosto elevato rispetto a tutte le altre frecce che nel frattempo sono andate a coprire le restanti nicchie di mercato. Le caratteristiche di una freccia sono il materiale di costruzione, il diametro esterno, lo spessore della parete del tubo, la lunghezza, il peso, la flessibilità, il tipo di punta, di alette e di cocca.
La necessità di realizzare punteggi sempre più alti nella specialità olimpica comporta messe a punto del sistema arco-freccia sempre più sofisticate. Il rapporto tra questi due elementi risulta ottimale quando la freccia percorre nel suo volo una traiettoria pulita senza ondeggiamenti. Naturalmente si parte dal presupposto che, durante il test, le frecce siano tirate da un arciere con una buona tecnica di tiro, altrimenti ogni tentativo di miglioramento sarebbe vanificato dalle carenze dell'arciere. La messa a punto perfetta si ottiene trovando prima, con alcuni calcoli, la freccia con la flessibilità giusta per la potenza dell'arco, successivamente regolando il bottone elastico su cui appoggia lateralmente l'asta della freccia e, se necessario, spostando il punto d'incocco e la distanza arco-corda. Data la lunghezza e la potenza di un arco all'allungo del tiratore, esistono formule matematiche e tabelle per trovare il tipo di freccia giusta tra le moltissime in produzione. Individuata sulla carta la freccia giusta, questa deve essere sperimentata tirandola e sottoponendola ad alcune prove (tuning) per avere la conferma delle caratteristiche ricercate.
Il test più usato è quello detto 'della spennata', nel quale si tirano su un bersaglio tre frecce impennate e una spennata a una distanza di circa 15-20 m per un arciere agli inizi o molto giovane e di 70 m per un arciere provetto. La freccia spennata si deve posizionare nella rosata delle impennate. Se la spennata non si discosta troppo dal gruppo delle impennate, si riesce a portarla nel gruppo lavorando sul bottone elastico e sul punto d'incocco; se si discosta troppo, bisogna cambiare il tipo di freccia. Il bottone elastico è costituito da un perno, avvitato nel foro predisposto nella finestra dell'arco, sul quale poggia lateralmente la freccia. Si può graduare la sua elasticità, grazie a una molletta interna, e variare la sua escursione nella finestra modificando la centratura della freccia rispetto all'arco (center shoot). Queste due regolazioni, combinate tra loro, permettono di agire sulla flessibilità della freccia nel momento in cui riceve la spinta dalla corda. Un altro test è quello del foro sulla carta: in base al tipo di foro che produce il passaggio di una freccia su un foglio di carta teso, posto a pochi metri dal tiratore, si ricavano le informazioni come nel test 'della spennata' per agire sul bottone elastico o sul punto d'incocco.
Queste e altre prove, messe a punto per l'arco olimpico, sono adottate anche per l'arco nudo e per l'arco compound. L'arco nudo è uguale all'arco olimpico con una quantità minore di accessori: non sono previsti il mirino, il clicker e la bilanciatura. L'arco compound presenta caratteristiche talmente differenti che al principio molti si rifiutarono di considerarlo un arco. Ideato nel 1966 dallo statunitense Wilbur Allen, fu progettato con il proposito di ottenere un aumento della velocità della corda in chiusura, e quindi della freccia, grazie al passaggio della corda attraverso rotelle eccentriche montate sui flettenti. Per aprire questo tipo di arco si incontra all'inizio una grande resistenza (picco), mentre al termine della trazione, in posizione di ancoraggio e di mira, la resistenza si riduce a circa la metà (valle). I primi modelli, goffi e complicati, non incontrarono il gradimento degli arcieri e delle federazioni. Negli anni Ottanta, con un design più accattivante, l'arco compound trovò i primi estimatori che vi montarono tutti gli accessori proibiti sull'arco olimpico: il rilascio meccanico, il mirino con lente, la visette (un punto di mira inserito nella corda), la bolla d'aria per mantenere l'arco verticale, l'overdraw (che permette di utilizzare frecce più corte rispetto all'allungo dell'arciere). Alla fine degli anni Ottanta questo arco raggiunse una tale diffusione che la FITA dovette prenderlo in considerazione. Fu così che la Federazione istituì una divisione compound a partire dal Campionato Mondiale campagna 1990, poi in quello indoor 1991 e in quello targa 1993. Nonostante questi riconoscimenti, la specialità non è sata ammessa ai giochi olimpici.
Gli impianti di tiro con l'arco, in genere, sono fissi per l'allenamento e vengono allestiti per le gare. Tutte le società della FITARCO hanno un campo di allenamento all'aperto omologato dalla Federazione, che detta particolari accorgimenti legati alla sicurezza. Le gare possono essere organizzate sui campi delle società, ma più spesso si utilizzano, per ragioni legate alle maggiori dimensioni, grandi impianti sportivi (per esempio campi di calcio). Nella stagione invernale l'allenamento si svolge in palestra, mentre le gare vengono organizzate in palazzetti dello sport, padiglioni di fiere o altri ambienti con caratteristiche simili. Per il tiro di campagna, che si svolge su bersagli disseminati lungo percorsi, sono pochissime le società che dispongono di un impianto fisso. Per le gare vengono scelti terreni che possono offrire vari tipi di difficoltà: tiri in salita o in discesa, con i bersagli disposti ad altezze differenti rispetto al tiratore, tiri in contropendenza. Per poter creare tutti i tipi di difficoltà vengono sovente scelti terreni in montagna. Sono gare difficili da organizzare perché tutto il terreno interessato, in genere molto ampio, deve rispondere ai criteri di sicurezza, essere recintato o per lo meno delimitato e sorvegliato per evitare l'ingresso di estranei. Gli stessi concorrenti si devono muovere solo lungo sentieri tracciati, rispettando le norme di sicurezza stabilite.
