TORINO
(lat. Augusta Taurinorum)
Città capoluogo del Piemonte.
Già sede di popolazioni celto-liguri, T. vide in età augustea la prima formazione di un impianto di colonia destinato a segnarne profondamente lo sviluppo urbano. La città romana venne compresa in un perimetro quadrangolare di m 800-700 ca., circondato da mura intervallate da torri, che rimase in uso come apparato difensivo per tutto il Medioevo.Il problema principale per lo studio dell'arte medievale a T. consiste nel fatto che la città venne coinvolta, a partire dall'elezione a sede del ducato nel 1563, in un progetto continuo e tenace di formazione di città-capitale, emblema dello Stato sabaudo, che portò alla demolizione sistematica delle testimonianze medievali. Dell'assetto romano si mantennero (e in parte si vollero recuperare nel quadro dell'urbanistica barocca) alcuni sistemi viari ortogonali e il ruolo preminente del decumano massimo, divenuto contrada di Dora Grossa (od. via Garibaldi), mentre la quasi totalità delle chiese e dei palazzi anteriori al sec. 17° venne distrutta o profondamente alterata.Divenuta sede episcopale alla fine del sec. 4° per influsso diretto della Chiesa di Vercelli guidata da Eusebio (m. nel 370 ca.), all'epoca del primo vescovo s. Massimo (m. nel 423 ca.) si ricevono alcune informazioni di natura documentaria sulle chiese cittadine. Il problema del duomo rimane ancora difficile da risolvere, dal momento che il complesso medievale, posto presso l'angolo nord-est delle mura, a fianco del teatro romano, venne completamente demolito a partire dal 1490 per la costruzione della fabbrica odierna, voluta dal cardinale Domenico Della Rovere (1478-1501) come primo aggiornamento in città alle forme toscane rinascimentali. È comunque noto dalle fonti che a T. esisteva una cattedrale tripla, costituita da tre chiese affiancate e orientate allo stesso modo, ma separate e distinte: a N la canonica dedicata al Salvatore, al centro la chiesa maior di S. Giovanni Battista, sede della cattedra vescovile, a S quella di S. Maria, adibita a funzioni parrocchiali almeno a partire dal 1258. Avanzi della chiesa del Salvatore vennero ritrovati da C. Bertea nel 1909 a fianco del duomo odierno, e illustrati da Toesca (1910), mentre soltanto di recente il cantiere archeologico è stato riaperto (giugno 1996) sulla base di aggiornati metodi stratigrafici, che hanno fornito nuovi risultati (Pejrani Baricco, 1998): un edificio di fondazione paleocristiana a tre navate, probabilmente su colonne, venne sostituito da una seconda struttura spartita da pilastri rettangolari, che sembrerebbe corrispondere alla fase del vescovo Landolfo (1011-1038), dotata di una cripta e di un presbiterio, in seguito decorato da un mosaico pavimentale. Il tessellato, oggi al Mus. Civ. d'Arte Antica, viene attribuito alla fine del sec. 12° e presenta il tema iconografico della Ruota della Fortuna, inserita in un'immagine allegorica della Terra, con citazioni epigrafiche tratte da Isidoro di Siviglia. Nel corso degli scavi tornarono anche alla luce diversi frammenti scultorei, tra cui l'epigrafe funeraria del vescovo Ursicino (562-609), oggi nel duomo, e resti del chiostro, che era collocato a N.Divenuta sede ducale del regno longobardo, pochissimo si conosce circa le arti in questo periodo, ed è prezioso un accenno di Paolo Diacono (m. nel 799 ca.) al columellum tugurii della cattedrale ariana di S. Giovanni Battista (Hist. Lang. IV, 51).
Nella piena età carolingia a T. si insedia il vescovo Claudio, di origine iberica, documentato dall'818 all'827, uno dei più convinti rappresentanti della corrente iconoclasta nell'Occidente latino (Gramaglia, 1997). Ai temi della sua predicazione sono state collegate le lastre scultoree provenienti dalla chiesa del S. Salvatore, oggi al Mus. Civ. d'Arte Antica, che formano un gruppo stilisticamente omogeneo attribuibile alla prima metà del sec. 9°, dove le figurazioni non seguono le ricche soluzioni iconografiche di matrice longobarda, ma inaugurano una forma più radicale di astratto geometrismo (Casartelli Novelli, 1976).La nascita del Romanico è testimoniata nel territorio dalla chiesa del monastero di San Mauro Torinese, ricostruita con un apparato absidale di fornici a nicchia dopo il 991 (Olivero, 1941, pp. 27-31; Tosco, 1996), mentre le fonti ricordano la fondazione, poco prima del 1006, di un monastero presso la memoria dei martiri Solutore, Avventore e Ottavio, il santuario più venerato in città, collocato a S-E appena fuori dalle mura, andato distrutto con la costruzione della cittadella nel 16° secolo. È però durante l'episcopato di Landolfo, documentato negli anni 1011-1038, che si assiste a un vasto programma di ripresa dell'edilizia religiosa e militare, iniziato con il rifacimento del duomo di T. e concluso con la costruzione di una corona di chiese e di castelli vescovili che circondava la città, di cui restano ampie testimonianze nella cripta della chiesa di S. Maria a Cavour, nella cripta del duomo di Chieri e nella parrocchiale di S. Maria a Testona, tutte dedicate al culto della Vergine. Le scelte progettuali seguono sempre un modello basilicale analogo, con sviluppo a tre navate e cripta presbiteriale ipostila a impianto tripartito.In città l'unico esempio conservato di architettura romanica corrisponde al campanile della chiesa di S. Andrea (od. santuario della Consolata), donata dal marchese d'Ivrea Adalberto ai monaci fuggitivi dal monastero della Novalesa per la minaccia dei saraceni.Alla perdita del costruito corrisponde, necessariamente, quella della coeva pittura murale, e non rimangono a T. tracce consistenti di affreschi anteriori al 14° secolo. Questo non significa che non esistessero pittori attivi in città e le fonti ne segnalano a più riprese la presenza (Segre Montel, 1997b, p. 865).
