CAMPANA, Tommaso
Unico dato certo dell'attività di questo pittore è la sua partecipazione alla famosa decorazione del chiostro di S. Michele in Bosco di Bologna, che fu realizzata negli anni 1604-05 sotto la direzione di Lodovico Carracci e con la collaborazione dei pittori Reni, Massari, Garbieri, Galanino, Brizio, Albini, Spada, Cavedoni, Paolo Carracci, Sebastiano Razali e Aurelio Bonelli. A ciò risale la sua notorietà, per la quale il C. viene citato nelle storie pittoriche (Lanzi, Rosini) o nei dizionari (Ticozzi).
Errate sono le notizie riportate nella voce del Künstlerlex. di U. Thieme-F. Becker (V, p. 454). L'evidente trasposizione di tali dati dalla vita del pittore bolognese Giacinto Campana, da cui il Malvasia nelle sue Pitture di Bologna (1686) differenzia il C. riferendogli l'appellativo di "vecchio", risale allo Zanotti (1739), secondo il quale, per l'appunto, è Tommaso il Vecchio anziché Giacinto il maestro di disegno di Carlo Cesare Malvasia. E poiché è il Malvasia stesso (1678) la fonte più autorevole che fa fede del proprio alunnato presso Giacinto e che fa una distinzione ben chiara delle due personalità, è da escludere fra i due alcun rapporto di parentela.
Il C., quale aiuto di L. Carracci, affresca nel chiostro di S. Michele nel 1605 (Arch. di Stato di Bologna, Libro di Fabbrica, 6, 1579-1616, cc. III s.) i due riquadri raffiguranti S. Cecilia che distribuisce ai poveri le sue ricchezze e La santa a colloquio con il tiranno (Malvasia, 1686), indi passa a lavorare sotto il Reni dal quale riceve generose sovvenzioni (Malvasia, 1678). Quale discepolo di Guido lo ricorda anche la fonte più antica (Masini), dalla cui laconicità si può desumere il ruolo assai modesto che questo pittore dovette avere nella Bologna carraccesca. A Lodovico e ad Agostino sembra infatti appoggiarsi la sua cultura, quale può leggersi attualmente solo attraverso le incisioni eseguite da G. Fabbri su disegno di G. Calvi per il libro che Gian Pietro Zanotti, a ricordo degli affreschi già molto deperiti, volle realizzare in Bologna nel 1776 (riproduzioni in Emiliani). L'esistenza di un suo dipinto raffigurante Bacco, Arianna e l'Abbondanza presso la Galleria Zambeccari di Bologna, entrato nel 1883 nella Pinacoteca nazionale della stessa città, risulta dall'inventario manoscritto (in deposito presso la Pinacoteca) steso da Cesare Masini nel 1871. Di tale dipinto non si ha attualmente alcuna traccia, come di un'altra sua opera citata in un catalogo della Reale Galleria di Stoccarda nel 1907 che il Bénézit cita col titolo Maria Maddalena penitente.
Fonti e Bibl.: A. Masini, Bologna perlustrata, Bologna 1666, I, p. 639; C. C. Malvasia, Felsina pittrice (1678), Bologna 1841, I, p. 408; II, p. 52; Id., Le pitture di Bologna (1686), a cura di A. Emiliani, Bologna 1969, ad Indicem; P. A. Orlandi, Abecedario pittorico, Bologna 1704, p. 355; G. P. Zanotti, Storia dell'Acc. Clementina, Bologna 1739, ad Ind.; L. Lanzi, Storia pitt. della Italia, Bassano 1809, V, p. 151; G. Bianconi, Guida del forest. per la città di Bologna, Bologna 1820, p. 408; S. Ticozzi, Dizionario degli architetti, scultori, pittori, Milano 1830, s. v.; G. Rosini, Storia della pittura italiana, Pisa 1844, VI, p. 54; R. Roli, Quattro secoli di pittura, in San Michele in Bosco, Bologna 1971, p. 222; E. Bénézit, Dictionn. ... des peintres, sculpteurs..., II, s. l, 1961, s. v.