Negli impianti di qualunque specialità (tipo di gara) la parte più importante è costituita dai bersagli. Questi sono realizzati in varie dimensioni, stampati su carta o su materiali che non si deformano con il variare della temperatura e dell'umidità. I bersagli del tiro alla targa sono di due tipi: per il tiro all'aperto uno di 122 cm di diametro e l'altro di 80 cm; per il tiro indoor uno di 60 cm e l'altro di 40 cm. Contengono cinque cerchi concentrici, a uguale distanza l'uno dall'altro, che formano altrettante zone di diversi colori: al centro giallo, poi rosso, azzurro, nero e bianco. Ciascun colore è a sua volta diviso da una riga sottile in due zone di uguale larghezza: si hanno così dieci zone di punteggio, tutte di uguale larghezza, con valore da 1 a 10 punti a partire dall'esterno. I bersagli sono fissati sui battifreccia, costruiti in varie fogge: il più comune è costituito di paglia di grano duro o di riso. Hanno per lo più diametro di 128, 90 o 80 cm. Un altro tipo di battifreccia è quadrato ed è formato da vari listelli di materiale plastico sovrapposti. I battifreccia sono in genere appoggiati su cavalletti di legno.
Nelle gare di tiro alla targa all'aperto il battifreccia ha una bandierina fissata nella parte più alta per indicare la direzione del vento e un numero alla base, alto 30 cm, perché l'arciere possa distinguere il proprio bersaglio. In gara i bersagli sono allineati su lunghe file a distanza variabile a seconda dei regolamenti dei diversi tipi di gara. Hanno un'inclinazione variabile dai 10° ai 15° rispetto alla verticale e una distanza tra loro che dipende dall'importanza della gara (regionale, nazionale, internazionale); sono posti in modo che il centro del bersaglio si trovi a 130 cm da terra. Il tutto è controventato, cioè legato da due o tre corde fissate a terra con picchetti, per evitare che il vento rovesci il battifreccia. Dietro la fila dei bersagli deve esserci una zona di sicurezza di 50 m, che può essere di dimensioni inferiori in presenza di barriere verticali (terrapieni). Nelle gare che si svolgono su varie distanze i bersagli sono spostati durante lo svolgimento della competizione, mentre la linea di tiro resta invariata. Questa è delimitata da un cavo fissato sul terreno oppure da un pavimento di piastrelle o da altri manufatti. Sulla linea di tiro è indicata la posizione di ciascun arciere. Dietro la linea di tiro si trova un corridoio per appoggiare gli archi, una linea di attesa e, 10 m indietro, la zona riservata al pubblico. Il terreno di gara deve essere perfettamente in piano con il manto erboso rasato. Completano l'impianto i semafori posti tra la linea di tiro e i bersagli, collegati a una centralina elettrica manovrata dal direttore di tiro. Le luci del semaforo sono il rosso, che indica il divieto di tirare, il verde, che autorizza a tirare, e il giallo, che si accende quando mancano 30 secondi alla scadenza del tempo consentito. Tutti i dispositivi elettrici all'interno del terreno di gara devono essere alimentati con corrente a bassa tensione (massimo 24 volt). Negli eventi di una certa importanza i semafori sono sostituiti da orologi digitali contasecondi con numeri alti almeno 20 cm. Negli scontri a eliminazione diretta di fronte a ciascun arciere viene disposto un pannello con il suo nome o, nella prova a squadre, con quello della società. Sotto i bersagli sono collocati numeratori che indicano il punteggio realizzato a ogni volée. In appositi pannelli vengono esposte le classifiche parziali e finali. La qualità dell'impianto e dell'organizzazione, in qualsiasi tipo di gara, è valutata dagli arbitri, i quali redigono a fine competizione un verbale che può determinare positivamente o negativamente la possibilità di organizzare in futuro altre gare.
Nel tiro indoor, con bersagli posti a 18 o a 25 m, le regole per organizzare una gara sono pressoché uguali, rapportate alle minori distanze. Per la sicurezza, dietro i bersagli si ricorre a barriere, o reti, costruite in materiale che impedisce il passaggio delle frecce.
Per il tiro di campagna il battifreccia con bersaglio è, in genere, appoggiato per terra o montato su appositi cavalletti bassi. Il terreno di gara non può essere situato a un'altezza sul livello del mare superiore ai 1800 m. La distanza da percorrere, dal punto di ritrovo al bersaglio più lontano, non deve superare i 1000 m o, in presenza di grandi dislivelli, i 15 minuti con passo normale. Il dislivello tra la piazzola più alta e quella più bassa non deve superare i 100 m. Tutte le piazzole sono numerate in ordine progressivo e i concorrenti devono eseguire i tiri rispettando questo ordine. I concorrenti sono divisi in pattuglie generalmente di quattro tiratori. Una pattuglia, quando raggiunge una piazzola, deve sostare nella zona segnalata come attesa a circa 5-10 m dal picchetto di tiro. Ciò perché non sia disturbato chi è al tiro, ma soprattutto per evitare che chi deve ancora tirare possa trarre informazioni sulla difficoltà del tiro stesso. I picchetti, da cui avvengono i tiri e che indicano la distanza dal bersaglio, sono blu per l'arco nudo e rossi per l'arco olimpico e il compound. I bersagli del tiro di campagna possono essere di quattro misure, con diametri di 80, 60, 40 e 20 cm. Il bersaglio è costituito da cerchi neri concentrici di uguale larghezza, separati l'uno dall'altro da una sottile linea bianca, che costituiscono le zone di punteggio da 1 a 5 punti. Il cerchio centrale, quello del valore di 5 punti, è colorato in giallo. Il percorso è in genere costituito da 24 piazzole poste a distanza dichiarata e da altre 24 a distanza sconosciuta (è permesso organizzare gare con un numero inferiore di piazzole). Queste gare sono anche indicate con la sigla H+F, dove H (hunter) indica il percorso a distanze sconosciute e F (field) quello a distanze dichiarate.
