TUBERCOLOSI (XXXIV, p. 433)
Biochimica del bacillo tubercolare. - Si dà qui conto, secondo le più recenti vedute, della costituzione biochimica del bacillo tubercolare.
Il bacillo di Koch è costituito principalmente da acqua, sostanze minerali, protidi, lipidi, glucidi. I protidi hanno particolare interesse biologico quali componenti essenziali delle tubercoline, essendo i costituenti batterici dotati per eccellenza di proprietà tubercoliniche. I lipidi rappresentano la frazione più caratteristica; costituiscono dal 30 al 40% del peso del microbo (riferito al secco) e, anche se non disposti propriamente a capsula, si ritengono i maggiori responsabili della difficoltà con cui il microbo viene attaccato dagli agenti disinfettanti e dalle difese organiche. A seconda della solubilità nei solventi organici essi si distinguono in fosfatidi, grassi neutri e cere. Per idrolisi i fosfatidi dànno acido palmitico, oleico, tubercolostearico, ftioico e mannosio, inosite, acido glicerofosforico; i grassi neutri acido palmitico, stearico, linoleico, linolenico, tubercolostearico, ftioico, trealosio e tracce di glicerina; le cere acido palmitico, stearico, cerotico, tubercolostearico, ftioico e inosite, glucosamina, d-arabinosio, galattosio, mannosio. La parte insaponificabile delle cere è costituita dagli acidi micolici e dallo ftiocerolo. L'acido tubercolostearico (C19H38O2), l'acido ftioico (C26H52O2), gli acidi micolici (C88H172O4) o (C88H176O4), lo ftiocerolo (C34H67(OH)2. O. CH3) sono sostanze caratteristiche del bacillo di Koch; essi appartengono alla serie dei composti alifatici a catena variamente ramificata. Il maggior interesse biologico spetta all'acido ftioico per le sue proprietà tubercoligene, che vengono ricollegate alla sua particolare configurazione chimica, che è molto rara in natura e sembra caratteristica di costituenti cellulari di microbi, capaci di provocare negli animali la formazione di un tessuto con i caratteri del tubercolo. Gli acidi micolici poi sono gli unici costituenti cellulari dotati di proprietà acidoresistenti, tuttavia per l'interpretazione di questa proprietà tintoriale non basta questo solo dato, perché per rivelarsi nella cellula batterica è necessario che sia rispettata l'integrità della struttura cellulare. Dalla frazione lipidica è stato isolato inoltre un pigmento, lo ftiocolo, che chimicamente è il 2-metil-3-idrossi-1,4-naftochinone, una sostanza strutturalmente analoga alla vitamina K, con cui ha in comune proprietà antiemorragiche. Il bacillo tubercolare sintetizza molte vitamine, necessarie al suo metabolismo; esse sono: acido folico, ac. nicotinico, ac. p-aminobenzoico, ac. pantotenico, biotina, inositolo, piridoxina, riboflavina, tiamina e forse carotinoidi. L'odore delle colture tubercolari sembra dovuto prevalentemente all'ac. fenilacetico e all'al. feniletilico, quest'ultimo costituente principale dell'essenza di rose.
Tubercolina. - La "tubercolina" non è un composto chimicamente definito, ma un insieme di prodotti elaborati dal bacillo di Koch, che inoculato negli animali tubercolosi vi provoca reazioni caratteristiche locali, generali e di focolaio. A seconda del metodo di preparazione prevalgono nelle tubercoline del commercio i costituenti batterici eso- o endobacillari di natura proteica, lipidica, glucidica.
