COSTA, Tommaso
Figlio di Pietro, nacque nel 1635 a Fiorano Modenese; ricevette la sua prima formazione presso il fervido cantiere della "Delizia" estense di Sassuolo, ove, dal 1643 al 1655, Jean Boulanger attendeva all'affrescatura degli appartamenti e della galleria, coadiuvato da una nutrita schiera di discepoli e collaboratori. Ancora al seguito del Boulanger, il C. collaborò ai cicli pittorici che andavano qualificando le varie fabbriche ducali, come la villa delle Pentetorri (distrutta nel 1944) nel sesto decennio del Seicento; mentre già nel 1657 fu affidata al C. un'impresa di una certa importanza: la dipintura, in sodalizio con il modenese Giocondo Aretusi, della cupola provvisoria (forse una tela dipinta a finta cupola) nel santuario della Beata Vergine di Fiorano. Venne quindi introdotto nella cerchia degli artisti più intrinseci alla corte tramite l'appoggio dei principi Luigi e Foresto, che gli procurarono ordinazioni per le dimore estensi di Modena e Scandiano, nonché per il palazzo dello stesso Foresto dove, sul finire del Settecento, ancora si conservavano varie quadrature del C. con paesaggi, scene allegoriche, prospettive architettoniche (Tiraboschi, 1787). Nel settimo decennio del secolo partecipò al compimento dell'arredo pittorico nella reggia di Gualtieri, similmente ad altri operatori usciti dal magistero del Boulanger, quali S. Caula e S. Sansoni. Al fianco di questo, il C. intraprenderà, nel 1671, il cimento di più alto prestigio nel suo itinerario artistico: lo sfondato prospettico a finte architetture perduto nel corso dell'ultima guerra nella cupola della chiesa dei teatini di S. Vincenzo in Modena, che il Caula animò con inserti di figure. Ancora a Sassuolo si ritrova il C. nel biennio 1672-73, allorché, presso il tempio di S. Francesco, dipendente dalla reggia estense, sistemò l'altar maggiore e la cappella del Crocifisso, e affrescò il settore del coro.
Tra il 24 gennaio e il 5 ag. 1673 (Sassuolo, Archivio dell'Arciconfraternita del SS. Crocifisso, 1673. Libro nel quale si noteranno tutti gli Officiali che saranno pro tempore ... nella Confraternita del Santissimo Crocefisso...) un Francesco Costa, del quale non si hanno altre notizie, attendeva insieme con il C. alla decorazione dell'altare maggiore e della cappella dedicata al Crocifisso.
È del 1674 il vasto intervento di ripristino del santuario fioranese, danneggiato poco prima da un incendio, comprendente l'esecuzione degli ornati a chiaroscuro nei due altari di S. Nicolò e del Crocifisso e di una serie di quattro dipinti, L'Annunciazione, La visita a s. Elisabetta, La fuga in Egitto, S. Giovanni in Pathmos, per le pareti laterali di quelle cappelle.
Più che a Modena, il C. fu attivo in Reggio Emilia, dove aveva fissato la residenza. Ivi compì, per il distrutto oratorio della Confraternita della Visitazione o di S. Agostino, un dipinto rappresentante la Visita a s. Elisabetta, già sull'altar maggiore, e quindi trasferito nella chiesa di Mancasale. Tra le molte imprese decorative, lasciò nel cortile minore dell'ospedale un'effigie a fresco della Carità contornata da putti.
Se taluni tra i suoi saggi pittorici, come una Visitazione, vennero divulgati tramite le incisioni di Bernardino Curti, egli stesso si cimentò nella tecnica dell'acquaforte; il Tiraboschi (1787) menziona una Sacra Famiglia a stampa, ispirata ai modi di Simone Cantarini, nella collezione di Camillo Baggi.
Un ampio capitolo della densa operosità del C., sino ad ora quasi passato sotto silenzio, risulta essere quello svolto nel versante teatrale e dell'effimero.
D'altro canto, le cognizioni prospettiche derivategli dall'apprendistato sassolese, tra le stupefacenti creazioni di illusionistica architettura elaborate da Angelo Michele Colonna e da Agostino Mitelli e le quadrature di Giovan Giacomo Monti e Baldassarre Bianchi, sontuose cornici al dispiegarsi del favolistico racconto del Boulanger, non potevano non prestare il supporto a un'attività in tale campo, così assiduamente frequentato, sotto l'impulso della corte degli Este, da tanti operatori locali. Risale al 1683 la prima documentata prestazione in tal senso, che lo vede intento, nel teatro Comunale di Reggio, a dipingere le scene per il dramma Il talamo preservato della fedeltà d'Eudossa. Ma l'episodio di maggior prestigio andrà individuato nella decorazione, compiuta insieme con Iacopino Consetti, Agostino Stringa e altri collaboratori nei primi mesi del 1686, sotto la direzione di Francesco Stringa, del nuovo teatro di corte, edificato presso il palazzo ducale di Modena con l'apporto ingegneristico del veneziano Tommaso Bezzi; la contemporanea presenza, in questo piccolo ma cruciale cantiere, di Francesco Galli Bibiena e dei suoi allievi, impegnati nelle parti decorative, consentirà all'artista un contatto diretto con la grande cultura scenografica della vicina Bologna. Il C. curò anche l'allestimento del dramma in musica destinato ad inaugurare quello stesso teatro il 13 marzo del medesimo 1686, l'Eritrea o Gl'inganni della maschera.
