TUNISIA (XXXIV, p. 488; App. II, 11, p. 1034)
Popolazione. - Da 2.608.313 ab. al censimento 1936 la popolazione era passata, al censimento 1956, a 3.783.324 ab., dei quali 3.441.696 tunisini, 86.149 musulmani non tunisini, 255.324 europei. Rilevantissimo al 1956 l'aumento verificatosi nel numero degli europei durante l'ultimo trentacinquennio (erano 156.115 nel 1921; 195.293 nel 1931; 213.205 nel 1936; 239.549 nel 1946). Ma forte è stata la diminuzione di essi a cominciare da poco dopo l'ultimo censimento, per le partenze sia verso la Francia sia verso l'Italia, in seguito alle mutate condizioni politiche del territorio (nel 1956-58 l'esodo dei soli Francesi fu di circa 95.000 persone e quello degli Italiani di circa 14.500). Degli europei censiti nel 1956, ben 180.440 erano francesi, 66.919 italiani e 7974 di altre nazionalità. Ingente quindi l'aumento dei Francesi fra il 1931 e il 1956 (erano 91.427 nel 1931) e sensibile invece la diminuzione degli Italiani (91.178 nel 1931), dovuta soprattutto alle naturalizzazioni, che avevano contribuito ad ingrossare il numero dei Francesi (esse furono ben 13.458 nel solo periodo 1947-55). Un sensibilissimo aumento si riscontrò pure nel numero degli Algerini, passati da 40.816 nel 1936 a 66.845 nel 1956. Al 1° febbraio 1956 (data del censimento) il governatorato di Tunisi aveva 747.967 ab. (dei quali 410.000 nella città), con una densità quindi (sui 5375 km2 della sua superficie) di 139 ab. per km2; in esso vivevano i due terzi degli europei censiti allora (119.500, dei quali 52.291 Italiani, e di questi ultimi 38.000 proprio nella capitale). Quanto agli ebrei, da olte 71.500 nel 1946, si riscontrò una diminuzione (risultarono infatti 57.796), anche in conseguenza di una non trascurabile loro emigrazione verso lo Stato d'Israele. Per quanto in anni recentí si sia manifestato un crescente intensificarsi dell'afflusso della popolazione dalle campagne verso i centri urbani, ciò non di meno ancor oggi una forte aliquota di essa (63%) risiede in case sparse o in piccoli nuclei e in centri non superiori ai 1000 ab.; per questo processo di urbanesimo, la città di Tunisi era passata nel 1956 a 410.000 ab., e addirittura a 542.000 con i sobborghi, di fronte ai 219.878 ab. del 1936. Ora città e sobborghi raggiungono 675.000 ab. Altri centri importanti per consistenza demografica sono (censimento 1956), oltre i capoluoghi di governatorato (v. tabella): Ferryville (ora Menzel Bourguiba), 34.732; La Goletta, 26.323; Msaken, 26.142; Hammam-Lif, 22.060.
Condizioni economiche. - Anche se le risorse del suolo non hanno più l'importanza preponderante di un tempo nei riguardi del reddito nazionale, ciò non di meno l'agricoltura tunisina è sempre, direttamente o indirettamente, alla base dell'economia locale; si ricordi, ad es., quanto detto poco sopra, e cioè che circa il 63% della popolazione è ancora rurale.