La natura del principio tubercolinico è ancora discussa, tuttavia i più ammettono una natura proteica per il fatto che alle proteine tubercolari è stato riconosciuto un ruolo di primaria importanza nel determinare le reazioni caratteristiche delle tubercoline. In base a ciò si è cercato di sostituire la tubercolina bruta (vecchia tubercolina di Koch) e le altre tubercoline comunemente in uso a composizione chimica non ben definita, con preparati proteici tubercolari aventi una costituzione più definita e un'attività più costante. Una tubercolina di questo tipo è stata preparata per la prima volta negli S.U. da Fl. Seibert e coll., partendo da filtrati di colture di bacilli di Koch di tipo umano o di tipo bovino, dai quali la frazione proteica viene precipitata con acido tricloroacetico e poi purificata mediante l'ultrafiltrazione. Essa è stata messa in commercio, in compresse da sciogliere al momento dell'uso, con il nome di PPD (Purified Protein Derivative) ed ha trovato larghe applicazioni pratiche. Analoghi preparati tubercolinici sono stati studiati e realizzati anche in altri paesi. Un prodotto di questo tipo, ottenuto anch'esso allo stato solido, è la tubercolina preparata nell'Istituto C. Forlanini di Roma, denominata MDC (Morelli, Daddi, Cattaneo) e largamente usata nell'Istituto stesso. Essa si distingue dagli altri preparati proteici tubercolinici per il metodo di isolamento della frazione proteica esobacillare, metodo che essendo basato su procedimenti eminentemente fisici elimina l'eventualità di sostanziali denaturazioni del complesso proteico, che è difficile evitare con trattamenti a base di acidi o di alcali. Comunque queste ultime tubercoline sono costituite essenzialmente da prodotti proteici esocellulari, poiché si ottengono dai terreni di coltura dei bacilli, di tipo umano o di tipo bovino, dopo averli filtrati per separare la massa batterica. Ciò ha la sua importanza per il fatto che le proteine che si isolano dal terreno di coltura, su cui si sono sviluppati i bacilli di Koch per 4-5 settimane, e quelle che si separano dai corpi bacillari non sono chimicamente uguali e differiscono notevolmente nelle proprietà biologiche: mentre il prodotto proteico esobacillare è eminentemente cutireattivo e poco tossico, il prodotto endocellulare è molto tossico e poco cutireattivo. Inoltre il materiale proteico endocellulare è quello che più abbondantemente e frequentemente si ritrova in circolo negli organismi tubercolosi, nei quali un nuovo apporto, anche a dosi minime, di un materiale tanto tossico non fa che aggravare lo stato generale, come hanno dimostrato gli studî in proposito. Questo fatto va tenuto particolarmente presente nella scelta del preparato tubercolinico, quando lo si voglia usare a scopo terapeutico. Infatti le tubercoline possono in casi particolari trovare applicazioni terapeutiche, sebbene esse si usino prevalentemente a scopo diagnostico per svelare, attraverso la reazione tubercolinica, lo stato allergico determinato da una infezione da bacilli di Koch.
La tubercolosi durante l'ultima guerra. - Nel corso della seconda Guerra mondiale, come durante la prima, la tubercolosi ha subìto un notevole aggravamento in molti paesi coinvolti o no nel conflitto. Non è possibile avere dati precisi e completi che permettano di valutare l'entità del fenomeno in tutto il mondo poiché in varî paesi, anche prima della guerra, la rilevazione della mortalità mancava o era poco attendibile, mentre per la morbilità le cifre disponibili sono ancora ben lontane dall'essere soddisfacenti. È però impressione generale che gli aumenti più forti si siano verificati nell'Estremo Oriente (Cina, Filippine e Giappone) e nell'Europa Orientale (Polonia, Iugoslavia, Ungheria, Romania, Austria, Grecia); nell'Europa Occidentale particolarmente rilevanti sono state le conseguenze della guerra sulla mortalità tubercolare in Olanda, Italia, Belgio e in Germania nell'ultima fase del conflitto e dopo la fine di esso. Per la Polonia il numero dei malati di tubercolosi si fa risalire ad una percentuale della popolazione variabile fra il 5 e il 15% a seconda delle zone; in Grecia fra il 3 e il 6%; in Italia fra il 2 e il 5%. A Varsavia la mortalità tubercolare del 1941 raggiunse il 5 per mille, a Vienna è quasi triplicata nel 1945 rispetto al 1938; ad Amsterdam e Roma più che raddoppiata. In Danimarca invece, malgrado l'occupazione tedesca, non si sono avuti aumenti, come neppure nella neutrale Svezia.
