Vedi Uruguay dell'anno: 2012 - 2013 - 2014 - 2015 - 2016
L’Uruguay confina con le due grandi potenze sudamericane, il Brasile a nord e l’Argentina a ovest. Dell’Argentina fa parte l’isola Martín García, enclave nelle acque uruguayane. Il fiume Uruguay, maggiore corso del complesso reticolo idrografico uruguayano, costituisce il confine naturale con l’Argentina. Lungo le coste dell’estuario del Río de la Plata, nel quale confluiscono i fiumi Paraná e Uruguay, sorgono le rispettive capitali, Montevideo e Buenos Aires. Il fiume fa sì, inoltre, che Uruguay e Argentina, entrambi membri fondatori del Mercato comune del Sud (Mercosur), condividano forti interessi legati al commercio, alla sicurezza e all’ambiente. Allo stesso tempo, il fiume Uruguay è fonte di tensioni tra i due paesi, come quelle sorte in seguito alla controversia, iniziata nel 2005, sul progetto delle industrie di polpa di cellulosa, e alla disputa sulla gestione congiunta dell’estuario Río de la Plata.
Nel novembre 2009 è stato eletto presidente José Mujica Cordano, carismatico leader del Frente Amplio – partito d’alleanza del centrosinistra. La vittoria di Mujica (con il 52% dei voti) ha prolungato la ‘nuova’ epoca politica uruguayana, avviata con la precedente presidenza di Tabaré Vázquez. La vittoria di quest’ultimo nel 2004 interruppe la supremazia del Partido colorado e del Partido nacional de Uruguay o Partido blanco (entrambi di destra), tradizionali detentori del potere politico e uniche forze di governo dal 1985, anno della rinascita democratica uruguayana.
Il nuovo presidente, che ha dichiarato di prendere a esempio politico l’ex capo di stato brasiliano Lula, sta portando avanti riforme politiche innovative e controcorrente, la cui eco si è diffusa a livello globale. Ha da subito stretto buoni rapporti con Dilma Rousseff e con il presidente argentino Cristina Fernández de Kirchner. Recentemente, tuttavia, l’Uruguay ha subito le conseguenze di un peggioramento delle relazioni con i partner del Mercosur, i quali talvolta praticano misure commerciali protezionistiche e imprevedibili mosse di politica economica. La complessità di tali rapporti ha ridotto le opportunità del paese per approfondire i legami commerciali con Stati Uniti, Unione Europea, Asia e il resto dell’America Latina. Il governo Mujica ha così deciso di diversificare in autonomia i propri partner commerciali e di investimento. Il presidente ha intrapreso viaggi d’affari in Cina ed Europa con l’obiettivo di incentivare le esportazioni e attrarre investimenti esteri per lo sviluppo delle infrastrutture in Uruguay. Inoltre, il governo ha formalmente espresso il desiderio di aderire, nel più breve tempo possibile, all’Alleanza del Pacifico come membro a pieno titolo, a condizione che non vi sia alcuna opposizione da parte dei suoi membri (Cile, Colombia, Messico e Perù) o da parte dei suoi partner del Mercosur.
Quella di Mujica è quindi una politica estera pragmatica, che mira al rafforzamento dei legami con tutti i governi del Sudamerica, di destra e di sinistra. I rapporti con gli Stati Uniti, cui l’Uruguay era allineato all’inizio del 21° secolo, mantengono rilevanza strategica, grazie sia agli accordi economici che il governo precedente siglò con l’importante partner commerciale nordamericano, sia all’accordo del Rose Garden, pattuito all’interno del Mercosur. I rapporti con l’Eu sono buoni, anche in virtù del fatto che il 90% della popolazione uruguayana è di origine europea, soprattutto spagnola e italiana. L’Uruguay è membro di altre rilevanti organizzazioni regionali, quali l’Associazione di integrazione latino-americana (Aladi), con sede a Montevideo, e il Gruppo di Rio, che si occupa di questioni di sicurezza. Sul piano della cooperazione internazionale, invece, il paese è presente in alcune delle più importanti missioni di peacekeeping della Nato, tra cui la Monuc nella Repubblica democratica del Congo e la Minustah in Haiti.
