CUCCIONI, Tommaso
È uno dei primi e più rinomati fotografi romani dell'Ottocento di cui conosciamo la data di morte (1864), ma non quella di nascita. Poiché, comunque, un ritratto fotografico del C. (Becchetti, 1983) del 1860 - attribuito a Giuseppe Ninci - ci mostra un uomo vicino alla settantina, è presumibile che sia nato verso il 1790.
Le prime notizie biografiche sul C. si ricavano dai Verbali della Commissione artistica permanente della Calcografia camerale che, all'epoca della direzione del Valadier, nel biennio 1834-35, lo indicano fra gli incisori di veduta urbana legati all'istituto in virtù di vari contratti, uno dei quali lo impegna ad eseguire, su disegno del Poletti, la Veduta prospettica del Palazzo della Cancelleria.
La sua attività d'incisore dovette però essere di breve durata dal momento che tutti i rami (inv. 1237) della serie cui appartiene il soggetto appena ricordato recano oggi le firme di altri incisori (Parboni, Rinaldi, Olivieri), il che equivale a dire che il futuro fotografo deve aver disatteso ai propri impegni, consegnando incompiuti i lavori assegnatigli.
Approssimativamente nello stesso periodo, pur continuando a fregiarsi del titolo professionale di "calcografo", il C. passò dall'incisione al commercio di stampe, con negozio prima in via della Croce, n. 88, e poi in via Condotti, n. 18, come risulta dai repertori dell'epoca di Gregorio XVI che lo indicano come mercante di stampe, quadri ed oggetti di belle arti.
La maggior fonte d'informazione sul C. è costituita, da questo momento in poi, soprattutto, dal testamento e dai libri contabili del fotografo, confluiti nell'archivio privato di P. Becchetti cui, non a caso quindi, si devono le biografie fino ad ora stese in varie occasioni.
Le qualità umane del C., che certamente deve essere stato persona pia e profondamente religiosa, traspaiono più di una volta nelle carte dell'archivio Becchetti: nel testamento - redatto per gli atti dei notaio Milesi - con il quale il fotografo dispone, fra l'altro, diversi lasciti a beneficio di vari istituti religiosi e dell'ospedale di S. Spirito in Sassia; nel suo Giornale di vendita, dove appunta "Il Sommo Pontefice Papa Gregorio XVI passò da questa all'altra vita a ore 13 il 1 giugno 1846"; ancora nel testamento nel quale esprime il proprio desiderio per un funerale cristiano accompagnato da cento frati e venti preti.
Negli anni Quaranta, insieme alla vendita di stampe calcografiche, iniziò anche quella di dagherrotipie e calotipie che non eseguiva ancora personalmente, ma commissionava ad altri professionisti romani delle origini e soprattutto a G. Caneva, suo grande amico. Così risulta dai libri contabili del C. del biennio 1849-50 nei quali si legge: "17 ottobre 1849, a Caneva per 4 dagherrotipi venduti, scudi 2340; 25 ottobre 1849, a Caneva per 4 dagerrotipi [sic], scudi 2,40; 16 maggio 1850, a Caneva per 20 dagerotipi, [sic] e residuo di altri 4, scudi 12,34".
Solo dopo il 1851, vale a dire dopo la messa a punto del processo al collodio umido, il C. iniziò la sua nuova e fortunatissima carriera di fotografo in quanto solo allora, e non prima, la fotografia si pose realmente come mezzo alternativo - rispetto alle altre tecniche riproduttive del passato - nel campo della produzione e della riproduzione dell'immagine.
Del lento, ma inesorabile, passaggio dall'incisione alla fotografia, il C. può considerarsi un personaggio emblematico. Con l'età dei collodio - ben a ragione definita l'âge d'or della fotografia - il nuovo mezzo, per l'implicita possibilità di mimare la natura, di riprodurla fedelmente e senza alcuna mediazione soggettiva, venne ad essere, automaticamente, investito di quella forte funzione culturale ed informativa, affidata alla diffusione e alla riproduzione dell'immagine, di cui, fino a quel momento e lungo tutto il percorso della sua storia, aveva detenuto il primato e il proprio incontrastato monopolio l'incisione calcografica. Il costo minore della fotografia, le sue piccole dimensioni, che ne facevano un oggetto souvenir facilmente trasportabile, accelerarono enormemente questo processo, soprattutto per ciò che riguarda la veduta urbana e la documentazione dei patrimonio artistico.