Si teme che, come dopo la prima Guerra mondiale, si possa verificare un nuovo aumento ritardato a distanza di 5-7 anni, dovuto alle conseguenze a lunga scadenza delle condizioni belliche. Con la fine della guerra e il ritorno alle condizioni normali di vita, la mortalità tubercolare è rapidamente diminuita, ma si osserva spesso una continuazione di alte cifre di morbilità.
Per quanto durante la guerra non sia stata osservata alcuna nuova forma di tubercolosi polmonare, i principali rilievi anatomo-clinici compiuti nell'Istituto C. Forlanini da G. Daddi e C. Panà, tratti dalle tubercolosi del tempo di guerra, sono i seguenti: a) maggiore gravità e intensità delle manifestazioni patogenetiche con compromissione dello stato generale; b) decorso più grave di forme circoscritte decorrenti abitualmente in modo più benigno; c) aumento di forme abitualmente a decorso grave, miliari acute, broncopolmoniti tubercolari; d) frequenza particolare di entità nosologiche rare, almeno in Italia, quali l'infezione primaria tardiva, la tubercolosi linfogena, la propagazione ematogena massiva sierositica, la compromissione massiva dell'apparato linfatico; e) la gravità del decorso impedisce l'applicazione di alcuni metodi terapeutici di solito efficienti, mentre d'altra parte fa contrasto la rapida ripresa delle condizioni generali e locali in individui sottoposti a particolari cause di strapazzo e di denutrizione, con la semplice cura sanatoriale.
Tra i molteplici fattori che hanno concorso a determinare questo particolare aspetto vanno ricordati in primo luogo: a) il fattore batterico, sia come aumento dei contagi sia come larga bacillizzazione ambientale; b) la denutrizione quantitativa e qualitativa; fattori meno importanti appaiono: il sovraffaticamento, insufficiente protezione dagli agenti climatici, i patemi d'animo, le cattive condizioni di abitazione, ecc.
Vaccinazione antitubercolare. - Il noto fenomeno di Koch, la legge di Marfan per cui gli individui guariti di scrofolosi al di sotto dei 15 anni difficilmente ammalano poi di tubercolosi polmonare evolutiva, e numerose altre osservazioni sperimentali e cliniche (i soggetti allergici sono più resistenti degli anergici) dimostrano che in genere una prima infezione tubercolare rimasta latente conferisce all'organismo un certo stato di resistenza di fronte ad uua nuova contaminazione dall'esterno. Su questi concetti si basa la profilassi antitubercolare per mezzo della vaccinazione, che deve provocare negli anergici la comparsa dell'allergia, svelabile con le reazioni tubercoliniche, la cui positività è l'indice dell'esistenza dello stato immunitario (premunizione). Per la vaccinazione dell'uomo è stato proposto l'uso di partigeni bacillari, di bacilli di Koch virulenti uccisi (Maragliano e Petragnani), di bacilli di Koch vivi non virulenti. Riconosciuta la necessità della presenza di bacilli vivi per costituire un duraturo stato di resistenza immunitaria (non meno di 2 anni), fra i varî vaccini di questo tipo il BCG (Bacillo Calmette Guérin) è quello che meglio di ogni altro ha resistito al vaglio delle ricerche cliniche. Il BCG è un bacillo di Koch tipo bovino reso avirulento per ripetuti passaggi su patata biliata (230 in 13 anni). I primi esperimenti con esso furono fatti in Francia nel 1924; successivamente, tra consensi e contrasti, questo metodo di vaccinazione si è esteso a molti altri paesi.
