Titoli di credito
Un sistema economico che intenda sfruttare al meglio le potenzialità di una data disponibilità di fattori (materie prime, capitale, lavoro e tecnologia) deve permettere il trasferimento di fondi tra operatori in surplus e in deficit, nelle forme più adeguate alle esigenze di chi offre e chi domanda risorse finanziarie. Tale funzione può essere svolta attraverso l'attivazione di un rapporto di tipo diretto tra finanziatore e finanziato, oppure di un rapporto indiretto che richiede la presenza di intermediari. Quando il rapporto è diretto, unitamente alla relazione creditizia tra le due parti, viene in esistenza anche un documento nel quale sono riportati i termini dell'impegno da parte del debitore verso il finanziatore. Lo sviluppo di tale modalità di trasferimento di risorse viene favorito dalla costituzione di mercati organizzati, per garantire la possibilità che il creditore possa cedere ad altri prima della scadenza il diritto originato dal rapporto di finanziamento.
Per chi offre risorse, infatti, il titolo di credito rappresenta un'attività finanziaria, e in un contesto economico caratterizzato da imperfezioni nei mercati e dalla presenza di incertezza, le sue preferenze per le diverse forme di titoli, e dunque per il tipo di rapporto di finanziamento che egli è disposto a instaurare, dipendono da tre elementi: il rendimento, il rischio connesso a tale operazione e il grado di liquidità attribuito al proprio investimento.
La separazione tra la personalizzazione del rapporto iniziale e il diritto a esigere il pagamento alla scadenza indicata facilita il rapporto di finanziamento diretto, nella misura in cui rende più liquido il titolo sottostante. In questo modo, permettendo al creditore di liquidare la propria posizione in maniera più snella rispetto a quanto accade con le procedure di cessione dei crediti, si favorisce l'instaurazione di un rapporto di finanziamento, la cui durata tiene conto delle esigenze del debitore. Tale possibilità viene assicurata dalla incorporazione del diritto in un documento e dalla circolazione dello stesso all'interno del mercato.
Vengono definiti titoli di credito quei documenti che attestano l'esistenza di una relazione tra due soggetti, dalla quale scaturisce l'impegno per una parte di provvedere al pagamento di una certa somma, secondo modalità prefissate, a favore dell'altra: il possesso del titolo di credito consente, allora, di individuare celermente il soggetto che beneficerà della prestazione. Ciò significa che, normalmente, il creditore finale può essere diverso da quello che inizialmente ha definito i termini dello scambio di risorse finanziarie.
A seconda delle forme utilizzate, si distinguono titoli all'ordine (che richiedono contestualmente al trasferimento del titolo anche l'individuazione del precedente possessore), titoli al portatore (che riconoscono il diritto in base all'esibizione del documento, senza menzione dei vari trasferimenti effettuati), titoli nominativi (che richiedono l'individuazione del beneficiario e comportano una procedura più complessa per il trasferimento). In base alle esigenze di durata e all'ammontare del finanziamento richiesto, vengono distinti i titoli a breve termine da quelli a medio e lungo termine; inoltre ulteriori distinzioni, di forma ma non di sostanza, riguardano le caratteristiche dell'emittente che può essere un soggetto privato oppure pubblico. Le principali forme di titoli di credito sono la cambiale (cambiale in senso proprio o pagherò cambiario), l'accettazione bancaria (o cambiale-tratta), la commercial paper (o cambiale finanziaria), l'obbligazione, l'assegno bancario.
Poiché sotto il profilo economico un titolo di credito è caratterizzato dall'esistenza di un rapporto di finanziamento e dalla sua incorporazione in un documento che ne consente il trasferimento, anche i certificati di deposito bancari vanno considerati come tali. È invece controverso, secondo la dottrina giuridica, se inserire nel novero dei titoli di credito anche quelli azionari: il possesso dell'azione, infatti, non attesterebbe un rapporto di credito - cioè l'avvenuto trasferimento di fondi destinato a essere rimborsato a una certa data - bensì la decisione di partecipare (in teoria per un periodo indefinito) al capitale e alle vicende dell'impresa. Dal possesso dell'azione, in effetti, scaturiscono diritti a ottenere in pagamento certe somme, la cui entità risulta indeterminata in quanto legata all'andamento dei profitti dell'impresa e alle decisioni circa il loro impiego. Il rapporto che lega l'impresa all'azionista, rispetto a quello che si stabilisce con il possessore dell'obbligazione, sarebbe pertanto profondamente diverso, in quanto implica un trasferimento dei diritti di proprietà. L'analogia tra i due tipi di titolo, allora, si ridurrebbe alla perdita della somma conferita (il credito concesso nel caso dell'obbligazione, la quota del capitale nel caso dell'azione) in caso di fallimento dell'impresa.
