TITO LIVIO
Scrittore latino, attivo tra il 59 a.C. e il 17 d.C., autore della principale sintesi storica sulle vicende di Roma antica dalle origini all'età di Augusto.Diversamente da quanto accade per altri autori classici, come Terenzio (195-159 a.C.) o Virgilio (70-19 a.C.), in epoca tardoantica T. non sembra aver conosciuto un'edizione illustrata. È assai probabile che la versione integrale dell'opera - un ponderoso resoconto dell'epopea di Roma suddiviso in centoquarantadue libri ordinati in cicli decennali - non abbia superato il grande passaggio di trasmissione che l'intero patrimonio letterario dell'Antichità avrebbe attraversato fra il sec. 3° e il 4°, trasferendosi dal rotolo al codice. Migliore fortuna avrebbero conosciuto compendi ed epitomi dell'opera, in special modo quella compilata da un epigono di probabile origine africana, Anneo o Giulio Floro (sec. 2°), che gli è spesso associato nella tradizione manoscritta. Della monumentale Ab urbe condita l'Occidente latino conserva in effetti solo il contenuto di alcune decadi (la I, la III e la IV), che furono riunite solo in età umanistica (Billanovich, 1951; Reynolds, 1983). La diversa tradizione manoscritta delle singole decadi conferma l'esistenza di edizioni parziali e l'origine assai remota di questa separazione. Una versione emendata della I decade è tra l'altro collegata al nome di Quinto Aurelio Simmaco (340-post 402), animatore di uno dei principali circoli della Roma tardoantica. A questa revisione rimonta quasi certamente il modello archetipo della I decade liviana. Frammenti di un manoscritto italiano del sec. 5°-6° afferente a questa tradizione circolarono nell'Alto Medioevo a Bobbio e a Luxeuil, dove alcuni fogli furono riutilizzati come palinsesti (Bischoff, 1994). A questa stessa famiglia testuale doveva appartenere uno dei due esemplari liviani presenti nella biblioteca personale di Ottone III, confluita tra i manoscritti della cattedrale di Bamberga (Staatsbibl., Class. 34; Mütherich, 1986). Origini tardoantiche e italomeridionali distinguono anche il più antico esemplare della III decade, il Puteanus (Parigi, BN, lat. 5730), forse appartenuto alla raccolta palatina di Carlo Magno (Bischoff, 1994).Nonostante il prestigio dell'autore, nell'Alto Medioevo l'interesse per T. rimase in generale piuttosto limitato. Lo dimostrano il numero relativamente scarso delle testimonianze manoscritte - spesso legate a ricerche erudite - e l'aspetto insolitamente sobrio, privo di qualunque elemento d'apparato, che ne caratterizza la tradizione di copia.Non a caso, il più antico codice di T. illustrato è probabilmente la magnifica edizione proveniente dalla biblioteca di Francesco Petrarca (Parigi, BN, lat. 5690). Il volume, che Petrarca riuscì ad acquistare solo nel 1351, dopo averlo avuto disponibile a più riprese (c. 367v), ha una vicenda storicocritica intricata e discussa. Il codice fu allestito nei primi anni del Trecento per un funzionario della curia pontificia, Landolfo Colonna (1250-1331), che presso la biblioteca capitolare della cattedrale di Chartres aveva fortunosamente ritrovato parte della III decade e l'intero contenuto della IV decade. Questa preziosa trouvaille fu inserita nella sezione finale del codice, una miscellanea storica comprendente l'Ephemeris belli Troiani di Ditti Cretese, i due libri dell'Epitome di Floro e l'intero corpus liviano allora conosciuto (Billanovich, 1951).Controversi restano tuttavia il luogo e l'esatta cronologia d'esecuzione dell'opera, che i molti spostamenti di Landolfo Colonna tra Roma e Avignone rendono quanto mai