STACCHINI, Ulisse
STACCHINI, Ulisse. – Nacque a Firenze il 3 luglio 1871 da Antonio, banchiere, e da Edwige Del Lungo, nella casa al n. 3 del Lungarno Guicciardini.
La sua prima formazione artistica si compì nella città natale presso l’Accademia di belle arti: iscritto alla Scuola completa di architettura nel 1885, frequentò i tre anni del corso inferiore e i successivi quattro del corso superiore. Nel 1891 fu tra gli aspiranti al concorso per il Pensionato artistico nazionale in architettura. Ammesso a seguito del superamento dell’ex tempore preliminare, si cimentò senza fortuna nel primo tema progettuale, un «Edificio da costruirsi a Roma per la residenza dei dodici pensionati italiani nelle tre arti maggiori» (L’architettura alla Esposizione cinquantenaria di arte moderna della Società promotrice di belle arti in Torino, in L’ingegneria civile e le arti industriali, XVIII (1892), 5, p. 66). Nel 1892 s’iscrisse alla Scuola di applicazione per gli ingegneri di Roma, ove conseguì la laurea nel 1893 (R. Università Romana. Scuola d’applicazione per gli ingegneri. Annuario per l’anno scolastico 1895-96, Roma 1895, p. 139).
L’esordio professionale fu in Milano, città ove si sarebbe trasferito definitivamente di lì a pochi anni. Nel 1895 don Luigi Guanella, il quale aveva acquistato il convento di S. Ambrogio ad Nemus in via Peschiera per farne la sede del Piccolo Cottolengo milanese, incaricò il giovane Stacchini di progettare l’ampliamento della piccola chiesa annessa. I recenti restauri hanno restituito leggibilità all’intervento ottocentesco, caratterizzato da una volta a schifo a copertura dell’ampia navata, e degli apparati decorativi di gusto liberty. Nel 1896, ancora in Milano, l’architetto intraprese con l’ingegnere Guido De Capitani, insieme al quale condivise lo studio nei primi anni dell’attività professionale, la progettazione del nuovo caffè-ristorante di Virgilio Savini in piazzale Sempione, «in sostituzione dell’antica Trattoria dell’Isola Botta» (Caffè-Ristorante Savini…, 1897, p. 67).
Il problema dell’irregolarità del lotto fu felicemente risolto collocando l’edificio in posizione arretrata rispetto al filo stradale, così che gli spazi verdi ne ridefinissero l’andamento ricurvo sulla piazza, e rettilineo lungo le vie Pagano, Guerrazzi e Sangiorgi. Il fabbricato, in stile quattrocentesco, dalla conformazione variamente articolata, è connotato da portici, terrazze e ampie arcate finestrate sui due livelli «sottoposte a verniciature decorative pompeiano-floreali» (Nicoletti, 1978, p. 84); il torrino loggiato «non tenta neppure una transizione di continuità con le volumetrie, ma si sovrappone ad esso maldestramente» (p. 85). Il giardino circostante era dotato di una zona per «giuochi ginnastici» e di aree rialzate contornate da aiuole.
L’edificio fu ultimato nel luglio del 1897; a quella data risulta compiuta, in collaborazione con Francesco Arcelli, l’edicola funeraria della famiglia Castini nel cimitero Monumentale milanese, caratterizzata da un’attenzione agli influssi dell’arte asiatica già sperimentata da Gaetano Moretti nel mausoleo Crespi di Capriate d’Adda (ibid.). La costruzione venne realizzata interamente in granito rosso di Baveno: «l’uniformità di colore del materiale riuscì corretta in modo riuscitissimo dal gioco delle ombre ottenuto col movimento dei piani e dalla grazia delle linee dei particolari» (La cappella per le monache orsoline..., 1897, p. 69).
Ancora sul finire del secolo Stacchini redasse, con De Capitani, il progetto di fusione e generale risistemazione del palazzo Faraggiana in Novara, oggi al n. 13 di via Gaudenzio Ferrari; acquistato dal Comune nel 1937, è attualmente sede del Museo di storia naturale Faraggiana-Ferrandi.
