BIANCHI (de' Lancillotti), Tomasino
Nacque a Modena il 1º dic. 1473 da Iacopino, speziale e cronista, e da Cassandra Seghizzi, sorella di G. B. Seghizzi, maestro di casa del duca Alessandro de' Medici, poi di Caterina regina di Francia. La famiglia fu detta anche de' Lancillotti, dal nome di Lancillotto, bisnonno del Bianchi. Fu dapprima speziale come il padre, ma nel 1507 fu accettato nel Collegio dei banchieri di Modena e nel 1515 lasciò definitivamente la spezieria. Il 17 apr. 1517, per i buoni uffici di Andrea Duro, già vicario del luogotenente cesareo in Modena, l'imperatore Massimiliano, con un diploma datato da Anversa, lo creò nobile e conte palatino con facoltà di creare notai e di legittimare bastardi. Nel 1518 fu fatto notaio imperiale e apostolico e l'11 marzo dello stesso anno Pietro Antonio da Charis, con l'autorità conferitagli da papa Leone X, lo nominò vicecomite con facoltà di creare sei dottori, privilegio confermato poi nel 1526 in nome di Clemente VII. Nel 1521 il B. fu accettato nel Collegio dei notai e nel 1526 entrò in quello dell'Arte della seta. Il 20 apr. 1528 il duca Alfonso d'Este lo fece cavaliere aurato. Il B., che visse sempre in Modena, ebbe in moglie prima Bartolomea dei Basti, poi, dal 1527, Margherita Mazzoni.
Oltreché dell'esercizio delle attività di notaio, di banchiere e di setaiolo, il B. si occupò moltissimo anche degli affari pubblici ed ebbe in città notevoli uffici: fu dal 1511 al 1516 tesoriere della Comunità e più tardi giudice delle vettovaglie, ragionato ed esattore della Comunità, sindaco dell'ospedale di S. Maria dei battuti, cassiere del Monte di pietà, massaro del Collegio dei banchieri, compilatore dell'estimo rurale, più volte ambasciatore della Comunità al duca. Nel 1527 fu eletto tra i Conservatori del comune, ma non volle sedere in Consiglio perché non gli era stato dato un posto conveniente al suo grado di conte e vicecomite. Fu effettivamente tra i Conservatori solo nel 1539 e poi più volte negli anni seguenti col grado di secondo priore del Collegio. Il B. morì in Modena il 13 dicembre del 1554.
L'attività del B. come scrittore dipende tutta dalla sua partecipazione alla vita cittadina e dal suo interesse per la cosa pubblica. Diresse infatti memoriali al duca, ai conservatori, al governatore per suggerire provvedimenti utili a ben regolare la vita della città; fece stampare più volte a sue spese i calmieri del pane; pubblicò a Modena nel 1544 la Stadera del formento, un volumetto di centoventi pagine, nel quale tratta "il prezzo del formento di tempo in tempo secondo il peso della stadera et quanta farina si cava d'un sacco di formento et quante tiere di pane affiorato o di massaria d'un sacco di farina", sempre in relazione al peso specifico del grano. Ma la sua opera veramente importante è la Chronica de diverse cose degne di memoria, che egli tenne dal 1503 al 1554. Si tratta di un vastissimo diario in cui lo scrittore annotò giorno per giorno una quantità enorme di notizie: le morti, le nascite, i matrimoni nelle famiglie ragguardevoli; i fatti curiosi; le condizioni metereologiche e l'andamento dei raccolti; i prezzi del pane, delle carni e delle varie derrate; l'avvicendarsi delle persone nelle cariche pubbliche e i provvedimenti delle autorità; le discordie e le paci tra le famiglie e le consorterie; i passaggi, gli accantonamenti e gli scontri di truppe; i passaggi e i soggiorni in città di personaggi importanti; le condizioni della sanità pubblica, l'edilizia e mille altre cose. Inoltre il B. annotò tutte le notizie d'Italia e d'Europa che giungevano a Modena da fonti attendibili e inserì nella sua cronaca copia dei documenti non modenesi che riuscì ad ottenere. La rapida annotazione dei fatti è spesso accompagnata da osservazioni e commenti in virtù dei quali prende consistenza agli occhi del lettore la figura del B., i cui tratti caratteristici sono l'atteggiamento polemico verso il proprio tempo, un certo rassegnato pessimismo, un moralismo spesso pedante e invadente, una religiosità piuttosto superstiziosa, un fortissimo sentimento delle gerarchie sociali e insieme un vivo senso dell'onestà, della probità, dei doveri del cittadino verso la città e anche del ricco verso i poveri. Dà sapore alla cronaca anche la lingua in cui essa è scritta: una lingua che le continue intrusioni della sintassi e del lessico dialettali rendono vivace e pittoresca.
Il B. afferma di avere cominciato a tenere la sua cronaca (in continuazione di quella di suo padre) nel 1503; ma il manoscritto che ci resta comincia col 1506 e dallo stesso anno comincia anche il ristretto che dell'opera fece, nel secolo XVII, G. B. Spaccini. Vi è poi una grande lacuna per il periodo che va dal gennaio 1543 all'aprile 1545. Questa parte della cronaca deve essere andata perduta (o fors'anche deliberatamente soppressa) dopo i primi decenni del Seicento, giacché lo Spaccino la conobbe e la riassunse.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Modena,Letterati, ad vocem: lettere del B. ai duchi Alfonso I ed Ercole II e copia dell'ultimo suo testamento (16 maggio 1554). Nell'Arch. stor. comunale di Modena copia del diploma dell'imperatore Massimiliano (Reg. Privilegia nobilitatis) e lettere del B. ai Conservatori. La Cronaca modenese fu pubblicata nei Monumenti di storia patria delle prov. mod., Parma 1862-1884, in 12 voll.: i primi 8 a cura di C. Borghi, gli altri di L. Lodi (ediz. assai difettosa per i molti errori di lettura del ms., specie nei primi volumi, e per l'arbitraria omissione di parti che parvero "sconce" od inutili all'editore). Vedi ancora G. Tiraboschi, Biblioteca modenese, III, Modena 1783, pp. 73-75; P. Martini,La Deputaz. di storia patria di Modena e le cronache modenesi di L e T. dei Bianchi, in Arch. stor. ital., s. 3, IX (1869), pp. 37-67; XIV (1871), p. 33-63, 333-359; XV (1872), pp. 244-267, 478-500.