Nel corso del tempo, con lo sviluppo delle attività economiche, si assiste a una evoluzione dei titoli di credito da forme elementari ad altre più complesse, per effetto della costituzione di mercati organizzati e dell'intervento di intermediari. La cambiale, la prima forma di titolo di credito, trae origine dagli scambi tra paesi diversi che avevano luogo durante il Medioevo, nei quali poteva sorgere la necessità per un operatore commerciale di effettuare un pagamento su un mercato diverso da quello locale, in cui veniva utilizzata un'altra moneta. Dopo il versamento di una certa somma (che comprendeva oltre all'importo del pagamento anche le commissioni per il servizio reso) un 'mercante banchiere' provvedeva a emettere una 'lettera di cambio' che stabiliva un ordine di pagamento, a favore del beneficiario di un altro paese, nei confronti di un secondo 'mercante banchiere'.
Tale operazione, dunque, prevedendo un deposito di fondi in una certa valuta e il rimborso in una valuta differente, era più l'attestazione di un deposito effettuato a copertura di una operazione commerciale che un vero e proprio strumento di finanziamento, implicando inoltre una funzione di cambio e restando rigidamente legata all'effettuazione di una specifica transazione.
Con il procedere dello sviluppo economico lo strumento della cambiale così inteso si evolve in un titolo che incorpora sì il diritto a ottenere il pagamento, ma in modo svincolato dalla specifica transazione commerciale. Ciò viene reso possibile dall'introduzione della 'girata', cioè dalla cessione del diritto a riscuotere da parte del primo prenditore a un terzo, il quale, legittimato dal possesso del titolo, diventa a sua volta il beneficiario della promessa di pagamento. L'istituto della girata, inoltre, serve anche a cautelare il possessore del titolo di fronte all'inadempimento dell'emittente, in quanto attribuisce la facoltà di potersi rivalere, secondo procedure rigidamente stabilite, sui giratari precedenti. Questa importante innovazione di natura tecnica pose le premesse sia per la circolazione della cambiale, sia per l'intervento di varie figure di intermediari nell'intero processo, favorendo in generale l'utilizzo dei titoli di credito come forma di finanziamento.
Lo sviluppo dei mercati dei capitali ha contribuito a determinare le modalità con cui vengono reperite le risorse necessarie ai progetti di investimento, che eccedono i fondi generati internamente alle imprese. Nei paesi anglosassoni, in particolare, quando le imprese devono ricorrere a finanziamenti esterni, di preferenza instaurano un rapporto diretto con i finanziatori piuttosto che rivolgersi al credito bancario. Più di recente, in tutti i paesi, si osserva un progressivo rafforzamento di questa tendenza a privilegiare relazioni dirette tra chi domanda e chi offre fondi tramite i mercati, e un ridimensionamento della tradizionale attività di intermediazione bancaria. Tale fenomeno, che prende il nome di securitization o 'titolarizzazione', è stato favorito dal processo di innovazione finanziaria; è infatti possibile, attraverso opportune forme di contratto finanziario, rendere liquidabili sul mercato quei rapporti di credito che in precedenza potevano essere instaurati solo tra imprese e sistema bancario.
Nel caso italiano, l'attivazione di rapporti finanziari diretti accompagnati dall'emissione di titoli di credito ha storicamente avuto una rilevanza più limitata rispetto al finanziamento indiretto che avviene tramite l'interposizione del sistema bancario. L'intervento svolto dai mercati dei capitali, se si eccettua una breve parentesi all'inizio del secolo, non ha quasi mai costituito la forma prevalente di finanziamento dell'accumulazione industriale. Una spiegazione del minore ricorso al finanziamento sui mercati dei capitali considera anche le caratteristiche del sistema industriale, composto in gran parte da unità di dimensione medio-piccola, per le quali i costi per accedere al finanziamento di tipo diretto sarebbero troppo elevati; secondo altre interpretazioni le caratteristiche dell'assetto proprietario dell'industria italiana, prevalentemente fondata su strutture di controllo di tipo familiare, non si accorderebbero con le strutture di gestione societaria che uno sviluppo dei mercati finanziari inevitabilmente comporta. Anche per tali motivi, pertanto, l'attuale mercato dei titoli di credito in Italia è dominato dalla componente dei titoli emessi per finanziare il deficit pubblico.