L’Uruguay conta più di 3,3 milioni di abitanti, di cui più di un terzo risiede nella capitale Montevideo. La densità abitativa è bassa (19,4 abitanti per chilometro quadrato), mentre il tasso di urbanizzazione supera il 92%. Negli ultimi decenni il numero degli abitanti è rimasto pressoché invariato, sia per il basso tasso di natalità, sia per la forte emigrazione, verso Argentina e Unione Europea, in aumento in occasione delle crisi economiche che hanno colpito il paese. La percentuale di anziani sulla popolazione totale è la più alta dell’intera America Latina. L’Uruguay vanta una buona tradizione democratica: la libertà di espressione è rispettata e le violazioni della libertà di stampa sono rare. Il suffragio femminile, il divorzio, l’istruzione gratuita e obbligatoria sono conquiste avvenute spesso con largo anticipo rispetto ai paesi della regione. Dal 2007, inoltre, la legge uruguayana riconosce le unioni civili tra cittadini dello stesso sesso.
Tuttavia, ancora oggi il paese risente delle conseguenze della dittatura militare degli anni Settanta. Vázquez, al tempo del suo mandato, ha riaperto la questione delle sparizioni degli oppositori politici e, tra il 2006 e il 2007, sono stati arrestati numerosi responsabili di violazioni dei diritti umani, come l’ex presidente Juan María Bordaberry (poi condannato a trent’anni di detenzione per il colpo di stato del 1973) e il suo predecessore, nonché ministro degli esteri, Jorge Pacheco Areco, entrambi presunti mandanti dell’assassinio di quattro politici dell’opposizione nel 1976. Un altro progresso in questa direzione è stato raggiunto il 27 ottobre 2011, allorché la coalizione di centro-sinistra al governo ha approvato una legge che impedisce la prescrizione dei crimini della dittatura. La nuova norma rende la ‘legge di caducità’ adottata nel 1986, che impediva i processi per tutte le violazioni di diritti umani commesse dai militari e dalle forze di polizia durante la dittatura.
Le scelte di politica economica di Tabaré Vázquez hanno contribuito al superamento della crisi economica del 2002 e all’attenuazione degli effetti della crisi internazionale del 2008. Inoltre, hanno permesso al suo successore Mujica di insediarsi al governo con brillanti prospettive di crescita e di sviluppo. Vázquez ha triplicato gli investimenti esteri in entrata, ha ridotto l’incidenza della povertà dal 37% al 26%, ha dimezzato i tassi di disoccupazione e ha saldato un miliardo di dollari di debito pubblico al Fondo monetario internazionale (Imf). Quest’ultimo, nel marzo 2010, ha elogiato la politica economica uruguayana e la reazione alla recessione globale. Tra i fattori che hanno incoraggiato la crescita economica va annoverata la capacità della dirigenza di ridurre la propria dipendenza dalle grandi potenze sudamericane, di diversificare i mercati di esportazione e di rafforzare il sistema bancario. L’attuale governo sta inoltre cercando di stimolare investimenti privati nelle infrastrutture – guidando partenariati pubblico-privati – e di introdurre provvedimenti volti a diminuire la povertà e il grado di disuguaglianza nel paese. A tal proposito ha introdotto, per esempio, una tassa sulle proprietà agricole che ha suscitato molte polemiche.
L’Uruguay riesce ad attirare investimenti rilevanti dai paesi limitrofi come il Brasile, che investe in alcuni settori strategici quali l’agricolo, il petrolifero e il bancario, e l’Argentina, che riveste invece un ruolo importante nel commercio fluviale, in quanto le vie di comunicazione dei due paesi sono le medesime e costituiscono una risorsa strategica per entrambi. Inoltre dall’Argentina, primo partner per le importazioni, proviene anche il 50% dei turisti. Nel febbraio 2011, tuttavia, Buenos Aires ha stilato una lista di 400 prodotti su cui ha imposto delle restrizioni in entrata. Nonostante il provvedimento sia stato approvato per arginare il pericolo di un’invasione delle merci provenienti dalla Cina, anche le imprese uruguayane sono state fortemente colpite. Mujica e Kirchner hanno però avviato trattative per creare una normativa unica sulle restrizioni commerciali.
