TRIPLICE ALLEANZA
. Fu costituita col trattato firmato a Vienna il 20 maggio 1882 dal ministro degli Esteri austriaco Kalnoky e dagli ambasciatori di Germania, principe di Reuss, e d'Italia, conte di Robilant; ma si preparò nella situazione internazionale sorta in seguito alla guerra franco-prussiana del 1870-71 e dominata dalla volontà e dal genio di Bismarck. Fece parte, infatti, di quel sistema di accordi e di alleanze col quale il "cancelliere di ferro", all'indomani della guerra vittoriosa contro la Francia e della costituzione dell'impero, mirò a premunire la Germania contro i tentativi di rivincita francese e ad assicurarle la pace e il consolidamento della grande situazione conseguita in Europa. In siffatto sistema dovevano trovar posto intorno alla Germania, secondo la concezione bismarckiana, l'Austria, la Russia e l'Italia, in modo da isolare nel continente la Francia.
Già fra il 1873 e il 1875 il sistema parve sulla via della realizzazione per effetto del cosiddetto accordo dei tre imperatori, concluso nel 1873 per salvaguardare lo statu quo europeo, e per effetto della tendenza dell'Italia a trovare in un avvicinamento a Berlino e a Vienna una tutela contro le minacce e le insidie delle correnti clerico-monarchiche allora dominanti in Francia. Tale avvicinamento italiano agl'Imperi Centrali, promosso dalla destra allora al potere, si estrinsecò con le visite del re Vittorio Emanuele II a Vienna e a Berlino nel 1873, visite poi restituite dagl'imperatori di Germania e d'Austria a Milano e a Venezia nel 1875.
Le complicazioni suscitate dalla crisi d'Oriente, dalla guerra russoturca del 1877-78 e dal Congresso di Berlino, e i mutamenti della situazione politica in Francia per il trionfo delle correnti repubblicane, e in Italia per la caduta della destra e l'avvento della sinistra, portarono un arresto, anzi una rottura negli sviluppi del sistema politico delineatosi fra il 1873 e il 1875, tanto che all'indomani del Congresso di Berlino tutto era da rifare, e Bismarck dovette riprendere la sua opera dall'inizio.
Cominciò col gettarne le basi costituendo nel 1879 l'alleanza con l'impero asburgico (la cosiddetta duplice alleanza, da non confondersi però con la più nota Duplice Alleanza franco-russa del 1893, per la quale v. duplice alleanza). Sottoscritta a Vienna il 7 ottobre, l'alleanza si basava sull'impegno al reciproco aiuto in caso di un attacco della Russia, ed era la conseguenza all'appoggio dato dalla Germania all'Austria nel Congresso di Berlino sulla questione bosniaca e dell'irritazione sorta a Pietroburgo contro Vienna e anche contro Berlino, in seguito alle vicende della crisi d'Oriente. Costituendo l'alleanza con l'Austria, Bismarck riusciva a cancellare a Vienna i ricordi e i rancori di Sadowa e del 1866, e a formare quel solido blocco tedesco-austro-magiaro che doveva resistere a tutte le prove, fino al momento dello sfacelo degl'Imperi Centrali nel 1918.
Due anni dopo, nel 1881, riuscì a Bismarck di ricondurre verso l'accordo con gl'Imperi Centrali anche la Russia, che, ingolfatasi in una politica espansionista nell'Asia centrale, si trovava in aspra tensione con l'Inghilterra, e aveva quindi necessità di sentirsi le spalle sicure in Europa, risultato che non poteva conseguire se non ricostituendo l'intesa con Berlino e con Vienna. Risorse così nel 1881 per tre anni, e fu rinnovato nel 1884, l'accordo dei tre imperatori sulla base del rispetto dello statu quo; accordo che, legando di nuovo la Russia all'Austria e alla Germania, rendeva difficile, anzi impossibile, la formazione di un'alleanza della Russia con la Francia che il Bismarck voleva ad ogni costo impedire.