Secondo dati pubblicati nel 1955, in base al più recente censimento agricolo, la superficie totale riservata all'agricoltura era di 10.474.000 ha, su 11.154.000 ha di superficie agraria e forestale: seminativi, 3.443.000 ha; prati e pascoli, 3.661.000 ha; vigneti e colture ortofrutticole, 930.000 ha; terre improduttive, 2.440.000 ha. Ogni abitante disponeva quindi di una superficie agricola di 2,3 ha, molto inferiore alla quota pro-capite della vicina Algeria (5,3 ha), ma comunque superiore a quella del Marocco (1,8 ha). Tenendo conto delle sole terre lavorabili e dei frutteti, il valore pro-capite di superficie agricola in T. risultava di 1,1 ha contro 0,64 per l'Algeria e o,90 per il Marocco. Ai valori di superficie agraria complessivi prima indicati si aggiungano 680.000 ha di superficie forestale (foreste e boscaglie) e di zone ad alfa. Notevole l'ampliarsi della cerealicoltura: da 1.210.000 ha, a grano e ad orzo, in media, nel decennio 1941-50, si è passati a 1.856.000 ha nel quadriennio 1951-54 e addirittura a 2.616.000 ha nel 1956. Il grano, coltivato su una superficie media di 730.000 ha nel periodo 1941-50, lo fu su 1.139.000 ha nel 1951-54 e su 1.295.000 ha nel 1957; dal canto suo l'orzo occupò mediamente, nei corrispondenti periodi, 480.000, 717.000 e 808.000 ha. I raccolti di ambedue questi cereali sono, naturalmente, variabilissimi da anno ad anno: grano, nel 1953,823.000 ha e 5.800.000 q; nel 1957, 1.295.000 ha e solo 4.980.000 q, orzo, nel 1953, 577.000 ha e 1.800.000 q; nel 1957, 808.000 ha e soltanto 1.850.000 q. L'oliveto, che si sviluppa ora su circa 700.000 ha (erano 170.000 nel 1881), dà un prodotto medio sempre crescente, ottenuto da 27 milioni di piante (delle quali circa 20 milioni in produzione): nel 1941-50 si ebbero 363.600 q annui di olio, mentre nel quinquennio 1953-57 si salì a 660.000 q annui (con rese annuali che variarono fra 280.000 e 1.010.000 q). Il vigneto, che era arrivato a svilupparsi su 50.600 ha nel 1933, è sceso a 35.000 ha nel 1950, per poi risalire a 41.000 ha nel 1957, con rese molto diverse di anno in anno (775.000 hl di vino nel 1950; 1.600.000 hl nel 1957). La frutticoltura e l'orticoltura sono in continua espansione: 200 ha di nuovi agrumeti (50.000 piante) si aggiungono ogni anno a quelli già esistenti, con rese notevoli (520.000 q di raccolto nel 1957, di cui poco più di1/4 costituiti da limoni, di fronte a 175.000 q nel 1945). Più o meno invariato il raccolto dei datteri (280.000 q nel 1953, 330.000 q nel 1956 e 280.000 q nel 1957). Modesta ancora la tabacchicoltura (2000 ha e 11.000 q nel 1957).
Il patrimonio zootecnico varia molto da anno ad anno, anche in relazione alle condizioni climatiche, cui non possono rimediare, quando occorra, le scarse superfici a foraggi (30.000 ha). Da 1.729.000 ovini, 370.000 bovini e 1.282.000 caprini del 1946-48 si era passati a 3.215.000 ovini, 456.000 bovini e 1.937.000 caprini nel 1952-54, per arrivare nel 1958-59, attraverso oscillazioni molto irregolari, a 3.793.000 ovini, 504.000 bovini e 1.276.000 caprini: a ciò si devono aggiungere, sempre per il 1958-59, 85.000 cavalli, 200.000 asini, 54.000 muli e 219.000 cammelli. La pesca impegna ormai un numero di addetti che non arriva a 12.500 persone (12.472 nel 1956, con 3574 battelli) fra pesca alimentare e pesca delle spugne, e il pescato dalle 15.200 t del 1951, quando i pescatori erano più numerosi, è andato via via scemando: 13.000 t nel 1954, 11.600 nel 1956; a ciò si devono aggiungere, in quest'ultimo anno, 313 t di spugne (di fronte a 179 t nel 1954). C'è poi produzione di salmarino, da sei saline; essa oscilla attorno alle 130-135.000 t annue (170.000 nel 1958).