Ecco a titolo dimostrativo alcuni risultati della vaccinazione antitubercolare con il BCG controllati a distanza di anni: scuola infermiere di Ulleval a Oslo: soggetti anergici non vaccinati: 280, morbilità 22,4%, mortalità 3,6%; soggetti anergici vaccinati: 287, mortalità 2,6%, mortalità 0,2%; studenti in medicina dell'università di Oslo: soggetti anergici non vaccinati, morbilità 4,6%; soggetti anergici vaccinati, morbilità 1,95%; popolazione civile di Oslo: soggetti anergici non vaccinati: 2833, morbilità 6,4%, mortalità 0,45%; soggetti anergici vaccinati: 566, morbilità 1,4%, mortalità 0; neonati dell'ospedale pediatrico di Göteborg: su 1069 vaccinati, 2 casi di tubercolosi completamente guarita e nessun morto; nello stesso periodo su neonati non vaccinati, 5 morti per tubercolosi; popolazione civile di Gõteborg: soggetti anergici vaccinati: 41.238, mortalità 0; mortalità per tubercolosi della popolazione civile nel medesimo anno: 68 su 100.000; esperienza dell'isola di Bornholm: dal 1937 al 1940 furono vaccinate 12.713 persone delle 50.000 costituenti la popolazione dell'isola. Nel periodo 1936-40 i nuovi casi di tubercolosi furono 134, nel periodo 1940-45 furono 82; studenti di medicina dell'università di Parigi: soggetti anergici non vaccinati: 165, morbilità 18,2%; soggetti anergici vaccinati: 198, morbilità 7,4%; indiani degli Stati Uniti: soggetti anergici non vaccinati: 1457, morbilità 12,69%, mortalità 3,77%; soggetti anergici vaccinati: 1550, morbilità 2,58%, mortalità 0,38; infermiere dell'ospedale di Saskaichewan: soggetti anergici non vaccinati: 1368: morbilità 4,02%; soggetti anergici vaccinati: 1005, morbilità 0,89%; infermiere del sanatorio dî Saskatchewan: soggetti anergici non vaccinati: 113, morbilità 15,9; soggetti anergici vaccinati: 203, morbilità 2,45%.
La vaccinazione con BCG, come si vede, è un mezzo efficace di protezione di fronte al contagio tubercolare, e poiché si è rivelata completamente esente da pericoli va estendendosi rapidamente in tutto il mondo soprattutto in Norvegia e in Svezia. In questi paesi, come anche in Francia, sono state promulgate di recente leggi che rendono la vaccinazione antitubercolare obbligatoria per gli anergici di determinate categorie (infermiere, reclute, studenti); nell'URSS è stata resa obbligatoria per tutti i neonati. Ma dovunque, e anche in Italia, pur non essendoci leggi in proposito, essa è largamente propagandata.
Terapia. - Sulfamidici. - I recenti progressi negli studî sui chemioterapici antitubercolari derivano per la maggior parte dall'applicazione dei concetti, che servirono inizialmente a Woods per interpretare l'azione antibatterica della sulfamide: si ammise che per una analogia di struttura chimica la sulfamide in funzione di rapporti di concentrazione si sostituisse all'acido p-aminobenzoico, fattore di crescita dei microbi sulfamido-sensibili, bloccando così la funzionalità di sistemi, probabilmente enzimatici, preposti al metabolismo e alla riproduzione dei microbi.
Poiché la sulfamide ha un'azione molto limitata sul bacillo di Koch, anche in vitro, se ne prepararono numerosi derivati solfonici, la cui azione per una evidente analogia di sterismo si poteva riportare allo stesso schema proposto da Woods per la sulfamide. Tra questi composti maggiore applicazione in campo tubercolare hanno avuto i seguenti: 4,4′-diaminodifenilsolfone-N, N′-destroso-solfonato di sodio, 4,4′-diaminodifenilsolfone-N, N′-formaldeide-solfossilato di sodio, 4,4′-diaminodifenilsolfone-N, N′-fenil-n. propil-tetrasolfonato di sodio, 4-aminofenil-2-aminotiazolil-5′-solfone. Essi hanno una evidente azione antibatterica in vitro e anche nell'infezione della cavia rispondono bene; qui i risultati sono paragonabili a quelli ottenibili con la streptomicina.
Nella tubercolosi umana però nessuno dei derivati solfonici ha risposto con quella efficacia che le ricerche in campo sperimentale avevano fatto sperare anche perché essi, in rapporto con le forti dosi, che si debbono somministrare per avere un effetto chemioterapico, dànno luogo in genere a reazioni tossiche secondarie. Tuttavia del trattamento con i solfoni sembrano beneficiare le lesioni essudative recenti, ma senza che si possa parlare di una vera regressione della malattia. Dopo la scoperta della streptomicina, questi composti sono stati ripresi in considerazione per usarli in associazione con questa al fine di ottenere un'azione sinergica, potenziante l'effetto di entrambi i medicamenti sul bacillo di Koch e soprattutto per il fatto che con un trattamento misto diminuirebbero le possibilità dell'instaurarsi di una sulfamido- e di una streptomicin-resistenza, possibilità che con frequenza si verificano durante la cura solfonica e streptomicinica. Del resto si continuano a sintetizzare nuovi derivati solfonici.
