TRANSIZIONE DEMOGRAFICA
I notevoli divari che si osservano attualmente nei livelli di natalità e di mortalità tra i paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo possono essere spiegati dal concetto, abbastanza recente, di t. demografica. La paternità della teoria (o dello schema) della t.d. appare abbastanza incerta, contrariamente a quanto si verifica per le teorie malthusiana e logistica. Ideatori dello schema di t.d. sono infatti usualmente ritenuti W.S. Thompson e F.W. Notestein (cfr. Di Comite 1980), ma anche altri studiosi quali A. Landry (1934) e F. Savorgnan (cfr. Federici 1979, pp. 679-80) hanno lavorato su ipotesi che chiaramente si richiamano a tale teoria. Facendo riferimento ai paesi sviluppati si può ritenere che, in linea di massima, essi siano pervenuti alla loro attuale situazione di bassa natalità e di bassa mortalità grazie a un processo di ''transizione demografica'' che si può ritenere articolato per fasi (fig. 1) sulla base dello schema seguente (Di Comite, Chiassino 1995):
a) fase pre-transizionale (o iniziale), caratterizzata da quozienti grezzi di natalità e quozienti grezzi di mortalità non controllati e molto elevati e, nel lungo periodo, da un tasso di sviluppo molto basso; b) fase transizionale, o anche della ''rivoluzione demografica'', caratterizzata dal declino di ambedue i quozienti e a sua volta articolabile nei seguenti stadi: stadio iniziale (o dello sviluppo accelerato), durante il quale il quoziente grezzo di natalità rimane elevato, mentre quello di mortalità si contrae progressivamente nel tempo, determinandosi in tale maniera la cosiddetta ''esplosione demografica'', che è tanto più rilevante quanto più rapida è la contrazione dei quozienti di mortalità; stadio intermedio (o della contrazione dello sviluppo), in cui ambedue i quozienti vengono contraendosi − specie, verso la fine di tale stadio, quello di natalità − in maniera tale che durante la prima parte di tale stadio si dovrebbe osservare il massimo divario tra il livello dei due quozienti; stadio finale, nel corso del quale continua la contrazione dello sviluppo, con quozienti di mortalità bassi e pressoché costanti e quozienti di natalità in un ulteriore moderato declino;
c) fase post-transizionale (o finale), durante la quale ambedue i quozienti risulterebbero bassi − e ciò anche se, a causa della meno favorevole struttura per età della popolazione, il quoziente grezzo di mortalità tocca livelli superiori a quelli osservati nello stadio finale della fase transizionale − e pressoché costanti, con un tasso di sviluppo della popolazione poco più che nullo, tanto da poter porre in relazione quest'ultima fase con l'ipotesi dello zero population growth.
Sulle caratteristiche salienti delle tre fasi anzidette si possono fare alcune considerazioni. Per quel che concerne la fase pre-transizionale si può rilevare che, in linea di massima, il divario tra il livello del quoziente grezzo di natalità e quello del quoziente grezzo di mortalità è tale da determinare uno sviluppo della popolazione eccessivo rispetto allo sviluppo delle risorse alimentari disponibili. Tale squilibrio, posto a suo tempo in evidenza da T.R. Malthus nell'opera An essay on the principle of population as it affects the future improvement of society pubblicata nel 1798, comporta l'insorgere di bruschi (e ripetitivi) meccanismi di riequilibrio tramite le cosiddette ''crisi di mortalità'', che, dovute in genere a epidemie, carestie ed eventi bellici, provocano una notevole contrazione dell'ammontare della popolazione e, quindi, un più favorevole rapporto tra tale ammontare e quello delle sussistenze (Livi Bacci 1989).
A proposito della fase transizionale, l'osservazione di quanto verificatosi in questi ultimi secoli consente di fare due precisazioni: a) che essa si è compiutamente svolta solo nei paesi sviluppati, con modalità che variano notevolmente (cfr. Chesnais 1986) allorché si passa da un caso all'altro e che presentano caratteristiche eterogenee anche all'interno delle singole esperienze nazionali (cfr. per es. Di Comite 1988); b) che essa è tuttora in corso nella quasi totalità dei paesi in via di sviluppo, dove lo stato di avanzamento di tale fase varia notevolmente da un caso all'altro, così come variano anche notevolmente le modalità in base alle quali si svolgono tali processi di t. demografica (cfr. per es. Trifa 1989).