Per superare il problema della mancanza di sincronia tra incassi e pagamenti, tipico dell'attività commerciale, e quindi risolvere una momentanea carenza di liquidità, si può fare ricorso alla cambiale. Accettandola in pagamento il prenditore concede un finanziamento all'emittente per una durata stabilita, in genere limitata. Non necessariamente, però, il soggetto indicato quale beneficiario è colui che detiene la cambiale fino alla scadenza: a sua volta, infatti, per esigenze di liquidità, il prenditore può cedere a terzi il documento (e quindi il diritto) ottenendo anticipatamente il rimborso parziale della somma anticipata. La cambiale può, ad esempio, essere venduta (scontata) presso una banca ad un prezzo inferiore alla somma indicata nel documento, e tale decurtazione costituisce il costo sostenuto dal beneficiario iniziale per lo smobilizzo del proprio credito. Questa caratteristica del titolo è della massima importanza per favorirne l'utilizzo quale strumento di finanziamento, perché l'emissione della cambiale sarà tanto più accettata in pagamento quanto più il prenditore è certo della possibilità di poterla convertire in moneta legale a costi contenuti. Per l'intero sistema bancario valgono gli stessi criteri che si applicano ai singoli prenditori: l'insieme delle cambiali detenute in portafoglio dalle banche può essere riscontato presso la banca centrale, e questo, soprattutto in passato, rappresentava il modo più comune da parte delle aziende di credito di procurarsi liquidità.
È evidente che, ai fini della circolazione cambiaria, risulta comunque rilevante la reputazione dell'emittente, in quanto fornisce indicazioni ex ante circa l'effettuazione del pagamento promesso. Più in generale, infatti, le diverse forme di titoli di credito possono essere considerate anche come le soluzioni che, di volta in volta, vengono utilizzate per ridurre il rischio di credito, derivante essenzialmente da un problema di natura informativa, sempre presente in una relazione di finanziamento tra due soggetti che non dispongono entrambi dello stesso grado di conoscenza. Il problema informativo riguarda la capacità da parte del creditore di conoscere la qualità del debitore, perché in base a questa il possessore del titolo è in grado di compiere una valutazione circa la possibilità che alla scadenza stabilita ne avvenga regolarmente il rimborso. Nella cambiale la componente di conoscenza personale è ancora di estremo rilievo e ciò ne consente un utilizzo entro ambiti limitati, in quanto solo in queste condizioni i costi di informazione sulla qualità del debitore sono contenuti.
Se nel caso della cambiale in senso proprio i soggetti interessati possono essere soltanto due, l'emittente e il prenditore, nel caso dell'accettazione bancaria interviene anche un terzo soggetto, l'accettante, cioè una banca, il quale mediante la firma 'per accettazione' diventa l'obbligato principale, che si impegna alla scadenza a provvedere al pagamento della somma indicata. In questo secondo caso il rapporto di finanziamento non è più di tipo diretto tra due soggetti iniziali, ma diventa composto da momenti distinti, richiedendo l'intervento di più operatori.
Da un punto di vista economico, la cambiale-tratta costituisce come un ulteriore modo per dare soluzione a problemi di tipo informativo: infatti l'interposizione di un terzo, come la banca, le cui caratteristiche di solvibilità e liquidità sono più facilmente conoscibili, agevola la circolazione di questo titolo di credito. Con l'accettazione bancaria è l'emittente che chiede all'accettante di effettuare il pagamento a favore del beneficiario. Di fatto il pagamento della somma viene scisso dalle vicende che riguardano la solvibilità dell'emittente, rendendo tale rapporto di finanziamento più simile al tradizionale credito bancario che non a relazioni di tipo diretto, come dimostra la presenza nel processo dell'accettazione bancaria della concessione di un credito di firma dalla banca all'emittente, nel momento in cui viene accettata la cambiale-tratta.
La differenza con la tradizionale operazione di credito di cassa consiste nel fatto che il documento accettato dalla banca viene venduto a un intermediario che a sua volta lo colloca sul mercato, e il ricavo di tale operazione costituisce il finanziamento ottenuto dall'impresa emittente. Dunque, non è la banca a erogare il finanziamento, ma gli operatori del mercato. Il ricorso a questa forma comporta un rischio minimo per i possessori del titolo, perché la valutazione della qualità del debitore non riguarda più l'emittente ma il trattario: ciò presuppone, tuttavia, relazioni di mercato più complesse, per la presenza di intermediari capaci di organizzare la collocazione dell'accettazione bancaria presso altri operatori.
Questo strumento è stato sviluppato soprattutto all'estero, nei rapporti che vedono la presenza di operatori appartenenti a paesi diversi: in particolare nel sistema finanziario inglese l'intervento delle accepting houses costituiva il maggior canale di finanziamento dei flussi commerciali internazionali.
