copulativi, verbi
L’etichetta di verbi copulativi (dal lat. tardo copulatīvu(m) < cōpula(m) «unione, legame»; ingl. copular verbs; fr. verbs attributifs; spagn. verbos (pseudo)copulativos) è usata per riferirsi a un gruppo di verbi che mancano di valore predicativo autonomo e hanno la funzione di stabilire una relazione predicativa tra due costituenti nominali (➔ copula; ➔ predicato, tipi di; ➔ verbi): un soggetto e un complemento predicativo, necessario al verbo per la formazione di un predicato semanticamente interpretabile. Nella grammatica tradizionale, la classe dei verbi copulativi si oppone a quella dei verbi predicativi, in grado di esprimere autonomamente un predicato.
Estensivamente, la classe dei verbi copulativi include: il verbo essere in funzione di copula; i verbi copulativi propriamente detti, tutti intransitivi (sembrare, parere, risultare, stare, restare, rimanere, diventare, divenire); un gruppo eterogeneo di verbi che hanno un valore copulativo limitato a determinati contesti d’uso.
La copula è un verbo che manca totalmente di valore predicativo; la sua funzione è quella di legare in un rapporto di predicazione il soggetto e un altro costituente nominale, come in (1):
(1) Mario è stanco
Il costituente nominale che si lega alla copula è chiamato parte nominale o nome del predicato e forma insieme ad essa il predicato nominale. A livello semantico, il predicato nominale corrisponde alla proprietà (espressa dalla parte nominale) attribuita al soggetto della frase.
Analogamente, i verbi copulativi propriamente detti non hanno portata predicativa autonoma e necessitano di un complemento predicativo nominale (➔ predicativo, complemento) per formare un predicato interpretabile:
(2) Mario sembra stanco
(3) il guardiano non stava attento
(4) quello scoglio, da lontano, mi pareva un animale
(5) quel ragazzino è diventato un imbroglione
Come la parte nominale, anche il complemento predicativo dei verbi copulativi propriamente detti si riferisce al soggetto, e prende il nome di complemento predicativo del soggetto. Esso è generalmente costituito da un sintagma aggettivale (come in 2 e 3) o nominale (4 e 5) con valore predicativo. Può essere espresso anche da sintagmi preposizionali con valore analogo (ad es., questo cibo sembra di plastica; l’imputato rimase senza parole).
Il complemento predicativo è un costituente ‘argomentale’ dei verbi copulativi propriamente detti (Salvi 1991: 191-203) e la sua assenza produce frasi non grammaticali:
(6) * Mario sembra
(7) * il pane è diventato
(8) * quel sasso, da lontano, mi pareva
(9) * quel ragazzino è diventato
Verbo copulativo e complemento predicativo formano insieme un predicato unico, che una parte della tradizione grammaticale italiana ha considerato un predicato nominale a tutti gli effetti (Fornaciari 1881: 298-299 e 308-309), equiparandolo alla struttura formata da copula e parte nominale. Altri grammatici preferiscono invece definire tale predicato in modo più vago, parlando di un predicato intermedio tra quello nominale e quello verbale (cfr. «predicato con verbo copulativo»; Serianni 1989: 79). Tale prospettiva tende a distinguere il valore della copula, semanticamente vuota, da quello dei verbi copulativi propriamente detti, che, pur non essendo autonomi, danno un contributo alla semantica del predicato.
Alla classe dei verbi copulativi si contrappone tradizionalmente quella dei verbi predicativi, in grado di formare autonomamente un predicato verbale:
(10) Mario camminava
(11) Laura mi guardò
Un complemento predicativo del soggetto è possibile anche in concomitanza con un verbo predicativo (ad es., Mario camminava distratto; Laura mi guardò delusa). A differenza di quanto accade con i verbi copulativi, però, tali complementi predicativi non contribuiscono a formare insieme al verbo un unico predicato semantico e costituiscono piuttosto una sorta di ‘predicazione secondaria’ (parafrasabile grossolanamente con Mario camminava mentre era distratto; Laura mi guardò ed era delusa; Demonte & Masullo 1999: 2469 segg.). I complementi predicativi che occorrono in questi contesti sono definiti accessori (Salvi 1991), in quanto possono essere omessi senza compromettere la grammaticalità della frase.
Dal punto di vista semantico, i verbi copulativi propriamente detti mantengono la funzione primaria di attribuire una proprietà al soggetto, e possono essere considerati varianti della copula (Riegel et al. 1994: 237). In questo senso, è possibile distinguere tre sottogruppi di verbi.
(a) Un primo gruppo è costituito da diventare e divenire, varianti aspettuali con valore incoativo del verbo essere:
(12) nel 1946 l’Italia divenne una Repubblica (= nel 1946 l’Italia iniziò a essere una Repubblica)
(b) Anche i verbi stare, restare, rimanere possono essere considerati varianti aspettuali della copula (➔ modalità), ma con valore tendenzialmente continuativo:
(13) rimase zitta per tutto il viaggio (= continuò a essere zitta per tutto il viaggio)
(c) I verbi sembrare, parere e risultare sono invece varianti epistemico-modali della copula, rispetto alla quale assegnano un grado minore di certezza alla verità di quanto viene asserito:
(14) Paolo sembra dimagrito (= Paolo è apparentemente dimagrito)
I tre sottogruppi mostrano un diverso comportamento per quanto riguarda la possibilità di avere usi non copulativi, possibilità esclusa per i verbi del primo gruppo (diventare e divenire), che hanno uso esclusivamente copulativo.