La posizione strategica del negozio del C., posto non lontano dal "tridente" di piazza dei Popolo, nodo cruciale del turismo internazionale, giocò un ruolo non trascurabile nel determinare le nuove scelte professionali del C. che va annoverato, pertanto, fra quegli operatori illuminati degli anni Cinquanta (insieme a Simelli, Cretté, Alinari, Brogi, ecc.) che seppero precocemente, e con sufficiente chiarezza, prevedere gli esiti finali - tardo ottocenteschi e postunitari - di un completo trionfo della fotografia sull'incisione nel campo della documentazione artistica e del territorio.
Una delle prime occasioni ufficiali in cui il C. ebbe modo di segnalarsi a livello internazionale, fu quella offerta dalla Exposition de la Société Française de Photographie tenuta a Parigi nel 1859 nel cui ambito riscosse tale successo da meritare lusinghieri elogi da parte della critica francese, in genere molto avara nei confronti degli Italiani.
Philippe Burty, recensendo sulla Gazette des Beaux-Arts (II [1859], p. 214) le sue fotografie in formato gigante, così infatti si esprimeva: "Les immenses photographies tirées à Rome par M. Cuccioni, et représentant les vues du Colisée et du Forum, le groupe du Laocoon et l'Arc de Constantin, sont aussi importantes par leur étendue et leur réussite que par la grandeur des souvenirs qu'elles éveillent. Nous sommes longtemps resté pensif devant l'aspect tranquille et sobre de la dernière... On croirait voir une vieille estampe... La Vue du Forum, dont les trois partics réunies forment un développement de 1 m. 60cent. de longueur sur 68cent. de hauteur, présentait dans le tirage et dans le rapprochement des épreuves, des difficultés qui ont été vaincues avec le plus grand bonheur". Dal foglio quindicinale La Lumière (IX [1859], 9 luglio, n. 28), Ernest Lacan ribadiva, con il proprio prestigio di critico, il giudizio appena riportato, definendo le fotografie dei C. delle prove magistrali. Soprattutto élogiava il magnifico panorama preso dal Foro, davanti al quale ci si sente presi da una straordinaria emozione: è un deserto di rovine dove si sente che sono passati dei giganti.
Nel 1861 il C. riprodusse gli affreschi di Annibale Carracci in palazzo Famese e pubblicò il frutto di questa ambiziosa impresa nel volume Sala Farnese / dipinta da Annibale Caracci / Riprodotta in Fotografia / da Tommaso Cuccioni / Roma / Stabilimento Fotografico / via Condotti n. 18 / 1861. Con quest'album, oltre che con tre vedute di Roma, l'anno successivo partecipò all'Esposizione di Londra; il successo riscosso fu tale che nessuna delle opere inviate ritornò in patria, come risulta dalla nota autografa del 13 gennaio 1863, segnata dal C. sulla polizza assicurativa stilata al momento della partenza delle proprie opere (7 marzo 1862) per Londra: "Dichiaro io sottoscritto di nulla dover ricevere dall'Eccellentissimo Ministro del Commercio e Lavori Pubblici relativamente alle fotografie spedite alla Grande Esposizione di Londra, essendo state colà vendute con mia pienissima soddisfazione. In fede Tommaso Cuccioni". Non a caso la sua partecipazione all'Esposizione londinese gli aveva procurato l'ambita onorificenza di una medaglia con cui veniva premiata l'alta qualità di diciassette dei ventuno collodi dell'albuin prima ricordato e tre edute romane, quelle del Foro, del Colosseo e di piazza S. Pietro. Dopo la sua morte, avvenuta a Roma il 23 ag. 1864, la proprietà del negozio, in base alle volontà testamentarie del fotografo, passò al fratello Gioacchino, mentre l'usufrutto della ditta venne assicurato alla vedova, Isabella Bonafede.