Diversamente dalla tradizione estera, nell'esperienza italiana lo sviluppo dell'accettazione bancaria è stato svincolato dal collegamento con i flussi commerciali, essendo uno strumento utilizzato per aggirare le norme della regolamentazione bancaria. In Italia, infatti, l'accettazione bancaria ha conosciuto uno sviluppo solo tra la fine degli anni settanta e i primi anni ottanta, in quanto tali operazioni non rientravano tra quelle soggette al massimale all'espansione degli impieghi, utilizzato dalla Banca d'Italia a fini di gestione monetaria. Il sistema bancario, non potendo espandere il credito alla propria clientela oltre un certo limite, ha favorito l'emissione di accettazioni bancarie che poi si sono fortemente ridotte, dopo che vennero stabiliti dalle autorità monetarie dei limiti alla loro crescita (in ragione di una certa proporzione del capitale bancario) e soprattutto con il venir meno dei controlli monetari di tipo diretto.
In corrispondenza di un grado più elevato di informazione sui possibili emittenti si possono utilizzare, come modo di finanziamento diretto a breve o lungo termine, titoli di credito di tipo più standardizzato, maggiormente adatti ad alimentare scambi consistenti in mercati organizzati, come la commercial paper o le obbligazioni. Una distinzione tra le due forme è possibile sulla base dell'orizzonte temporale assunto dai soggetti che instaurano il rapporto di finanziamento: si dovrebbe ricorrere alla commercial paper per risolvere problemi di reperimento del capitale circolante, e ai titoli obbligazionari per il finanziamento delle esigenze di capitale fisso.
Nell'esperienza dei sistemi finanziari statunitense e inglese le imprese fronteggiano i momentanei bisogni di liquidità, dovuti agli effetti della normale attività di gestione, collocando sul mercato monetario commercial papers a scadenza molto breve (in genere qualche settimana) in tagli standardizzati. Anche la commercial paper rappresenta un impegno dell'emittente a pagare una certa somma a favore del possessore del titolo (che in questo caso è un titolo al portatore), ma la sua accettabilità sui mercati è ben maggiore rispetto a quella della cambiale, permettendo il reperimento di importi consistenti. Ciò è possibile perché l'emittente è in genere un soggetto che dispone di una certa reputazione di mercato, come ad esempio nel caso di una grande impresa.
Parte integrante di questa reputazione acquisita sui mercati è la valutazione della qualità del debito emesso fornita da una società di rating, che risolve in tal modo problemi derivanti dalle scarse o imperfette informazioni disponibili per i potenziali finanziatori. Il compito delle agenzie di rating è quello di analizzare a intervalli regolari le caratteristiche dell'impresa emittente e le sue prospettive di sviluppo e di profitto, sintetizzando tale valutazione nell'attribuzione di una classe di merito (rating) dalla quale poi dipenderanno le condizioni di tasso a cui avverrà l'emissione della commercial paper.
Tale forma di finanziamento a breve termine è scarsamente diffusa nel caso italiano, soprattutto per le caratteristiche del sistema delle imprese, la cui dimensione media rende difficile il ricorso a strumenti di finanziamento diretto del tipo di quelli ricordati. Solo di recente, con l'introduzione delle cambiali finanziarie, l'ordinamento italiano ha regolamentato questa importante forma di provvista di risorse a breve termine, il cui sviluppo tuttavia dovrà essere sostenuto sia dalla creazione di mercati in cui tali titoli possono essere scambiati, sia dalla presenza di istituzioni in grado di svolgere le funzioni di organizzazione delle emissioni e di valutazione del merito di credito.
Nel caso delle obbligazioni, che vengono emesse e scambiate nel mercato finanziario, si ripropongono i problemi informativi già menzionati a proposito della commercial paper, ma il periodo di durata dell'operazione di finanziamento è notevolmente più lungo (al limite infinito nei titoli irredimibili). Mediante l'emissione dell'obbligazione chi riceve i fondi, oltre all'impegno a rimborsare la somma alla scadenza prevista, si assume anche quello di corrispondere a cadenze regolari la remunerazione (cedola) del finanziamento ricevuto. Il rapporto tra cedola e valore dell'obbligazione costituisce il rendimento del titolo (al lordo del trattamento fiscale). A seconda che il valore della cedola risulti fisso per tutto il periodo di validità dell'obbligazione, oppure venga calcolato di volta in volta con il riferimento ad altre variabili, si distinguono obbligazioni a tasso fisso oppure a tasso variabile. In quest'ultimo caso il rendimento del titolo risulta indicizzato e i parametri utilizzati possono essere i tassi di rendimento di altre specifiche attività a breve termine o tassi medi di mercato (indicizzazione finanziaria), oppure variabili non monetarie (indicizzazione reale).
