VALACCHIA e OLTENIA
La V. (rumeno Valahia) è una regione storica della Romania meridionale, compresa tra l'arco dei Carpazi, a N, e il corso del Danubio, a S. Al suo interno, il corso del fiume Olt, affluente di sinistra del Danubio, segna la demarcazione tra la Muntenia o Grande V. o V. propriamente detta a E e l'Oltenia o Piccola Valacchia a O.
Nell'Antichità l'Oltenia faceva parte della provincia romana della Dacia, mentre la V. rimase territorio al di fuori dei confini imperiali, sia pure fortemente influenzato dalla civiltà greco-romana e poi bizantina.Alcuni siti fortificati nell'Oltenia danubiana sopravvissero all'abbandono della Dacia da parte dei Romani (274 d.C.), e all'epoca di Giustiniano (527-565) le testimonianze testuali e le indagini archeologiche provano la continuità di vita di un centro come Sycibida (l'antica Sucidava; od. Celei), dove nel sec. 6° si trovava una chiesa a una sola navata, analoga per certi aspetti a edifici della Serbia danubiana, che apparteneva allora alla prefettura bizantina dell'Illirico settentrionale.
Per quel che riguarda la V., il passaggio dei Goti nel sec. 4° ha lasciato una traccia nel tesoro di Petroasa (v.), mentre per il sec. 6°-7° l'artigianato barbarico è rappresentato da fibule digitate in bronzo attribuite agli Slavi, scoperte a Bucarest-Tei e a Sărata Monteoru; in Oltenia lo stesso tipo di gioiello premedievale è rappresentato da una fibula in argento, proveniente da Coşovenii de Jos e oggi a Bucarest (Muz. Naţional de Istorie al României), dai motivi aviformi ispirati ad ambienti culturali germanici.La produzione artistica della regione non è documentata durante l'Alto Medioevo e solo a partire dal sec. 13° si trovano testimonianze di un'attività artistica di prestigio: un diploma concesso agli Ospedalieri nel 1247 attesta l'esistenza di chiese e fortezze (ecclesiis constructis; castra et munitiones; Zimmermann, Werner, 1892), e i più antichi monumenti conservati, per la maggior parte in rovina, datano appunto a quest'epoca. Si tratta, alle due estremità del futuro principato di V., della fortezza di Turnu Severin (l'antica Drobeta) posta sul confine, sempre conteso, con l'Ungheria della dinastia degli Arpadi, e della fortezza di Enisala, nella Dobrugia bizantino-genovese, regione che entrò a far parte, per alcune decine di anni, della stessa Valacchia.Sempre a Turnu Severin, verso il 1300, le tracce di due chiese a una navata, del tipo c.d. a parekklésion, con analogie a Costantinopoli e a Tǎrnovo, denunciano le dirette influenze dello spazio bizantino-balcanico su quello dell'Oltenia. Tale influsso si estese ben presto alla V., dove questo tipo di edificio è attestato nella prima metà del sec. 14° a Curtea de Argeş, nella chiesa di S. Nicola (Sân Nicoară).In questo stesso centro, durante i regni del principe Basarab I (m. nel 1351-1352) - primo protagonista dell'affermazione di un principato rumeno indipendente a S dei Carpazi - e del figlio e successore Nicola Alessandro (1351/1352-1364), creatore della metropoli di V., di obbedienza bizantina (1359), venne eretto, subito dopo il 1350, un monumento rappresentativo della diffusione dell'arte bizantina a N del Danubio: si tratta della chiesa metropolitana e principesca dedicata a s. Nicola (chiamata Curtea de Argeş II, sorta sull'area di una chiesa del sec. 13°, Curtea de Argeş I). La chiesa, a pianta cruciforme - che trova confronti, nei Balcani, nelle chiese di Sapareva Banja, Nicopoli e Dolna Kamenica -, costituiva un monumento spiccatamente bizantino, che faceva seguito a un altro edificio, di tipo più occidentale, la basilica a tre navate di Câmpulung, altra residenza principesca valacca - ove morirono o furono sepolti Basarab I e Nicola Alessandro -, monumento di tipologia cattolica con qualche concessione, nella prima parte del sec. 14°, alla Chiesa orientale, per es. nel nartece di tipo ortodosso.La chiesa di S. Nicola di Curtea de Argeş