Il settore energetico potrebbe presentare sviluppi di rilievo nel caso venisse confermata la dichiarazione del presidente della compagnia petrolifera nazionale Ancarp, secondo cui in sette dipartimenti del paese sarebbero stati rinvenuti significativi giacimenti di petrolio e di gas. L’avvio dei lavori potrebbe aumentare gli investimenti esteri nel paese che, grazie a un sistema giuridico efficiente e alla favorevole congiuntura economica nazionale, sono già molto elevati. Inoltre, le nuove estrazioni diminuirebbero la forte dipendenza dalle importazioni di petrolio (che rappresenta il 56% del mix energetico).
Sul piano ambientale l’Uruguay vigila, tramite il ministero dell’ambiente, istituito nel 1990, sull’inquinamento dei fiumi, con un maggiore impegno dopo le manifestazioni argentine per la costruzione delle cartiere sul fiume Uruguay, e sul problema dell’erosione del terreno.
L’esercito uruguayano non ha più il ruolo predominante che rivestiva durante il regime militare. Al contrario, le indagini giudiziarie per i crimini commessi durante la dittatura hanno in una certa misura delegittimato la figura dei militari. La spesa militare ha un valore medio, pari all’1,9% del pil statale e l’esercito, con 24.650 soldati, è piccolo, sebbene sia il più numeroso tra quelli del Sudamerica se messo in relazione alla popolazione: sono arruolati sette uruguayani su mille (circa l’1% della popolazione), nonostante il servizio militare non sia obbligatorio.
Non esistono particolari minacce al territorio uruguayano e l’ultimo significativo dispiegamento di forze sul suolo nazionale è avvenuto tra il 2005 e il 2007, quando si temeva che l’Argentina potesse sabotare la cartiera in via di costruzione lungo il fiume Uruguay. L’impegno maggiore dell’esercito uruguayano è quindi nelle missioni internazionali: 1.160 soldati uruguayani sono state inviati nella Repubblica democratica del Congo (missione Monuc) e 957 a Haiti (missione Minustah). Osservatori uruguayani sono poi presenti nelle missioni delle Nazioni Unite in Afghanistan, Costa d’Avorio, India e Pakistan, Nepal e Sahara Occidentale.
Lungo il fiume Uruguay, nella città uruguayana di Fray Bentos è stata costruita un’industria, operativa dal 2007, che produce un milione di tonnellate di polpa di cellulosa ogni anno. Questa ha attratto il più grande investimento estero della storia del paese ed è gestita da una compagnia finlandese, la Metsä-Botnia. Il progetto e la realizzazione del primo stabilimento industriale hanno aperto un contenzioso tra Uruguay e Argentina. Già durante il periodo della costruzione vi furono numerose proteste degli ambientalisti, con centinaia di manifestanti che marciarono verso il suolo uruguayano minando la messa a punto del progetto, tanto che l’allora presidente uruguayano Tabaré Vázquez mobilitò l’esercito per sorvegliare il luogo su cui doveva sorgere la cartiera, contro possibili sabotaggi. Inoltre, nel 2006 il governo argentino decise di adire la Corte internazionale di giustizia delle Nazioni Unite appellandosi allo Statuto del Río Uruguay del 1975, in base al quale i due paesi hanno l’obbligo di informare lo stato confinante qualora siano intenzionati a realizzare opere lungo il tratto comune del fiume (circostanza che non si è verificata nel caso delle cartiere), e protestando per il rischio rappresentato dallo stabilimento per l’ecosistema della regione. Nell’aprile 2010, quando la cartiera era già operativa, la Corte ha concluso che l’Uruguay ha effettivamente violato gli impegni procedurali di cooperazione, ma che non ha violato le norme sostanziali di tutela dell’ambiente previste dal trattato. Di conseguenza, la corte non ha ritenuto necessaria la chiusura dello stabilimento, né misure risarcitorie a favore dell’Argentina. Un