difficili da stabilire. Il carattere composito evidente tanto nella scrittura quanto nell'apparato illustrativo del codice - nel quale intervennero più artisti - sembra confortare l'ipotesi che la confezione del volume possa essere avvenuta in tempi e luoghi diversi. Sulla base di questa constatazione, e rilevando le indubbie affinità che legano la prima parte del manoscritto a un pontificale tardoduecentesco realizzato per l'uso della cattedrale di Salerno (Salerno, Arch. della Cattedrale, Pontificale ad usum ecclesiae Salernitanae), Bologna (1974) ha ipotizzato che la prima parte del manoscritto possa essere stata realizzata nei primi anni del Trecento a Napoli, dove nel 1314 risulta in vendita un prezioso codice liviano (Bruni, 1977).Secondo studi più recenti (Avril, Gousset, Rabel, 1984), la trascrizione del manoscritto potrebbe invece essere stata realizzata da un unico copista a Roma, dove Landolfo Colonna risiedette a lungo fra il 1306 e il 1309. Il vivace panorama artistico della stessa città potrebbe inoltre giustificare le diverse componenti stilistiche che caratterizzano la decorazione del volume, nella quale si distingue una personalità fortemente imbevuta di cultura cavalliniana e attenta alla verità archeologica della rappresentazione (Avril, 1996).Fatti salvi i problemi di attribuzione, che investono molta parte dei manoscritti prodotti tra Roma, Napoli e Avignone (Tomei, 1996) in questo periodo - segnato da una grande mobilità di copisti e miniatori -, sul piano più squisitamente tipologico il ciclo illustrato del codice parigino non si allontana dal filone epico-cavalleresco che domina la produzione libraria in lingua romanza di ambiente napoletano (Perriccioli Saggese, 1979; 1993). Improntata su modelli rigorosamente contemporanei risulta persino l'immagine di dedica del corpus liviano (c. 43r), che Bologna (1974) ha giustamente accostato alla scena analoga dell'enciclopedia medica al-Hawi (Parigi, BN, lat. 6912), tradotta dall'arabo da Faraj Moyse e miniata per Carlo d'Angiò da Giovanni da Montecassino poco dopo il 1280.Caratteri illustrativi sostanzialmente gotici, appena temperati da sporadiche suggestioni antiquarie, rivelano anche i pochi esemplari liviani illustrati del 14° secolo. Tra questi spiccano due interessanti manoscritti veneti di ambiente umanistico: un codice scritto e miniato a Venezia nel 1396 (Roma, BAV, Pal. lat. 895; Manfredi, 1996) e un altro (Roma, BAV, Arch. S. Pietro, C 132), proveniente dalla raccolta di Francesco da Carrara il Vecchio (m. nel 1393), prodotto forse a Padova negli ultimi decenni del sec. 14° (Supino Martini, 1996).Un repertorio figurativo 'moderno', che confonde personaggi ed eventi della storia romana con quelli delle saghe arturiane, alimenta anche i molti volgarizzamenti d'ispirazione liviana prodotti nel Tardo Medioevo. Un esempio particolarmente rappresentativo di questo genere di manoscritti si conserva in alcune copie della versione in lingua d'oïl dell'Ab urbe condita composta tra il 1354 e il 1356 per il re di Francia Giovanni II il Buono (1350-1364). Di quest'edizione sopravvivono solo la copia eseguita qualche tempo dopo per il figlio Carlo V (1364-1380; Parigi, Bibl. SainteGeneviève, 777) e un secondo esemplare conservato a Bordeaux (Bibl. mun., 730). In entrambi i casi, si tratta di manoscritti riccamente illustrati, ma privi di qualunque inflessione classicista. In effetti, il repertorio decorativo di questi volumi riflette tipologie e forme proprie della pittura tardogotica di scuola parigina, destinato a perpetuarsi sino all'inizio del secolo seguente.