Per il completamento del sistema, diretto come si è detto a isolare la Francia, mancava solo il ritorno dell'Italia verso le intese con Berlino e con Vienna, ritorno che tra il 1878 e il 1881 appariva difficile, sia per la nuova atmosfera politica formatasi tra Francia e Italia dopo il trionfo delle correnti di sinistra, sia per l'inasprimento sorto nei rapporti fra Roma e Vienna in seguito al violento scoppio delle agitazioni irredentistiche subito dopo il Congresso di Berlino. Nel 1880 la tensione italo-austriaca era giunta al punto da far temere lo scoppio di un conflitto.
In tale situazione sopravvennero però nella primavera-estate 1881 le due gravissime crisi provocate dalla questione di Tunisi e dalla ripresa delle rivendicazioni temporaliste da parte del papato. Le ripercussioni della questione di Tunisi misero l'Italia in una posizione di grave attrito con la Francia; la campagna di Leone XIII per risollevare la questione romana, in conseguenza degl'incidenti avvenuti a Roma nella notte del 13 luglio 1881, durante il trasporto del feretro di Pio IX da San Pietro a San Lorenzo al Verano, aumentò le difficoltà del governo italiano, proprio nel momento in cui le agitazioni irredentistiche rendevano torbidi i rapporti con Vienna, e l'insediamento francese in Tunisia creava l'attrito con Parigi.
Ecco allora prevalere in Italia le correnti che tendevano a trovare in un accordo con gl'Imperi Centrali garanzia di fronte alla Francia e di fronte alle complicazioni della Questione romana. La via per giungere a tale accordo passava, come ebbe a dire Bismarck, prima da Vienna che non da Berlino; il che significava che il governo italiano doveva anzitutto migliorare i rapporti con la monarchia asburghese, sconfessando e comprimendo l'irredentismo. Ciò fu fatto con la visita ufficiale compiuta a Vienna da re Umberto nell'ottobre 1881.
La visita, decisa e attuata con tanta fretta che non si pensò nemmeno a pattuirne preventivamente la restituzione, segnò l'inizio delle trattative per la conclusione dell'alleanza, anch'esse condotte con fretta eccessiva, malgrado i saggi consigli di temporeggiamento che dava da Vienna l'ambasciatore di Robilant, buon conoscitore dell'ambiente austro-tedesco e quindi conscio dell'interesse che anche Berlino e Vienna avevano alla conclusione dell'alleanza, e che poteva essere sfruttato da parte italiana per ottenere, discutendo e resistendo, migliori condizioni; e malgrado i dubbî che circa l'opportunità dell'alleanza nutrivano ed esprimevano uomini eminenti anche di destra, quali il Lanza e il Bonghi.
Dato un tale insieme di circostanze, in cui il governo italiano si trovò a negoziare e a concludere il trattato, questo non poteva riuscire molto vantaggioso all'Italia.
Il trattato comprendeva otto articoli e doveva rimanere segreto. La sua sostanza consisteva nell'impegno dell'Austria e della Germania ad aiutare l'Italia in caso di attacco della Francia, e in un impegno dell'Italia ad aiutare la Germania in caso di attacco della Francia stessa. Inoltre il trattato stabiliva che l'obbligo dell'aiuto reciproco fra le tre parti contraenti sorgeva quando una o due di esse venissero a trovarsi attaccate da due altre potenze, e stabiliva l'obbligo della reciproca neutralità benevola qualora una delle parti contraenti fosse stata tratta a dichiarare una guerra per prevenire una minaccia alla propria integrità. La durata del trattato doveva essere di cinque anni.
Seguiva al testo del trattato una dichiarazione voluta dall'Italia e accettata dalle altre due potenze, che precisava che il trattato non poteva mai essere rivolto contro l'Inghilterra. Questa dichiarazione aggiunta al trattato per iniziativa e volontà dell'Italia, era significativa a dimostrare come per l'Italia l'interesse e la possibilità di partecipare a un sistema di alleanze con gl'Imperi Centrali dipendevano dalla possibilità di mantenere buoni rapporti con l'Inghilterra. Ciò dava alla Triplice fino dalle origini un carattere destinato ad avere grande influenza sulle successive vicende dell'alleanza e dei rapporti fra le potenze in essa unite.
