Ulteriori disposizioni della riforma. Lavoratori disabili
Il contributo analizza le modifiche apportate alla l. 12.3.1999, n. 68, dalla l. 28.6.2012, n. 92, e dall’art. 46 bis, co. 1, d.l. 22.6.2012, n. 83, convertito in l. 7.8.2012, n. 134. I due interventi perseguono una duplice finalità: accrescitiva della certezza del diritto e limitativa del ricorso al contratto a termine. In particolare, ciò si rileva dalla nuova formulazione dell’art. 4 l. n. 68/1999, laddove prescrive che siano computabili i contratti a termine di durata superiore a sei mesi, invece che nove. Dubbi interpretativi riguardano la computabilità dei soci lavoratori di cooperativa.
Tra i molti interventi approntati dalla l. 28.6.2012, n. 92, alcuni hanno riguardato la disciplina del diritto al lavoro dei disabili, quale risulta dalla l. 12.3.1999, n. 68. Di questa, l’art. 4, co. 27, l. n. 92/2012 ha modificato, rispettivamente alle lett. a), b), c) e d): 1) l’art. 4, co. 1, di cui viene riscritto il catalogo dei lavoratori da non computare ai fini della determinazione del numero di soggetti da assumere obbligatoriamente. In particolare, non sono più contemplati i lavoratori con contratto a tempo determinato; 2) l’art. 5, co. 2, in punto di esclusione dall’osservanza dell’obbligo di assunzione per i datori di lavoro del settore edile con riferimento al «personale di cantiere» nel quale viene ora considerato «anche quello direttamente operante nei montaggi industriali o impiantistici e nelle relative opere di manutenzione svolte in cantiere»; 3) ancora l’art. 5, con l’aggiunta di un co. 8-quinquies, che prevede una ridefinizione dei procedimenti relativi agli esoneri, nonché dei criteri e delle modalità di concessione degli stessi, peraltro rimettendola ad un provvedimento ministeriale, da adottare previa consultazione della Conferenza unificata di cui all’art. 8 d.lgs. 28.8.1997, n. 281, e da emanarsi entro due mesi dal 18.7.2012, data di entrata in vigore della legge; 4) l’art. 6, co. 1, cui è stato aggiunto un periodo finale, che sancisce un obbligo di comunicazione periodico (cadenza almeno mensile) da parte degli “uffici competenti” del collocamento obbligatorio – al momento, di norma, i Centri per l’impiego delle province –, in favore delle Direzioni territoriali del lavoro e avente ad oggetto il mancato rispetto degli obblighi di assunzione e l’eventuale ricorso all’esonero dagli stessi, al fine di promuovere gli “eventuali” accertamenti.
Un richiamo agli artt. 4, co. 4, e 10, co. 3, l. n. 68/1999 è poi operato dall’art. 1, co. 42, lett. b), senza innovarne i contenuti. La prima disposizione consente il licenziamento dei lavoratori assunti obbligatoriamente divenuti inabili allo svolgimento delle proprie mansioni in conseguenza di infortunio o malattia e per i quali non risulti possibile l’adibizione a mansioni inferiori; la seconda, in quello di aggravamento delle condizioni di salute o di significative variazioni dell’organizzazione del lavoro che rendano impossibile il loro reinserimento in azienda. Nel quadro della novella dell’art. 18 l. 20.5.1970, n. 300, la norma della l. n. 92/2012 stabilisce il regime sanzionatorio applicabile quando tali licenziamenti risultino illegittimi: oltre alla reintegrazione spetta la lavoratore l’indennità risarcitoria nella misura massima di dodici mensilità della retribuzione globale di fatto. Le modifiche descritte toccano aspetti non secondari del sistema del collocamento obbligatorio, ma con effetti marginali, a volte anche futuri, fatta eccezione per l’art. 4. Nel loro complesso, esse appaiono funzionali a ridurre degli spazi di incertezza applicativa, confermando interpretazioni consolidate (art. 4), chiarendo situazioni dubbie (art. 5), implementando gli strumenti di controllo (art. 6). Per altro verso, tuttavia, nel considerare i lavoratori a termine computabili tout court ai fini dell’entità dell’obbligo d’assunzione, la modifica dell’art. 4 sortiva due effetti: l’uno, diretto, stava nell’incremento del numero di lavoratori da assumere; l’altro, indiretto, era di rendere, per i datori di lavoro, meno “conveniente” in generale il ricorso al contratto a termine. Entrambi, ma in particolare quest’ultimo, si collocavano nella prospettiva finalistica esplicitata all’art. 1, co. 1, lett. a), l. n. 92/2012, di fare del contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato il «contratto dominante, quale forma comune di rapporto di lavoro». Sennonché, a nemmeno un mese dalla sua entrata in vigore, l’innovazione è stata ridimensionata: l’art. 46 bis, co. 1, d.l. 22.6.2012, n. 83, convertito in l. 7.8.2012, n. 134, ha, infatti, modificato proprio l’art. 4, co. 27, lett. a), l. n. 92/2012, e di conseguenza l’art. 4, co. 1, l. n. 68/1999, stabilendo la non computabilità dei lavoratori con contratto a tempo determinato di durata fino a sei mesi. Il ripristino della regola risponde all’interesse del sistema produttivo, ma trova argomenti pure nella natura provvisoria dell’esigenza giustificativa del contratto e, forse, se di durata infrasementrale, nella neutralità di questo ai fini della condizione di disoccupato, di cui al novellato art. 4, lett. d)¸ d.lgs. 21.4.2000, n. 181. D’altro canto, la riduzione a sei mesi del termine d’irrilevanza non annulla la valenza restrittiva dell’intervento.
