VERDUN (A. T., 32-33-34)
Città e piazzaforte della Francia nord-orientale, capoluogo di circondario nel dipartimento della Mosa, sede vescovile fin dal sec. III, suffraganea di Besançon, e sede di tribunale civile e di commercio. È situata (205 m. s. m.) sulla Mosa, in fondo ad una vallata nelle vicinanze della fertile pianura della Woëvre, di fronte alla gola delle Argonne; occupa una posizione strategica di prim'ordine e costituisce uno dei capisaldi della difesa della frontiera verso la Germania, con numerosi forti sparsi sulle alture circostanti a guardia dei passaggi sulla Mosa e delle numerose vie che vi convergono dalla Renania.
Il territorio, esteso 31 kmq., abbastanza fertile, è coltivato, in prevalenza, a cereali nel piano e nelle vallate e a viti in tutte le plaghe collinari: grano, avena, vino, legname sono i principali prodotti agricoli locali dei quali si esercita un attivo commercio con i paesi interni e specie con il mercato di Parigi.
L'industria principale è rappresentata dalla fabbrica di confetti e di caramelle, di liquori, da quella dei ricami, da tintorie, dalla fabbrica di cordami, da piccole officine meccaniche.
La popolazione è attualmente in aumento e vive in gran parte nel centro: da 15.800 ab. nel 1876 è passata a 17.755 nel 1886, a 12.788 nel 1921, a 16.540 nel 1931.
Verdun ha due stazioni ferroviarie su linee che la collegano a Parigi, a Metz, a Nancy, alla Germania e al Belgio: il traffico e il movimento delle merci sono agevolati dalla Mosa che a Verdun comincia a essere navigabile.
Particolarmente colpita durante la guerra mondiale, Verdun conserva tuttavia molti resti del passato. Delle due antiche linee di fortificazioni, quella della città alta, detta "Fermeté", racchiude i vecchi quartieri dalle viuzze strette e tortuose (ne rimane la porta Châtel del sec. XIV); quella della città bassa, con la porta "Chaussée" elevata sulle rive della Mosa, fu ampliata e rinforzata dal Vauban nel sec. XVII. La cattedrale, già ricostruita tra il 1131 e il 1156, continuata nei secoli XIII e XIV, terminata con le cappelle della navata nel sec. XVI, è stata completamente rimaneggiata nel sec. XVIII. I restauri del dopoguerra mirarono a ritrovare e a rimettere in luce gli avanzi della costruzione romanica. Già è stata ricostituita la cripta sotto il grande coro. Con la porta S. Giovanni, con i capitelli del transetto istoriati e ornati, con le cappelle absidali e le grandi figure scolpite sui contrafforti, può annoverarsi tra i monumenti più notevoli dell'arte romanica lorenese. Il chiostro, quasi tutto del 1510-17, è stato seriamente danneggiato. Risalgono pure al Medioevo la cripta della chiesa delle Benedettine e la torre dell'antica abbazia di Sainte-Vanne (sec. XII). Al sec. XVI si debbono alcune belle abitazioni, tra le quali quella detta di papa Giulio; al sec. XVII il vasto Palazzo comunale, molto danneggiato anch'esso. Del sec. XVIII sono la cappella del Collegio, la facciata della chiesa della congregazione Notre-Dame e il magnifico palazzo vescovile su pianta di R. de Cotte. Nel museo, ordinato in un'ala del palazzo vescovile, numerosi frammenti, dell'abbazia di Sainte-Vanne.
Bibl.: C. Aimond, La cathédrale de Verdun, Nancy 1909; id., La cathédrale de Verdun, Verdun 1916; A. Boinet, Verdun et Saint-Miheil, Parigi 1920; Reiners e Ewald, Kunstdenkmäler zwischen Maas und Mosel, Monaco 1921; E. Fels, Verdun, in Congrès archéologique de France. Nancy et Verdun 1933, Parigi 1934.
Storia. - Il territorio di Verdun fu elevato al rango di città soltanto verso la fine del sec. III: i Verodunenses prima non formavano che un semplice pagus della città dei Mediomatrices: l'esistenza di un presidio dei fines tra Verdun e Metz, alla distanza di 9 leghe galliche da Verdun, prova che i Verodunenses avevano un'esistenza loro indipendente, prima ancora che Verdun fosse una città. Dal sec. IV in poi Verdun è chiamata civitas Viridunum, urbs Veridunensium.
Occupata da Clodoveo nel 502, Verodunum fece da allora parte della monarchia franca; e per la sua posizione geografica, ebbe notevole importanza specialmente a partire dal sec. IX. Dopo il trattato che dalla città prese il nome (v. appresso) entrò a far parte della Lotaringia, per passare poi, dopo un periodo assai turbinoso seguito alla morte di Lotario II (876), all'Impero. Saccheggiata da Normanni e Ungheri, contesa, negli ultimi decennî del sec. X, fra Lotario e Ottone II, Verdun era sede di una dinastia comitale; nel 1028 il titolo comitale passò ai vescovi. Col sec. XII però ha inizio anche a Verdun l'organizzazione comunale, che all'inizio del sec. XIII riesce a imporsi al vescovo, ottenendo, dopo lunghi contrasti, il riconoscimento delle sue istituzioni e dei suoi diritti. Rimasta fino a mezzo il sec. XVI nell'orbita dell'Impero, Verdun fu occupata nel 1552 dal re di Francia Enrico II, insieme con Metz e Toul (i tre Vescovati). Dopo un lungo periodo di tranquillità, sotto la monarchia francese, scoppiata la rivoluzione, Verdun fu investita, il 30 agosto 1792, dall'esercito prussiano: la popolazione, ostile alla rivoluzione, costrinse i capi militari, che vanamente cercarono di resistere, alla resa (2 settembre). L'episodio, che sollevò enorme indignazione in Francia, è stato rievocato dal Carducci nel Ça ira. Ritornata la città in potere dei rivoluzionarî, fin dall'ottobre 1792, 33 abitanti - fra cui 12 donne - furono condannati a morte.
