tumore
Cellule che non muoiono più
Quando le cellule di un tessuto crescono troppo si forma un tumore. Normalmente le cellule dell’organismo proliferano lentamente per sostituire le cellule vecchie. Questo processo viene controllato da un meccanismo genetico complesso al quale partecipano un centinaio di geni. Le mutazioni successive di alcuni di questi geni provocano la crescita tumorale
Tumore e cancro sono parole che si pronunciano malvolentieri e spesso sono ancora considerati una malattia incurabile. Così era in effetti ancora a metà del Novecento, quando il malato moriva dopo pochi mesi, al massimo dopo un paio di anni dai primi sintomi. Successivamente il numero dei tumori è cresciuto con l’aumento della durata media di vita: all’inizio del 21° secolo si calcola che circa un terzo di tutte le morti in tarda età sia dovuta a tumori. Questo significa che la medicina non ha registrato alcun progresso? Al contrario, quei malati di tumore maligno che un tempo morivano quasi tutti attorno a 50 anni, oggi sopravvivono nel 65% dei casi almeno per 7 anni e, quando muoiono, spesso hanno superato i 70 anni.
Un tumore consiste nella crescita eccessiva di un singolo tessuto, tale da formare un rigonfiamento (la parola viene dal latino tumere «essere gonfio»). Esistono tumori benigni e tumori maligni. Per esempio, un comune neo della pelle è un tumore benigno a carico delle cellule pigmentate (più o meno scure) della pelle, che mantengono il loro aspetto e la loro funzione. Il tessuto tumorale, dopo un iniziale aumento di volume, arresta la sua crescita, lasciando un piccolo rigonfiamento scuro, facilmente riconoscibile sulla pelle. Ma un comune neo può diventare un tumore maligno della pelle, chiamato melanoma. Può cioè continuare a crescere fino a invadere i tessuti vicini, perdere le caratteristiche del tessuto d’origine e, soprattutto, diffondere, attraverso i vasi arteriosi e linfatici, le cellule tumorali verso altri organi, dove si formano altri tumori maligni, chiamati metastasi. Quelle elencate per il melanoma sono le caratteristiche generali di tutti i tumori maligni, chiamati cancro (dal latino cancer «granchio») nel linguaggio comune.
I tumori solidi sono a carico dei tessuti degli organi solidi. Fra questi, quelli benigni più comuni sono i polipi, a forma di tubo, che crescono frequentemente nell’intestino, e le cisti, a forma di sacchetto pieno di liquido, che crescono nelle ghiandole. I tumori solidi maligni più comuni sono i carcinomi, che riguardano gli epiteli che rivestono molte cavità interne (polmone, stomaco, utero) e tessuti ghiandolari come la prostata maschile e l’ovaio femminile, i sarcomi a carico delle ossa e delle cartilagini, e i linfomi, a carico degli organi linfatici. I tumori non solidi sono invece a carico delle cellule del sangue e vanno sotto il nome generico di leucemie (anemie, leucemie, mononucleosi).
Tutte le cellule, come anche gli organismi, sono selezionati dal processo evolutivo per la loro capacità di riprodursi il più possibile. In questo senso, le cellule tumorali obbediscono semplicemente alla logica evolutiva propria della vita.
Cerchiamo allora di capire come nasce un tumore. Un tessuto mantiene la sua dimensione e i rapporti con gli altri tessuti perché normalmente alcune cellule muoiono per apoptosi (morte programmata delle cellule) e altre si dividono e proliferano in modo da rimpiazzare le cellule morte. L’equilibrio fra il processo di morte e quello di proliferazione cellulare viene mantenuto da segnali complessi che provengono dall’esterno della cellula e si propagano al suo interno, fino al nucleo, dove ordinano al dna di replicarsi e di iniziare così il ciclo di divisione cellulare che porta le cellule da una a due. Le molecole responsabili dei segnali di stimolazione della proliferazione cellulare sono chiamati fattori oncogeni (dal greco ònkos «volume, massa» e gènesis «origine, generazione»). Ai fattori oncògeni si contrappongono i fattori oncosoppressori che, soprattutto nel nucleo, ne frenano l’efficacia.