Le obbligazioni, nel periodo successivo alla loro emissione, possono essere oggetto di contrattazione sui mercati secondari, nei quali in base ai flussi di domanda e offerta per ogni tipo di obbligazione si stabilirà un prezzo di mercato; tale prezzo in un mercato efficiente dovrebbe livellare il rendimento ottenuto dall'acquirente delle obbligazioni (a reddito fisso) già emesse con i rendimenti correnti di mercato. Poiché la cedola nelle obbligazioni a tasso fisso è costante, a seconda che il titolo sia stato emesso garantendo un rendimento inferiore (o superiore) a quelli correnti di mercato il prezzo dell'obbligazione diminuirà (o aumenterà) in maniera tale da riportare il rapporto tra valore della cedola e prezzo del titolo al livello dei rendimenti correnti.Il prezzo teorico di un'obbligazione è la somma del valore attuale di tutti i proventi futuri attesi per tutta la durata di vita residua del titolo. Si ipotizzi l'esistenza di un'obbligazione emessa per un certo importo che duri n anni e che in ogni periodo paghi al possessore una cedola fissa pari a C. Il prezzo di equilibrio di tale titolo, V, viene stabilito dalla formula V=C/(1+i)+C/(1+i)²+C/(1+i)³+C/(1+i)⁴ +...+C/(1+i)n-¹+C/(1+i)n+Z/(1+i)n, dove i è il tasso di interesse utilizzato per scontare i proventi futuri e Z è l'importo rimborsato. Assumendo per semplicità che il titolo sia irredimibile (Z=0) e che n diventi infinitamente grande, il prezzo del titolo sarà V=C/i.
Mediante questi strumenti una banca è in grado di ottenere risorse dai risparmiatori, i quali a loro volta possono cedere il diritto al pagamento degli interessi e al rimborso ad altri soggetti. Diversamente dalle obbligazioni, i certificati di deposito possono essere emessi in flusso continuo, in quanto richiesti dai risparmiatori. La loro durata può variare dai 3 ai 60 mesi, e in genere esistono forme di penalizzazione nel caso di richiesta di rimborso anticipato da parte del possessore.
Dal punto di vista della combinazione rischio-rendimento, i certificati di deposito presentano rischi analoghi a quelli dei tradizionali depositi a risparmio, e cioè legati alla solvibilità della banca emittente; la loro scadenza più lunga (sono al portatore, ma non immediatamente esigibili per l'intero importo) consente di percepire un rendimento mediamente più elevato rispetto ai depositi. La liquidità di questi titoli di credito (il credito vantato è nei confronti di un soggetto bancario) è però condizionata dalla presenza di un mercato secondario, dove possano essere scambiati durante il periodo di durata residua. In Italia la possibilità di liquidazione dei certificati di deposito è però limitata, nonostante le diverse iniziative tentate dalle associazioni bancarie per organizzare un mercato attivo in tal senso. Pur essendo dotati di caratteristiche in grado di assicurarne la trasferibilità al pari delle altre forme di titoli di credito, tali strumenti vengono di solito trattenuti nel portafoglio dei risparmiatori fino alla scadenza.
L'attenzione del sistema bancario e delle autorità monetarie verso i certificati di deposito crebbe nei primi anni ottanta, quando si trattò di superare un limite storico nelle forme di raccolta bancaria, concentrate prevalentemente in depositi in conto corrente e a risparmio, in quel periodo seriamente minacciati dalla presenza di titoli con analoghe caratteristiche di liquidità e in grado di fornire rendimenti maggiori. Per favorire un impegno del sistema bancario verso queste forme di raccolta fu stabilito anche un trattamento diverso della remunerazione delle riserve bancarie accantonate a fronte di tali strumenti, e l'esenzione dall'obbligo di riserva per i certificati di deposito a scadenza oltre i 18 mesi.