L'industria ha preso particolare impulso dopo il 1940, per avviare il paese ad un'autonomia, almeno parziale, dalle importazioni, in quei settori nei quali ci sono materie prime locali. Tuttavia essa è ancora contenuta in limiti modesti: una ventina di oleifici attrezzati con impianti moderni, alcuni stabilimenti conservieri ittici, cementifici (1.350.000 t nel 1958), stabilimenti per la produzione di superiosfati, ecc. Nel settore minerario predomina l'estrazione dei fosfati (a Metlaoui, Redeyef, Mularès, Kalaa-Djerda, Gebel M'Dilla, ecc.), il cui tenore naturale (58,63 e 65%) viene appunto arricchito portandolo al 75%; la produzione, in ripresa dopo un periodo di crisi, è passata da 1.525.000 t nel 1950 a 2.604.000 t nel 1955, per flettersi fino a 2.067.000 t nel 1957. Questi fosfati vengono esportati, oltre che in Francia, anche in Italia, Olanda, ecc. Il minerale di ferro, in giacimenti con tenore in metallo fra il 50 e il 60%, non fosforoso, proviene soprattutto dalle miniere di Gerisa (T. centrale) e anche da quelle di Douaria e Tamera (T. settentrionale): la sua estrazione oscilla attorno al milione annuo di t (1.103.000 nel 1958). L'85% di tale minerale proviene da Gerisa. Non trascurabile, per quanto ostacolata dalla dispersione dei loro giacimenti, è l'estrazione dei minerali di piombo (37.200 t nel 1957) e di zinco (6602 t nel 1957; ma 9500 nel 1954). Quanto all'energia elettrica, essa era ottenuta fino al 1956 solo da centrali termiche; ora si può far conto su tre centrali idriche. La potenza installata nel 1960 era di 140.000 kW e la produzione dai 153,6 milioni di kWh del 1951 era già salita a 290 milioni di kWh nel 1959 e tende a crescere rapidamente. Nel 1954, una sacca di gas naturali rinvenuta a Capo Bon fu collegata con Tunisi, per fornire alla capitale gas combustibile. Il commercio estero nel quinquennio 1954-58 ha avuto l'andamento che segue (espresso in milioni di franchi):
Nel 1956, il 69% delle importazioni e il 55% delle esportazioni ebbero luogo con la Francia.
Comunicazioni. - La rete ferroviaria è ora notevolmente inferiore a quella dell'anteguerra; essa si sviluppa su 2106 km, dei quali 1651 gestiti dallo Stato e 455 dalla Compagnie des Phosphates et Chemins de fer de Gafsa, con trazione, almeno in parte, Diesel-elettrica. Le strade rotabili si sviluppano su circa 15.000 km, dei quali 9145 a fondo permanente, e di esse 5938 km sono di arterie di grande comunicazione. Alla fine del 1960 circolavano oltre 67.500 autoveicoli, di cui più di 44.000 autovetture. Nei porti, il movimento commerciale si aggira attorno a 4,5 milioni di t annui. L'aeroporto di Tunisi (el-Aouina) monopolizza il traffico aereo: nel 1956, ad es., si ebbe un movimento di 2224 aerei, con 163.549 passeggeri in arrivo e in partenza (nel 1953 i passeggeri erano stati 113.864 e 2022 i velivoli).
Finanze. - Con legge 58-90 del 19 settembre 1958, è stata creata la Banque Centrale de Tunisie, la quale ha assunto il privilegio dell'emissione, che precedentemente spettava alla Banque de l'Algerie et de la Tunisie. Oltre alla Banca centrale, operano otto banche tunisine, otto filiali di banche francesi, la filiale di una banca inglese, numerose casse di risparmio e una banca di sviluppo, la National Investment Corporation. La moneta in corso è il dinaro, istituito il 3 novembre 1958, equivalente a mille vecchi franchi francesi; nel dicembre dello stesso anno, quando il franco francese fu svalutato, il dinaro venne sganciato dal franco stesso, e il suo cambio fu fissato in 0,42 dinari per 1 dollaro U.S.A. Pur appartenendo teoricamente alla zona del franco, la T. persegue lo scopo di rendersene sempre più indipendente; nell'ambito di tale politica, l'unione commerciale con la Francia, stabilita con la convenzione del 1955, è stata abolita e sostituita da un accordo commerciale e finanziario firmato nel settembre 1959.
Il prodotto nazionale lordo della T. è stato stimato in 210 milioni di dinari, provenienti per il 34% dall'agricoltura, per il 24% dall'industria e dall'artigianato, per il 23% dal commercio, per il rimanente dalle altre attività.
