TUNICA (tunica)
Veste che si indossava direttamente sul corpo, ma che, a differenza del peplo e della toga, era cucita lungo i fianchi e aveva delle aperture che lasciavano passare la testa e le braccia. Presso gli Etruschi aveva la forma del chitone (v.), ma fra gli altri tipi se ne conoscono di quelli a maniche lunghe abbottonate o comunque serrate. Presso gli Osci si trova la tunica con una lunga striscia di porpora, simile al laticlavio dei Romani. Come veste interna, faceva parte dell'abbigliamento dei Greci e dei Romani. Nell'epoca arcaica la toga fu l'unica veste portata dai Romani, ma quando venne in uso la tunica, quella fu indossata sopra di questa, che ebbe così le funzioni della nostra camicia. Quindi la tunica divenne a sua volta l'unica veste indossata dal ceto più basso della popolazione, il quale fu perciò chiamato tunicatus populus. La tunica fu l'unica veste anche per i padroni quando si trovavano in casa, e per i cittadini romani in genere quando si accingevano al lavoro. Era di solito stretta da un pendaglio o cintura al disotto del petto, donde gli aggettivi cinctus, praecinctus, succinctus, e d'altra parte discinctus che metaforicamente significò anche "ozioso", "dissoluto". La tunica era di lana, scendeva sino al ginocchio ed era sfornita di maniche, o ne aveva di brevi che giungevano fino al gomito. Indossare una tunica con le maniche lunghe (tunica manicata o manuleata) era indice di effeminatezza; peraltro anche la tunica che indossava Cesare era fornita di lunghe maniche che terminavano al polso con frange. Quando venne l'uso d'indossare due tuniche, quella aderente alla pelle si chiamò negli uomini tunica interior e, forse, subucula. Non possiamo però dire di preciso quali vesti indicassero il supparus o supparum e la subucula. Se si accettasse l'etimologia di Varrone, il quale credeva i primi due vocaboli composti da supra e il terzo da sub, subtus, potremmo riconoscere nel supparus la tunica esterna, nella subucula la tunica interna. Per le donne, pare, la tunica interna, oltre che con l'aggettivo intima, si chiamò anche indusium. Esse avevano la tunica più lunga di quella degli uomini, con maniche le quali tuttavia non giungevano al polso. Al disopra delle due tuniche le matrone gettavano la stola. L'uso di questa, che era distintivo unicamente delle matrone romane, fu imposto loro da un decreto del senato, affinché si distinguessero dalle altre donne di grado inferiore. La tunica palmata era una delle vesti che, insieme con la toga picta, indossavano il generale che celebrava il trionfo e il console quando compariva in pubblico in una cerimonia ufficiale: il nome le doveva venire dai motivi vegetali che probabilmente la decoravano. Anche la dalmatica (v.) era una specie di tunica lunga e con maniche ampie venuta in uso fino dal sec. II d. C.
Bibl.: J. Marquardt, Das Privatleben der Römer, Lipsia 1886; W. Amelung, Die Gewandung der alt. Gr. und Röm., Lipsia 1903; G. Blum, in Daremberg e Saglio, Dict. d. antiq. grecques et romaines, V, Parigi 1912, p. 538 segg.
Medioevo ed età moderna. - Nel sec. III la gente di condizione umile (servi, schiavi) porta la tunica manicata discincta, con cappuccio. Più tardi la tunica viene portata sopra l'armatura (turnicle, o Turnikel) ed è allora veste lunga e stretta. (secoli XII-XIII). Si identifica quindi in Francia con l'aube (che diviene poi nel secolo XIII veste sacerdotale) e con il bliaud; mentre in Italia si trasforma nella "cotta" (v.) del sec. XII. La tunica riappare brevemente nel costume femminile con la veste classicheggiante, durante il Direttorio; ritorna ancora nel 1870 e nel 1911.
Bibl.: L. T. Belgrano, La vita privata dei Genovesi, Genova 1875, p. 127; G. Wilpert, Storia del vestiario, in L'Arte 1898, p. 90; V. Gay, Glossaire archéologique, II, Parigi 1928, pp. 434-35.