Nel 1898 prese parte al primo concorso per la realizzazione del nuovo cimitero di Monza, cui non venne dato seguito.
Il linguaggio incerto che caratterizzava le prime opere mostra una significativa evoluzione nell’architettura del nuovo Enopolio dell’Unione cooperativa in corso Sempione a Milano (1902, non più esistente): qui Stacchini «mostra alcuni dei caratteri che costituiranno ben presto la sua sigla severa, ancorata al linguaggio medioeuropeo di matrice tedesca» (Nicoletti, 1978, p. 204).
Il fabbricato, dotato di impianti montacarichi, conteneva un’ampia cantina sotterranea, con cisterne di cemento armato foderate di piastrelle di vetro, e un locale a uso di bottiglieria. I partiti decorativi della facciata erano di cemento, a eccezione dei bugnati; per le finestre del primo piano e la cornice di coronamento si fece ricorso a mattoni e piastrelle policrome. Alfredo Melani, che la recensì nel 1904, giudicò l’opera un’architettura «che non vola, né cammina; si contenta di stare ragionevolmente lungi dalle copie e dai plagi» (p. 268).
Già le architetture residenziali realizzate nei primi anni del Novecento denotano «una vocazione per compassate solidità monumentali» (Nicoletti, 1978, p. 204) nella personale rielaborazione dell’ordine gigante d’influenza viennese. Nelle case Donzelli in via Gioberti (1903-04) e via Revere (1907-09), e Motta e Frisia in via Castel Morrone (1905), gli apparati decorativi sono chiaramente ispirati alla Secessione; agli impaginati dinamici delle contemporanee opere di Giuseppe Sommaruga e alle «violenze plastiche» del suo decorativismo Stacchini contrappose aggetti poco delineati che conferiscono ai prospetti una valenza bidimensionale (ibid.). Alcuni decenni or sono è stata confermata l’attribuzione a Stacchini della casa Cambiaghi in via Pisacane (1904), realizzata in forme diverse rispetto all’originario progetto. I disegni rinvenuti «confermano il tipo di formazione di Stacchini, ispirato, con maggiore puntiglio di altri, ai modelli viennesi, anche nei particolari decorativi, estraneo a riferimenti boitiani e lontano dal gusto chiaroscurale, con forte pittoricismo, tipico di Sommaruga»; ciò lo rese una figura «fortemente differenziata» nello scenario architettonico milanese di quel periodo (Riva, 1972).
Per Angelo Magnani, divenuto proprietario, alla morte dello zio Angelo Poretti, dell’omonimo birrificio cui Alfred e Richard Bihl avevano già conferito un’impronta Jugendstil (1900), Stacchini realizzò la villa di Induno Olona (1903-05), situata entro un vasto parco nei pressi della fabbrica: l’architetto diede «con questo edificio una delle sue migliori prove, con una monumentale interpretazione della tipologia tradizionale che tuttavia non scade in tortuosi velleitarismi» (Nicoletti, 1978, p. 329). Attribuito a Stacchini è anche il piccolo edificio, adibito ad asilo, realizzato nel 1912 all’interno del complesso.
Nel 1906, nuovamente in Milano, progettò la casa Apostolo in via Tasso, destinata a ospitare appartamenti da pigione e un laboratorio per la produzione di cravatte con i relativi uffici, e connotata, in facciata, da una zoccolatura in blocchi di ceppo di Brembate e partiture di pietra artificiale martellinata. Recensita solo nel 1917 sulle pagine di L’architettura italiana, ne veniva evidenziata la cifra stilistica ancora attuale (Casa Apostolo, p. 24).