Stare, restare e rimanere possono invece avere usi locativi (ad es., il luogo in cui siamo diretti sta in montagna; è rimasto a Roma per tutta l’estate), considerati predicativi dalle grammatiche tradizionali, in analogia con quelli che può avere essere nel senso di trovarsi (Gianni è al parco; Fornaciari 1881: 299; Dardano & Trifone 1983: 61; Serianni 1989: 78). Deve essere tuttavia evidenziato che in altre grammatiche (Salvi 1991 e, per l’ingl., Quirk et al. 1985) anche gli usi locativi di essere sono considerati copulativi.
I verbi del terzo gruppo (sembrare, parere e risultare) hanno uso non copulativo quando svolgono funzione subordinante (come verba putandi) e reggono una frase completiva soggettiva (➔ completive, frasi):
(15) sembra che tu non abbia voglia di farlo
(16) pare che non si possa fare
(17) risulta che non hai pagato
Oltre ai casi finora trattati, un altro consistente gruppo di verbi ha un uso copulativo occasionale, spesso legato ad un cambiamento di significato del verbo rispetto al suo uso non copulativo. I verbi fare, fungere, servire e passare, ad es., possono reggere un sintagma preposizionale con valore di complemento predicativo del soggetto che individua una classe o una funzione (ho fatto da guida per un gruppo di turisti; quella trave funge / serve da sostegno per l’intera struttura; non vorrei passare da scroccone / per uno scroccone).
In altri casi, l’uso copulativo è ridotto a specifici contesti lessicali, dando luogo a costruzioni poco produttive, o addirittura fisse (per es., venire comodo, tornare utile, riuscire vantaggioso, giungere nuovo, costare caro).
Deve essere inoltre segnalata l’esistenza di un gruppo di verbi (dimostrarsi, mostrarsi, rivelarsi, fingersi, scoprirsi, confessarsi, dirsi) che hanno uso copulativo solo nella forma riflessiva, nella quale si legano a un complemento predicativo argomentale (si è dimostrato incapace; mi finsi una guardia giurata; continua a confessarsi innocente).
Il concetto di uso copulativo è applicabile anche per un altro gruppo di verbi transitivi che, nella forma passiva, reggono un complemento predicativo del soggetto. La tradizione grammaticale italiana classifica tali verbi nella categoria degli appellativi (per es., chiamare, denominare, soprannominare, appellare: 18), effettivi (per es., rendere, ridurre, fare: 19), elettivi (per es., eleggere, nominare, proclamare, consacrare, designare, dichiarare, creare: 20) ed estimativi (per es., considerare, credere, reputare, ritenere, giudicare, stimare, valutare, supporre, immaginare: 21):
(18) era chiamato ‘il fiorentino’
(19) la sua colpevolezza è stata resa evidente
(20) Gianni è stato nominato segretario generale
(21) viene considerato un ciarlatano
Nella forma attiva, i verbi appellativi, effettivi, elettivi e estimativi reggono un complemento predicativo argomentale, che si riferisce al complemento oggetto, e non al soggetto della frase, e si definisce complemento predicativo dell’oggetto:
(22) lo chiamavano ‘il fiorentino’
(23) ha reso evidente la sua colpevolezza
(24) ha nominato Gianni segretario generale
(25) lo considerano un ciarlatano
Data la diversa struttura della predicazione, tali usi non possono essere considerati propriamente copulativi. Tuttavia, esistono importanti affinità tra i casi appena descritti e gli usi copulativi. La prima somiglianza è data dalla presenza di un complemento predicativo argomentale anche nelle strutture con verbo transitivo attivo:
(26) a. Mario reputa questa faccenda un vero imbroglio
b. * Mario reputa questa faccenda
La seconda analogia riguarda la funzione del complemento predicativo, che rappresenta in entrambi i casi una proprietà (o stato, o categoria) che viene attribuita al suo referente (cfr. copular relationship: Quirk et al. 1984; fonction attribut: Riegel et al. 1994). Il rapporto tra il complemento predicativo e il suo riferimento riflette quindi una struttura ‘minima’ di predicazione nominale che è alla base sia delle strutture copulative, con verbo intransitivo e complemento predicativo del soggetto, sia di quelle transitive con complemento predicativo dell’oggetto (cfr. il concetto di nexus in Jespersen 1924 e la struttura della small clause in Chomsky 1981).
Chomsky, Noam (1981), Lectures on government and binding, Dordrecht - Cinnaminson, Foris Publications.
Dardano, Maurizio & Trifone, Pietro (1983), Grammatica italiana. Con nozioni di linguistica, Bologna, Zanichelli.
Demonte, Violeta & Masullo, Pascual J. (1999), La predicación. Los complementos predicativos, in Gramática descriptiva de la lengua española, dirigida par I. Bosque & V. Demonte, Madrid, Espasa Calpe, 3 voll., vol. 2º (Las construcciones sintácticas fundamentales. Relaciones temporales, aspectuales y modales), pp. 2461-2523.
Fornaciari, Raffaello (1881), Sintassi italiana dell’uso moderno, Firenze, Sansoni.
Jespersen, Otto (1924), The philosophy of grammar, London, Allen & Unwin.
Quirk, Randolph et al. (1985), A comprehensive grammar of the English language, London - New York, Longman.
Riegel, Martin, Pellat, Jean-Christophe & Rioul, René (1994), Grammaire méthodique du français, Paris, Presses Universitaires de France.
Salvi, Giampaolo (1991), I complementi predicativi, in Grande grammatica italiana di consultazione, a cura di L. Renzi, G. Salvi & A. Cardinaletti, Bologna, il Mulino, 1988-1995, 3 voll., vol. 2° (I sintagmi verbale, aggettivale, avverbiale. La subordinazione), pp. 191-226.
Serianni, Luca (1989), Grammatica italiana. Italiano comune e lingua letteraria, con la collaborazione di A. Castelvecchi, Torino, UTET.