Del patrimonio librario rimangono alcuni codici miniati, tra cui si distingue una Bibbia atlantica proveniente dall'Italia centrale, della seconda metà del sec. 12° (Torino, Arch. Arcivescovile, Fondo Arch. Capitolare, 2), mentre per il secolo seguente è necessario ricordare un'altra Bibbia, di provenienza transalpina (Torino, Arch. Capitolare del Duomo, 4), prodotta da un atelier parigino durante il regno di Luigi IX, nel terzo quarto del Duecento.
L'architettura dell'età comunale dei secc. 13° e 14° è testimoniata a T. soltanto per scarsissimi frammenti abitativi, e l'unica rimanenza gotica (se si escludono alcuni lacerti del S. Francesco d'Assisi, sopravvissuti alle riplasmazioni dei secc. 17° e 18°, con l'intervento di Vittone e Mario Ludovico Quarini) è oggi rappresentata dalla chiesa di S. Domenico, che ospitava fin dal suo primo insediamento la comunità dei frati Predicatori. L'edificio odierno è però frutto di un esteso restauro integrativo, condotto con rigore storicocritico negli anni 1906-1911, nel clima di recupero medievale dell'architettura piemontese, e non è facile oggi distinguere le successive fasi della fabbrica. Nel 1271 il convento veniva definito novella plantatio (Gabotto, 1903, p. 65) e nella prima metà del sec. 14° la chiesa venne ampliata e rimaneggiata.È nella cappella detta delle Grazie del S. Domenico che si conserva la sola testimonianza di un intero ciclo pittorico del Medioevo torinese, attribuibile agli anni 1350-1360, con figure di apostoli e dei donatori, presentati da s. Tommaso d'Aquino alla Vergine Annunziata. Recuperati da un recente restauro (1986), gli affreschi erano stati oggetto di un meticoloso completamento in stile all'inizio del Novecento, a opera del pittore G. Vacchetta. Nella partitura architettonica che inquadra le figure degli apostoli si riconosce un contatto con la cultura dell'Italia centrale e con la prima pittura giottesca, ancora legata al cantiere assisiate (Romano, 1986).A un patrimonio figurativo analogo appartengono anche le due miniature presenti nei fogli iniziali del codice della Catena (Torino, Arch. Storico del Comune, 390), che riporta gli statuti del 1360 con l'immagine civica del toro accostata allo stemma sabaudo, insieme a quella dei santi protettori. Nel 1280, con l'ingresso del conte Tommaso III di Savoia (m. nel 1282) in città, T. vedeva ridimensionate le sue autonomie comunali ed entrava definitivamente nella tutela signorile. Durante il dominio del ramo degli Acaia, per iniziativa del principe Filippo I di Savoia (1294-1334), venne realizzata la prima parte del castello urbano (od. palazzo Madama), intervenendo su una struttura fortificata preesistente, nata in corrispondenza della porta Fibellona e dell'ingresso orientale; per la costruzione rimangono oggi i preziosi registri del cantiere, scrupolosamente redatti negli anni 1317-1320 (Monetti, Ressa, 1982).
Bibl.:
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Letteratura critica. - F. Gabotto, La fondazione della Biblioteca dei Domenicani in Torino, Giornale storico e letterario della Liguria 4, 1903, pp. 64-73; F. Rondolino, R. Brayda, La chiesa di S. Domenico in Torino, Torino 1909; P. Toesca, Vicende di un'antica chiesa di Torino. Scavi e scoperte, BArte 4, 1910, pp. 1-16; E. Olivero, I resti di un'antica basilica presso il duomo, Il duomo di Torino 1, 1927, pp. 2-6; C. Benna, Le tre basiliche del duomo antico, ivi, pp. 6-15; F. Rondolino, Il castello di Torino (Palazzo Madama nel Medioevo), Atti della Società piemontese di archeologia e belle arti 13, 1931, pp. 1-56; E. Olivero, Architettura religiosa preromanica e romanica nell'archidiocesi di Torino, Torino 1941; D. De Bernardi Ferrero, La chiesetta di San Massimo a Collegno e le sue memorie storiche, Palladio, n.s., 8, 1958, pp. 121-138: 131-133; E. Castelnuovo, Appunti per la storia della pittura gotica in Piemonte, AAM, 1961, 13-16, pp. 97-111; C. 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