Con tali caratteri sorgeva la Triplice. Essi mentre legavano l'Italia agl'Imperi Centrali, non davano all'Italia altra tutela se non quella contro l'eventualità di un attacco francese, eventualità improbabile dopo che le correnti clerico-temporaliste erano state sgominate in Francia; non contemplavano e non prevenivano i pericoli di spostamenti a danno dell'Italia nella situazione orientale e nella situazione nord-africana, come era accaduto nel 1878 in Bosnia-Erzegovina e nel 1881 a Tunisi.
Così come sorgeva nel 1882, la Triplice serviva soprattutto alla politica di Bismarck, diretta, come si è detto, a mettere la Francia in una posizione di isolamento. Con la formazione della Triplice il sistema bismarckiano era completo: sul nucleo fondamentale austro-tedesco si era ramificata la Triplice orientale Austria-Germania-Russia, e la Triplice occidentale Austria-Germania-Italia. La Germania era al centro del sistema, che nel 1883 ebbe un nuovo rafforzamento con l'accessione della Romania a un accordo con gl'Imperi Centrali.
Ma nel 1885 il sistema si indebolì e vacillò nella sua parte orientale, in seguito a un nuovo aspro attrito scoppiato fra Austria e Russia sulla crisi bulgara che ruppe in modo definitivo l'accordo dei tre imperatori. Ciò costituì in certo senso un vantaggio per l'Italia, in quanto le offrì la possibilità di migliorare la propria situazione nell'eventualità di un rinnovamento della Triplice, perché, come è intuitivo, la rottura del sistema dei tre imperatori, guastando i rapporti di Pietroburgo con Berlino e con Vienna e rendendo possibile un avvicinamento di Pietroburgo a Parigi, aumentava per la Germania e per l'Austria l'interesse al mantenimento dell'alleanza con l'Italia.
Di questa situazione seppe profittare il conte di Robilant, divenuto ministro degli Esteri nel 1886, proprio quando veniva in discussione l'eventualità del rinnovamento del trattato della Triplice. Le trattative da lui abilmente condotte portarono il 20 febbraio 1887 al rinnovamento del trattato, ma col fiancheggiamento di un patto italo-tedesco che garantiva all'Italia la situazione nell'Africa settentrionale, e di un patto italo-austriaco che tutelava gl'interessi italiani nell'eventualità di spostamenti nello statu quo balcanico. Con l'aggiunta di codesti patti, la Triplice acquistava nuovo valore per l'Italia.
Non basta: il rinnovamento della Triplice si accompagnò con la conclusione di un trattato anglo-italiano, divenuto poi anglo-italo-austriaco, per la tutela dello statu quo in Mediterraneo e in Oriente, trattato reso possibile dal carattere di tensione in cui allora erano i rapporti dell'Inghilterra con la Francia e con la Russia per questioni africane e asiatiche, mentre i rapporti dell'Inghilterra con le potenze della Triplice, e in prima linea con la Germania, erano eccellenti. Altro trattato fiancheggiante e integrante la Triplice fu quello concluso tra l'Italia e la Spagna con la successiva accessione dell'Austria, per lo statu quo nel Mediterraneo e nell'Africa settentrionale (maggio 1887). Intanto Bismarck, cui premeva di legare in un modo o nell'altro la Russia per ostacolare il ravvicinamento di essa alla Francia, concludeva con Pietroburgo un triennale trattato russo-tedesco impegnante le due potenze alla reciproca neutralità in caso di aggressione di un'altra potenza (trattato di controassicurazione). E nel 1888 a sua volta il governo italiano, guidato da Crispi, integrava la Triplice con una convenzione militare con la Germania, e stringeva un accordo con la Romania, già legata fino dal 1883 agl'Imperi Centrali.