Alle prime Olimpiadi dell'era moderna, ad Atene nel 1896, l'arco non fu presente perché in Grecia non esisteva una federazione nazionale e non era ancora nata quella internazionale.
Ai Giochi di Parigi 1900 l'arco fu presente con diversi tipi di prove: bersaglio su pertica, piramide su pertica, cordone dorato (33 e 50 m), ghirlanda (33 e 50 m). L'inesistenza di una federazione internazionale, autorità super partes alle Olimpiadi, faceva in modo che i paesi organizzatori dei giochi scegliessero per l'arco tipi di prove in cui eccellevano i propri arcieri. A Parigi parteciparono atleti francesi, belgi e olandesi. Il belga Hubert Van Innis conquistò due medaglie d'oro.
Nel 1904 alle Olimpiadi di St. Louis i concorrenti, in questa come peraltro in altre discipline, furono solo statunitensi; per questa ragione la prova fu considerata solo dimostrativa. Nel 1908 le Olimpiadi si svolsero a Londra. Tirarono 43 arcieri britannici (fra cui 18 donne), 14 francesi e uno statunitense. Gli uomini tirarono nello york round (distanze di 60, 80 e 100 yard), dove vinse il britannico William Dod, e nel continental style (tiro da 50 m), in cui si affermò il francese Eugène Grizot. Le donne tirarono nella gara da 50 e 60 yard di distanza, vinta dalla britannica Sybil 'Queenie' Newall.
Nel 1912 a Stoccolma l'arco non fu ammesso. Ricomparve nel 1920 ad Anversa con la partecipazione di 14 belgi, 8 francesi e 8 olandesi. Si disputarono diversi tipi di gare, tra le quali: il tiro au berceau ai 28 e ai 33 m, vinto in entrambi i casi dal belga Hubert Van Innis, e quello ai 50 m, vinto dal francese Julien Brulé; il tiro 'alla pertica' ai piccoli uccelli, vinto dal belga Edmond Van Moer, e quello ai grandi uccelli, vinto dal belga Edmond Cloetens. Dopo questa edizione il tiro con l'arco non fu più presente alle Olimpiadi finché non venne riammesso nel 1972 a Monaco di Baviera.
A Monaco il tipo di gara scelto fu il doppio FITA, la gara con cui si svolgevano i mondiali. Parteciparono 55 tiratori e 40 tiratrici. Per l'Italia furono selezionati i milanesi Gian Carlo Ferrari e Alfredo Masazza, il romano Sante Spigarelli; in campo femminile non ci furono convocazioni. La prova durò quattro giorni, e durante il primo Masazza si mise in evidenza piazzandosi nelle prime posizioni e attirando l'attenzione della stampa nazionale. Vinse, come da pronostico, lo statunitense John Williams, che batté due record mondiali (1268 punti nel FITA e 350 punti ai 30 m). Il torneo femminile fu vinto dalla statunitense Doreen Wilber. I piazzamenti azzurri furono: Masazza trentunesimo, Ferrari trentatreesimo, Spigarelli trentacinquesimo.
Nel 1976, a Montreal, il tipo di gara fu il doppio FITA. Parteciparono 37 tiratori e 27 tiratrici. Per l'Italia furono selezionati Ferrari e Spigarelli e in campo femminile Franca Biasioli e Ida Da Poian. Nel maschile erano favoriti gli atleti statunitensi, mentre nel femminile le sovietiche. Vinse il maschile il giovane statunitense Darrell Pace, che aveva dominato tutti i grandi eventi dell'anno; l'azzurro Ferrari riuscì a superare l'altro forte statunitense Richard McKinney conquistando il bronzo, mentre a sorpresa l'argento andò al giapponese Hiroshi Michinaga, sconosciuto in campo internazionale. Il femminile fu dominato dalla sovietica Valentina Kovpan, che però sbagliò la prova ai 50 m e lasciò l'oro alla statunitense Luann Ryon, preparata da Williams (l'oro olimpico 1972) che la spronò a conquistare il record del mondo con 1282 punti nel FITA. Gli altri azzurri si piazzarono: Spigarelli decimo, Biasioli dodicesima, Da Poian diciannovesima.
A Mosca 1980 il tipo di gara fu il doppio FITA, con la partecipazione di 38 tiratori e 29 tiratrici. Per l'Italia furono selezionati Ferrari e Spigarelli e nel femminile Biasioli. Queste Olimpiadi furono boicottate per ragioni politiche da nazioni forti come Stati Uniti, Giappone, Corea del Sud e altre. Vinsero il finlandese Tomi Poikolainen e la sovietica Keto Losaberidze. L'azzurro Ferrari vinse il bronzo, Spigarelli arrivò quattordicesimo e Biasoli decima.
Ai Giochi di Los Angeles 1984 il tipo di gara su cui gli atleti si dovettero confrontare fu il doppio FITA. Furono selezionati per l'Italia Ferrari, Ilario Di Buò ed Esther Robertson. Nel maschile gli statunitensi si confermarono i più forti, mentre nel femminile si misero in evidenza le giovani tiratrici coreane e cinesi, che in futuro avrebbero dominato per molti anni le grandi manifestazioni. I due fenomeni statunitensi Pace e McKinney si piazzarono ai primi due posti seguiti dall'astro nascente giapponese Hiroshi Yamamoto. Nella prova femminile, ormai dominata dalle orientali, la medaglia d'oro andò alla coreana Seo Hyang-soon. La spedizione italiana, iniziata in modo travagliato per le dimissioni del tecnico Mario Codispoti, risultò deludente con Ferrari venticinquesimo, Di Buò ventinovesimo e Robertson ventunesima.
