SERAFIN, Tullio
– Nacque il 1° settembre 1878 a Rottanova, frazione di Cavarzere (Venezia), terzogenito di Domizio e Antonia Pavan, e fu battezzato con i nomi di Tullio, Curzio, Antonio, Giovanni Battista.
Il padre, gestore di un caffè pizzicheria, suonava da dilettante il flauto e trasmise ai quattro figli l’amore per la musica. Il maggiore, Attilio Angelo, fu violinista, Amabile Elvira venne avviata al pianoforte, il più giovane Leandro divenne primo oboe alla Scala e insegnante del conservatorio di Milano, mentre Tullio, dopo aver ricevuto la prima istruzione musicale da Carlo Nicodemo, organista nel duomo di Cavarzere, studiò violino ad Adria e poi con Ettore Galeazzi, direttore della banda cittadina, il quale, visti i rapidi progressi, gli consigliò di iscriversi al conservatorio di Milano.
Nel 1891 entrò nella classe di Gerolamo De Angelis, e due anni dopo, per mantenersi agli studi, iniziò a lavorare come accompagnatore alle lezioni del tenore Felice Pozzo. Nel 1895 ottenne le prime scritture come violinista di fila al Manzoni di Milano e quindi alla Scala per due concerti di Arturo Toscanini. Dopo essere passato alla viola, fu per due anni allievo di Marco Anzoletti, studiando in parallelo contrappunto con Michele Saladino e composizione con Gaetano Coronaro. Diplomatosi in viola nel 1898, entrò a far parte stabilmente dell’orchestra della Scala, ma già da tempo aveva maturato l’intenzione di diventare direttore, e in quello stesso anno, con lo pseudonimo di Alfio Sulterni, debuttò sul podio con L’elisir d’amore nella sala Follia di Milano.
Nel 1901 si diplomò in composizione e venne assunto per tre stagioni come maestro sostituto alla Scala, cominciando anche a dirigere con il proprio nome a Parma, Ferrara, Firenze e Bologna. Dal 1903 al 1905 fu al Vittorio Emanuele di Torino con cinque prime assolute, fra le quali Risurrezione di Franco Alfano (30 novembre 1904), e il 12 ottobre 1905 diresse al teatro Dal Verme di Milano la prima milanese della Madama Butterfly di Giacomo Puccini riveduta. Debuttò nel 1906 a Venezia con La dannazione di Faust di Hector Berlioz, nel 1907 a Palermo con La valchiria e a Londra con Carmen, nel 1908 a Parigi con un Rigoletto cantato da Enrico Caruso e Nellie Melba. Nel febbraio del 1910 diresse a Torino la prima della Festa del grano di Giocondo Fino, per poi riprenderla, due mesi dopo, al Costanzi di Roma.
Ottenuto alla Scala lo stesso incarico di direttore principale e artistico che era stato di Toscanini, vi debuttò nel 1910 con Sigfrido. Nelle sue quattro stagioni al teatro milanese diresse cinque prime assolute, fra le quali L’amore dei tre re di Italo Montemezzi (1913) e Abisso di Antonio Smareglia (1914), in prima italiana Il cavaliere della rosa di Richard Strauss e Arianna e Barbablù di Paul Dukas (1911), Isabeau di Pietro Mascagni, Ivan il terribile di Nikolaj Andreevič Rimskij-Korsakov e I fuochi di san Giovanni (Feuersnot) di Strauss (1912), Le donne curiose di Ermanno Wolf-Ferrari e Oberon di Carl Maria von Weber (1913) e in prima alla Scala La fanciulla del West di Puccini (1912) e Parsifal di Richard Wagner (1914). Tornò a Parigi nel 1912 per le prime in Francia del Mefistofele di Arrigo Boito con Fëdor Šaljapin e della Fanciulla del West con Carmen Melis, Caruso e Titta Ruffo.