Così nel 1887-1888 la Triplice Alleanza costituisce il centro di un complesso sistema di accordi, che ha il prezioso appoggio navale dell'Inghilterra, e che mira a mantenere la pace in Europa sulla base del rispetto dello statu quo. È un trattato difensivo conservatore, nel quale l'Italia sente tutelati i suoi interessi mediterranei e orientali, tanto più per effetto della collaborazione inglese che accentuava e dava maggior valore allo spirito e agl'intenti della dichiarazione del 1882 voluta, come si è detto, dal governo italiano.
I caratteri difensivi conservatori che il sistema triplicista presentò così netti nel 1887-88 permasero sostanzialmente integri finché Bismarck e la sua politica dominarono in Germania e in Europa, mirando a mantenere la pace e la stabilità della situazione internazionale. Ciò spiega perché nel 1891, quando Bismarck era già caduto da un anno, ma quando ancora gli effetti e i caratteri della sua politica non erano annullati, il sistema del 1887-1888 venne rinnovato con un anno di anticipo dalla scadenza con la stessa sostanza, e con una sola mutazione di forma costituita dall'incorporazione del patto italo-austriaco e del patto italo-tedesco nel testo del trattato (art. 7° e art. 9°) cui veniva data una durata non più di cinque, ma di sei anni, con una clausola che ne rendeva automatico il rinnovamento alle stesse condizioni e per la stessa durata, qualora un anno prima della scadenza non venissero avanzate proposte di modificazioni o di denuncia del trattato.
Ma la caduta di Bismarck portò in breve volgere d'anni a mutamenti nella politica tedesca e nella situazione internazionale tali da determinare mutamenti profondi anche nello spirito e nella sostanza della Triplice.
Anzitutto la caduta del "cancelliere di ferro" determinò la fine del trattato di controassicurazione che, scaduto nel 1890, non fu rinnovato, per volontà di Guglielmo II, dal nuovo cancelliere conte Caprivi. E la fine del trattato di controassicurazione, ridando libertà di movimento alla Russia quando questa si trovava in aspro attrito con l'Inghilterra, così come in aspro attrito con l'Inghilterra si trovava la Francia, creò la situazione favorevole al ravvicinamento tra la Francia e la Russia, sboccato nella Duplice Alleanza (1893). Con la conclusione della Duplice, un nuovo sistema sorgeva a fronteggiare la Triplice; e la Francia vedeva finito l'isolamento in cui per venti anni l'aveva tenuta Bismarck.
Successivamente gli sviluppi e le mosse spesso imprudenti e provocatori della politica di Guglielmo II vennero a preparare gli attriti fra Berlino e Londra, tanto più che gl'impressionanti aumenti della potenza economica e marinara della Germania preoccupavano e insospettivano l'Inghilterra. Così verso il 1896, al momento in cui si doveva trattare e discutere il rinnovamento della Triplice, la situazione era ben diversa da quella del periodo 1887-1891. Prova ne fu il rifiuto opposto dalla Germania alla proposta fatta dal governo italiano di accompagnare di nuovo il trattato con la dichiarazione del 1882 relativa alla posizione della Triplice nei riguardi dell'Inghilterra.
Tale rifiuto del Governo tedesco ebbe come conseguenza l'abbandono di ogni trattativa e discussione per introdurre modificazioni o innovazioni nel trattato, e il rinnovamento automatico di questo in forza della clausola la quale stabiliva che se un anno prima della scadenza il trattato non veniva denunciato o sottoposto a modificazioni, si riteneva automaticamente rinnovato.
L'opposizione tedesca alla rimessa in vigore della dichiarazione relativa all'Inghilterra costituiva un sintomo evidente che i rapporti anglo-tedeschi cessavano di essere improntati alla cordialità dell'epoca bismarckiana; il che del resto era in armonia col fatto che la politica tedesca, dalla staticità che l'aveva caratterizzata nell'ultimo ventennio di Bismarck, passava a un dinamismo e a un espansionismo ogni giorno più intensi.