Dall'inventario di tutti i beni del C. - steso dal fotografo romano Caneva "Artista fotografo e perito" -, costituiti da attrezzature fotografiche varie, stampe fotografiche e danaro, possiamo farci un'idea non solo della professionalità di questo maestro delle origini, ma anche delle possibilità di guadagno offerte, alla metà del secolo scorso, dai proventi di una ditta fotografica ben avviata e di grande prestigio internazionale.
IsabellaBonafede, donna energica ed accorta, continuò con grande impegno l'attività della ditta, incrementandone il patrimonio attraverso la committenza di nuove lastre ai più noti professionisti dell'epoca come Oswald Ufer, Romualdo Moscioni. Robert MacPherson, Cesare Vasari e Francesco Fiorani. Dal 1864 al 1866 la vedova del C. si avvalse dell'opera di Giuseppe Ninci, cui affidò il compito di responsabile del laboratorio e, quando questi si mise in proprio, con studio in via S. Giuseppe a Capo Le Case, n. 2, passò l'incarico ad Augusto Fabbri. Ancora molti anni dopo la morte del C., la fama che egli si era guadagnato da vivo tenne alte le sorti economiche della ditta cui giungevano, da ogni parte del mondo, continue richieste di ristampe dai suoi collodi. Ugualmente anche il prestigio dello stabilimento non venne certo meno, anzi si rinverdì in più di una occasione: alla mostra dell'Arte sacra di Roma (1870) e a quella Universale di Vienna del 1873, dove la Ditta Cuccioni venne premiata con ben due medaglie.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Roma. Camerale II (Calcografia camerale). b. 5. fasc. 9 (vedi adunanze del 12 maggio 1834e del 15 maggio 1835): Registro delle risoluzioni della Commissione artistica della Calcografia camerale; Arch. di Stato di Napoli, Arch. Borbone 2515: Sala Farnese dipinta da Annibale Caracci riprodotta in forografta da Tommaso Cuccioni, Roma, Stabil. Fotografico via Condotti, n. 18, 1861; Archivio di Stato di Roma, Ministero dei Lavori Pubblici. Industria, Commercio, Agricoltura e Belle Arti, 1862-63, b. 384 n. 5, classe 14: Nota delle medaglie donate ai sudditi pontifici nella Grande Esposizione di Londra estratta dal giudizio degli arbitri ch'è pubblicata sul giornale The Daily Telegraph; Ibid., ibid., volume contenente le cedole assacurative di tutti gli Oggetti spediti dal Governo Pontificio all'Esposizione internaz. di Londra del 1862, p. 69; Roma, Arch. fotografico Becchetti, Fondo Cuccioni; Elenco generale degli oggetti spediti dal Governo pontificio all'Esposizione internaz. di Londra del 1862, Roma 1862, pp. 51 s.; Esposizione internaz. di Vienna. Catalogo degli espositori ital., Roma 1873; S. Negro, Nuovo album romano, Vicenza 1965, p. 22 figg. 57, 64, 67, 115; P. Becchetti, T. C., in Roma cento anni fa nelle fotografie dei tempo (catal.), Roma 1970, pp. 14, 89; Id., in Roma dei fotografi. 1846-1878 (catal.), Roma 1977, pp. 37, 44, nn. 106, 117, 118; Id., in Fotografi e fotografia in Italia 1839-1880. Roma 1978, pp. 97 s.; Id., in Fotografia italiana dell'Ottocento (catal.), Firenze-Milano 1979, pp. 150 s.; M. Miraglia, Note per una storia della fotografia italiana 1839-1911, in Storia dell'arte italiana, IX, 2, Torino 1981, p. 466; P. Becchetti, La fotografia a Roma dalle origini al 1915, Roma 1983, pp. 293 s.