Sempre partendo dai presupposti di Woods, Lehman ha tratto lo spunto per l'applicazione dell'acido p-aminosalicilico alla cura della tubercolosi. Questo composto è un inibitore del metabolismo batterico e di conseguenza blocca la moltiplicazione dei bacilli di Koch. L'azione di questa sostanza in vitro è molto evidente; si manifesta già in soluzione 10-5 molare. Nella tubercolosi del topo ricerche di confronto con la streptomicina dimostrerebbero che l'acido p-aminosalicilico è meno efficace. Ciononostante, stando ai risultati comunicati fin qui, il suo effetto terapeutico nella tubercolosi umana sarebbe evidente, e sugli altri chemioterapici presenterebbe il vantaggio di non determinare resistenza nei microbi. È poco tossico e ben tollerato anche ad alte dosi (10-15 gr. pro die); tuttavia la casistica è ancora limitata.
Altre ricerche sono ancora in fase sperimentale; così è per le amine degli acidi grassi ramificati (ac. ftioico), aventi azione inibitrice in vitro, e per alcuni derivati del naftochinone, che hanno relazione di sterismo con lo ftiocolo, il pigmento del bacillo di Koch. In questi casi si parla di un antagonismo non più funzionale ma costituzionale. Insieme con queste ricerche, che tentano di trasformare composti attivatori del metabolismo microbico o addirittura costituenti plasmatici della cellula batterica in sostanze dotate di attività antibatterica specifica, si continuano anche studî sulla sintesi di svariati composti, partendo da cognizioni comunque acquisite. In tal modo sono stati sintetizzati nuovi composti combinando sostanze batteriostatiche con sostanze inibenti la respirazione microbica: il prodotto risultante ha un'attività antibatterica molto maggiore di quella dei singoli componenti isolati. Questo, ad esempio, è il caso del W 134 di Zetterberg, che è il 2-metilindolo-3-azo-4-benzen-1-solfonil-3,4-dimetilbenzamide. Un'altra sintesi interessante è quella del diaminodifeniltricloroetano. Si tratta di un composto analogo al DDT, con il quale ha in comune proprietà di liposolubilità, che rappresenterebbe la caratteristica di questa serie di composti. Ciò ne faciliterebbe l'assorbimento da parte della cellula batterica, che nell'elevata percentuale di sostanze grasse in essa contenuta, trova la sua più efficiente difesa.
Come si vede il problema della chemioterapia della tubercolosi da questo punto di vista non è ancora risolto. Sebbene le ricerche sull'antibiosi facenti capo alla streptomicina abbiano orientato gli studî verso altri indirizzi, la chimica sintetica non potrà non portare anche in campo tubercolare un contributo reale e fattivo.
Antibiotici. - Antibiotici aventi azione sul bacillo di Koch sono prodotti da batterî, sporigeni o no, da attinomiceti, da funghi, da alghe, da piante superiori.