Come è noto, infatti, a fronte delle somme raccolte sotto forma di depositi e di certificati di deposito, le banche devono depositare presso la banca centrale un certo ammontare di moneta legale, che costituisce la riserva obbligatoria e la cui remunerazione (nel caso delle somme accantonate come riserve dei depositi) è del 4,50%. Oltre a tali riserve, le banche detengono anche le cosiddette riserve libere per far fronte a immediate e impreviste esigenze di liquidità. Il ruolo delle riserve obbligatorie è andato progressivamente modificandosi da strumento di tutela dei depositanti a strumento manovrato per perseguire i desiderati obiettivi di politica monetaria. La riserva obbligatoria costituiva un elemento capace di rafforzare il grado di fiducia verso la moneta bancaria, poiché garantiva la disponibilità del sistema bancario a far fronte alle richieste di prelievo da parte dei risparmiatori. La manovra del coefficiente di riserva, cioè della percentuale in base alla quale si calcola l'entità delle somme da versare alla banca centrale è, invece, uno dei modi con cui si può modificare la crescita della massa monetaria all'interno del sistema economico, tramite l'effetto sul valore del moltiplicatore dei depositi. Nel corso del tempo la frazione dei depositi detenuta come riserva libera si è progressivamente ridotta in seguito allo sviluppo dei mercati monetari, ai quali le singole banche possono ricorrere per le proprie esigenze di liquidità.
Se lo sviluppo dei titoli di credito in genere deve imputarsi all'attivazione di un rapporto di finanziamento tra due soggetti, l'origine dell'assegno bancario può essere fatta risalire alla circolazione delle lettere di credito emesse dalle prime istituzioni bancarie a scopo di trasferimento di fondi. Benché venga annoverato tra i titoli di credito di pertinenza bancaria, l'assegno svolge una funzione prevalentemente legata al sistema dei pagamenti.
Mediante l'assegno un soggetto (traente) ordina alla banca (trattario) il pagamento di una certa somma a favore dell'intestatario (prenditore). L'assegno permette di utilizzare in pagamento moneta bancaria (i depositi) anziché moneta legale (circolante) essenzialmente per motivi di praticità negli scambi. Quando in una transazione si utilizza moneta legale, il pagamento è contestuale, ma qualora si utilizzi moneta bancaria, l'atto di pagamento è perfezionato solo al momento in cui il conto corrente bancario del debitore viene movimentato. Fino a tale momento il beneficiario dell'assegno non ha la certezza che il pagamento verrà onorato, poiché ciò dipende dalla sufficiente disponibilità del conto su cui è stato tratto l'assegno. Per tali motivi si individua l'esistenza di un rapporto di credito pari all'ammontare dell'importo dell'assegno e di durata pari al tempo in cui l'assegno rimane nelle mani del venditore. Chi riceve in pagamento un assegno, di fatto accetta di vedere posposto l'effettivo incasso in moneta legale fino al momento in cui o cede a sua volta l'assegno a un proprio creditore oppure lo presenta alla banca dell'emittente.
Sotto l'aspetto della celerità di tali operazioni si ravvisa un potenziale conflitto tra le esigenze di efficienza del sistema economico e il perseguimento del profitto da parte del sistema bancario. Infatti la movimentazione del conto dell'emittente non avviene contestualmente al pagamento che la banca trattaria effettua per conto del proprio depositante, ma con un ritardo di alcuni giorni, variabile a seconda del tipo di assegno. Limitandoci al caso più semplice in cui l'assegno non venga ceduto ad altri ma sia presentato dal beneficiario alla propria banca per l'incasso, non esiste coincidenza tra le date in cui il conto del debitore e quello del creditore vengono aggiornati. Il ritardo con cui tale movimentazione ha luogo costituisce di fatto un finanziamento per il sistema bancario globalmente inteso. Tale ritardo, denominato tecnicamente float, in casi estremi (ad esempio accreditamento di assegni tratti su banche aventi la sede in un comune diverso da quello del destinatario, i cosiddetti assegni fuori piazza) può diventare assai rilevante.
Per superare tale problema, che costituiva nel caso italiano un serio ostacolo al miglioramento dell'efficienza delle operazioni bancarie, e quindi anche un ostacolo all'utilizzo di questa forma di pagamento, la banca centrale, in accordo con le organizzazioni di categoria del settore bancario, ha provveduto ad avviare alcune riforme per rendere più celere il processo di lavorazione degli assegni e quindi per ridurne i tempi di accredito. La procedura, chiamata check truncation (procedura di troncamento assegni), ha avuto il merito di ridurre i tempi richiesti in precedenza dall'intero processo, che si concludeva solo quando l'assegno emesso veniva materialmente ricevuto dalla banca trattaria. Con la procedura di troncamento assegni, in luogo del percorso fisico 'a ritroso' come in precedenza richiesto (dalla banca presso cui l'assegno è presentato dall'ultimo prenditore fino alla banca emittente), vengono trasferiti tramite reti informatiche i dati relativi, snellendo notevolmente i tempi tecnici necessari al completamento della procedura.
