Turchia
Stato dell’Asia occidentale e, in piccola parte, dell’Europa sudorientale.
Dopo la disfatta dell’impero ottomano nella Prima guerra mondiale e il distacco di tutti i territori arabi (➔ ), le potenze dell’Intesa posero Istanbul sotto la propria tutela, occupando alcune parti di territorio propriamente turco. La ribellione di settori dell’esercito si rafforzò dopo l’invasione greca di Smirne (1919), mentre il sultano accettava le dure condizioni del Trattato di Sèvres. Guidati da Mustafa Kemal (➔ Atatürk, Mustafa Kemal) i nazionalisti turchi, dopo due anni di guerra, respinsero le forze occupanti dall’Anatolia e dalla Tracia orientale e ottennero più favorevoli condizioni di pace con il Trattato di Losanna. Nell’aprile 1920 fu eletta un’Assemblea nazionale, che si proclamò sovrana e costituì un consiglio dei ministri presieduto da Kemal; nel 1922 fu abolito il sultanato. Nel 1923 fu proclamata la Repubblica di T. e Kemal fu eletto presidente. La carica di presidente del Consiglio venne assunta da Ismet Inönü, vicepresidente del Partito repubblicano del popolo (PRP) che, presieduto da Kemal fino al 1938, fu di fatto partito unico fino al 1946. Kemal sottopose la T. a un programma di radicali riforme di laicizzazione e modernizzazione. Una rigida politica repressiva venne perseguita nei confronti delle minoranze, in particolare dei curdi. Ammessa nella Società delle nazioni (1932), la T. aderì nel 1934 all’Intesa balcanica e nel 1935 firmò un accordo di neutralità e amicizia con l’URSS. Il rafforzamento delle relazioni con la Gran Bretagna fu proseguito, dopo la morte di Kemal (1938), da Inönü. Neutrale durante la Seconda guerra mondiale, solo nel febbr. 1945 la T. dichiarò guerra alla Germania e in seguito partecipò alla costituzione dell’ONU. Durante la Guerra fredda si collocò nel campo occidentale, ottenendo importanti aiuti economici e militari dagli USA. All’interno, la politica autoritaria provocò un crescente malcontento, che spinse Inönü ad avviare una limitata liberalizzazione del regime e a introdurre il multipartitismo. Il Partito democratico (PD), formato da dissidenti del PRP, vinse le elezioni del 1950 e C. Bayar e A. Menderes assunsero rispettivamente la presidenza della Repubblica e quella del Consiglio dei ministri. Confermato l’orientamento filoccidentale, la T. partecipò alla guerra di Corea (1950), aderì alla NATO (1952) e al Patto di Baghdad (1955).
A partire dal 1955 le crescenti difficoltà produssero un forte malcontento; il governo fu rovesciato nel 1960 da un colpo di Stato guidato dal generale C. Gürsel, che lanciò un piano di austerità. Dopo il varo di una nuova Costituzione, Gürsel fu eletto presidente della Repubblica, mentre Inönü, alla guida di successivi governi di coalizione fra il PRP e forze minori, tentò il rilancio dell’economia. Dalla fine degli anni Sessanta la situazione interna fu caratterizzata dal rafforzarsi delle tensioni sociali, dal diffondersi della violenza politica e dall’emergere di tensioni interetniche e religiose nelle province sudorientali. Sul piano internazionale, l’intervento delle forze armate turche a sostegno della comunità turcofona a Cipro portò a un grave deterioramento delle relazioni con la Grecia. Dopo il colpo di Stato militare del 1971, i governi che si susseguirono durante il decennio tentarono di far fronte alla crisi ricorrendo a una politica duramente autoritaria. Nel sett. 1980 un nuovo colpo di Stato portò al potere il generale K. Evren che, alla guida di un Consiglio di sicurezza nazionale (CSN), impose la legge marziale, sciolse l’Assemblea nazionale e bandì i partiti politici. Dopo la legalizzazione di alcuni partiti, le elezioni del nov. 1983 videro la vittoria del Partito della madrepatria (PM), di orientamento conservatore, il cui leader T. Özal assunse la guida del governo, portando avanti un programma economico liberista e sviluppando una politica fortemente repressiva nei confronti delle forze di sinistra e della minoranza curda, verso la quale negli anni seguenti la repressione assunse le proporzioni di una vera e propria guerra, con decine di migliaia di vittime. Nel 1989 Özal fu eletto presidente della Repubblica e nominò Y. Akbulut alla guida del governo. La situazione economica rimase difficile e il Paese continuò a essere interessato da forti tensioni politiche e sociali.