Per quel che concerne la fase post-transizionale, che è stata raggiunta nei paesi economicamente all'avanguardia, occorre sottolineare che, contrariamente a quanto ipotizzato in origine dalle teorizzazioni della t.d., il declino della fecondità è proseguito superando il limite cui corrisponde un incremento (potenziale) nullo della popolazione per toccare livelli che non garantiscono la sostituzione delle generazioni e, dunque, la stazionarietà della popolazione.
Più di un esperto (cfr. Van de Kaa 1987) ha ipotizzato, soprattutto con riferimento alla fecondità, l'esistenza di una seconda transizione demografica, nell'ambito della quale il comportamento riproduttivo delle popolazioni è condizionato dal progressivo prevalere di una tendenza verso una maggiore realizzazione personale e, quindi, dall'affermarsi una nuova fase verso un pressoché generalizzato e più consapevole controllo delle nascite. Tale nuova situazione interessa molto da vicino l'Italia, ove, per es., l'indice sintetico di fecondità risultava già nel 1987 pari a 1,30 − con estremi regionali che andavano da un minimo di 0,91 per l'Emilia-Romagna a un massimo di 1,80 per la Campania − mentre esso dovrebbe risultare grosso modo eguale a 2,1 per assicurare la sostituzione delle generazioni e quindi, nel lungo periodo, la stazionarietà della popolazione. Va inoltre notato che i processi di t.d. determinano progressive trasformazioni nel tempo − essenzialmente in funzione della contrazione dei quozienti di natalità e di mortalità − della struttura per età della popolazione. In termini di piramidi delle età (fig. 2), tale struttura, infatti, evolve partendo (fase pre-transizionale) da una piramide a base larga per pervenire (fase post-transizionale) a un'altra a base stretta o addirittura (seconda transizione) a una piramide ove la presenza delle classi giovani appare chiaramente deficitaria. Man mano che si verifica una siffatta trasformazione si osserva un processo d'invecchiamento demografico (cfr. Di Comite 1977), cioè si osserva un progressivo concentrarsi della popolazione nelle classi di età anziane e ciò a prescindere dai criteri che possono essere formulati per individuare il limite inferiore di tali età: tale processo è essenzialmente dovuto alla contrazione della fecondità ma anche all'allungamento della speranza di vita, cioè alla contrazione della mortalità. Per quel che concerne le relazioni che esistono tra t.d. e fenomeni migratori si osserva che, in genere, durante lo stadio di espansione, nel corso cioè del periodo durante il quale i tassi d'incremento (naturale) vengono progressivamente aumentando, l'eccesso di pressione demografica fa insorgere una tendenza all'emigrazione che, già osservata per i paesi europei nella seconda metà del 19° e della prima metà del 20° secolo, interessa ora la maggior parte dei paesi in via di sviluppo, comportando il cosiddetto fenomeno delle migrazioni Sud-Nord.
Bibl.: A. Landry, La révolution démographique, Parigi 1934; L. Di Comite, L'invecchiamento della popolazione nel processo di transizione demografica, in Rivista Italiana di Economia Demografica e Statistica, 2 (1977); N. Federici, Istituzioni di demografia, Roma 1979, pp. 679-80; L. Di Comite, Teoria e prassi della transizione demografica, in Studi in onore di Paolo Fortunati, i, Bologna 1980; J.C. Chesnais, La transition démographique. Etapes, formes, implications économiques, "Travaux et documents", Cahier 113, Parigi 1986; D. Van de Kaa, Europe's second demografic transition, in Population Bulletin, 42, 1 (1987); L. Di Comite, Eterogeneità dei processi regionali di transizione demografica in Italia, in Rassegna Economica, 4 (1988); M. Livi Bacci, Storia minima della popolazione del mondo, Torino 1989, pp. 109-16; C. Trifa, La transizione demografica nel mondo arabo: un contributo alla discussione, in Abitare il pianeta. Futuro demografico, migrazioni e tensioni etniche, i, ivi 1989; L. Di Comite, G. Chiassino, Elementi di demografia, Bari 1995, pp. 144-50.