Nel 1913 fu coinvolto dal tenore Giovanni Zenatello nel progetto di un festival estivo all’Arena di Verona e lo inaugurò con Aida. In quel periodo a Milano fu iniziato alla massoneria e nel marzo del 1914 divenne maestro muratore. Fra il maggio e l’agosto dello stesso anno diresse quattordici opere a Buenos Aires debuttando con Parsifal al Colón; lì conobbe la futura moglie Elena Ruzkovskaja (1882-1964), in arte Elena Rakowska, che vi interpretava Kundry, parte da lei già sostenuta nella prima italiana a Bologna (capodanno 1914). Dal matrimonio, celebrato a Milano il 23 ottobre 1915, nacque la figlia Vittoria (1916-1985). Durante la guerra Serafin proseguì l’attività al Dal Verme di Milano e al Carlo Felice di Genova, e nel 1917 debuttò in Spagna. Fece ritorno alla Scala nel 1918 con quattro prime assolute, fra le quali La nave di Montemezzi, e nell’estate del 1919 fu impegnato in Argentina, Uruguay, Brasile e Cuba. Nel 1921 diresse a Parigi Tristano e Isotta e a Bologna la prima della Leggenda di Sakùntala di Alfano, nell’estate del 1922 Lohengrin a Verona e nel 1923 undici opere a Napoli.
Invitato da Giulio Gatti Casazza al Metropolitan, vi debuttò nel 1924 con Aida, avviando una collaborazione che per dieci anni, salvo brevi parentesi, lo tenne lontano dall’Italia. A New York diresse i maggiori cantanti dell’epoca proponendo il repertorio consolidato, ma anche prime di compositori locali e novità per gli Stati Uniti come Turandot di Puccini, La cena delle beffe di Umberto Giordano, La vida breve di Manuel de Falla, La giara di Alfredo Casella, La campana sommersa di Ottorino Respighi, La fiera di Soročincy di Modest Petrovič Musorgskij e Sadko di Rimskij-Korsakov. In quel periodo furono comunque significative anche le sue presenze in Europa: a Roma nel 1930 con Marta di Friedrich von Flotow, nel 1931 a Londra con sette opere, e nel 1933 a Firenze con La Cenerentola di Gioachino Rossini e I puritani di Vincenzo Bellini al primo Maggio musicale.
Nel 1934, dopo aver fatto ritorno a Firenze con tre opere e un concerto, accettò l’incarico di dirigere il teatro reale dell’Opera di Roma: nell’arco delle nove stagioni di cui fu responsabile – a partire dall’Orfeo di Claudio Monteverdi fino alla prima italiana del Wozzeck di Alban Berg (3 novembre 1942) – seppe imporre una cifra di impegno e qualità, alternando il repertorio corrente a novità come Cyrano di Bergerac di Alfano (1936), Ginevra degli Almieri di Mario Peragallo e Re Lear di Alberto Ghislanzoni (1937), Ecuba di Gian Francesco Malipiero (1941). Diresse per tre volte la tetralogia di Wagner, fece ascoltare Alceste di Christoph Willibald von Gluck, Il campiello di Wolf-Ferrari, Il flauto magico di Wolfgang Amadeus Mozart, Il gallo d’oro di Rimskij-Korsakov e in prima ripresa moderna La buona figliuola di Niccolò Piccinni. Invitò Aurelio Milloss a dirigere il corpo di ballo: con le coreografie del danzatore ungherese propose la prima assoluta della Rosa del sogno di Casella (1943) e le prime italiane in forma scenica delle Creature di Prometeo di Ludwig van Beethoven (1940) e del Sacre du printemps di Igor´ Fëodorovič Stravinskij (1941).
In quel decennio fra gli impegni lontano da Roma spiccarono in particolare la prima dell’Orsèolo di Ilderando Pizzetti a Firenze nel 1935, le tournées del 1937 e 1938 in Sud America, la presenza al festival di Salisburgo nel 1939, nel 1940 il ritorno alla Scala con Parsifal, Oberon e Nina di Giovanni Paisiello e nuovamente a Firenze con Semiramide di Rossini. Nel 1938 registrò la colonna sonora del film Giuseppe Verdi di Carmine Gallone e l’anno seguente in disco il Requiem di Verdi con Maria Caniglia, Ebe Stignani, Beniamino Gigli ed Ezio Pinza.