Dal Bacillus subtilis sono state isolate tre sostanze: la subtilina, la eumicina e la bacillina, aventi tutte azione antibacillo di Koch almeno in vitro. Dal B. licheniformis è stata isolata la licheniformina e sostanze antitubercolari sono state identificate nei prodotti del metabolismo del B. mesentericus e del B. megatherium. Il Fusarium javanicum dà la javanicina; la Pseudomonas aeruginosa e il Proteus vulgaris elaborano anch'essi sostanze ad azione inibente sul bacillo di Koch. Aspergilli e penicilli producono essi pure sostanze antibacillo di Koch; così l'Aspergillus albus ed il niger, l'A. clavatus (clavacina), l'A. fumigatus (fumigatina, acido elvolico), l'A. ustus (ustina) ed un aspergillo non classificato che dà la micocidina. Tra i penicilli va ricordato il P. glaucum con l'acido micofenolico. Numerose sostanze attive contro il bacillo di Koch sono state isolate dagli attinomiceti. Oltre alla streptomicina, prodotto del metabolismo dello streptomyces (Actinomyces) griseus, vanno ricordate la streptotricina dello Str. lavendulae, la actinomicina dello Str. antibioticus, la proactinomicina del Proactinomyces gardneri e la nocardina della Nocardia coeliaca. Tra i prodotti isolati da funghi superiori e da licheni si ricordano la clitocibina e la nebularina della Clitocyba candida e della Cl. gigantea, la diploicina della Buellia canescens, l'acido roccellico della Lecanora sordida e un composto non denominato dalla Ramallina reticulata. Infine ecco alcuni composti ad azione antitubercolare prodotti da piante superiori: dall'Allium sativum è stata isolata l'allicina, dalla Stephania cepharanta la cefarantina e dal Ranunculus bulbosus un principio attivo non denominato.
È logico pensare che in natura esistano ancora molte possibilità di aggredire il bacillo di Koch mediante prodotti elaborati da organismi viventi. Ma le numerose sostanze isolate ed isolabili dovranno passare per il vaglio della sperimentazione clinica per stabilire in rapporto con il valore teorico anche il valore pratico delle ricerche.
Dopo aver constatato nel 1945 i buoni risultati sperimentali nelle cavie e nei topo infettati con bacillo di Koch e trattati con streptomicina (v. in questa App.) Hinshaw, Feldmann, Pfutz, ecc. estesero le loro ricerche nell'uomo trattando con buon esito casi varî di tubercolosi polmonare e di tubercolosi extrapolmonare. Per quanto i risultati comunicati non possano ancora (1948) essere ritenuti del tutto definitivi, si può dire però che l'applicazione della streptomicina è divenuta per alcune forme di tubercolosi polmonare assolutamente elettiva. Per altre sono ancora in studio le modaiità di applicazione. In Italia, accanto alle osservazioni di G. Caronia, C. Cocchi e G. Frontali, sulle meningiti tubercolari, le prime ricerche sul trattamento della tubercolosi polmonare sono state eseguite nell'Istituto Forlanini di Roma, da A. Omodei-Zorini e collaboratori. Sintetizzando, si può dire:
1) nelle tubercolosi miliariche, sia acutissime, sia acute e subacute, l'indicazione è netta e i risultati sono buoni, superiori senz'altro e più rapidi di tutti quelli precedentemente ottenuti. L'azione della sostanza favorisce la regressione dei focolai più recenti. Oltre la scomparsa radiologica, si ha anche la regressione anatomica con la trasformazione dell'elemento miliarico in un elemento completamente fibroso, del tutto circoscritto dal tessuto vicino e con la perdita dei caratteri specifici di esso (Panà). Anche senza giungere sempre a questi risultati, l'azione della streptomicina favorisce la circoscrizione e la limitazione del processo-morboso sì da rendere possibile ed efficace il successivo intervento collassoterapico, pneumo-toracico e chirurgico in forme di tubercolosi che prima erano tra le meno indicate al trattamento di collasso;
2) nelle forme di tubercolosi polmonare acuta a tipo broncopneumonico molto estensivo, l'indicazione della streptomicina è buona e spesse volte costituisce l'unica arma di difesa a nostra disposizione. La streptomicina deve intervenire nel momento giusto, quando predomina l'infiammazione perifocale, prima che si sia verificata una necrosi caseosa totale, difficilmente reversibile. Anche qui la streptomicina argina l'evoluzione acuta della forma, circoscrive il processo morboso ad una più limitata zona di parenchima polmonare, agisce prontamente sullo stato generale, ma non può considerarsi come una terapia ad azione definitiva, bensì solo preparatoria per un successivo intervento collassoterapico;
3) la streptomicina nelle forme croniche di tisi polmonare può da un lato agire su alcune disseminazioni specie ematogene episodiche che tanto spesso si verificano nel decorso della tisi, come nei processi broncopneumonici da riattivazione.