L'importanza di siffatto cambiamento si accentuò anche perché esso tra la fine del sec. XIX e il principio del XX si accompagnò col cambiamento dei rapporti anglo-francesi, che dallo stato di tensione culminato nell'incidente di Fashoda (1898) passarono all'accordo africano del 1899 per sboccare poi nell'intesa cordiale del 1904 (v. triplice intesa).
I contemporanei antitetici fenomeni del peggioramento dei rapporti anglo-tedeschi e del miglioramento dei rapporti anglo-francesi determinarono uno spostamento della posizione dell'Inghilterra nei riguardi della Triplice, nel senso di un abbandono sempre più accentuato delle posizioni di fiancheggiamento della Triplice tenute dopo il 1882 e specialmente dopo il 1887. Siffatto spostamento dell'Inghilterra non poteva a sua volta non influire sulla compagine e sui caratteri della Triplice Alleanza, specialmente per quanto riguardava l'Italia, dato che per l'Italia, come dimostrava la più volte ricordata dichiarazione aggiunta al trattato nel 1882, la Triplice doveva armonizzarsi con i buoni rapporti con l'Inghilterra. V'è di più: il giorno in cui l'Inghilterra cessava di fiancheggiare la Triplice e di darle il suo appoggio navale e si avvicinava alla Francia, l'Italia non poteva più sentirsi sicura in Mediterraneo col solo accordo e con le sole garanzie della Triplice, di fronte a una eventuale collaborazione mediterranea franco-inglese. Sorgeva quindi nella nuova situazione delineantesi all'alba del nuovo secolo col distacco dell'Inghilterra dalla Germania e dal sistema triplicista e col suo avvicinamento alla Francia, la necessità per l'Italia di trovare, fuori della Triplice, garanzie della sua situazione mediterranea attraverso patti con la Francia e con l'Inghilterra. Ecco la genesi degli accordi franco-italiani del 1900 e del 1902, e anglo-italiani del 1902 che fra l'altro costituirono una base per la successiva azione italiana in Libia, in quanto comprendevano il riconoscimento francese e inglese alle aspirazioni italiane verso la Tripolitania e la Cirenaica, come corrispettivo di analogo riconoscimento italiano alle aspirazioni francesi sul Marocco e alle aspirazioni inglesi sull'Egitto. L'elaborazione di codesti accordi italo-francesi e anglo-francesi avvenne nel periodo in cui si avvicinava la scadenza del trattato della Triplice, che, rinnovato automaticamente nel 1897 per un periodo di sei anni, durava fino al 1903. Il fatto che l'Italia aveva gettato le basi di un avvicinamento con le potenze occidentali attraverso gli accordi su ricordati, migliorava la sua situazione di fronte agl'Imperi Centrali nelle discussioni e nelle trattative per il rinnovamento della Triplice, tanto più che anche nelle condizioni politiche ed economiche interne italiane si era venuto determinando un notevole rafforzamento.
Così il rinnovamento della Triplice, discusso durante il ministero Zanardelli-Giolitti in cui era ministro degli Esteri l'on. Prinetti, poté avvenire in un'atmosfera assai diversa da quella del 1896. Ciò ebbe per risultato che il trattato rinnovato il 28 giugno 1902 con un anno di anticipo sulla scadenza, e per la durata di sei anni, presentò un'aggiunta a vantaggio dell'Italia, costituita da una dichiarazione del governo austriaco impegnante l'Austria a consentire a un'eventuale azione dell'Italia in Tripolitania e in Cirenaica.
