UCPOLDINGI (Hucpoldingi)
Parentela dell’aristocrazia franca, attiva in Italia a partire dalla metà del secolo IX e attestata su nove generazioni dall’847 al principio del secolo XII. La denominazione impiegata dalla storiografia contemporanea per designare l’intera compagine parentale deriva dall’antroponimo del primo esponente noto del gruppo e attivo in Italia, Hucpold (attestato tra 847 e 860).
La struttura parentale è quella propria dei gruppi che componevano la cosiddetta Reichsadel, cioè l’alta aristocrazia franca più strettamente legata alla dinastia carolingia, che ne condivideva prestigio e potere. In queste ampie Sippe parentali, i rapporti orizzontali, cognatizi, assumevano la massima rilevanza nella trasmissione del potere rispetto ai singoli nessi agnatizi. Potere e prestigio erano infatti ottenuti attraverso la ‘vicinanza’ al re o imperatore (Königsnähe) che i singoli aristocratici erano in grado di conquistare nella loro carriera politica. Il caso ucpoldingio è particolarmente rilevante per l’ampiezza cognatizia raggiunta dalla parentela in poche generazioni e per i significativi elementi di coesione parentale che permettono di ricostruirne le generazioni fino a oltre la metà del secolo XI. Questi sono l’assiduo rapporto con il potere centrale e, quindi, la rilevanza assunta dalla tradizione funzionariale della parentela, l’uso di un preciso stock onomastico e l’adozione continuativa, fino al secolo XI inoltrato, della legge franca ripuaria, evidentemente un elemento distintivo rispetto al resto dei gruppi discendenti dall’aristocrazia franca, di norma professanti la più diffusa legge salica. Fin dalle prime generazioni, la parentela fu in grado di ottenere incarichi funzionariali e la gestione di beni del fisco entro un ampio orizzonte territoriale, che abbracciava la Tuscia, le terre esarcali e l’area emiliana orientale. Nel corso dei secoli XI e XII, questi tre settori divennero le aree di radicamento delle diverse linee parentali discendenti, che continuarono, tuttavia, a condividere la gestione del patrimonio familiare più antico, in alcuni casi fino al secolo XII inoltrato.
Il capostipite Hucpold fu conte di palazzo di Ludovico II tra 850 e 860 circa. La sua prima attestazione risale all’847, quando il suo nome fu compreso con il ruolo di signifer (alfiere) in calce al capitolare De expeditione contra Sarracenos facienda, che mobilitava l’esercito franco in Italia per rispondere all’incursione saracena dell’846 e regolarizzare la situazione dei principati longobardi meridionali. L’eminente ruolo militare attesta relazioni dirette con il vertice imperiale, confermate dal successivo incarico di conte palatino del regno italico di Ludovico II, ottenuto all’indomani della spedizione. In questa veste, Hucpold compare in due occasioni impegnato nell’amministrazione della giustizia regia (I placiti, 1955, nrr. 56, 65). Dopo l’860 non si hanno più sue notizie. Una sequenza narrativa contenuta in una fonte di area cassinese, l’Epitome chronicorum Casinensium, segnala la probabile contrapposizione fra Hucpold e la regina Engelberga della parentela dei Supponidi. Lo stesso episodio rappresenta anche la sola menzione della moglie di Hucpold, Andaberta, e della loro area di possibile provenienza, l’Alamannia.
La seconda generazione è costituita dai tre figli di Hucpold: Ubaldo I, attestato tra 870 e 893, Engelrada I, attiva nelle terre esarcali tra 889 e 901, e Berta I, badessa del monastero di S. Andrea in Firenze dall’851-852 fino almeno all’893. Pur senza confermare l’alto incarico paterno, Ubaldo fu missus e fedele di Ludovico II e perseguì la politica del padre: rafforzò le relazioni con gli Adalbertingi di Tuscia, di cui probabilmente sposò una donna, figlia di Adalberto I, e concretizzò la presenza parentale nelle terre esarcali grazie al matrimonio della sorella Engelrada I con Martino, della famiglia dei Duchi ravennati, favorito in questo anche dal programma politico di Carlo III. Ubaldo sostenne poi il tentativo regio dei Guidonidi di Spoleto, divenendone uno dei principali alleati: Liutprando di Cremona lo presenta come il campione dell’onore italico contro le truppe straniere di Sventiboldo (Antapodosis, 1998, p. 20).