Negli anni Novanta, a seguito della ridefinizione dell’assetto internazionale conseguente al crollo del blocco sovietico, la T., punto d’incontro geografico, politico e culturale tra Est e Ovest, si trovò nella necessità di riformulare la sua collocazione nelle relazioni con l’Occidente e con i Paesi islamici, ridefinendo allo stesso tempo lo scenario politico interno, nel quale l’affermazione di partiti di ispirazione islamica introduceva elementi di turbativa del quadro istituzionale. Nelle elezioni anticipate del dic. 1995, provocate dalle dimissioni del governo di T. Çiller, la principale formazione di ispirazione islamica, il Partito della prosperità, con il 21,4% dei voti conquistò la maggioranza relativa. Il suo leader, N. Erbakan, dopo una lunga fase di difficili trattative, costituì nel luglio 1996 un esecutivo di coalizione. La formazione di un governo a guida islamica, accompagnata da un rafforzamento dei rapporti con l’Iran, alimentò, in particolare negli USA, il timore di una svolta nella collocazione internazionale della T., nonostante la conferma dell’orientamento filoccidentale. All’interno, dove il governo favorì l’avvio di un processo di islamizzazione dei settori dell’educazione e della giustizia, la sua azione fu ostacolata dai vertici militari, le cui crescenti pressioni nel giugno 1997 costrinsero Erbakan alle dimissioni; pochi mesi più tardi, nel genn. 1998, una sentenza della Corte costituzionale, sfidando la condanna delle organizzazioni per i diritti umani, metteva fuori legge il Partito della prosperità. Mentre i reduci della formazione islamica venivano in larga parte accolti nel Partito della virtù, all’indomani delle elezioni legislative dell’apr. del 1999 il premier uscente B. Ecevit, leader del Partito democratico di sinistra che aveva ottenuto la maggioranza relativa, si poneva a capo di un’eterogenea coalizione a tre, alleandosi al Partito nazionalista d’azione (i cosiddetti Lupi grigi), di estrema destra, e al Partito della madrepatria. Un profondo nazionalismo appariva l’unico cemento in grado di tenere insieme la vecchia classe politica, che trascinò la T. in una grave crisi economica e non seppe opporre alcuna efficace resistenza al ritorno sulla scena degli eredi di Erbakan. Dopo l’ennesima misura antislamica emessa dai militari anche nei confronti del Partito della virtù, il fronte islamico si ricompattò nel 2001 nelle file del più moderato Partito della giustizia e dello sviluppo guidato da R.T. Erdoǧan. Intanto nel 1999 la T. aveva ottenuto lo status formale di Paese candidato all’adesione all’Unione Europea, che richiedeva sostanziali riforme in materia di diritti umani, per equiparare la T. agli standard comunitari. Tra il 2000 e il 2001 andarono ulteriormente aggravandosi i fattori di crisi: la corruzione, la mancanza di democrazia e una fortissima inflazione minacciavano alle basi tutto il sistema di potere, che uscì sconfitto nelle elezioni del 2002, vinte dal Partito della giustizia e dello sviluppo. Una condanna per incitamento all’odio religioso impedì a Erdoǧan di assumere la guida del governo fino all’approvazione di un emendamento costituzionale che nel 2003 gli restituì l’elettorato attivo e passivo, consentendogli di subentrare nella carica di primo ministro al compagno di partito A. Gül. Nel 2007 la candidatura di quest’ultimo alla presidenza della Repubblica fu fortemente avversata dalle forze armate, che si fecero paladine delle tradizioni laiche del Paese. Le imponenti manifestazioni di piazza di sostenitori di ambedue i fronti crearono un acceso clima di tensione, inducendo il governo a indire elezioni anticipate. La netta vittoria del Partito della giustizia e dello sviluppo consentì la nomina di Gül alla presidenza e rafforzò la leadership di Erdoǧan, che poté riprendere il cammino di riforme necessarie all’ingresso della T. nell’Unione Europea e procedere al varo di una riforma costituzionale (2010) limitativa del potere dei militari.