Nel 1988, a Seul, il tipo di gara fu il Grand FITA Round. Per l'Italia furono selezionati Di Buò, Ferrari, Andrea Parenti e nessuna tiratrice. Su richiesta del CIO si adottò un nuovo tipo di prova che avrebbe dovuto rendere più spettacolari le gare. Il CIO, soddisfatto dall'esito della nuova gara, concesse all'arco una prova in più: oltre alle prove individuali furono organizzate anche quelle a squadre. L'altra novità che caratterizzò questi Giochi fu l'età dei partecipanti, che calò in modo netto segnando una tendenza per tutti gli anni a venire. La statunitense più forte, Denise Parker, aveva solo 15 anni; l'inglese Joanna Franks 17 anni; stessa età per la dominatrice di questi Giochi, la coreana Kim Soo-nyung, che sarebbe diventata la più forte tiratrice di tutti tempi. Il giovane statunitense Jay Barrs vinse l'oro, mentre la maggior parte delle altre medaglie andò alla Corea del Sud: squadra maschile e femminile, le tre medaglie individuali femminili e l'argento maschile. Per gli italiani il migliore risultò Di Buò (tredicesimo), che arrivò fino ai quarti; Parenti si piazzò ventottesimo, Ferrari trentatreesimo, la squadra nona.
A Barcellona 1992 fu cambiato per la seconda volta il tipo di prova su richiesta del CIO, che, pur soddisfatto del Grand FITA Round disputato a Seul, era diventato scettico anche su questa gara sotto l'incalzare di nuovi sport più spettacolari che premevano per entrare alle Olimpiadi. Nacque così l'Olympic Round, basato su scontri diretti di un arciere contro un altro con un bersaglio a 70 m. Per l'Italia furono selezionati Di Buò, Parenti, Alessandro Rivolta e nel femminile solo Maria Rachele Testa, che si espresse al meglio delle sue possibilità, con record personale nella qualificazione, ma veloce eliminazione ai sedicesimi al pari di Parenti e Rivolta. Di Buò, con una brutta gara di qualificazione, non entrò nell'Olympic Round. La squadra maschile fu eliminata agli ottavi. A sorpresa vinse la squadra maschile spagnola. L'oro individuale andò al francese Sébastien Flute, mentre la Corea del Sud conquistò l'oro con Cho Youn-jeong e con la squadra femminile.
Quelle di Atlanta 1996 furono per l'arco le prime Olimpiadi a numero chiuso: 64 uomini e 64 donne. La partecipazione si ottenne con piazzamenti ai campionati mondiali e continentali. Rappresentarono l'Italia Matteo Bisiani, Frangilli, Parenti, Giovanna Aldegani, Giuseppina Di Blasi e Paola Fantato. La squadra maschile azzurra si aggiudicò la medaglia di bronzo. L'oro individuale maschile andò al semisconosciuto statunitense Justin Huish, confermando come l'Olympic Round avesse soddisfatto la richiesta di spettacolarità rischiando l'iniquità nei risultati. La prova a squadre andò agli statunitensi che in finale batterono i coreani. Nel femminile la Corea del Sud vinse l'oro individuale con Kim Kyung-wook e quello di squadra. Per gli italiani rimase il ricordo della prova di qualificazione vinta da Frangilli, con record olimpico, e il bronzo a squadre, ottenuto battendo l'Australia. Nell'individuale il miglior azzurro fu Frangilli (sesto), seguito da Bisiani (nono) e da Parenti (diciassettesimo), mentre nel femminile i piazzamenti furono molto arretrati e la squadra fu nona.
All'edizione di Sydney 2000 il tipo di prova è stato ancora l'Olympic Round. L'Italia si presentò piena di speranze per le squadre maschile e femminile campioni del mondo in carica, con tiratori ai primi posti nella ranking list mondiale. L'Italia fu rappresentata da Bisiani, Di Buò, Frangilli e nel femminile da Irene Franchini, Cristina Ioriatti e Natalia Valeeva. Nel femminile le speranze italiane furono ridimensionate dalle coreane, che si aggiudicarono le 3 medaglie individuali e quella a squadre. Questa volta l'oro andò a Yun Mi-jin. Nel maschile i coreani si distinsero solo contro gli azzurri, che vennero eliminati. Vinse l'oro l'australiano Simon Fairweather, già campione del mondo nel 1991. Nella prova a squadre l'Italia entrò in finale con la Corea del Sud. La medaglia d'oro andò alla Corea, e l'Italia conquistò l'argento, il miglior risultato fino ad allora ottenuto dalla FITARCO alle Olimpiadi.
Anche alle Olimpiadi di Atene 2004 il tipo di prova è stato l'Olympic Round. Per l'Italia furono selezionati Di Buò, Frangilli e Marco Galiazzo, mentre nel femminile tirò solo Valeeva (unica azzurra qualificata). La prova si svolse allo stadio Panatenaico, il tempio delle prime Olimpiadi dell'era moderna (1896), riservato in questa edizione solo all'arco e alla maratona. Quasi tutti i pronostici indicavano come favorita la Corea del Sud, ma alcuni anche l'Italia. Le giornate di gara furono ventose, tanto che molte rappresentative avevano scelto per la preparazione località con le stesse condizioni climatiche. Il vento, imprevedibile perché irregolare e proveniente da tutte le direzioni, mise in difficoltà al primo scontro Valeeva, battuta dalla filippina Jasmine Figueroa, cinquantaseiesima della rankig list. Le coreane e i coreani passarono tutti i primi due turni, mentre l'azzurro Frangilli, candidato alla vittoria (campione del mondo targa in carica), si fermò al secondo turno contro il giapponese Yamamoto, che arrivò poi in finale. Cedette al terzo turno anche Di Buò nello scontro con Galiazzo, e subito dopo si fermarono tutti i coreani, anche il più forte Im Dong-hyun, che nella qualificazione aveva segnato il record del mondo con 687 punti. La finale maschile si svolse tra Yamamoto e Galiazzo, che riuscì a conquistare l'oro. Nel femminile l'oro andò alla coreana Park Sung-hyun, che nella gara di qualificazione aveva fissato, con 682 punti, il nuovo record del mondo, mentre l'argento venne assegnato alla connazionale Lee Sung-jin. La squadra azzurra maschile, che nei pronostici era favorita per una medaglia, uscì al primo scontro con gli statunitensi. I due ori di squadra maschile e femminile andarono alla Corea del Sud.
