predicativi, verbi
I verbi predicativi sono ➔ verbi che hanno significato lessicale pieno e possono dare luogo autonomamente a un predicato verbale di senso compiuto; essi sono in opposizione ai verbi copulativi, che necessitano di un complemento predicativo nominale (➔ copulativi, verbi; ➔ predicativo, complemento) e a varie altre categorie di verbi, dal significato più o meno ‘leggero’ (i verbi ausiliari, i verbi fraseologici, i ➔ verbi supporto, ecc.; ➔ ausiliari, verbi; ➔ fraseologici, verbi). Un altro termine per designarli è verbi lessicali.
È possibile classificare i verbi predicativi in base al tipo di ➔ reggenza, e in particolare secondo che siano o no transitivi (➔ transitivi e intransitivi, verbi) e al numero e tipo di costituenti che fanno parte della loro struttura argomentale (si hanno così verbi zerovalenti, monovalenti, bivalenti, trivalenti; ➔ argomenti).
Nella grammatica tradizionale, sono verbi predicativi i verbi semanticamente pieni che possono costituire la testa di un predicato in modo autonomo (➔ predicato, tipi di):
(1) Maria partì
(2) Gianni guarda la partita
(3) Giulia ha prestato la macchina a suo fratello
La classe dei verbi predicativi comprende la grande maggioranza dei verbi di una lingua, e si oppone, dal punto di vista descrittivo, a quella di verbi copulativi (per es., sembrare, parere, risultare, stare, restare, rimanere, diventare, divenire; ➔ copulativi, verbi), che hanno la necessità di appoggiarsi a un complemento predicativo per assolvere la funzione di predicato:
(4) quel cane sembra affamato / *quel cane sembra
(5) Carla è diventata una stilista di successo / *Carla è diventata
(6) Luca sta attento / *Luca sta
Alcuni verbi possono svolgere alternativamente funzione predicativa o copulativa. In particolare, i verbi stare, restare e rimanere sono predicativi quando hanno valore locativo:
(7) Luca sta a scuola
(8) il cane è restato tutto il tempo nella cuccia
(9) siamo rimasti a casa tutto il giorno
Anche il verbo essere, che svolge solitamente la funzione di ➔ copula, è predicativo nei casi in cui ha valore di predicato di esistenza (per es., Dio è), di luogo (per es., il nonno è in casa) o di identità (per es., la stella della sera è Venere).
I verbi nascere, crescere, vivere e morire, abitualmente usati in funzione predicativa (Luigi nacque nel 1943; Van Gogh morì in Francia), sono tradizionalmente considerati copulativi quando sono seguiti da un complemento predicativo (Serianni 1988):
(10) mio padre nacque povero
(11) Van Gogh morì suicida
Sono esclusi dalla classe dei predicativi anche i verbi modali (potere, volere, dovere e, in alcuni usi, sapere; ➔ modali, verbi) e i verbi fraseologici (stare per, iniziare a, cominciare a, continuare a, finire di; ecc.), che modificano semanticamente il verbo che li segue (nei tratti di ➔ modalità e di ➔ aspetto) e formano con esso un unico predicato verbale:
(12) Maria deve partire
(13) Gianni vuole mangiare un gelato
(14) i giocatori iniziano ad allenarsi
(15) il computer ha finito di elaborare i dati
Tali verbi hanno invece valore predicativo quando sono usati in modo autonomo:
(16) Maria deve dei soldi alla banca
(17) Gianni vuole un gelato
(18) il film inizia tra poco
(19) il medico ha appena finito
I verbi predicativi corrispondono semanticamente alla rappresentazione di azioni, stati o eventi, e possono essere classificati sulla base della loro reggenza. Nella classificazione tradizionale si distingue tra verbi transitivi (20), che ammettono un complemento ➔ oggetto e possono dare luogo a una costruzione passiva (➔ passiva, costruzione), e verbi intransitivi (21), che sono privi di entrambe le caratteristiche:
(20) Luigi vinse la gara → la gara fu vinta da Luigi
(21) Luigi dorme.
A partire da Tesnière (1959), i verbi predicativi sono stati oggetto di classificazioni più dettagliate che, alla luce del concetto di valenza, prendono in considerazione l’intera struttura argomentale retta dal verbo. Il termine valenza è mutuato dal lessico chimico, in cui indica la capacità degli atomi di combinarsi tra di loro, secondo determinate regole, all’interno della struttura molecolare.