Per Luigi Buffoli, Stacchini realizzò, a partire dai primi anni del Novecento, una serie di interventi sul palazzo già dei conti Turati in via Meravigli 9, che divenne la sede dei grandi Magazzini dell’Unione cooperativa: inaugurato nel settembre del 1905, il nuovo complesso, dotato di una galleria vetrata che si estendeva fino alla piazza di S. Vittore al Teatro, fu interessato negli anni seguenti da ulteriori lavori di ampliamento. Nell’aprile del 1908, a seguito di alcune fessurazioni comparse nel solaio di cemento armato dell’ultimo livello, Stacchini stabilì di effettuare una prova di carico sulla struttura già disarmata: il cedimento improvviso di questa provocò il crollo degli orizzontamenti dei piani inferiori e la morte di numerosi operai. Il fatto ebbe grande risonanza in Italia e all’estero in ragione della grande diffusione conosciuta in quegli anni dal cemento armato: tre anni d’inchieste e la sentenza d’appello del 1912 attribuirono definitivamente la responsabilità dell’accaduto alla cattiva qualità del materiale e alla mancata messa in atto delle dovute misure di sicurezza (Gori - Muneratti, 1997).
Nel 1912 Stacchini prese parte al concorso nuovamente bandito per la realizzazione del cimitero di Monza, risultando vincitore nel secondo grado (1913). I lavori ebbero inizio l’anno successivo: la scarsità delle risorse finanziarie fece sì che il progetto venisse notevolmente modificato e ridimensionato.
Il 1912 vide anche la vittoria di Stacchini nel nuovo concorso nazionale per la stazione centrale di Milano, inaugurata nel 1931 dopo alterne vicende progettuali che ne modificarono, anche in tale circostanza, la configurazione. Le forme essenziali, l’austerità dei motivi decorativi ispirati all’arte egizia e mesopotamica e l’assenza del colore, caratteri comuni al progetto di Monza, unitamente alla spazialità mutuata dalle terme romane, consentirono alcuni apprezzamenti positivi anche nel periodo più fulgido dell’architettura razionalista, malgrado l’impietoso giudizio di Margherita Sarfatti (1931), che definì l’edificio «malinconiosamente assurdo [...]: stalattite di zucchero sopra un panettone, sognato in una notte d’incubo natalizio» (p. 597).
Negli anni immediatamente precedenti il primo conflitto mondiale Stacchini prese parte al concorso per la Cassa di risparmio di Verona (1913-14): l’esito non favorevole non gli impedì di realizzare numerose altre sedi a Brescia, Pavia, Lecco e nella provincia di Milano.
Del periodo successivo al conflitto sono ancora da segnalarsi, in Milano, il nuovo stadio calcistico del Milan Club presso l’ippodromo di S. Siro, voluto da Piero Pirelli, realizzato da Stacchini e da Alberto Cugini, e inaugurato nel 1926; la sede della Compagnia fondiaria regionale di via Mellerio (1927, con l’ingegnere Giovanni Magnani); il poco più tardo palazzo delle Poste in via Ferrante Aporti, adiacente alla Stazione centrale; la partecipazione al concorso per il palazzo del Littorio in via dell’Impero in Roma (1934).
Dal 1914 Stacchini fu docente presso la facoltà di architettura del Politecnico di Milano; in qualità di presidente della Federazione degli architetti italiani divenne membro (1919) della commissione incaricata di redigere i regolamenti del regio decreto n. 2593 sull’istituzione della R. Scuola di architettura in Roma e, nel 1923, della legge n. 1395 sulla tutela del titolo di ingegnere e architetto. Fu consigliere delle accademie Braidense (1905) e di S. Luca (1933); dal 1922 fu membro del Consiglio superiore delle Belle arti. Negli anni seguenti, l’insegnamento e gli incarichi istituzionali lo distolsero dall’attività professionale.
Morì improvvisamente a Sanremo il 20 maggio 1947.
Dal matrimonio con Bianca Ducci nacquero Guido (1897-1969), scrittore, e Jolanda.
L’Archivio storico civico del Comune di Milano presso la biblioteca Trivulziana conserva alcuni progetti di Stacchini; suoi documenti e carte sono collocati nell’Archivio delle arti applicate italiane del XX secolo presso la Biblioteca della Galleria d’arte moderna in Roma.