Tiro alla targa. - Nato nel 1931, si è svolto, con regole diverse, ogni anno (con un'interruzione nel corso della seconda guerra mondiale) fino al 1949; successivamente si è tenuto ogni due anni. Dal 1957 si è svolto con un doppio FITA; dal 1987 al 1991 con un Grand FITA Round; dal 1993 con un Olympic Round dopo una prova di qualificazione. Dal 1995 è ammessa la divisione compound. Questi campionati sono stati dominati nel maschile, fino al 1983, dagli Stati Uniti, che hanno vinto 13 volte nell'individuale (3 volte con McKinney e 2 volte con Pace) e 14 volte con la squadra. In precedenza, dal 1934 al 1958, l'individuale maschile era stato vinto dieci volte dalla Svezia (4 volte di seguito da Hans Deutgen). Nell'individuale femminile, fino al 1958, la Polonia era stata la nazione a vincere più volte (7 con Janina Kurkowska), seguita dagli Stati Uniti (9 volte). Dopo il 1985 il torneo fu dominato dalla Corea del Sud, che vinse 5 volte nel maschile individuale e 4 volte con la squadra; 9 volte nel femminile individuale e 8 volte con la squadra. Tra gli atleti coreani è da ricordare Kim Soo-nyung, considerata la più grande tiratrice di tutti i tempi. Altri grandi tiratori vincitori del mondiale sono stati i sovietici Vladimir Ešeev (1987) e Stanislav Zabrodskij (1989), l'australiano Fairweather (1991) e, nel femminile, le sovietiche Emma Gapčenko (1971) e Natal´ja Butusova (1981). L'Italia ha vinto nel 1999 con le squadre maschile e femminile e nel 2003 nell'individuale maschile con Frangilli. Nelle ultime cinque edizioni, comprensive del compound, gli statunitensi hanno collezionato 9 vittorie tra individuale e squadra maschili e femminili. Noti tiratori vincitori con il compound sono stati gli statunitensi Dee Wilde e Dave Cousins, lo sloveno Dejan Sitar e l'australiano Clint Freeman; l'Italia ha vinto nel 1997 con la squadra femminile e con Fabiola Palazzini nell'individuale.
Tiro di campagna. - Nato nel 1969, dopo il 1970 si è svolto ogni due anni. Dal 1990, oltre la divisione arco nudo e olimpico, è stata introdotta quella compound, con una fase finale di quattro tiratori. Nel 1994 è stata introdotta la prova a squadre con tre tiratori per nazione, uno per ogni divisione. Il mondiale campagna è l'unico campionato con le tre divisioni. In quella con l'arco olimpico partecipano gli atleti più forti del mondo, gli stessi che prendono parte ai giochi olimpici, anche se mancano coreani e russi; nella divisione compound e in quella dell'arco nudo mancano altre nazioni, pur essendo il tiro di campagna quello ideale per questi due archi. Inoltre, si deve sottolineare che le federazioni interessate all'arco nudo, come quelle italiana, francese e svedese, non investono tuttavia in questa divisione come in quella olimpica e mancano quindi di vivai e di scuole di alta specializzazione. Nel maschile individuale il maggior numero di vittorie di questo campionato è andato a due nazioni: la Svezia e gli Stati Uniti. Calcolando le tre divisioni, alla Svezia sono andate 21 vittorie e agli Stati Uniti 12. I nomi più importanti sono quelli dello svedese Anders Rosenberg, che con l'arco nudo ha vinto 4 volte, e dell'italiano Parenti, che con l'arco olimpico è risultato l'unico ad aver vinto 3 volte (1988, 1994, 1996). Nel femminile la nazione che ha vinto più volte (11) è la Francia. Le atlete che si sono distinte sono: Carole Ferriou, 3 volte (olimpico); Nadine Visconti e Annie Dardenne, 2 volte ciascuna (arco nudo); Catherine Pellen, 2 volte (compound). Dal 1980 al 1986 la finlandese Carita Jussila lo ha vinto 3 volte (olimpico). Oltre Parenti, gli italiani che lo hanno vinto sono: Giuseppina Meini, arco nudo femminile nel 1984 e nel 1988; Frangilli, olimpico maschile nel 2000 e nel 2002; Michele Oneto, arco nudo maschile nel 1988; Alessandro Gaudenti, arco nudo maschile nel 1994; Jessica Tomasi, olimpico femminile nel 2004; la squadra femminile nel 1998 e nel 2000.
Tiro indoor. - Nato nel 1991, si svolge ogni due anni con le due divisioni arco olimpico e arco compound. A una prova di qualificazione segue l'Olympic Round. Nell'arco olimpico hanno vinto gli svedesi con Magnus Petterson 2 volte (1995, 1999) e gli italiani con Frangilli (2001) e Di Buò (2003). Nel femminile olimpico grande protagonista di questi campionati è stata Valeeva, che lo ha vinto nel 1991 gareggiando per l'Unione Sovietica, nel 1995 per la Moldavia e nel 1999 e 2001 per l'Italia. Nel femminile compound le statunitensi hanno vinto 4 volte, e una volta si è affermata l'italiana Lucia Panico, alla prima edizione nel 1991. Nel maschile compound hanno sempre vinto gli statunitensi eccetto che nell'edizione del 2001.