Ma col rinnovamento del 1902 si aprì il periodo nel quale la Triplice entrò virtualmente in crisi. I rapporti italo-austriaci attraversarono nuovi periodi di crisi e di tensione per la ripresa delle agitazioni irredentistiche assumenti talvolta proporzioni molto gravi. Contemporaneamente, in Germania gli accordi che l'Italia aveva concluso con le potenze occidentali sollevavano malcontento e sospetti, che ebbero significativa eco nella seduta dell'8 gennaio 1902 al Reichstag, quando il cancelliere Bülow per giustificare l'apparente infedeltà dell'Italia usava il famoso paragone "che in un matrimonio felice il marito non ha ragione di diventare subito rosso se la sua signora una volta fa un innocente giro di valzer con un altro". Il paragone era più spiritoso che giusto: gli atteggiamenti extratriplicisti dell'Italia che Bülow col paragone dei giri di valzer tendeva a presentare come episodî transitorî e fugaci, erano in realtà gli sviluppi logici e duraturi della nuova situazione internazionale e mediterranea che si era formata soprattutto in conseguenza della politica della Germania di fronte all'Inghilterra e che spingeva l'Italia a cercare fuori della Triplice le garanzie che la Triplice non poteva più darle.
All'indebolimento dei legami dell'Italia con la Triplice si contrapponeva un rafforzamento dei legami fra i due Imperi Centrali. Tutto ciò ebbe caratteristiche decisive manifestazioni al momento della crisi marocchina e della conferenza di Algeciras (gennaio-aprile 1906), quando le tesi sostenute dalla Germania a proposito del Marocco, mentre avevano il risoluto appoggio dell'Austria, trovarono dissenziente il delegato italiano, marchese Emilio Visconti-Venosta, che appoggiò invece, accanto i delegati dell'Inghilterra e della Russia, le tesi della Francia, come era logico in seguito agli accordi italo-francesi del 1900 e del 1902.
In conseguenza di siffatte vicende, Guglielmo II, pieno di risentimento contro l'Italia, nell'aprile 1906 assicurava l'ambasciatore austriaco a Berlino che "presentandosi il caso - che la infida politica del regno non fa escludere - sarebbe stata per lui una grande soddisfazione infliggere a quest'ultimo, con le armi alla mano, una salutare lezione".
Due mesi dopo, nel giugno 1906, s'intavolarono fra Berlino e Vienna scambî d'idee e discussioni circa l'eventualità di sciogliere l'alleanza con l'Italia, al momento della sua scadenza che avveniva nel giugno 1908 essendo stato rinnovato il trattato per sei anni nel giugno 1902. La cosa non ebbe seguito, perché tanto il cancelliere tedesco Bülow quanto quello austriaco Aerenthal ritennero pericoloso lasciare libertà di movimento all'Italia proprio nel momento in cui, dopo la formazione dell'intesa cordiale anglo-francese, si stava delineando il ravvicinamento anglorusso che doveva sboccare nel formale accordo anglo-russo, e cioè nel momento in cui di fronte alla Triplice Alleanza si costituiva la Triplice Intesa. Parve, insomma, ai governanti di Berlino e di Vienna preferibile conservare il legame con l'Italia anche se rallentato e oscillante, anziché troncarlo del tutto e spingere così definitivamente l'Italia verso il blocco delle potenze occidentali e della Russia. E allora si adottò l'espediente già adottato nel 1896: si lasciò passare, senza affrontare la questione, l'8 giugno 1907, scadenza del termine di denuncia, che doveva avvenire un anno prima della scadenza effettiva del trattato, e così il trattato risultò automaticamente rinnovato per altri sei anni, fino al giugno 1914.
Questo rinnovamento automatico si trovò a coincidere con un nuovo peggioramento dei rapporti italo-austriaci in conseguenza della crisi determinata dall'annessione della Bosnia-Erzegovina alla monarchia asburgica (ottobre 1908). L'annessione, interpretata come sintomo di una ripresa espansionistica austriaca verso Oriente, cui il governo asburgico sembrava incoraggiato per l'indebolimento della Russia vinta dal Giappone e sconquassata dai sussulti rivoluzionarî interni (1905), sollevò in Italia correnti di protesta e di opposizione che si estrinsecarono in una violenta ripresa d'irredentismo, cui l'Austria rispose con rafforzamenti militari ai confini e con progetti ventilati negli ambienti dello Stato maggiore di attacchi preventivi contro l'Italia. Conseguenza di codesta situazione fu l'avvicinamento fra l'Italia e la Russia che si sentivano del pari minacciate dai piani espansionistici austriaci in Oriente (accordo italo-russo di Racconigi, ottobre 1909).