La rinomanza raggiunta nel campo dello spettacolo indusse anche i Farnese ad avvalersi del contributo del C. in occasione di feste e celebrazioni. Sembra inoltre che lavorasse nello Stato milanese a partire dal 1687.
Rientrato quindi in Reggio, vi morì il 28 dic. 1690; fu sepolto nella chiesa di S. Zeno.
Appare ormai acquisita l'attribuzione al C. di due tele conservate presso la Galleria Estense di Modena, di incerta provenienza: Scena di caccia notturna e Veduta prospettica con la cena in casa del fariseo. I moduli compositivi mediati dalla parallela produzione scenografica fanno individuare nel loro artefice "uno degli iniziatori, per quanto modestissimo, del gusto prospettico scenografico emiliano" (Pallucchini, 1945).
È una connotazione che informa in particolare il secondo dipinto, dove la fuga prospettica della grandiosa galleria, obliquamente impaginata, si accende di bagliori luministici con vividezza di contrasti chiaroscurali - "coloritore robusto", definì il Lanzi l'artista -; mentre la trattazione del soggetto è affidata alle minute figure, sottili e scattanti, riconducibili al fraseggio più rapido ed intuitivo del Boulanger, nonché, per il loro sapore neomanieristico, agli esempi tintorettiani. Il linguaggio del C. per il Tiraboschi richiamerebbe il Bianchi nella quadratura, "la spaziosa e larga maniera" del Dauphin nei temi paesaggistici e, appunto, "nelle figure... il Boulanger", la sigla dinamica ed abbreviata, la vena di derivazione veneteggiante, ricordano Sigismondo Caula, condiscepolo e in varie circostanze collaboratore del C., studioso appassionato dei testi pittorici veneti. Un accostamento, d'altra parte, per certi versi già istituito dallo stesso Lanzi, che fa emergere i due autori dalla schiera degli allievi del Boulanger per sottolineare la validità degli esiti qualitativi di entrambi.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Modena, Arch. per materie, Spettacoli pubblici, b. 8, 1686-Robbe proviste per il Teatrino (16 genn. 1686); Registro delle spese (16 febbr. 1686: docc. pubblicati in Martinelli, 1982); P. A. Orlandi, Abecedario pittorico.... Bologna 1704, p. 355; M. A. Lazarelli, Pitture delle chiese di Modena [1714], a cura di O. Baracchi Giovanardi, Modena 1982, p. 66; G. F. Pagani, Le pitt. e le scult. di Modena, Modena 1770, p. 41; L. Lanzi, Storia pittor. della Italia [1808], a cura di M. Capucci, II, Firenze 1970, p. 215; G. Tiraboschi, Biblioteca modenese, Modena 1787, VI, pp. 401-403; S. Ticozzi, Diz. dei pittori, Milano 1818, I, p. 141; F. Sossai, Modena descritta, Modena 1841, p. 83; F. Castellani Tarabini, Cenni storici e descrittivi intorno alle pitture della R. Galleria Estense, Modena 1854, pp. 65 n. 221, 75 n. 265; G. Campori, Gli artisti ital. e stranieri negli Stati estensi, Modena 185,5, p. 95; A. Gandini, Cronistoria dei teatri di Modena, Modena 1872, II, p. s; A. Venturi, La R. Galleria Estense in Modena, Modena 1883, pp. 217, 280 s.; V. Tardini, I teatri di Modena, Modena 1902, 111, p. 1100; A. Venturi, Affreschi nella Delizia estense di Sassuolo, in L'Arte, XX (1917), p. 74; S. Bonetti, Il patrimonio stor.-artist. d. Congregazione di Carità in Modena, Modena 1920, p. 17; G. Bucciardi, Fiorano dalle origini al 1859, Modena 1934, pp. 176, 182 s.; R. Pallucchini, I dipinti della Galleria Estense, Roma 1945, p. 72 nn. 117 s., fig. 35; A. Barbieri, Modenesi da ricordare, Modena 1966, pp. 108 s.; M. Pirondini, J. Boulanger, un pittore francese nel ducato di Modena, Modena 1969, p. 75; G. Soli, Chiese di Modena, a cura di G. Bertuzzi, Modena 1974, III, p. 367; A. Lugli, Erudiz. e pittura alla corte estense: il caso di S. Caula (1637-1724), in Prospettiva, 1980, n. 12, pp. 59, 71 n. 6, 72 n. 17; A. Cavicchi, Musica e melodramma nei secc. XV-XVIII, in Teatro a Reggio Emilia, a cura di S. Romagnoli-E. Garbero, Firenze 1980, I, pp. 112, 114; G. Martinelli, Contributi per una storia dell'effimero nel ducato modenese tra Sei e Settecento: T. Bezzi, in Aspetti e problemi del Settecento modenese, Modena 1982, p. 136; V. Vandelli, Regesto, in Ducale Palazzo di Sassuolo, a cura di M. Pirondini, Genova 1983, p. 140; G. Martinelli, Note sullo spettacolo in Modena tra Sei e Settecento: i luoghi e le presenze, in Alessandro Stradella e Modena - Immagini, documenti, musica (catal.), Modena 1983, pp. 52, 59; A. Garuti, Dalla scena al privato: testimonianze della decorazione prospettica a Modena nel XVIII secolo, in Alessandro Stradella e Modena, Modena 1984; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VII, p. 533.