Tiro alla targa. - Nato nel 1968, si svolge ogni due anni con le regole dei mondiali. Il maggior numero di vittorie (7) con l'arco olimpico va ai tiratori sovietici; seguono i russi (3 volte Bal´žinima Cyrempilov) e i finlandesi (4 volte). Nel femminile lo hanno vinto 9 volte le sovietiche e poi le russe (individuale e a squadre). Tra gli italiani si sono imposti Frangilli e Valeeva (2002), Galiazzo (2004). Nel compound hanno vinto Palazzini (1998) e Michele Palumbo (2002).
Tiro di campagna. - La prima edizione si è tenuta nel 1971; dal 1972 ha cadenza biennale con le stesse regole del mondiale. Il maggior numero di vittorie è andato alla Svezia che nel maschile, con le tre divisioni e la squadra, ha collezionato 24 vittorie (5 volte Goran Bjerendal con l'arco olimpico). Nel femminile l'Italia e la Svezia hanno vinto 5 volte. Gli italiani si sono affermati nell'arco olimpico maschile con Parenti (1988) e con Frangilli (1999) e nel femminile con Da Poian (1974) e con Ioriatti (1995 e 1999); nell'arco nudo maschile con Oneto (1988) e nel femminile con Meini (1984 e 1988). Nel compound l'Italia ha vinto solo nel femminile con Palazzini (1999) e con la squadra (1997 e 2001).
Tiro indoor. - Nato nel 1983, si svolge ogni due anni con le stesse regole dei mondiali. Il maggior numero di vittorie nel maschile è andato ai sovietici sia nel maschile (7) sia nel femminile (8). Gli italiani hanno vinto nell'arco olimpico con Rivolta (1996) e con Valeeva (2002); nel compound con Mario Ruele (1996), con la squadra maschile (2004) e con quella femminile (2002).
Tiro alla targa. - Nato nel 1962, si svolge ogni anno con una gara FITA, tranne nel 1974 e nel 1975, quando sono state computate alcune gare di calendario, e negli anni 1976, 1977, 1978 e 1979, in cui si è disputato con un doppio FITA. Nel 1988 è stata introdotta la divisione compound. Nel 1989, 1990 e 1991 si è svolto con un Grand FITA Round. Dal 1992 prevede un 70 m Round seguito da Olympic Round. Dal 1989, oltre i titoli di classe, si assegnano quelli assoluti. I primi protagonisti di questi campionati sono stati Fiocchi e Ferrari. I titoli di classe seniores arco olimpico maschile sono stati vinti: fino al 1970, 4 volte da Fiocchi; dal 1971 al 1984, 8 volte da Ferrari; dal 1991 al 1993, 3 volte da Parenti; dal 1995 al 2003, 7 volte da Frangilli. Nella classe femminile: dal 1975 al 1982, 6 volte da Biasioli; dal 1998 al 2003, 5 volte da Valeeva.
Tiro di campagna. - Nato nel 1969, si svolge tutti gli anni, tranne nel 1974 e nel 1975, quando sono state computate alcune gare di calendario. Fino al 1989 si è svolto su percorsi con 28 piazzole a distanze sconosciute (hunter) e 28 a distanze dichiarate (field), tirando quattro frecce per piazzola. Dal 1989 si è cambiato il bersaglio e si tirano tre frecce da 24 piazzole. Dal 1990 si è introdotta la divisione compound, oltre a quelle arco nudo e olimpico, con un girone finale che assegna i titoli assoluti. Dal 1995 si premiano le squadre con un'apposita prova. La prova dell'arco olimpico maschile è stata vinta, nel periodo dal 1969 al 1982, 8 volte da Ferrari e 3 volte da Spigarelli. Il titolo assoluto è stato vinto 4 volte da Parenti e 3 volte da Frangilli. L'arco olimpico femminile, fino al 1983, è stato vinto 6 volte da Silvana Vella, mentre l'assoluto è stato vinto 6 volte da Ioriatti. Marco Plebani e Ruele si sono aggiudicati rispettivamente 3 volte l'assoluto compound maschile, mentre il femminile è stato vinto 4 volte da Palazzini e 3 da Giorgia Solato. L'assoluto nell'arco nudo maschile è stato vinto 4 volte da Mario Orlandi e nel femminile 4 volte da Anna Maria Bianchi.
Tiro indoor. - Nato nel 1974, si svolge tutti gli anni con 60 frecce a 25 m e 60 frecce a 18 m, tranne nel 1974 e nel 1975, quando sono state computate alcune gare di calendario. Nel 1988 è stata introdotta la divisione compound e dal 1991 si assegnano anche i titoli assoluti. Dal 1994 si tira solo ai 18 m e dal 1995 è stata introdotta la divisione arco nudo. I titoli seniores maschile, dal 1974 al 1989, sono stati vinti 10 volte da Ferrari e 4 volte da Spigarelli; nel seniores femminile dal 1976 al 1980 Biasioli si è aggiudicata il titolo 5 volte. I titoli assoluti arco olimpico maschile sono stati vinti 4 volte da Rivolta, Bisiani, Frangilli, e nel femminile 3 volte da Valeeva. I titoli assoluti compound maschile sono andati 4 volte ad Antonio Tosco e 3 volte a Ruele, mentre nel femminile sono stati vinti 2 volte da Barbara Bettinelli e Biagia Sambataro. Gli assoluti arco nudo maschile sono stati assegnati 2 volte a Daniele Bellotti e 2 volte a Orlandi; nel femminile una volta a Luciana Pennacchi, che però ha vinto 5 volte quelli di classe.
Wilbur Allen, statunitense. Inventò nel 1966 l'arco compound; la novità fu accolta con poco entusiasmo e per una decina di anni i primi modelli non suscitarono interesse. Negli anni Novanta è diventato l'arco più venduto al mondo ed è entrato nella produzione di tutti i più importanti costruttori del settore.
Franca Biasioli, torinese. La prima tiratrice azzurra che si è avvicinata ai punteggi di valore internazionale. Alla fine degli anni Settanta deteneva tutti i record italiani.