La parentela toccò l’apice del prestigio politico con Bonifacio I, figlio di Ubaldo. Egli sposò Waldrada, sorella del re di Borgogna Rodolfo II, ottenendo così il grado massimo di Königsnähe. Il matrimonio rientrava nelle strategie preparatorie alla spedizione in Italia del re borgognone che, chiamato da una folta fazione dell’aristocrazia italica, doveva contendere la corona a Berengario I. Secondo Liutprando (Ibid., p. 61), Bonifacio fu fondamentale nella battaglia di Fiorenzuola d’Arda del 923, che permise a Rodolfo di controllare Pavia ed essere eletto re. Bonifacio divenne così consiliarius regis e ottenne il titolo marchionale. Probabilmente, questo era riferito a una nuova circoscrizione, la iudiciaria Mutinensis, che comprendeva i territori reggiano, modenese e parte del Bolognese. La fortuna politica di Bonifacio ebbe una battuta d’arresto quando Ugo di Arles ottenne la corona e intraprese una energica politica contro i proceres del regno. Bonifacio partecipò al colpo di stato del 945 e ottenne così per sé e per il figlio Tebaldo il Ducato di Spoleto e fece sposare la figlia Willa con Uberto, marchese di Tuscia e figlio ribelle di re Ugo. È nota anche una sorella di Bonifacio I, Berta II, che dall’893 fu destinata a sostituire la zia Berta I come badessa di S. Andrea di Firenze. Completano la terza generazione i figli di Engelrada I, Pietro diacono ravennate ed Engelrada II. Quest’ultima sposò il pistoiese Tegrimo (Maestro Tolosano, Chronicon, 1936, pp. 19 s.), ampliando ulteriormente il patrimonio dei genitori.
I loro figli, Guido e il diacono Ranieri, cercarono di mantenere intatto il vasto patrimonio avito, contrastando i tentativi degli arcivescovi ravennati di rientrarne in possesso. Nel 965-966 lo scontro precipitò, quando Ranieri penetrò con la forza nel palazzo arcivescovile e catturò l’arcivescovo Pietro, che solo faticosamente riuscì a fuggire e a ristabilire il suo potere grazie al successivo intervento di Ottone I. Nel grande placito del 967 a Ravenna, Ranieri fu condannato, messo al bando e tutti i suoi beni confiscati e dati alla chiesa ravennate. La quarta generazione è inoltre composta dai figli di Bonifacio I: Willa I, Tebaldo, duca di Spoleto (945–959), Everardo, vescovo di Arezzo (963-979), Adalberto I, Ubaldo II e Adimaro. Oltre all’incarico spoletino di Tebaldo, gli altri figli di Bonifacio si divisero tra la Tuscia e l’area emiliana, in particolare il Bolognese.
Adalberto I sposò in seconde nozze Anna, vedova di un bertaldingio, e ottenne in enfiteusi terre della Chiesa ravennate nel Bolognese. La sua figura di preminenza tra le aristocrazie emiliano-esarcali è attestata dalla posizione di prestigio assunta in occasione del grande placito di Marzaglia del 973 (Le carte ravennati del decimo secolo, 1999, II, nr. 178). Ancora nel Bolognese, il figlio del fratello Ubaldo II, Adalberto II fondò, intorno al 981, il monastero di S. Bartolomeo di Musiano, a pochi chilometri a sud della città felsinea in direzione di Firenze, nei pressi del castello di Pianoro, tra le principali residenze fortificate della parentela. La fondazione rappresenta il segno del forte radicamento nell’area da parte di quel ramo parentale, che, da quel momento, ebbe in Musiano e nel castello di Pianoro due punti cardine della propria egemonia nell’area appenninica tra Bologna e Firenze.
Oltre ad Adalberto II, la quinta generazione conta la sorella Gisla, che sposò il cugino terzo Tegrimo, figlio di Guido, e i figli dei marchesi Willa e Uberto: Ugo, marchese di Tuscia dal 970 al 1001, e Waldrada, che intorno al 960 sposò il doge veneziano Pietro IV Candiano.