Recentemente si è affermata l'associazione della streptomicina alla terapia chirurgica della tisi, sia a scopo preventivo pre- e post- operatorio, sia con la tecnica istituita da Omodei-Zorini e Bottari di introduzione diretta endocavitaria della sostanza. Questo procedimento corrisponde al presupposto logico che l'azione della streptomicina si manifesti assai meglio quando essa venga a contatto diretto del bacillo di Koch. Va tenuto presente che nelle forme acute miliariche e broncopneumoniche, l'introduzione della streptomicina per via parenterale corrisponde molto bene perché la loro patogenesi è prevalentemente ematogena e quindi il medicamento raggiunge agevolmente i focolai polmonari; mentre nelle tisi croniche, essendo il bacillo di Koch incorporato in zone di caseosi massiva e difeso, per così dire, da spesse barriere, la streptomicina per via parenterale vi giunge a contatto più difficilmente. Il trattamento streptomicinico endocavitario viene usato specialmente nei casi di caverne giganti e molto secernenti, in associazione alla aspirazione endocavitaria di V. Monaldi. Successivamente, dopo che è avvenuta la disintossicazione e la diminuzione di volume della caverna, si effettua una toracoplastica apico-ascellare di Morelli con apicolisi. Si continua poi l'azione dell'aspirazione endocavitaria e il trattamento locale della streptomicina. La cura streptomicinica viene mantenuta anche dopo l'intervento a dosi modeste, per via sia parenterale sia locale, e sospesa dopo che l'espettorato e le caverne sono stabilmente regredite. Con tale trattamento si sono potuti recuperare casi che prima erano considerati assolutamente perduti.
L'azione della streptomicina nell'empiema cronico tubercolare ha dato nei primi tempi risultati molto modesti; ciò è da porsi in relazione, più che all'acidità del mezzo, alla produzione di sostanze inibenti per la streptomicina che si producono, secondo Cattaneo, in tutti i liquidi organici proteici sottoposti a denaturazione delle proteine. In epoca recente G. Daddi ha ottenuto risultati soddisfacenti mediante un'opportuna tecnica..
La streptomicina viene rapidamente assorbita ed eliminata abbastanza rapidamente per via renale; però nei tessuti rimane anche dopo che è stata eliminata dal sangue. Finora è conveniente mantenere una somministrazione frazionata: un'iniezione ogni sei ore. La via da preferire è quella endomuscolare, che è la via base per tutte le localizzazioni e che va sempre associata anche quando si praticano le vie di somministrazione locali. Le dosi vanno da 1,5-2 gr. nei primi giorni, a 1 gr. al giorno per un periodo minimo di circa tre mesi. Dosi più basse sono da sconsigliare, soprattutto per il rapido instaurarsi di una streptomicin-resistenza.
Nella tubercolosi laringo-faringo-tracheale, la streptomicina ha una precisa indicazione per i risultati eccellenti e rapidi che si sono ottenuti. Essa va introdotta anche per via diretta inalatoria con il procedimento aerosol (v. aerosol, in questa App.). Riguardo alla azione tossica della streptomicina si può dire che effettivamente essa va diminuendo, man mano che i prodotti farmaceutici vanno migliorando nella loro composizione. Essa infatti dipende da una imperfetta purificazione e da particolari ceppi di miceti.
Si distinguono: a) una tossicità a tipo istaminico da impurità del rimedio che provoca reazioni articolari, locali, cutanee, orticarie, vomito, cefalea, ecc.; b) una tossicità legata proprio alla streptomicina anche allo stato di purezza che dà luogo a fenomeni di nefrosi e di degenerazione grassa del fegato; c) un'azione tossica sul nervo acustico ed anche sul nervo ottico (vertigine, ipoacusia, cecità, ecc.); d) reazioni tossiche meningee e cerebrali.
In base ai dati sperimentali si è venuti nella determinazione di considerare l'azione della streptomicina essenzialmente batteriostatica piuttosto che battericida; essa agisce soprattutto quando giunge a contatto diretto coi germi in attività riproduttiva (le cellule batteriche a riposo non muoiono a contatto con l'antibiotico).
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