SERVILLO, Toni (propr. Marco Antonio)
Attore e regista teatrale e attore cinematografico, nato ad Afragola (Napoli) il 25 gennaio 1959. Affermatosi sulle scene e sugli schermi nel corso degli anni Duemila, è una delle figure più rilevanti per versatilità e intelligenza interpretativa. Le sue interpretazioni in teatro (che non possono essere disgiunte dalla sua attività di regista) hanno mostrato una capacità attorica fondata su un’attitudine metamorfica, tagliente, antinaturalista eppure sempre concreta e asciutta, dotata di una vocalità e di un senso del ritmo atti a trasmettersi a tutta la compagine scenica. La sua figura di attore si è imposta anche nel cinema, dove S. si è messo sempre al servizio delle idee cinematografiche dei registi con cui ha lavorato, creando personaggi che si sono incisi nell’immaginario collettivo.
I suoi inizi precoci, negli anni Settanta, hanno coinciso con la stagione della cosiddetta postavanguardia teatrale, quando S., insieme al suo primo gruppo, il Teatro Studio di Caserta, si fece notare per l’inventiva dirompente con cui de-costruiva gli elementi scenici, assimilando la visionarietà e il dinamismo tipici di quei modelli sperimentali. Ma già alla fine degli anni Ottanta è emerso il suo interesse per la vitalità di una tradizione, quella dell’attore-autore nel Novecento, incarnata soprattutto dalla centralità di Napoli intesa come città-teatro, e insieme dalla necessità di scarnificarne gli stilemi, di liberarla da ogni convenzione. Sono nati così (nell’alveo del nuovo raggruppamento ideativo e produttivo di Teatri Uniti, fondato da S. con Mario Martone, v., e Antonio Neiwiller) spettacoli che hanno restituito tutto un mondo poetico e allucinatorio che trova radici profonde nel sostrato napoletano di poeti-attori-drammaturghi, da Eduardo De Filippo a Raffaele Viviani a Enzo Moscato: E... (1986), Partitura (1988), Rasoi (1991), Zingari (1993), Da Pirandello a Eduardo (realizzato a Oporto con attori portoghesi nel 1997).
Una linea questa che è approdata all’eccezionale performatività sia nel dittico composto da Sabato, domenica e lunedì (2002) e Le voci di dentro (2014), sia nei recital Toni Servillo legge Napoli (2012) e La parola canta (2015, insieme al fratello Peppe cantante-attore, che lo aveva già affiancato nel secondo testo di De Filippo), in cui S. conferisce alla lingua napoletana poetica e musicale una risonanza e amplificazione emotive. Complementare a questa linea è lo scavo che S. ha condotto nel tessuto drammatico, e nel gioco dialettico di maschere e personaggi alle radici di quella tradizione, prima con Le false confidenze (1998) di Pierre de Marivaux, poi con le due commedie di Molière (nella traduzione penetrante e tersa di Cesare Garboli) Il misantropo (1995) e Il Tartufo (2000), riattivando la lezione di ‘vivisezione’ dell’attore che fu di Louis Jouvet e rendendo viva nel presente la dinamica di quelle drammaturgie recitative; e in seguito con La trilogia della villeggiatura (2007), scomponendo e ricomponendo in una maratona scenica tutte le gradazioni, le sfumature, gli intarsi di un Carlo Goldoni riportato alle frenesie, alle ipocrisie, ai disincanti dei nostri tempi.
Consacrata da diversi premi, soprattutto il David di Donatello per la migliore interpretazione, nel corso degli anni Duemila si è intensificata la sua attività di attore cinematografico (che era iniziata già con Martone in Morte di un matematico napoletano, 1992; La salita, episodio de I vesuviani, 1997; Teatro di guerra, 1998). È andato così allineando una galleria di personaggi, tra costruzione di maschere e introspezioni psicologiche. A partire da quelli costruiti per Paolo Sorrentino (v.): il patetico cantante in disarmo Toni Pagoda di L’uomo in più (2001), il grigio riciclatore di denaro sporco travolto dall’imprevedibilità dei sentimenti di Le conseguenze dell’amore (2004), la ‘maschera’ politica di un indecifrabile, vampiresco e mostruoso Giulio Andreotti in Il divo (2008), fino all’ineffabile istrionismo del Gep Gambardella immerso nella triste mondanità della Roma ‘postfelliniana’ di La grande bellezza (2013), vincitore dell’Oscar come miglior film straniero. Figure capaci di una forte sintonia con le ambiguità del presente italiano, sono risultati personaggi dimidiati tra tragedia e commedia, dagli emblematici risvolti umani e politici. Così anche il torvo camorrista di Luna Rossa (2001) di Antonio Capuano, il cinico criminale ‘in doppiopetto’ di Gomorra (2008) di Matteo Garrone, il grottesco capofamiglia siciliano di È stato il figlio (2012) di Daniele Ciprì, il solitario cassiere distrutto dal vizio del gioco di Gorbaciof (2010) di Stefano Incerti, il commissario dolorosamente lucido di La ragazza del lago (2007) e il glaciale e fraudolento ragioniere di Il gioiellino (2011), entrambi di Andrea Molaioli, lo chef napoletano emigrato in Germania coinvolto dal figlio in un crimine che lo porterà a cambiare identità in Una vita tranquilla (2010) di Claudio Cupellini, il sornione tipo tutto italiano in Un balcon sur la mer (2010; Tre destini, un solo amore) di Nicole Garcia. E ancora il Mazzini intransigente e radicale di Noi credevamo (2010) di Martone, per proseguire con la coppia di gemelli, l’uno famoso politico di sinistra e l’altro pervaso da giuliva follia, disegnati da S. in Viva la libertà (2013) di Roberto Andò (per il quale nel 2015 ha interpretato un monaco alle prese con i misteri del potere in Le confessioni) e con il parlamentare di centrodestra ferito negli affetti e in crisi morale di Bella addormentata (2012) di Marco Bellocchio.
Inoltre S. si è mostrato sensibile nel dare il suo contributo a progetti più sperimentali e particolari sia cinematografici – i film di Elisabetta Sgarbi cui ha preso parte come interprete o come voce narrante (Notte senza fine, 2004; Deserto rosa. Luigi Ghirri, 2009; Il viaggio della signorina Vila, 2012; Racconti d’amore, 2013) – sia teatrali e musicali: Il lavoro rende liberi (2005) di Vitaliano Trevisan, Benjaminowo: padre e figlio (2004) e Sconcerto (2010), entrambi su testi di Franco Marcoaldi e musiche, rispettivamente, di Fabio Vacchi e Giorgio Battistelli; e nel prestare il suo timbro vocale all’aviatore nel doppiaggio del film di animazione, da Antoine de Saint-Exupéry, The little prince (2015; Il piccolo principe) di Mark Osborne.
Nel campo della lirica la sensibilità musicale di S. si è esplicitata nelle messinscene, tra il 2000 e il 2007, di opere come Le nozze di Figaro, Il marito disperato, Boris Godunov, Fidelio, L’italiana in Algeri.