A questo punto, di fronte alla Triplice ormai isolata, apparve un sistema costituito dalla Duplice franco-russa, integrata e rafforzata dall'intesa cordiale anglo-francese del 1904, dall'accordo anglo-russo del 1907 e dagli accordi italo-francesi (1900, 1902), italo-inglesi (1902), italo-russi (1909). Era il rovesciamento della situazione costituita da Bismarck nel 1887-88 quando di fronte alla Francia isolata stava la Triplice integrata con gli accordi con l'Inghilterra, con la Russia, con la Romania, con la Spagna.
In questa situazione maturarono le crisi africane e balcaniche del 1912-13: protettorato francese sul Marocco, impresa di Libia, guerre interbalcaniche. Esse ebbero notevoli ripercussioni sulla Triplice, in quanto parvero arrestare il processo di disgregazione all'alleanza e provocare per contro un suo ringiovanimento e rinvigorimento.
Le conseguenze dell'impresa libica che rafforzavano l'Italia in Mediterraneo per l'insediamento nella Tripolitania-Cirenaica e nel Dodecaneso, determinarono raffreddamento nei rapporti tra l'Italia e le altre grandi potenze mediterranee, Francia e Inghilterra, il cui atteggiamento apparve più di una volta dominato da correnti di diffidenza e di sospetto per gl'ingrandimenti mediterranei italiani. Da ciò la tendenza del governo italiano a ridare nuova vita e nuova sostanza al trattato di alleanza con gl'Imperi Centrali, prendendo nel 1911-12 l'iniziativa di proporne a Berlino e a Vienna il rinnovamento anticipato, come già era accaduto nel 1891 e nel 1902. L'iniziativa italiana ebbe pieno consenso e appoggio a Vienna, dopo lo scoppio della guerra balcanica (ottobre 1912), che creò per l'Austria la necessità di non avere l'Italia apertamente ostile di fronte alla nuova pericolosa fase della questione orientale. Così nell'autunno 1912 le trattative per il rinnovamento vennero rapidamente condotte, e sboccarono il 5 dicembre 1912 nella firma del quinto e ultimo trattato della Triplice.
Esso aggiunse alle vecchie stipulazioni del 1891 e del 1902 le convenzioni stipulate fra l'Austria e l'Italia relativamente all'integrità dell'Albania e all'inclusione del sangiaccato di Novi Pazar fra i territorî che a norma dell'art. 7° dei trattati del 1891 e del 1902 non potevano essere occupati dall'Austria-Ungheria senza corrisponderne un compenso all'Italia e senza intesa preventiva con questa. E stabilì il riconoscimento della Libia italiana nello statu quo mediterraneo da mantenersi a norma dell'art. 10° del trattato.
Così il trattato sembrava adeguarsi alla nuova situazione. Ulteriore rafforzamento parve avere nel giugno 1913 per la conclusione di una convenzione navale italo-austro-tedesca che stabiliva la collaborazione delle squadre delle tre potenze in Mediterraneo in caso di guerra. Questa integrazione della Triplice con clausole navali era stata determinata dalla politica mediterranea esplicata nel 1912-13 dalla Francia e dall'Inghilterra, che dopo avere concretato la collaborazione delle loro flotte nel Mare del Nord e nel Mediterraneo, si erano volte a un lavorio attivissimo diretto a contrastare la politica dell'Italia e a favorire la Grecia nelle questioni dell'Albania e del Dodecaneso.