Soffermandoci sulla modifica di maggior peso, la nuova formula dell’art. 4 chiarisce meglio dell’originale quale sia la base di computo della quota di riserva. Innanzitutto, si pone la regola generale, prima non esplicitata: tutti i lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato. Poi si fissano le esclusioni. Quelle comunque già contemplate: lavoratori assunti obbligatoriamente, dirigenti, soci di cooperative di produzione e lavoro, lavori con contratto a termine di durata fino a sei mesi. E quelle nuove: lavoratori con contratti di somministrazione presso l’utilizzatore, assunti per attività da svolgersi all’estero, a domicilio, che aderiscono al programma di emersione ex art. 1, co. 4-bis, l. 18.10.2001, n. 383, soggetti impegnati in lavori socialmente utili. Una norma di chiusura fa salve «le eventuali ulteriori esclusioni previste dalle discipline di settore», quali, ad esempio, quelle per i contratti di apprendistato, di formazione e lavoro e di inserimento, questi due nei limiti della loro residua operatività.
L’effetto della disposizione non è innovativo, bensì rafforzativo della certezza del diritto. A conclusioni analoghe, infatti, era già pervenuta la prevalente dottrina, interrogandosi sul significato del silenzio serbato dalla norma rispetto a contratti (ad es., di apprendistato) per i quali l’esclusione dal computo dei limiti numerici previsti per l’applicazione di istituti o normative era regola generale1. Per i lavoratori con contratti di formazione e lavoro, apprendistato, reinserimento, nonché per i lavoratori interinali e a domicilio, una conferma normativa era offerta dal regolamento di esecuzione della l. n. 68/1999, (art. 3 d.P.R. 10.10.2000, n. 333).
Qualche dubbio solleva l’esclusivo riferimento alle cooperative di produzione e lavoro laddove la l. 3.4.2001, n. 142 ha uniformato il regime del rapporto di lavoro del socio lavoratore, indipendentemente dalla tipologia della società mutualistica.
Quanto ai lavoratori a termine, il Ministero del lavoro ritiene applicabile l’orientamento giurisprudenziale che li computa se indispensabili per la realizzazione del ciclo produttivo, escludendo le assunzioni per ragioni sostitutive. Resta da valutare, tuttavia, l’eventuale rilievo interpretativo dell’indicazione sul «contratto dominante», in senso restrittivo, e della novella dell’art. 4 d.lgs. n. 181/2000, in senso opposto2.
1 Maresca, A., Rapporto di lavoro dei disabili e assetto dell’impresa, in Cinelli, M.-Sandulli, P., a cura di, Diritto al lavoro dei disabili, Torino, 2000, 44; Fantini, L., Art. 4, in Santoro Passarelli, G.-Lambertucci, P., a cura di, Norme per il diritto al lavoro dei disabili, in Nuove leggi civ., 2000, 1376. Contra, Biagi, M., Disabili e diritto del lavoro, in Guida lav., 1999, fasc. 9, 12.
2 Circ. n. 18/2012. Per la giurisprudenza, Amoroso, G., sub Art. 18, in Amoroso, G.-Di Cerbo, V.-Maresca, A., Diritto del lavoro, II, Milano, 2009, 770.