A questi decenni risalgono le fondazioni di monasteri privati nelle aree di maggior egemonia patrimoniale dei diversi rami parentali: il già citato S. Bartolomeo di Musiano nel Bolognese, S. Fedele di Strumi nel Casentino, S. Maria, detto Badia fiorentina, nel cuore di Firenze, S. Salvatore a Fontana Taona nel Pistoiese, S. Maria della Vangadizza nel Polesine. A una differente logica fondativa rimandano, invece, le fondazioni monastiche istituite dal marchese Ugo II nell’ultimo decennio del secolo X in Tuscia.
Nel secolo XI, l’importanza delle relazioni verticali agnatizie prese progressivamente il sopravvento sulle solidarietà parentali orizzontali tra consanguinei, quale esito più evidente del radicamento progressivo nelle specifiche aree patrimoniali. Alcuni dei rami della parentela mantennero, tuttavia, ancora nei secoli XII e XIII, una sostanziale – e non sempre pacifica – partecipazione patrimoniale condivisa e riconoscibile nelle fonti. Nella prima metà del secolo XI, la parentela mantenne un ruolo di primo piano nel quadro delle aristocrazie italiche: Bonifacio II, figlio di Adalberto II fondatore di Musiano, e suo nipote Ugo III ottennero il titolo marchionale, il primo in Tuscia come successore del cugino Ugo II, il secondo sul Ducato di Spoleto e Camerino; Tedaldo di Canossa sposò una donna hucpoldingia, Willa II, nipote di Bonifacio I, con l’intento di acquisire il rango marchionale della parentela della donna e dotare così il figlio Bonifacio di elementi onomastici, simbolici, identitari decisivi per aspirare egli stesso a una marca del regno.
Dopo il 1050 circa, le diverse linee parentali discendenti identificabili con sicurezza sono quattro, pur mostrando sviluppi e interessi condivisi ancora fino al principio del secolo XII. Due di questi si radicarono in area bolognese, cedendo progressivamente le proprietà di pianura per concentrarsi sulle sole aree appenniniche: una linea prese il nome di conti di Casalecchio da una fortificazione posta sui primi rilievi dell’Appennino bolognese orientale; la seconda si radicò principalmente lungo la valle del Reno, facendo del castello di Panico la principale residenza. La loro area egemonica si estendeva anche ai versanti appenninici toscani, beneficiando di strette relazioni – anche di natura matrimoniale – con il ramo parentale radicatosi nel settore appenninico tra Toscana e Romagna e riconoscibile con il nome di Guidi dal principio del secolo XI. Ultimo ramo discendente della parentela hucpoldingia originò da Adimaro figlio di Bonifacio I, che si radicò nel Fiorentino intessendo relazioni con la chiesa cattedrale. La discendenza degli Adimari prese quindi il nome dall’antico progenitore e stabilì la propria signoria sui castelli di Gangalandi e Rosaiolo lungo il corso dell’Arno.