Nella classificazione dei verbi, la valenza corrisponde al numero dei costituenti che sono retti direttamente dal verbo, ovvero al numero dei suoi argomenti obbligatori (detti actants «attanti», nella terminologia di Tesnière). Più estensivamente, il termine valenza si riferisce non solo al numero, ma anche al tipo di costituenti che riempiono la struttura argomentale di un verbo.
Gli schemi delle valenze verbali sono un tema di grande rilevanza nella linguistica moderna (ad esso si collegano, ad es., i concetti di «sottocategorizzazione» e di «restrizione di selezione» in Chomsky 1965), e sono adoperati per descrivere e classificare il comportamento sintattico dei verbi predicativi, producendo in tal modo tassonomie di varia finezza (Gross 1975; Elia, Martinelli & D’Agostino 1981; Salvi 1988; Renzi & Elia 1997).
Nella descrizione del lessico verbale italiano sono identificabili cinque classi principali di valenza, all’interno delle quali è possibile distinguere diverse sottoclassi in relazione ai tipi di sintagma dipendenti e alla transitività o intransitività del verbo.
(a) La classe dei verbi zerovalenti (o avalenti), privi di argomenti, è costituita dai verbi intransitivi e impersonali che denotano fenomeni atmosferici (➔ atmosferici, verbi):
(22) piove, nevica, grandina
(b) I verbi monovalenti, tutti intransitivi, hanno un solo argomento costituito da un ➔ sintagma nominale in funzione di ➔ soggetto (23). È anche possibile che l’argomento di un verbo monovalente sia una frase subordinata soggettiva (24) (➔ soggettive, frasi); più raramente, l’argomento può essere costituito da un ➔ sintagma preposizionale (25):
(23) [il falco]sintagma nominale vola
(24) bisogna [che tu vada]frase
(25) si tratta [del tuo futuro]sintagma preposizionale
(c) Entro la classe dei verbi bivalenti, che comprende il maggior numero di lemmi, possono essere distinte due sottoclassi principali in base al tratto di transitività del verbo.
I verbi bivalenti transitivi hanno come argomenti due sintagmi nominali, uno in funzione di soggetto e l’altro di oggetto diretto (26). Quest’ultima posizione può anche essere riempita da una frase argomentale oggettiva (27):
(26) [Mario]sintagma nominale ha visto [la gravità della situazione]sintagma nominale
(27) [Mario]sintagma nominale ha visto [che la situazione era grave]frase
I verbi bivalenti intransitivi si costruiscono solitamente con un sintagma nominale in funzione di soggetto e un sintagma preposizionale (28). Più raro è il caso dei verbi bivalenti che si costruiscono con due sintagmi preposizionali (29); in questo caso, è possibile che un sintagma preposizionale sia sostituito da una frase oggettiva (30) (➔ oggettive, frasi):
(28) [Luca]sintagma nominale è andato [a Milano]sintagma preposizionale
(29) [a Gianni]sintagma preposizionale non importa [delle dicerie]sintagma preposizionale
(30) [a Gianni]sintagma preposizionale importa [di andarci]frase / [che tu ci vada]frase
(d) Anche i verbi trivalenti possono avere una struttura transitiva o intransitiva. I verbi trivalenti transitivi hanno due argomenti obbligatori costituiti da due sintagmi nominali, rispettivamente in funzione di soggetto e oggetto diretto. Il terzo argomento può essere costituito da un sintagma preposizionale (31) o da una frase subordinata (32). A volte, il sintagma nominale in posizione di oggetto può essere sostituito da una frase subordinata oggettiva (33) o interrogativa indiretta (34):
(31) [Claudia]sintagma nominale ha regalato [un vassoio]sintagma nominale [a sua madre]sintagma preposizionale
(32) [Claudia]sintagma nominale ha costretto [Paolo]sintagma nominale [a rispondere]frase
(33) [Claudia]sintagma nominale ha chiesto [a Mario]sintagma preposizionale [una risposta]sintagma nominale / [di rispondere]frase
(34) [Claudia]sintagma nominale ha chiesto [a Mario]sintagma preposizionale [se fosse mai stato a Parigi]frase
I verbi trivalenti intransitivi si costruiscono con un sintagma nominale soggetto e due sintagmi preposizionali:
(35) [Carla]sintagma nominale ha detto [a suo padre]sintagma preposizionale [dell’incidente]sintagma preposizionale
(36) [Carla]sintagma nominale è passata [dalla ragione]sintagma preposizionale [al torto]sintagma preposizionale
(e) L’esistenza di una classe di verbi tetravalenti, piuttosto controversa, non è accettata in tutte le descrizioni. Comprenderebbe verbi transitivi come spostare, trasferire e tradurre, che possono richiedere due sintagmi nominali (uno in posizione di soggetto e uno in posizione di oggetto diretto) e due sintagmi preposizionali:
(37) [Marco]sintagma nominale ha trasferito [il suo studio]sintagma nominale [dall’appartamento]sintagma preposizionale [all’ufficio]sintagma preposizionale
(38) [Marco]sintagma nominale traduce [romanzi]sintagma nominale [dall’inglese]sintagma preposizionale [all’italiano]sintagma preposizionale.