Tra i titoli di credito impropri occorre ricordare la carta di credito, uno strumento di pagamento assimilabile all'assegno bancario, che facilita la realizzazione delle transazioni. Il processo di pagamento attivato dall'uso della carta di credito implica un rapporto trilaterale che si instaura tra la società che ha emesso la carta, il titolare della carta e il fornitore di un bene o di un servizio. La carta di credito è infatti un documento che attesta in chi lo esibisce la titolarità a ricevere (presso un esercizio convenzionato) una certa prestazione consistente nell'erogazione di un servizio o nella concessione di un bene, il cui pagamento avverrà in un momento successivo da parte della società emittente. A monte del processo sta una relazione contrattuale tra la società emittente e il titolare della carta, nell'ambito della quale viene stabilito che in cambio di una certa somma annuale la società emittente si impegna al pagamento delle operazioni di spesa compiute dal titolare, il cui importo massimo (per singola spesa e/o mensile) è fissato anticipatamente, insieme alle altre condizioni di utilizzo della carta di credito. Di solito, il titolare della carta effettua il rimborso delle somme corrispondenti al totale degli acquisti effettuati mediante una sola transazione, che avviene con cadenza periodica. Il vantaggio derivante dall'utilizzo della carta di credito consiste nell'anticipazione di somme di denaro che la società emittente effettua per conto del titolare, e quindi va ben oltre le facilitazioni consentite dal pagamento tramite assegno: alla funzione di pagamento si affianca una funzione creditizia in tutti quei casi in cui il regolamento a carico del titolare avviene in un momento successivo. Il ricorso alle carte di credito si rivela particolarmente utile in occasione di spostamenti per motivi di lavoro o turistici, in quanto permette il regolamento di transazioni effettuate anche in valute diverse da quella del paese del titolare. Lo sviluppo di questo innovativo strumento di pagamento si deve infatti soprattutto alle esigenze derivanti dall'accresciuta mobilità della popolazione: inizialmente il fenomeno ha interessato gli Stati Uniti, e successivamente, proprio per gli incrementi dei flussi turistici a livello internazionale, si è diffuso anche negli altri paesi. Lo sviluppo delle carte di credito si verifica soprattutto dove esistono grandi catene di distribuzione commerciale, mentre viene rallentato là dove si ha una struttura distributiva frammentata e soprattutto dove sono assenti le necessarie infrastrutture tecnologiche che consentono la comunicazione in tempo reale degli ordini di pagamento tra gli esercizi convenzionati e le società emittenti. Nel corso del tempo alle funzioni tipiche connesse alla carta di credito sono state aggiunte anche altre facilitazioni, quali servizi assicurativi di vario genere o condizioni agevolate nell'acquisto di beni. In Italia la diffusione è stata lenta, come per tutte le innovazioni connesse al sistema dei pagamenti, fino agli anni più recenti. Tale ritardo è da addebitarsi alle caratteristiche delle forme di pagamento, tradizionalmente concentrate nell'utilizzo del contante; una più ampia diffusione di tale strumento sarà senza dubbio favorita dallo sviluppo tecnologico, dal processo di innovazione finanziaria e soprattutto dall'orientamento delle società emittenti verso una maggiore personalizzazione delle carte di credito.
Anche il settore pubblico dell'economia, per reperire risorse finanziarie, può ricorrere all'emissione di titoli, che costituisce una delle modalità di copertura del deficit statale globalmente considerato. Limitando l'attenzione al solo indebitamento del Tesoro, si distinguono, come per i privati, titoli a breve, a medio e a lungo termine, il cui utilizzo, in astratto, dovrebbe tener conto dei motivi che determinano lo squilibrio tra entrate e uscite dello Stato. Secondo i principî della 'buona finanza' i titoli a breve avevano la finalità di colmare temporanee carenze di liquidità, mentre gli altri titoli a medio-lungo termine dovevano costituire il finanziamento di squilibri provocati da spese a redditività differita (investimenti pubblici). In realtà, il ricorso all'una oppure all'altra forma di titoli è stato dettato dalle condizioni dei mercati finanziari e dall'assetto istituzionale vigente.