Matteo Bisiani, goriziano. Grande tiratore italiano negli anni Novanta e nei primi anni del nuovo secolo. Ha partecipato ai Giochi Olimpici del 1996 (bronzo a squadre) e del 2000 (argento a squadre).
Annibale Cavalchini Guidobono, bergamasco. Presidente della FITARCO dal 1966 al 1968, fu il primo italiano a intrattenere e sviluppare rapporti con le federazioni straniere. Era l'arciere italiano più conosciuto all'estero, chiamato Le Baron per le sue origini nobili. In anni senza risorse economiche federali, ha formato e portato all'estero, a sue spese, la nazionale italiana. È stato commissario tecnico, capitano di squadra, arbitro, giudice internazionale e consigliere della FITA.
Mario Codispoti, goriziano. Ha imparato a tirare in Belgio entrando a far parte della squadra nazionale di quel paese. Allenatore della nazionale italiana dal 1974 al 1984, ha portato gli azzurri ai primi grandi successi. Si dimise nel 1984 in contrasto con il CONI sulla formazione della nazionale femminile. Accettò quindi di allenare prima la Francia e poi la Turchia, creando una delle più forti squadre nazionali femminili.
Ilario Di Buò, triestino. Iniziata l'attività giovanissimo, a sedici anni raggiunse altissimi punteggi. Molto giovane entrò nella nazionale superiore (1983), stupendo per la sua precocità tecnica. Un iter che diventerà la norma, dopo gli anni Novanta, per tutti i grandi campioni. Ha partecipato ai Giochi Olimpici 1984, 1988, 1992, 2000 (argento a squadre) e 2004.
Renato Doni, milanese. Per diciotto anni, a partire dal 1967, è stato il commissario tecnico della nazionale italiana e l'organizzatore dei più importanti eventi internazionali in Italia. Dotato di grande carisma e conoscenze tecniche (era stato un tiratore della squadra nazionale), ha formato il primo forte gruppo in maglia azzurra riuscendo a infondere lo spirito di squadra in personaggi noti per le loro forti individualità.
James Easton, statunitense. Presidente della FITA dal 1989. Un nome che tutti gli arcieri del mondo conoscono perché è presidente dell'industria omonima, fondata dal padre nel 1922, produttrice di archi e frecce di qualità.
Paola Fantato, veronese. Tiratrice dalle grandi prestazioni, ha vinto 5 medaglie d'oro alle Paraolimpiadi e ha partecipato alle Olimpiadi di Atlanta 1996. Per cinque anni in nazionale FITARCO, è stata detentrice di vari record nazionali e vincitrice di un campionato italiano.
Gian Carlo Ferrari, lombardo. Primo tiratore italiano detentore di record mondiali, è stato vincitore di medaglie internazionali e di 2 medaglie olimpiche (bronzo nel 1976 e 1980). Autodidatta, ha raggiunto nella gara FITA, specialità olimpica, il record del mondo nel 1977 con 1318 punti. Ha partecipato ai Giochi Olimpici 1972, 1976 (bronzo individuale), 1980 (bronzo individuale), 1984 e 1988.
Luigi Fiocchi, milanese. È stato il primo tiratore italiano a distinguersi nelle gare internazionali. Ha vinto nel 1966 la Coppa Europa, un torneo dello stesso valore del campionato europeo che sarebbe nato due anni dopo.
Michele Frangilli, di Gallarate (provincia di Varese). Pluricampione mondiale, può considerarsi per le vittorie, i record nazionali e internazionali e le prime posizioni nella ranking list mondiale (2001, 2003, 2004) il più grande tiratore italiano di tutti i tempi. Ha partecipato ai Giochi Olimpici 1996 (bronzo a squadre), 2000 (argento a squadre) e 2004.
Inger Frith, danese naturalizzata inglese. È stata componente negli anni Cinquanta della squadra nazionale inglese. Presidente della FITA dal 1961 al 1977, ha dato un apporto decisivo alla stesura dello statuto e dei regolamenti della FITA e ha lavorato con successo alla reintroduzione dell'arco ai Giochi Olimpici del 1972.
Marco Galiazzo, padovano. Ha vinto nel 2004, all'età di ventuno anni, l'oro olimpico individuale, la più importante medaglia della storia della FITARCO. Ha iniziato a tirare all'età di sette anni, stupendo per le vittorie e i punteggi di altissimo livello.
Francesco Gnecchi Ruscone, milanese. Presidente della FITARCO dal 1969 al 1980 e della FITA tra il 1977 e il 1989. In ambito nazionale ha migliorato l'organizzazione della Federazione, gettando le basi per le strutture periferiche, i comitati regionali e provinciali. Sotto la sua presidenza i tesserati sono aumentati da poche centinaia ad alcune migliaia, e sono arrivati i primi importanti risultati degli azzurri ai campionati internazionali.
Massimiliano Malacrida, milanese. È stato il primo presidente della FITARCO.
Gino Mattielli, romano. Presidente della FITARCO dal 1987 al 1999; presidente dell'Unione europea di tiro con l'arco e vicepresidente della FITA. Sotto la sua reggenza la Federazione è cresciuta in qualità e quantità.
Giuseppina Meini, genovese. È stata la prima atleta appartenente alla FITARCO a conquistare la medaglia d'oro mondiale (1984, arco nudo, mondiale campagna).
Luigi Pagotto, milanese. Presidente della FITARCO dal 1981 al 1984, ha saputo mettere a frutto la sua esperienza di dirigente industriale per completare l'organizzazione della Federazione.
Andrea Parenti, faentino. Grande tiratore della nazionale italiana, è stato l'unico al mondo ad aver vinto 3 volte il mondiale campagna (1988, 1994, 1996). Ha partecipato ai Giochi Olimpici 1988, 1992 e 1996 (bronzo a squadre).
Paolo Polo, trevigiano. Considerato il decano degli arcieri italiani, ha fondato nel 1956 nella città natale la prima compagnia italiana.