nuovo capitolo nella diatriba si è aperto a settembre 2013, quando José Mujica ha annunciato che avrebbe autorizzato la fabbrica Botnia ad aumentare la sua produzione del 30% nonostante l’opposizione di Buenos Aires. Cittadini argentini hanno protestato nella città di Gualeguaychu a fine settembre e inizio ottobre contro l’espansione della produzione dello stabilimento e il ministero degli Esteri dell’Argentina ha avvertito che adirà alla Corte internazionale di giustizia dell’Aia per il mancato raggiungimento di un accordo con il governo uruguaiano. Questo episodio ha accresciuto il clima di tensione tra i due paesi negli ultimi anni, ma non è stato l’unico. Un altro scontro c’è stato l’anno precedente, a proposito dell’opera di dragaggio del canale Martín García, uno dei due corsi d’acqua nel Río de la Plata indispensabile all’Uruguay per il trasporto merci (in crescita con lo sviluppo di Nueva Palmira). Il 30 luglio 2012, quattro società internazionali hanno presentato le loro offerte d’appalto per l’allargamento e il dragaggio del canale, permettendo così di avviare finalmente quelle procedure per i lavori che erano rimaste bloccate per anni. Le accuse sollevate dal governo argentino di un tentativo di corruzione attuato da una delle società partecipanti alla gara (la Riovia), hanno provocato un’altra controversia da risolvere in tribunale e hanno prodotto ulteriori ritardi ai lavori sul canale, percepiti dall’Uruguay come urgenti e necessari.
Ex membro del gruppo guerrigliero Tupamaro negli anni Sessanta e incarcerato dal 1972 al 1985 sotto la dittatura militare, il presidente ‘Pepe’ Mujica ha guadagnato l’attenzione del mondo e fatto meritare all’Uruguay il titolo di ‘paese del 2013’ assegnato annualmente dal settimanale inglese ‹‹The Economist››. Conosciuto come ‘il presidente più povero al mondo’, nonché come ‘il migliore al mondo’ (titolo assegnatogli dalla rivista londinese ‹‹Monocle››), Mujica, all’indomani della sua elezione a presidente, ha rinunciato a vivere nel palazzo presidenziale e ha deciso di donare il 90% del suo stipendio per progetti di promozione sociale. Di recente ha anche dichiarato di avere intenzione di adottare alla fine del suo mandato, nel marzo 2015, una trentina di bambini orfani cui insegnare come lavorare la terra. Il presidente anticonsumista, che all’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha denunciato gli eccessi e l’inconsistenza morale delle leggi di mercato, ha avviato una politica internazionale di apertura e di dialogo e una politica interna di coraggiose riforme. Accanto ai piani di rinnovamento delle infrastrutture statali e di lotta alla povertà, Mujica ha dedicato grande attenzione alle libertà sociali, trasformando l’Uruguay in un laboratorio politico sui diritti civili in America Latina. Grande scalpore hanno suscitato le leggi sulla legalizzazione dell’aborto (libero nelle prime 12 settimane), quella sui matrimoni gay e la legge sulla donazione degli organi, prevista in forma automatica a meno che non si firmi una dichiarazione per rifiutarla. Tuttavia, il provvedimento che probabilmente ha provocato più dissensi, trattandosi di un paese dell’America Latina, riguarda la legalizzazione della marijuana. L’Uruguay è diventato il primo paese ad autorizzare e regolarizzare la produzione, la distribuzione e la vendita di marijuana per consumatori adulti. Il prezzo di questa ‘cannabis di stato’ oscillerà intorno a un dollaro al grammo. In Uruguay si calcola che su un totale di 3 milioni e mezzo di abitanti circa 120.000 cittadini consumino marijuana almeno una o due volte all’anno. La marijuana legale dovrebbe diventare disponibile entro la seconda metà del 2014 e avrà l’obiettivo di combattere il traffico illegale che proviene dal vicino Paraguay.