Ma il ringiovanimento e il rinvigorimento della Triplice erano paralizzati e minati dalla persistenza anzi dall'aumento delle cause che avevano indebolito la Triplice dall'inizio del secolo in poi. La politica della Germania imperiale sempre più tesa verso mete di predominio europeo minacciava in modo sempre più grave la situazione statica del continente che era esistita al momento della formazione dell'alleanza e che le aveva dato valore. Contemporaneamente la politica balcanica dell'Austria, volta verso Salonicco e desiderosa di colpire la Serbia, in quanto questa costituiva insieme una barriera all'avanzata asburghese a est e una minaccia alla compagine della monarchia per l'azione della propaganda iugoslava, minacciava lo statu quo orientale, interesse essenziale per l'Italia. Infine non sparivano, anzi si accentuavano i contrasti tra Italia e Austria per l'irredentismo e per i progetti bellicosi dello Stato maggiore austriaco contro l'Italia. Nell'autunno 1911 ancora una volta il capo di Stato maggiore austriaco, Conrad von Hötzendorff, aveva lanciato l'idea dell'attacco contro l'Italia, allora impegnata nella guerra libica. E nell'estate 1913 il governatore austriaco di Trieste, principe di Hohenlohe, deliberava antipatici provvedimenti diretti a colpire l'elemento italiano.
In realtà nella Triplice il nucleo veramente solido era ormai costituito dal legame austro-tedesco: l'Italia appariva come elemento vacillante, anzi caduco, tanto che nel 1912, proprio alla vigilia del rinnovamento, si era delineata negli ambienti dirigenti austro-tedeschi una tendenza che sosteneva l'opportunità di accogliere nel sistema di alleanza, al posto della ondeggiante Italia, la più fida e sicura Turchia.
In siffatte condizioni, e malgrado il rinnovamento del dicembre 1912 e la convenzione navale del giugno 1913, la Triplice era destinata a crollare nella prima crisi determinata da una mossa aggressiva della Gemania o dell'Austria, che facesse precipitare la già malsicura situazione europea e provocasse lo schieramento deciso dell'Inghilterra contro la Germania.
Ciò si verificò nella tragica estate del 1914, tra la fine di luglio e il principio di agosto, quando, attraverso l'ultimatum inviato dall'Austria alla Serbia con l'appoggio della Germania, si scatenò la guerra mondiale.
Allo scoppio del conflitto l'Italia dichiarò la propria neutralità, basandosi sull'art. 3° del trattato che implicava il casus foederis, cioè l'obbligo dell'aiuto reciproco, solo nel caso di aggressione per opera di due altre potenze. Tale motivazione presentata dall'Italia e ufficialmente accettata dagl'Imperi Centrali, faceva sì che la Triplice continuava ancora a sussistere ufficialmente, mentre due dei suoi membri erano in guerra e il terzo si teneva neutrale. In realtà la Triplice era crollata già d'allora, anche se l'annuncio ufficiale del crollo avvenne solo il 3 maggio 1915, dopo il fallimento delle trattative di Roma con Vienna per ottenere l'applicazione dell'art. 7° (implicante il principio dell'accordo e dei compensi nel caso di spostamento dello statu quo balcanico), fallimento che diede modo al Sonnino di procedere alla denunzia ufficiale del trattato motivata con la violazione dei patti da parte dell'Austria.
Bibl.: Il testo dei varî trattati della Triplice in A. F. Pribram, Die politischen Geheimverträge Österreich-Ungarns (1879-1914), Vienna 1920, e in G. Caprin, I trattati segreti della Triplice Alleanza, Bologna 1922. E cfr. Pribram, op. cit.; L. Chiala, La Triplice Alleanza e la Duplice Alleanza, Torino 1898; A. Singer, Geschichte des Dreibundes, Berlino 1915; Un italiano (E. Amadori-Virgili), La politica estera italiana (1879-1916), Bitonto 1916; R. De Stieglitz, L'Italie et la Triple Alliance, Parigi s. a.; U. Hermann, Dreibund, Zweibund, England, Stoccarda 1929; Avarna di Gualtieri, L'ultimo rinnovamento della triplice (5 dicembre 1912); Histoire diplomatique de l'Europe (1871-1914), Parigi 1930 (raccolta di monografie pubbl. sotto la direzione di H. Hauser); F. Tommasini, L'Italia alla vigilia della guerra mondiale, voll. 3, Bologna 1934-37; L. Salvatorelli, La Triplice Alleanza, in Rassegna di politica internazionale, Milano 1936.