Fonti e Bibl.: Firenze, Archivio storico comunale, Atti di nascita, 1871, vol. 6, s. B, n. 2144; Archivio storico dell’Accademia di belle arti, Alunni, Iscrizioni, Alunni dal 1884 al 1905, n. 196, Stacchini Ulisse; Edilizia cittadina. Progetti presentati per l’approvazione alla Commissione edilizia municipale, in Il Monitore tecnico, I (1895), 19, p. 158; Caffè-Ristorante Savini al Sempione in Milano, in L’edilizia moderna, VI (1897), 9-10, pp. 67 s. e tavv. XLVII-XLVIII; La cappella per le monache orsoline claustrali delle Vetere e la cappella per la famiglia Castini nel Cimitero Monumentale di Milano, ibid., pp. 68 s. e tav. L; A. Melani, L’Enopolio di Milano, in L’arte decorativa moderna, II (1904), 9, pp. 266-269, 275; La nuova sede dell’Unione Cooperativa, in Il Corriere della sera, 5 settembre 1905; L. Angelini, Concorsi d’architettura in Italia, in Emporium, XLIII (1916), 253, pp. 46-57; Casa Apostolo. Via Tasso, 10-12, Milano, in L’architettura italiana, XII (1917), 3, pp. 22-24; Il nuovo grandioso campo del Milan Club a San Siro, in Corriere della sera, 13 marzo 1926; Il nuovo cimitero monumentale della città di Monza. Arch. U. S., in Rassegna di architettura, I (1929), 2, pp. 52-56; La sede della Compagnia fondiaria regionale in Milano. Arch. U. S.-Ing. G. Magnani, ibid., 11, pp. 404-407; M.G. Sarfatti, Architettura moderna, in La Lettura, XXXI (1931), 7, p. 597; La nuova Stazione centrale di Milano. Arch. U. S., Rassegna di architettura, III (1931), 10-11, monografico; U. S. Concorso per il palazzo del Littorio, in Architettura, XIII (1934), fascicolo speciale, pp. 108 s.; Il nuovo stile littorio. I progetti per il palazzo del Littorio e della mostra della Rivoluzione fascista in via dell’Impero, a cura di F.S. Palozzi, Milano-Roma 1936, pp. 371-376; Stacchini Guido e S. U., in Chi è? Dizionario degli italiani d’oggi, Roma 1940, pp. 901 s.; D. Riva, U. S., in Mostra del Liberty italiano. Palazzo della Permanente (catal.), Milano 1972, pp. 115 s.; M. Nicoletti, L’architettura liberty in Italia, Roma-Bari 1978, pp. 83-85, 145, 203-207, 214, 229, 249, 284, 303, 319, 328 s., 370 s.; R. Gori - E. Muneratti, Les leçons de la catastrophe. Un exemple italien du début du siècle, in Les cahiers de la recherche architecturale, 1997, n. 40, pp. 79-84 (con ampia bibliografia sull’evento); P. Nicoloso, Gli architetti di Mussolini. Scuole e sindacato, architetti e massoni, professori e politici negli anni del regime, Milano 1999, pp. 27, 51, 53, 58, 71, 107, 150, 187; Storia dell’architettura italiana. Il primo Novecento, a cura di G. Ciucci - G. Muratore, Milano 2004, pp. 43, 49-51, 61 s., 131, 372; Le chiese di Milano, a cura di M.T. Fiorio, Milano 2006, pp. 132 s.; B. Berta, La formazione della figura professionale dell’architetto. Roma 1890-1925, tesi di dottorato, Università degli studi di Roma Tre, XX ciclo, 2008, pp. 52, 132, 151 s., 167, http://hdl.handle. net/2307/154 (6 novembre 2018); Giuseppe Sommaruga (1867-1917). Un protagonista del Liberty, a cura di A. Speziali, Forlì 2017, pp. 23, 99, 122, 274, 278, 280; F. Mentasti, U. S., http://www.italialiberty.it/ulissestacchini/ (30 ottobre 2018); http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/autori/25125/.