rappresenta uno dei più importanti monumenti provinciali a croce greca dell'epoca paleologa e denota alcune analogie architettoniche con la chiesa dei Ss. Apostoli a Salonicco (inizio del sec. 14°). Il monumento è decorato da un ampio complesso di pitture murali realizzate negli anni sessanta del sec. 14° da vari artisti rimasti ignoti e caratterizzate da ricchezza narrativa e iconografica e da un luminoso cromatismo, con strette analogie con i mosaici e i dipinti della chiesa costantinopolitana di S. Salvatore di Chora (inizio del sec. 14°).Significativi di una civiltà a cavallo tra Oriente e Occidente sono nella chiesa bizantina di Argeş - che dalla seconda metà del sec. 14° ospitò le sepolture dei principi valacchi - i monumenti funerari in pietra realizzati nello stile del Gotico occidentale (sarcofago di Vladislav I, 1364-1374/1375; figura giacente di Radu I, 1374/1375-1385), come pure i gioielli di foggia occidentale ritrovati nelle tombe principesche, soprattutto una fibbia di cintura in oro (Bucarest, Muz. Naţional de Istorie al României) che rappresenta, sullo sfondo di un'architettura gotica, personaggi derivati dalle pagine della letteratura cavalleresca della Germania.In un diverso contesto sociale e spirituale, quello del monachesimo introdotto dal monaco sud-danubiano Nicodemo, proveniente dal monte Athos e dalla Serbia, si colloca nel 1372 il primo complesso monastico rumeno, quello di Vodita, dedicato a s. Antonio, estremamente significativo per il mondo eremitico, anche se già in precedenza all'interno di complessi monastici erano presenti monumenti rupestri con pitture murali, come quello di Corbii de Piatra.
Con il monastero di Vodita ha inizio, in Oltenia e successivamente in V., la diffusione della pianta triconca semplice di origine balcanica, adottata da tutti i successivi monasteri fondati dallo stesso Nicodemo o dai suoi discepoli: Tismana, Cotmeana - con una decorazione ceramoplastica esterna che si ritrova a Tărnovo - e Cozia, fondazione del principe crociato Mircea il Vecchio (1386-1418). In quest'ultimo caso si tratta di una chiesa edificata e decorata tra il 1387 e il 1391, che presenta facciate assai simili a quelle delle chiese serbe della valle della Morava (Kruševac, Neupara), con incorniciature in pietra delle finestre decorate in bassorilievo schiacciato di tipo orientale (echi orientali, islamici, ritornano nell'epitaffio ricamato di Cozia, del 1396; Bucarest, Muz. Naţional de Istorie al României), con pitture murali, conservate nel nartece, tipiche, per stile e iconografia, degli ambienti monastici dei Balcani.
Bibl.:
Fonti. - F. Zimmermann, C. Werner, Urkundenbuch zur Geschichte der Deutschen in Siebenbürgen, I, Sibiu 1892, pp. 73-76, nr. 82.
Letteratura critica. - V. Vătăşianu, Istoria artei feudale în ţările române [La storia dell'arte feudale nelle terre rumene], I, Bucureşti 1959; G. Ionescu, Istoria architecturii în România [La storia dell'architettura in Romania], I, Bucureşti 1963; E. Lazarescu, Arta pe teritoriul României de la mijlocul secolului al XV-lea până la sfârşitul secolului al XVI-lea [L'arte sul territorio della Romania dalla metà del 15° fino alla fine del sec. 16°], in Istoria artelor plastice în România [La storia delle arti plastiche in Romania], I, Bucureşti 1968; U.M. Schwob, Kulturelle Beziehungen zwischen Nürnberg und den Deutschen im Südosten im 14. und 16. Jahrhundert, München 1969, pp. 43-44; R. Theodorescu, Bizant, Balcani, Occident la începuturile culturii medievale româneşti (secolele X-XIV) [Bisanzio, Balcani, Occidente agli inizi della cultura medievale rumena (secc. 10°-14°], Bucureşti 1974; id., Un mileniu de artă la Dunărea de Jos (400-1400) [Un millennio d'arte nel basso Danubio (400-1400)], Bucureşti 1976; id., Itinerarii medievale [Gli itinerari medievali], Bucureşti 1979; id., Romains et Balkaniques dans la civilisation sud-est européenne, Bucureşti 1999.R. Theodorescu