Conclusa nel 1943 l’esperienza romana, trascorse gli ultimi anni della guerra a Firenze, e dopo la liberazione contribuì alla rinascita culturale della città dirigendo una stagione d’opera e il Requiem di Verdi in S. Croce. Tornato a Roma nell’estate del 1946 registrò la colonna sonora del film Rigoletto di Gallone e fino al maggio del 1947 fu alla Scala per otto allestimenti, fra i quali la prima italiana in forma scenica del Peter Grimes di Benjamin Britten. Insanabili divergenze con il sovrintendente Antonio Ghiringhelli lo spinsero a troncare bruscamente i rapporti con il teatro milanese e a tornarvi in seguito solo per registrarvi dei dischi. Nell’agosto del 1947 all’Arena di Verona diresse La Gioconda che segnò il debutto italiano di Maria Callas. Riconosciutone l’eccezionale talento, fra il 1947 e il 1951 la fece debuttare in Tristano e Isotta, Aida, Norma, La valchiria, I puritani, Parsifal e La traviata, stabilendo con lei una collaborazione destinata a durare fino al 1960 anche per registrazioni radiofoniche e discografiche. A Firenze ripropose Olimpia di Gaspare Spontini (1950), Armida (1952), Tancredi (1952) e La donna del lago (1958) di Rossini, e nel 1956 diresse Perséphone di Stravinskij in prima italiana a Palermo. Nel 1951 fu per l’ultima volta in Sud America, nel 1952 alla New York City Opera, fra il 1955 e il 1958 a Chicago e nel 1959 a Londra con la Lucia di Lammermoor che impose Joan Sutherland all’attenzione internazionale.
Sollecitato dall’editore Ricordi a controbattere un articolo sulla scarsa dignità testuale delle pubblicazioni di opere italiane (D. Vaughan, Discordanze fra gli autografi verdiani e la loro stampa, in La Scala: rivista dell’opera, 1958, n. 104, pp. 11-15), scrisse con Alceo Toni il saggio Stile, tradizioni e convenzioni del melodramma italiano del Settecento e dell’Ottocento (Milano 1958), che resta uno scrigno autorevole e altamente istruttivo della prassi esecutiva del teatro d’opera nella prima metà del secolo.
Nel 1963 tornò a dirigere Aida a Verona nel 50° anniversario della prima stagione dell’Arena. A Roma il 29 gennaio 1964, pochi giorni dopo aver inciso il suo ultimo disco, fu costretto a sospendere una recita dei Maestri cantori per disturbi alla circolazione. Trascorse gli ultimi anni nella sua casa romana, assistito dalla figlia e dalla nipote Donatella Sabetta.
Morì la mattina del 3 febbraio 1968, per collasso cardiaco. Fu tumulato nel cimitero di Rottanova, provvisoriamente nella tomba della famiglia Moscardo e poi con sepoltura definitiva nel 1979.
In oltre sessant’anni di carriera Tullio Serafin fu uno dei più autorevoli e apprezzati direttori del teatro d’opera. Celebrato scopritore, preparatore e accompagnatore di voci, valorizzò molti giovani cantanti destinati a diventare famosi, e le sue esecuzioni furono sempre contraddistinte da una sapiente accuratezza di concertazione e uno spiccato senso del teatro, volti a raggiungere il massimo equilibrio fra le diverse componenti dello spettacolo nel solco di una radicata tradizione interpretativa.
Fonti e Bibl.: R. Ferrarese, Uomini di Cavarzere, Cavarzere 1974, pp. 7-20; D. Rubboli, T. S.: vita, carriera, scritti inediti, Cavarzere 1979; T. Celli - G. Pugliese, T. S. il patriarca del melodramma, Venezia 1985 (contiene gli appunti autobiografici di Tullio Serafin); C.A. Dillon - M. Selvini, T. S., Milano 1998; N. Sguotti, T. S., il custode del bel canto, Padova 2014.