Alessandro Rivolta, piemontese. È stato il tiratore italiano che nei primi anni Novanta ha dato una grande svolta ai record nazionali, diventando un modello per i giovani arcieri azzurri.
Kim Soo-nyung, coreana. Considerata la più grande tiratrice di tutti i tempi, già all'età di quindici anni, tirando seniores, batteva record mondiali. In attività negli anni Ottanta e Novanta, ha vinto tutto quello che c'era da vincere, dai giochi olimpici ai mondiali. Alcuni suoi record mondiali sono superiori a quelli maschili, caso rarissimo nella storia di tutti gli sport.
Sante Spigarelli, romano. Tiratore degli anni Settanta e Ottanta, è tra gli arcieri più conosciuti all'estero per le vittorie e i record mondiali. Terminata l'attività agonistica, ha occupato cariche federali e ha fondato un'azienda produttrice di archi e accessori tra le più rinomate del mondo.
Natalia Valeeva. Nata in Moldavia, ha gareggiato per l'Unione Sovietica ed è stata naturalizzata italiana negli anni Novanta. Alla fine degli anni Novanta è entrata a far parte della nazionale italiana. Tiratrice di altissimo livello, più volte campionessa mondiale, è considerata l'unica atleta capace di competere alla pari con le coreane.
Altri grandi tiratori di livello mondiale sono stati gli statunitensi Darrell Pace, Richard McKinney e Jay Barrs, i sovietici Vladimir Ešeev e Stanislav Zabrodskij, il finlandese Kyösti Laasonen, l'australiano Simon Fairweather, lo svedese Magnus Petterson e una decina di coreani in campo sia maschile sia femminile. Con l'arco compound gli statunitensi Dee Wilde, Dave Cousins e Jeff Button, lo sloveno Dejan Sitar e l'australiano Clint Freeman.
Nasce come biathlon con l'arco negli anni Settanta in Alto Adige e Trentino, dove alcuni arcieri vengono in contatto con appassionati che già praticano questa attività in Austria. Si svolge con sci da fondo su percorsi che comprendono fermate per i tiri in un apposito poligono. I regolamenti gradualmente si evolvono, fin quando negli anni Ottanta gli Arcieri della Val Chisone, in Piemonte, con Carminati e Bertin avvicinano il più possibile la disciplina al biathlon con la carabina. Nel 1984 la FITARCO riconosce la specialità e nel 1985 si svolge il primo Campionato italiano in Val Pellice. Nel 1990 una commissione internazionale fissa il percorso in 12 km per gli uomini e 8 per le donne, con tiri a 18 m su bersagli con diametro di 16 cm. Il bersaglio è a caduta, senza punteggi, viene colpito o mancato, per ogni tiro mancato si compie un giro di penalità in un apposito anello di fianco al poligono. Nel 1992 viene organizzato in Val di Ledro un trofeo internazionale con la partecipazione di Stati Uniti, Francia, Belgio, Austria, Iugoslavia e Italia. Nel 1996 la FITARCO organizza, sotto l'egida della FITA, un convegno internazionale in Val Senales con l'obiettivo di predisporre un programma per far crescere la disciplina a livello internazionale e darle un futuro olimpico. La Federazione internazionale di tiro con l'arco accoglie le proposte di tale convegno e regolamenta l'attività internazionale con il nuovo nome di ski arc. Nel 1998 si svolgono a Cogne, in Valle d'Aosta, i primi Campionati del Mondo di ski arc con la partecipazione di 12 paesi, con due prove individuali, maschile e femminile, e due prove a staffetta, maschile e femminile. È un trionfo per l'Italia, che conquista le 4 medaglie d'oro. Nel 2001, dopo il successo di tre campionati del mondo, la FITA presenta la richiesta al CIO per l'ingresso della specialità nelle Olimpiadi invernali.
Viene raggiunto un accordo di cooperazione con la International Biathlon Union (IBU), già presente ai giochi olimpici invernali con il biathlon con la carabina, per dare nuovo impulso e accelerare i tempi per raggiungere l'obiettivo olimpico. Attualmente si svolgono varie gare. La più spettacolare è la staffetta, composta da 4 atleti nel maschile e 3 nel femminile. La partenza è in linea e i cambi avvengono dopo 2 giri e 3 serie di tiri. Ogni giro corrisponde a 2,5 km per gli uomini e a 2 km per le donne. Ogni errore ai tiri si paga con una penalità che corrisponde a un giro su un anello di 150 m. Una seconda gara è quella a inseguimento, che è preceduta da quella sprint, dalla cui classifica si ricava l'ordine di partenza. Infine c'è la gara Mass Start, riservata ai primi 30 della ranking list mondiale. La partenza viene data in linea per tutti i concorrenti, che compiono 5 giri con 4 fermate al poligono (2 volte per i tiri in piedi e 2 volte in ginocchio).
Quello del biathlon con l'arco deve essere un atleta completo, sia nel tiro sia nello sci di fondo. Il trasporto dell'arco avviene su un apposito bastino o tramite cinghie come per la carabina. All'inizio i regolamenti imponevano che le frecce venissero lasciate al poligono, mentre ora sono trasportate dall'atleta nella parte posteriore del bastino o fissate sull'arco.
Attualmente le nazioni più rappresentative sono Russia, Italia, Francia, Germania, Stati Uniti, Slovenia, Giappone, Ucraina. Negli ultimi anni sono emersi in modo preponderante gli atleti russi, che vantano un vivaio numeroso e di qualità. Nella ranking list internazionale ai primi posti nel maschile troviamo i russi Andrej Markov e Maksim Menšikov e lo sloveno Andrej Zupan. Nel femminile le russe Ol´ga Kozlova e Ksenija Mal´ceva e l'italiana Nadia Peyrot. Gli atleti italiani che hanno conquistato risultati di rilievo sono numerosi; tra i più titolati Peyrot, Alberto Peracino e Daniele Conte.
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