Nel corso del tempo si sono osservati casi di finanziamento del deficit mediante emissione di base monetaria, oppure situazioni di deficit non momentanei finanziati con titoli a breve termine. Il caso italiano rappresenta un esempio di tale evoluzione: fino a quando le dimensioni dei saldi da finanziare non erano elevate, in condizioni di bassa inflazione, si può affermare che i principî di corretta finanza venissero rispettati. Dalla metà degli anni settanta in poi, in coincidenza con la crescita del divario tra entrate e spese pubbliche, si è provveduto alla collocazione dei BOT principalmente presso il sistema bancario o la banca centrale; dall'inizio degli anni ottanta il Tesoro ha fatto ricorso in modo massiccio ai titoli a breve termine, sia per le difficili condizioni dei mercati finanziari, in cui si erano consolidate aspettative di inflazione elevata, sia per le modifiche nei rapporti istituzionali con la Banca d'Italia, che dal 1981 non garantiva l'acquisto della quota dei titoli pubblici che risultavano invenduti in sede di collocamento. Solo con il ridimensionamento delle aspettative di alta inflazione e con una riorganizzazione del mercato dei titoli pubblici è stato possibile collocare titoli a scadenza più lunga, che nel corso degli anni novanta hanno costituito la quota maggiore dei titoli pubblici emessi. L'insieme dei titoli emessi per finanziare i disavanzi annuali, tuttavia, presenta nel caso italiano, una durata media inferiore rispetto ai titoli pubblici emessi in altri paesi.
Le principali categorie di titoli pubblici nell'esperienza italiana sono i Buoni Ordinari del Tesoro (BOT), i Buoni Poliennali del Tesoro (BTP), i Certificati di Credito del Tesoro (CCT). I BOT sono titoli al portatore emessi con scadenze di 3, 6 e 12 mesi: non presentano cedola, in quanto il rendimento per il risparmiatore è dato dalla differenza tra il prezzo di emissione e il prezzo nominale del titolo, che viene rimborsato alla scadenza. In genere questi titoli sono detenuti in portafoglio dagli stessi acquirenti per tutta la durata e di solito vengono rinnovati: ciò ha impedito lo sviluppo di un mercato secondario per questa categoria di titoli, nonostante le sollecitazioni più volte avanzate da parte delle autorità monetarie. I BTP hanno scadenze notevolmente superiori a quelle dei BOT, e vengono emessi con cedola fissa pagabile a scadenza semestrale. Sono quindi titoli soggetti a una modifica del loro valore di mercato se i tassi correnti risultano superiori al rendimento stabilito in sede di emissione. Questo è il motivo per cui tale segmento di titoli era scarsamente utilizzato nel periodo di più elevata inflazione, che implicava una elevata variabilità dei tassi di interesse di mercato. I CCT, emessi a partire dalla fine degli anni settanta, hanno incontrato un favore crescente presso i risparmiatori in quanto sono titoli indicizzati. Di durata compresa in genere tra i cinque e i dieci anni, hanno una cedola semestrale il cui rendimento è legato a quello dei Buoni Ordinari del Tesoro. Formalmente, quindi, si tratta di una modalità di finanziamento del deficit pubblico a medio-lungo termine, che però rende lo stock di debito pubblico in essere (e quindi la spesa per il servizio del debito a carico del Tesoro) estremamente sensibile alle oscillazioni dei tassi di interesse.
I titoli vengono collocati tramite asta, riservata ad alcune categorie di operatori finanziari indicate nel decreto del Ministero del Tesoro in cui si annuncia l'emissione, dove vengono precisati anche gli altri dettagli di natura tecnica (tipo di asta, tagli di emissione, rendimenti). A seconda delle modalità con le quali viene stabilito il prezzo di aggiudicazione per i partecipanti, si distingue l'asta di tipo competitivo, dove ogni operatore che ha ottenuto titoli paga il prezzo indicato nell'offerta di acquisto, dall'asta di tipo marginale, in cui tutti i partecipanti risultati aggiudicatari pagano lo stesso prezzo. Nel corso del tempo i meccanismi di asta dei titoli pubblici sono stati modificati per assicurare una maggiore trasparenza ed efficienza del mercato primario. Anche a seguito della riorganizzazione del mercato secondario su base telematica (MTS) avvenuta alla fine degli anni ottanta, le dimensioni del mercato italiano dei titoli di Stato sono aumentate enormemente, e le attuali condizioni operative allineano ormai la situazione italiana a quella degli altri maggiori paesi.
Più di recente, alle forme già viste di titoli di credito emessi dall'amministrazione centrale si sono affiancati anche quei titoli che gli stessi enti territoriali possono collocare direttamente sul mercato, come i Buoni Ordinari Comunali (BOC). In questo caso le procedure sono parzialmente diverse da quelle vigenti per i titoli emessi dal Tesoro, dovendo essere rispettata una serie di disposizioni quali la certificazione dei bilanci dell'ente, l'intervento di un consorzio di collocamento nonché i limiti al rendimento massimo dei titoli offerti. (V. anche Banca e sistema bancario; Debito pubblico; Finanziari, intermediari; Finanziari, mercati; Fisco e sistemi fiscali).
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