Bibl.: G. Billanovich, Petrarca and the Textual Tradition of Livy, JWCI 14, 1951, pp. 137-208; id., Dal Livio di Raterio (Laur. 63,19) al Livio del Petrarca (B.M. Harley 2483), Italia Medievale e Umanistica 2, 1959, pp. 103-178; F. Avril, Trois manuscrits napolitains des Collections de Charles V et de Jean de Berry, BEC 127, 1969, pp. 291-328; F. Bologna, I pittori alla corte angioina di Napoli 1266-1414, Roma 1969, pp. 69-70; id., Il ''Tito Livio'' n. 5690 della Bibliothèque Nationale di Parigi, in Gli Angioini di Napoli e di Ungheria, "Colloquio italo-ungherese, Roma 1972", Roma 1974, pp. 41-116; F. Bruni, Un documento sul Livio napoletano-avignonese del Petrarca oggi Paris. lat. 5690, Medioevo romanzo 4, 1977, pp. 341-349; A. Perriccioli Saggese, I romanzi cavallereschi miniati a Napoli (Miniatura e arti minori in Campania, 14), Napoli 1979; G. Billanovich, La tradizione del testo di Livio e le origini dell'Umanesimo, I, Tradizione e fortuna di Livio tra Medioevo e Umanesimo, Padova 1981, pp. 161-164, 190-191; L.D. Reynolds, s.v. Livy, in Texts and Transmission. A Survey of the Latin Classics, Oxford 1983, pp. 205-214; P. K. Marshall, s.v. Florus, ivi, pp. 164-166; F. Avril, M.T. Gousset, C. Rabel, Manuscrits enluminés de la Bibliothèque Nationale. Manuscrits enluminés d'origine italienne, II, XIIIe siècle, Paris 1984, pp. 139-142; P. Leone de Castris, Arte di corte nella Napoli angioina, Firenze 1986, pp. 92, 202-203, 210; F. Mütherich, The Library of Otto III, in The Role of the Book in Medieval Culture, a cura di P. Ganz, "Proceedings of the Oxford International Symposium, Oxford 1982" (Bibliologia, 4), Turnhout 1986, II, pp. 11-25: 12, 16; S. Maddalo, In Figura Romae. Immagini di Roma nel libro medievale (Studi di Arte Medievale, 2), Roma 1990, pp. 36, 99-100; F. Bologna, Momenti della cultura figurativa nella Campania meridionale, in Storia e civiltà della Campania. Il Medioevo, Napoli 1993, pp. 171-275: 240-242; A. Perriccioli Saggese, La miniatura nel Mezzogiorno, in Storia del Mezzogiorno, XI, 4, Aspetti e problemi dal medioevo all'età moderna, Napoli 1993, pp. 367-385: 378; B. Bischoff, Manuscripts and Libraries in the Age of Charlemagne, New York 1994, pp. 8, 13, 16, 75, 130; F. Avril, Gli autori classici illustrati in Francia tra XIII e XIV secolo, in Vedere i classici. L'illustrazione libraria dei testi antichi dall'età romana al tardo medioevo, a cura di M. Buonocore, Roma 1996, pp. 87-98, 262-264; P. Supino Martini, s.v. Tito Livio, Ab Urbe condita (Decadi III, IV, I), ivi, pp. 297-298; A. Manfredi, s.v. Floro; Epitoma de Tito Livio; Tito Livio, Ab Urbe condita (Periochae I-CXLI), ivi, pp. 301-303; A. Tomei, Libri miniati tra Roma, Napoli e Avignone, in Roma, Napoli, Avignone. Arte di curia, arte di corte 1300-1377, a cura di A. Tomei, Torino 1996, pp. 179-199: 188, 198; C. Bologna, Le vie della cultura angioina fra Napoli, Roma ed Avignone, ivi, pp. 283-309: 302-304; V. von Buren, Livy's Roman History in the Eleventh Century Catalogue from Cluny: the Transmission of the First and Third Decades, in C.A. Chavannes-Mazel, Medieval Manuscripts of the Latin Classics: Production and Use, Los Altos Hills-London 1996, pp. 57-73; F. Abbate, Storia dell'arte nell'Italia meridionale, II, Il Sud angioino e aragonese, Roma 1998, pp. 29-30.L. Speciale