Fattori oncogeni e oncosoppressori sono proteine e la loro produzione nella cellula è dovuta a geni specifici, rispettivamente gli oncogeni e i geni oncosoppressori. Nell’organismo umano il ciclo cellulare viene mantenuto nei limiti normali tramite l’azione coordinata di almeno un centinaio di diversi oncogeni e di geni oncosoppressori.
Il processo tumorale ha inizio quando uno di questi geni va incontro a una mutazione (genetica e malattie genetiche) che rende troppo attivo un oncogene oppure meno attivo un gene oncosoppressore. Dato che le mutazioni sono statisticamente più probabili quanto più frequentemente si replica il DNA, quando il ciclo è accelerato dalla prima mutazione diventa più probabile che si producano ulteriori mutazioni nei geni che regolano il ciclo cellulare, fino ad arrivare a una crescita tumultuosa delle cellule figlie originate da quella in cui era avvenuta la prima mutazione: il tessuto normale è diventato un tumore. In genere, occorrono circa 20 anni dalla prima mutazione ai primi sintomi di tumore.
Anche nelle condizioni fisiologiche esistono nell’organismo situazioni nelle quali il DNA viene ‘aggredito’ e indotto alla mutazione; in questi casi sono attivi specifici processi di difesa che cercano di rimuovere la causa dell’aggressione. Ma la società industriale ha introdotto molti fattori che inducono mutazioni (fumo, radiazioni, sostanze tossiche, inquinamento) e che sono la causa del notevole aumento di nuovi tumori.
All’inizio del processo tumorale, le cellule in corsa accelerata possono ancora essere distrutte dalle difese dell’organismo. Le nuove proteine prodotte dalla mutazione sono diverse dalle proteine dell’organismo e possono essere riconosciute come estranee dal sistema immunitario e distrutte. Oppure, come qualcuno che si fa largo a gomitate nella folla e suscita le proteste delle persone beneducate, il contrasto con le cellule normali del tessuto provoca l’emissione di segnali di apoptosi alle cellule troppo frettolose, che vengono indotte a uccidersi. Quindi, se sono tante le cellule che possono sfuggire al controllo normale del ciclo cellulare, sono pochissime quelle che riescono a diventare un tumore. Si può calcolare che ogni giorno almeno una cellula su un milione, alcuni milioni in tutto l’organismo, cerca di diventare un tumore, ma nell’intera vita di ogni persona solo in pochissimi casi ci riescono.
Certamente però il numero dei tentativi aumenta con l’età e, inoltre, nelle persone anziane c’è una diminuzione dei meccanismi di difesa immunitaria. Da una parte, infatti, diminuisce la capacità di disattivare le sostanze mutagene (cioè in grado di indurre mutazioni) e si verificano quindi più facilmente nuove mutazioni; dall’altra diminuisce anche l’efficienza stessa del sistema immunitario e le cellule tumorali possono crescere indisturbate. Questo spiega perché il numero di tumori cresce con il prolungarsi della vita.
Il tumore può essere curato tanto più facilmente quanto prima viene identificato, quando è ancora piccolo e senza metastasi. Le persone che hanno più di 50 anni devono sottoporsi ad analisi cliniche specifiche in grado di riconoscere il tessuto tumorale prima che provochi sintomi di malattia. Se la diagnosi è positiva, si procede immediatamente alle cure necessarie, che consistono nella rimozione chirurgica del tumore, ma soprattutto nella terapia medica mediante farmaci (chemioterapia) o radiazioni (radioterapia) attivi in modo specifico sui tessuti tumorali, proprio perché questi hanno un ritmo cellulare accelerato.
In questo campo la sanità italiana è più efficiente di molte altre nazioni ricche. Valutando il numero di pazienti che sopravvivono almeno 7 anni dopo che il tumore è stato curato, l’Italia si trova fra i primi cinque paesi, ben più avanti, per esempio, degli Stati Uniti.