tributo
Prestazione patrimoniale imposta ai cittadini dallo Stato o da altro ente del settore pubblico, in virtù del potere normativo (art. 23 Cost.). La letteratura giuridica ed economica hanno adottato diversi criteri di classificazione. ● In ragione dell’ente impositore, i t. centrali (o erariali), raccolti dallo Stato per finanziare la spesa pubblica, si distinguono dai t. locali, in origine entrate straordinarie per finanziare il disavanzo dell’ente locale qualora i trasferimenti dallo Stato fossero stati insufficienti (l. 2248/1865, allegato A, Legge per l’unificazione amministrativa del Regno d’Italia), oggi espressione dell’autonomia finanziaria locale (➔ anche soprattassa), in base all’art. 119 Cost., che dispone la compartecipazione degli enti locali al gettito erariale, in quanto riferibile al loro territorio (regione, comune, municipio). ● In ragione del presupposto impositivo, si distinguono 3 forme di tributo: le imposte, che sono finalizzate al finanziamento della spesa per servizi pubblici indivisibili (per es., ordine pubblico, difesa militare), il cui ammontare varia in ragione della capacità contribuva, ex art. 53 Cost. (➔ anche imposta ); le tasse, che sono t. corrisposti a fronte di un servizio pubblico erogato a determinati contribuenti, essendo il costo del servizio ripartito in ragione del beneficio ottenuto (per es., tasse universitarie e sanitarie, ➔ anche tassa); i contributi speciali che costituiscono, infine, t., per prestazioni erogate a un soggetto su istanza individuale (per es., estrazione o copia di documenti, registrazione di atti; caso a parte, a carattere obbligatorio, per es. per conseguire la pensione o i servizi sanitari, sono i contributi sociali, ➔ contributo sociale).