Un verbo può dar luogo a diverse configurazioni valenziali, manifestando casi di ‘alternanza argomentale’. Molti verbi bivalenti transitivi, ad es., possono comparire in strutture intransitive in cui è espresso il solo soggetto (alternanza transitivo / intransitivo):
(39) [Sandro]sintagma nominale cucina [il pesce]sintagma nominale
(40) [Sandro]sintagma nominale cucina
Il cambiamento di struttura argomentale comporta spesso una variazione anche nella semantica del verbo. Ad es., il verbo parlare può manifestare tre diverse strutture argomentali in associazione a tre diversi significati: come verbo bivalente intransitivo ha il significato di «trattare un certo argomento» (41); come bivalente transitivo ha il significato di «conoscere una lingua» (42); come monovalente, può avere il significato di «manifestare la facoltà di linguaggio» (43), o di «dire qualcosa, comunicare» (44):
(41) [il professore]sintagma nominale ha parlato [del romanticismo tedesco]sintagma preposizionale
(42) [il professore]sintagma nominale parla [tre lingue]sintagma nominale
(43) [suo figlio]sintagma nominale non parla ancora
(44) [il testimone]sintagma nominale non ha parlato
Un particolare caso di alternanza argomentale (alternanza causativa / incoativa) è quella che si riscontra con i verbi ergativi (per es., affondare, bruciare, aumentare, invecchiare, ecc.; ➔ ergativi, verbi), che possono presentare due diverse strutture: una transitiva e bivalente, con due argomenti nelle posizioni di soggetto e oggetto diretto (45); l’altra intransitiva e monovalente, in cui è presente un unico argomento in posizione di soggetto (46). La particolarità dell’alternanza è data dal fatto che tale argomento corrisponde all’oggetto della struttura transitiva:
(45) [il piromane]sintagma nominale ha bruciato [il bosco]sintagma nominale
(46) [il bosco]sintagma nominale brucia
La sistematicità delle alternanze argomentali è stata sfruttata per definire classi di verbi che manifestano lo stesso tipo di variazione (Levin 1993; per l’italiano, Jezek 2003). In tale prospettiva si suppone che le strutture sintattiche in cui un verbo può occorrere riflettono proprietà semantiche soggiacenti, per cui i verbi appartenenti a una stessa classe di alternanza condividono non solo proprietà distribuzionali, ma anche tratti propriamente semantici.
Chomsky, Noam (1965), Aspects of the theory of syntax, Cambridge (Mass.), The MIT Press.
Elia, Annibale, Martinelli, Maurizio & D’Agostino, Emilio (1981), Lessico e strutture sintattiche. Introduzione alla sintassi del verbo italiano, Napoli, Liguori.
Gross, Maurice (1975), Méthodes en syntaxe. Régime des constructions complétives, Paris, Hermann.
Jezek, Elisabetta (2003), Classi di verbi tra semantica e sintassi, Pisa, ETS.
Levin, Beth (1993), English verb classes and alternations. A preliminary investigation, Chicago, University of Chicago Press.
Renzi, Lorenzo & Elia, Annibale (1997), Per un vocabolario delle reggenze, in Lessico e grammatica. Teorie linguistiche e applicazioni lessicografiche. Atti del Congresso interannuale della Società di Linguistica Italiana (Madrid, 21-25 febbraio 1995), a cura di T. De Mauro & V. Lo Cascio, Roma, Bulzoni, pp. 113-129.
Salvi, Giampaolo (1988), La frase semplice, in Grande grammatica italiana di consultazione, a cura di L. Renzi, Id. & A. Cardinaletti, Bologna, il Mulino, 1988-1995, 3 voll., vol. 1° (La frase. I sintagmi nominale e preposizionale), pp. 29-114.
Serianni, Luca (1988), Grammatica italiana. Italiano comune e lingua letteraria. Suoni, forme, costrutti, con la collaborazione di A. Castelvecchi, Torino, UTET.
Tesnière, Lucien (1959), Eleménts de syntaxe structurale, Paris, Klinck-sieck (trad. it. Elementi di sintassi strutturale, Torino, Rosenberg & Sellier, 2001).