Epitome chronicorum Casinensium, in RIS, II, 1, a cura di L.A. Muratori, Milano 1723, p. 370; Conradi I., Heinrici I. et Ottonis I. diplomata, a cura di T. Sickel, in MGH, Diplomatum regum et imperatorum Germaniae, I, Hannover 1879-1884, nr. 249; Ottonis II. et III. diplomata, a cura di T. Sickel, Ibid., II, Hannover 1893, nrr. 147, 199, 219, 223, 224, 228, 263, 324, 331, 339, 388, 403, 410; Capitularia regum Francorum, a cura di A. Boretius - V. Krause, II, in MGH, Leges, Hannover 1897, nr. 203; Gesta Berengarii imperatoris, a cura di P. von Winterfeld, in MGH, Poetae latini, IV, 1, Berlino 1899, p. 373; I diplomi italiani di Rodolfo II, a cura di L. Schiaparelli, in Fonti per la storia d’Italia, XXXVII, Roma 1910, nrr. 6, 8; Maestro Tolosano, Chronicon Faventinum, a cura di G.B. Mittarelli, G. Rossini, in RIS2, XXVIII, 1, Bologna 1936, pp. 19 s.; Karoli III. diplomata, a cura di P.F. Kehr, in MGH, Diplomata regum Germaniae ex stirpe Karolinorum, II, Berlino 1937, nr. 40; Le carte della canonica della cattedrale di Firenze (723-1149), a cura di R. Piattoli, Roma 1938, nrr. 2, 6, 24, 93, 98, 168; I Placiti del "Regnum Italiae", a cura di C. Manaresi, Roma 1955, I, nrr. 56, 65, 71; I placiti del ‘Regnum Italiae’ (secc. IX-XI). Primi contributi per un nuovo censimento, a cura di R. Volpini, Milano 1975, nr. 33; Le carte bolognesi del secolo X, a cura di G. Cencetti, in Notariato medievale bolognese, vol. I. Scritti di Giorgio Cencetti, Roma 1977, nrr. 11, 26; Le carte del monastero di S. Maria in Firenze (Badia), I, a cura di L. Schiaparelli, Roma 19902, nrr. 1-5, 10, 11, 22; Liutprando di Cremona, Antapodosis, in Liutprandi Cremonensis Opera Omnia, a cura di P. Chiesa, Turnhout 1998, pp. 20, 61; Regesta chartarum Pistoriensium: Monastero di San Salvatore a Fontana Taona. Secoli XI e XII, a cura di V. Torelli Vignali, Pistoia 1999, nr. 1; Le carte ravennati del decimo secolo, a cura di R. Benericetti, I, Ravenna 1999, ad ind.; ibid., II, Imola 2002, nrr. 96, 178; Le carte bolognesi del secolo XI, a cura di G. Feo, I-II, Bologna 2001, ad ind.; Documenti per la storia dei conti Guidi in Toscana. Le origini e i primi secoli (887-1164), a cura di N. Rauty, Firenze 2003, ad ind.; Le carte di S. Salvatore a Settimo e della Badia del Buonsollazzo nell’Archivio di Stato di Firenze (998-1200), a cura di A. Ghignoli - A.R. Ferrucci - A.R., Firenze 2004, app. 1; Le carte ravennati dei secoli ottavo e nono, a cura di R. Benericetti, Faenza 2006, ad ind.; Carte della Badia di Marturi nell’Archivio di Stato di Firenze (970-1199), a cura di L. Cambi Schmitter, Firenze 2009, nrr. 1-3; Le carte ravennati dell’undicesimo secolo, II, a cura di M. Ronchini, Faenza 2010, ad ind.
Si indicano di seguito solo gli studi principali, con rimando ai più recenti per la bibliografia completa: A. Vicinelli, La famiglia dei Conti di Bologna, in Atti e Memorie della Regia Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna, s. 4, XV (1925), pp. 153-206; E. Hlawitschka, Franken, Alemannen, Bayern und Burgunder in Oberitalien (774-962), Freiburg im Breisgau 1960, pp. 156-158, 199 s., 204-206; T. Lazzari, “Comitato” senza città. Bologna e l’aristocrazia del territorio nei secoli IX-XI, Torino 1998; R. Rinaldi, Esplorare le origini. Note sulla nascita e l’affermazione della stirpe comitale, in La lunga storia di una stirpe comitale. I conti Guidi tra Romagna e Toscana. Atti del convegno di studi organizzato dai Comuni di Modigliana e Poppi (Modigliana-Poppi, 28-31 agosto 2003), a cura di F. Canaccini, Firenze 2009, pp. 26-32; E. Manarini, I due volti del potere. Una parentela atipica di ufficiali e signori nel regno italico, Milano 2016; T. Lazzari, Tra Ravenna e regno: collaborazione e conflitti fra aristocrazie diverse, in Rivaliser, coopérer: vivre en compétition dans les sociétés du haut Moyen Âge, a cura di R. Le Jan, Turnhout 2018, pp. 170, 174 s., 177; E. Manarini, I Conti di Panico e la prima espansione del comune di Bologna nel territorio appenninico (XII-XIII secc.), in Annali dell’Istituto italiano per gli studi storici, XXXI (2018), pp. 11-47; id., A Marriage, a battle, an honour: The career of Boniface of the Hucpoldings during Rudolf II's Italian reign (924-926), in Early Medieval Europe, XXVIII, 2 (2020), in corso di stampa.