Storia. - Nel decennio dopo la seconda guerra mondiale, la T. riprese con fervore la lotta per l'indipendenza, capeggiata dai leaders del Neo-Destur, Ṣalāḥ ibn Yūsuf e Habīb Burghiba (Bū Rqība). Colui che doveva essere l'ultimo bey, sidi el-Amīn (succeduto nel 1943 ad al-Munsif deposto ed esiliato per il suo atteggiamento filo-tedesco) non fu affatto così estraneo alla lotta di liberazione, e prono ai voleri della Francia, come lo dipinse poi una propaganda ostile; ma indubbiamente non seppe o non poté svolgere lo stesso diretto e primario ruolo che ebbe nell'analogo moto marocchino il locale sultano Maometto V. Nel periodo fra il 1950 e il 1955 si succedettero a Tunisi i residenti francesi, militari e civili (gen. A. Juin, J. de Hautecloque), nel vano compito di ostacolare l'offensiva del nazionalismo, condotta sempre più efficientemente da Burghiba. Dopo i disordini del gennaio-febbraio 1952, occasionati appunto dall'arresto di lui e di altri capi, e la durissima repressione francese di Capo Bon, il problema tunisino entrò in una nuova fase allorché il ministero Mendès-France, nell'estate 1955, ebbe il coraggio di prender atto dell'irresistibile volontà maghrebina per l'indipendenza, e di avviare quelle trattative franco-tunisine culminate poi nella dichiarazione del 20 marzo 1956, che abrogava il trattato del Bardo e poneva fine al Protettorato.
Il vincitore della battaglia per l'indipendenza tunisina, Burghiba, fu da un plebiscito popolare portato a capo del governo nazionale, e poco dopo dello stato stesso tunisino (luglio 1957), che si proclamò repubblica dichiarando decaduta la dinastia beilicale. Da allora le sorti del piccolo ma geograficamente e politicamente importante paese mediterraneo sono nelle mani di quest'uomo, uno dei più intelligenti ed equilibrati capi del risorgimento arabo, che ha saputo destreggiarsi fra le posizioni estreme di questo (rappresentate da Ṣalāḥ ibn Yūsuf, finito perciò fuoruscito al Cairo) e una sincera volontà di collaborazione con la Francia, e in generale con l'Occidente. Il sanguinoso protrarsi della guerriglia algerina ha costituito il più difficile banco di prova per un tale equilibrio, non potendo la T. negare la sua solidarietà ai fratelli algerini in lotta e nello stesso tempo non desiderando mutarsi apertamente in una base militare dei ribelli, esponendosi così alle rappresaglie militari francesi. Lo sgombero delle forze armate francesi dalla T. fu oggetto di lunghe trattative che ebbero anche momenti drammatici, quando nel 1958 l'aviazione francese bombardò dei villaggi tunisini presso la frontiera algerina, e parve per un istante imminente una prova di forza dalle incalcolabili conseguenze; ma la fermezza e moderazione insieme di Burghiba evitarono il peggio, ottenendo (giugno 1958) il totale sgombero, fatta eccezione per la base militare di Biserta, concessa in uso alla NATO, tramite la Francia.
Proprio sulla questione di Biserta i rapporti con la Francia rimarranno particolarmente difficili tanto che il 17 luglio 1961 Burghiba in un discorso all'Assemblea nazionale non esitò a dichiarare che le due successive tappe del processo di "decolonisation" della T. erano rappresentate dal recupero della base di Biserta e da rettifiche di frontiera al sud. Il giorno dopo, 18 luglio, forze tunisine passavano all'attacco delle truppe francesi assediate nella base, ma dopo tre giorni di aspri combattimenti (con intervento della squadra francese del Mediterraneo e di un ponte aereo) i tunisini erano respinti con gravi perdite (oltre 600 morti e 1200 feriti) e la stessa città di Biserta veniva occupata. Poco dopo, grazie alla mediazione degli S.U.A. e in presenza della seria tensione internazionale, il 29 settembre veniva raggiunto un accordo diretto tra Francia e Tunisia per il ritiro delle forze francesi dalla città di Biserta e il loro rientro nella base aero-navale.
I rapporti del giovane stato tunisino con gli altri stati arabi d'occidente, il Marocco e la Libia, sono oggi eccellenti, suggellati da appositi trattati di amicizia. Tempestosi si sono rivelati quelli con l'Egitto, che è statti sempre i l rifugio dell'irredentismo arabo più spinto, ed è ora assurto con Giamāl ‛Abd an-Nāṣir a una posizione di primato e a pretese di egemonia. La protezione data a Ṣalāḥ ibn Yūsuf esule si è accompagnata da parte egiziana a tutta una campagna di accuse contro Burghiba, accusato di defezione dalla causa araba. La scoperta, infine, di un complotto fomentato dall'Egitto contro il presidente tunisino ha condotto nel 1958 a una rottura diplomatica tra i due paesi, e all'assenza della T. dalle più recenti sessioni (settembre 1959) della Lega Araba.
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