Vedi Uruguay dell'anno: 2012 - 2013 - 2014 - 2015 - 2016
L’Uruguay confina con le due grandi potenze sudamericane, il Brasile a nord e l’Argentina, che si estende a sud-ovest fino all’isola Martín García – enclave nelle acque uruguayane. Il fiume Uruguay, maggiore corso del complesso reticolo idrografico uruguayano, costituisce il confine naturale con l’Argentina e proprio sulle coste dell’estuario del Río de la Plata, nel quale confluiscono i fiumi Paraná e Uruguay, sorgono le rispettive capitali, Montevideo e Buenos Aires. Esso fa sì, inoltre, che Uruguay e Argentina, entrambi membri fondatori del Mercato comune del sud (Mercosur), condividano forti interessi legati al commercio, alla sicurezza e all’ambiente. Allo stesso tempo, il fiume Uruguay è fonte di tensioni nelle relazioni tra i due paesi, tra le quali spicca la controversia sul progetto delle industrie di polpa di cellulosa uruguayane.
Nel marzo 2010 è stato eletto presidente José Mujica Cordano, leader del Frente Amplio – partito d’alleanza del centro-sinistra. Ex membro del gruppo guerrigliero Tupamaro negli anni Sessanta e incarcerato dal 1972 al 1985 sotto la dittatura militare, l’elezione di Mujica prolunga la ‘nuova’ epoca politica uruguayana, avviatasi con la precedente presidenza di Tabaré Vázquez. La vittoria di quest’ultimo nel 2004, infatti, interruppe la supremazia del Partido Colorado e del Partido National de Uruguay o Partido Blanco (entrambi di destra), tradizionali detentori del potere politico del paese e uniche forze di governo dal 1985, anno della rinascita democratica uruguayana, sino al 2004. Mujica, che ha vinto le elezioni con il 52% dei voti al secondo turno, ha promesso una serie di grandi riforme interne, dal sistema scolastico all’amministrazione pubblica sino ai piani delle infrastrutture statali, garantendo continuità al governo precedente e una politica liberale volta ad attrarre nuovi investimenti esteri.
Egli ha inoltre avviato una politica internazionale di apertura e di dialogo. Il nuovo presidente, che ha dichiarato di prendere a esempio politico l’ex capo di stato brasiliano Lula, ha da subito stretto buoni rapporti con il successore di quest’ultimo Dilma Rousseff e con il presidente argentino Cristina Fernández de Kirchner. Sebbene il processo di integrazione regionale, avviato con il Mercosur, rimanga una delle priorità della politica estera, Mujica intende perseguire una politica estera pragmatica, al fine di rafforzare i legami con i governi di destra e di sinistra del Sudamerica. I rapporti con gli Stati Uniti, cui l’Uruguay era allineato all’inizio del 21° secolo, mantengono rilevanza strategica, grazie sia agli accordi economici che il governo precedente siglò con l’importante partner commerciale nordamericano, sia all’Accordo del Rose Garden, pattuito all’interno del Mercosur. I rapporti con l’Unione Europea sono buoni, anche in virtù del fatto che il 90% della popolazione uruguayana è di origine europea, soprattutto spagnola e italiana.
Infine, l’Uruguay è membro di altre rilevanti organizzazioni regionali, quali l’Associazione di integrazione latinoamericana (Aladi), con sede a Montevideo, e il Gruppo di Rio, che si occupa di questioni di sicurezza. Sul piano della cooperazione internazionale, invece, il paese è presente in alcune delle più importanti missioni di peacekeeping della Nato, tra cui la Monuc nella Repubblica Democratica del Congo e la Minustah ad Haiti.
L’Uruguay conta circa 3,3 milioni di abitanti, di cui più di un terzo risiede nella capitale Montevideo. La densità abitativa è bassa (19,2 abitanti per chilometro quadrato), mentre il tasso di urbanizzazione supera il 90%. Negli ultimi decenni il numero degli abitanti è rimasto pressoché invariato, prevalentemente a causa del basso tasso di natalità e dei significativi livelli di emigrazione – verso Argentina e Unione Europea – registrati in concomitanza delle crisi economiche che hanno colpito il paese. Inoltre, la percentuale di anziani sulla popolazione totale è la più alta dell’intera America Latina.
L’Uruguay ha una tradizione democratica, la libertà di espressione è rispettata e le violazioni della libertà di stampa sono rare. Il suffragio femminile, il divorzio, l’istruzione gratuita e obbligatoria sono conquiste avvenute spesso con largo anticipo rispetto ai paesi della medesima regione. Dal 2007, inoltre, la legge uruguayana riconosce le unioni tra cittadini dello stesso sesso.
