TRIO
. Nella terminologia musicale questa voce ha due significati. 1. Forma di musica strumentale. In un tale senso la parola trio ha avuto ne Sei e nel Settecento un sinonimo nella sonata a tre, denominazione che le equivaleva completamente nel significato generale di "componimento ideato e disposto per tre strumenti". Solo nella seconda metà del sec. XVIII, col normalizzarsi di un determinato aggruppamento strumentale, divenne d'uso comune il vocabolo trio.
La sonata a tre secentesca si può dire abbia avuto nascita quasi contemporaneamente al sorgere di una musica strumentale autonoma, cioè non più suddita, per gli aspetti e per la condotta, della musica vocale. Col consolidarsi di quella forma detta sonata da chiesa, più che con la sonata da camera o suite di danze, la composizione a tre prese sviluppo e diffusione. Generalmente i tre strumenti furono due violini e basso. Quasi tutti i compositori di musica strumentale, prima di Corelli, come M. Uccellini, A. Legrenzi, i due Vitali, Giov. M. Bononcini, o suoi contemporanei, come Antonio Veracini, il Bononcini figlio, G. Torelli, o infine suoi successori, come F. Geminiani e P. A. Locatelli, e lo stesso sommo A. Vivaldi, coltivarono quella specie di trio che è la sonata a due violini e basso. A questa forma innalzò un monumento perenne il Corelli con le sue prime quattro opere (48 sonate). Conviene avvertire che la presenza del cembalo o dell'organo, come realizzatore armonico del basso, non autorizza ad avvicinare la sonata a tre al tipo "quartetto con strumento a tastiera", perché non si tratta di una quarta parte reale, ma di un raddoppio del basso continuo col completamento delle armonie. Dal tempo di L. Boccherini, P. Nardini, G. B. Viotti, la composizione a tre prese il nome di trio, sia che mantenesse l'organico più comune, sia che a questo sostituisse in tutto o in parte altri strumenti. Dobbiamo a tale proposito citare a modo d'esempio i 6 Trii con Flauto di Nardini, i 6 Terzetti per violino, viola e cello di Boccherini, la Sonata in sol maggiore per due flauti e clavicembalo di J. S. Bach, il Trio per clarinetto, viola e pianoforte di W. A. Mozart e, rare curiosità in un periodo più antico, la sonata per 2 violini e fagotto di Giov. Batt. Fontana o le 7 Sonate per Trio di viola da gamba di D. Buxtehude.
Nel periodo classico il trio, fissato nell'organico di violino, violoncello e pianoforte, ebbe larga fioritura per opera dei maggiori autori di musica strumentale. La sua struttura formale (anteriormente modellata su quella della sonata in forma bipartita, e talvolta della suite) ritrasse allora le linee della forma tripartita e la consueta successione dei tempi (tre o quattro). In questo aspetto troviamo pertanto il trio presso J. Haydn, W. A. Mozart, L. v. Beethoven.
I romantici, a parte il carattere delle idee, il contributo espressivo dell'armonia, l'ampiezza degli sviluppi e l'accresciuta complessità della fattura pianistica, si attennero di massima agli schemi ereditati dai classici. Non mancarono da Beethoven in poi i tentativi di aggruppamenti strumentali più singolari. Riuscitissimi per la vaghezza dell'insieme e la preziosità dei colori, si possono citare: il Trio per 2 Oboi e Corno inglesi op. 87 di Beethoven, il Trio in mi b. col Corno, op. 40 di Brahms e quello col clarinetto, op. 144 dello stesso autore. In Italia, dopo Muzio Clementi (che ha lasciato 28 trii, nella forma, allora di moda, di sonate per pianoforte con aggiunta di violino e cello) il trio non era stato più coltivato. Il merito di avere dato a questo genere di composizione un nuovo impulso spetta a Giuseppe Martucci con due trii, in do op. 49, e in mi b. min., op. 62, a cui tenne dietro Marco Enrico Bossi col Trio in re min., op. 107, e il Trio sinfonico, op. 123.
La fioritura contemporanea - improntata dappertutto ad atteggiamenti sinfonici del pianoforte e a ricerca di effetti strumentali - è assai considerevole. Nella produzione italiana ricorderemo il Trio in la di I. Pizzetti, il Concerto per trio in la di Alfano, la Sonata a tre di G. F. Malipiero. In Francia i trii di C. Saint-Saëns, di C. Franck, di G. Fauré, di V. D'Indy, di M. Ravel, e la singolare Sonata a tre, per flauto, viola e arpa di Debussy; in Germania il Trio per soli archi (violino, viola e cello) di P. Hindemith; infine nelle più recenti scuole nazionali europee sono da ricordare i lavori per trio dei compositori boemi B. Smetana e A. Dvoŕak, del finlandese I. Sibelius, del norvegese C. Sinding, dei russi S. Taneev, A. Arenskij, P. Čajkovskii.
2. Parte di mezzo di alcune danze, come il minuetto o il suo derivato, lo scherzo, e della marcia. Il tono del trio è il minore della tonalità d'impianto o il tono della sottodominante.