Tuttavia, ancora oggi il paese risente delle conseguenze della dittatura militare degli anni Settanta. Il presidente Vázquez ha riaperto la questione delle sparizioni degli oppositori politici e, tra il 2006 e il 2007, sono stati arrestati numerosi responsabili di violazioni dei diritti umani, come l’ex presidente Juan María Bordaberry (poi condannato a trent’anni di detenzione per il colpo di stato del 1973) e il suo predecessore nonché ministro degli esteri Jorge Pacheco Areco, entrambi presunti mandanti dell’assassinio di quattro politici dell’opposizione nel 1976. L’attuale presidente Mujica appoggia tuttavia la controversa legge di amnistia per tutte le violazioni di diritti umani commesse dai militari e dalle forze di polizia durante la dittatura, adottata nel 1986.
Le scelte di politica economica di Tabaré Vázquez hanno contribuito al superamento della crisi economica del 2002 e all’ottundimento degli effetti della crisi internazionale del 2008. Inoltre, esse hanno permesso al suo successore Mujica di insediarsi al governo con brillanti prospettive di crescita e di sviluppo. Vázquez ha triplicato gli investimenti esteri in entrata, ha ridotto l’incidenza della povertà dal 37% al 26% della popolazione, ha dimezzato i tassi di disoccupazione e ha saldato un miliardo di dollari di debito pubblico al Fondo monetario internazionale (Imf). Quest’ultimo, nel marzo 2010, ha elogiato la politica economica uruguayana e la reazione alla recessione globale. Complessivamente, già nel primo semestre 2010 tutti i settori economici del paese hanno segnato tassi positivi rispetto all’anno precedente.
Tra i fattori che hanno incoraggiato la crescita economica va annoverata la capacità della dirigenza di ridurre la propria dipendenza dalle grandi potenze sudamericane, di diversificare i propri mercati di esportazione e di rafforzare il sistema bancario.
Il Brasile investe in maniera rilevante in alcuni settori strategici uruguayani quali l’agricolo, il petrolifero e il bancario, mentre l’Argentina riveste un ruolo importante nel commercio fluviale, in quanto le vie di comunicazione dei due paesi sono le medesime e costituiscono una risorsa strategica per entrambi. Inoltre l’Argentina è il paese di provenienza del 50% del turismo uruguayano e il primo partner per importazioni. Nel febbraio 2011, tuttavia, l’Argentina ha stilato una lista di 400 prodotti su cui ha imposto delle restrizioni alle importazioni. Nonostante il provvedimento sia stato approvato per arginare il pericolo di un’invasione delle merci provenienti dalla Cina, anche le imprese uruguayane sono state fortemente colpite. Mujica e Kirchner hanno però avviato dei tavoli di discussione per creare una normativa unica sulle restrizioni commerciali.
Il settore energetico potrebbe presentare sviluppi di rilievo nel caso venisse confermata la dichiarazione del presidente della compagnia petrolifera nazionale Ancarp, secondo cui in sette dipartimenti del paese sarebbero stati rinvenuti significativi giacimenti di petrolio e di gas. L’avvio dei lavori potrebbe aumentare gli investimenti esteri nel paese che, grazie a un sistema giuridico efficiente e alla favorevole congiuntura economica nazionale, sono già molto elevati. Inoltre, esso diminuirebbe la forte dipendenza dalle importazioni di petrolio (che rappresenta il 63% del mix energetico).
Sul piano ambientale l’Uruguay vigila, tramite il ministero dell’ambiente – istituito nel 1990 – sull’inquinamento dei fiumi, con un maggiore impegno dopo le manifestazioni argentine per la costruzione delle cartiere sul fiume Uruguay, e sul problema dell’erosione del terreno.
L’esercito uruguayano non ha più il ruolo predominante che rivestiva durante il regime militare. Al contrario, le indagini giudiziarie per i crimini commessi nel periodo di dittatura, svolte negli ultimi anni, hanno in certa misura delegittimato la figura dei militari. La spesa militare ha un valore medio, pari all’1,6% del pil statale e l’esercito, con 24.621 soldati, è piccolo, sebbene sia il più numeroso tra quelli del Sudamerica se messo in relazione alla popolazione nazionale: infatti, 7 uruguayani su 1000 sono arruolati (poco meno dell’1% della popolazione), nonostante il servizio militare non sia obbligatorio.
Non esistono particolari minacce al territorio uruguayano e l’ultimo significativo dispiegamento di forze sul suolo nazionale è avvenuto tra il 2005 e il 2007, quando si temeva che l’Argentina potesse sabotare la cartiera in via di costruzione lungo il fiume Uruguay, sul confine con la stessa.
L’impegno maggiore dell’esercito uruguayano è quindi nelle missioni internazionali. Il paese è infatti presente nella Repubblica Democratica del Congo (missione Monuc) con 1324 soldati, ad Haiti (missione Minustah) con 1146 e in Egitto, dove la truppa uruguayana di 58 soldati è inquadrata all’interno delle Forze multinazionali e degli osservatori (Mfo). Osservatori uruguayani sono poi presenti nelle missioni delle Nazioni Unite in Afghanistan, Costa d’Avorio, India e Pakistan, Nepal e Sahara Occidentale.