Nuovamente assediata dai Prussiani nella guerra del 1870, già dal 24 agosto, ma soprattutto dal 26 settembre all'8 novembre, Verdun oppose questa volta eroica resistenza al nemico, capitolando solo dopo la resa, a Metz, dell'esercito del Bazaine.
Trattato di Verdun. - Alla morte di Ludovico il Pio (20 giugno 840) gravi lotte scoppiarono tra i figli del defunto per la spartizione dell'eredità carolingia. Carlo il Calvo e Ludovico il Germanico si unirono per combattere il fratello Lotario, erede del titolo imperiale, e lo sconfissero nella battaglia di Fontenoy (25 giugno 841). Alla vittoria seguì il giuramento di Strasburgo nel quale i due fratelli rinsaldarono la loro unione e nell'agosto 843 il trattato di pace a Verdun. Con esso veniva riconosciuto a Lotario il titolo imperiale, ma con autorità effettiva solo sulla Frisia, sul regno dì Borgogna, sull'Austrasia centrale e sul regno d'Italia, cioè su una striscia di territorio che ebbe nome Lotaringia e andava dal Mar del Nord al Mediterraneo, comprendendo le due capitali dell'impero, Roma ed Aquisgrana.
A Luigi il Germanico fu attribuita la Baviera, la Francia orientale con Worms, Spira e Magonza, la Sassonia e l'Allemania, in una parola la maggior parte dei paesi di nazionalità tedesca; a Carlo il Calvo tutta la Francia occidentale, a ovest della Schelda, della Mosa, della Saona e del Rodano fino ai Pirenei. Con la creazione dei regni di Francia, di Germania e d'Italia il trattato di Verdun segnò così, sia pure confusamente, la linea di demarcazione tra i paesi nei quali si formarono poi le maggiori nazionalità europee, che appunto nel giuramento di Strasburgo balbettavano le prime parole dei loro rispettivi volgari; e con la formazione di uno stato intermedio lungo il Reno costituì quella fatale zona per il cui dominio contesero poi per secoli i due grandi stati vicini. Col trattato di Verdun appaiono così, sulle rovine dell'impero carolingio, le prime incerte strutture di quella che poi sarà l'Europa moderna.
Le fortificazioni di Verdun e la guerra mondiale. - Dopo il 1870 la Francia, per sbarrare le vie più dirette d'invasione, aveva costruito la piazza di Verdun a cavallo della Mosa, collegata a quella di Toul da una serie di forti sulle alture lungo il fiume. Le opere di Verdun si svolgevano lungo un quadrato di 10 km. di lato avente per vertici i forti di: Hardaumont (a nord-est), Rosellier (a sud-est), Landrecourt (a sud-ovest) e di Bois Bourrus (a nord-ovest). Il lato est sulle alture della Mosa dominava di un centinaio di metri la pianura della Woëvre ed era perciò molto forte: quindi le opere erano state addensate, su più di una linea, nella zona nord-est, sulla destra della Mosa, dove l'attacco trovava un terreno meno difficile. I forti erano costruiti in calcestruzzo con l'armamento in cupole ben adattate al terreno, ciò che ne rendeva l'espugnazione più difficile di quella dei forti - visibilissmi - delle pianure di Liegi e di Namur. Infatti i forti di Verdun resistettero egregiamente.
Durante il primo periodo della guerra Verdun formò con Parigi uno dei due capisaldi della resistenza francese. Ma il von Kluck, giunto davanti a Parigi, lasciava sul fianco la grande fortezza della capitale, guardandola con un debole corpo d'armata, sebbene da essa potessero sboccare grandi forze; contro Verdun invece i Tedeschi schierarono due corpi d'armata (inutilizzati durante l'intera battaglia della Marna), mentre di truppe mobili francesi non c'era in Verdun che una sola divisione, e i collegamenti ferroviarî verso sud non si prestavano ad un rapido concentramento di grandi forze francesi per una controffensiva. Verdun poi, oltre a vincolare grandi forze, frenò la spinta dei corpi d'armata tedeschi limitrofi ai due incaricati di osservarla, quindi le sue fortificazioni furono uno dei fattori principali dello scacco subito dai Tedeschi alla Marna.
Il Falkenhayn decise di attaccare nel febbraio del 1916 Verdun, sicuro che la Francia l'avrebbe difesa fino all'estremo: egli contava di dissanguare l'esercito francese. Non si vede perché il Falkenhayn ritenesse di poter logorare l'esercito avversario senza un corrispondente logorio del proprio. Il piano del Falkenhayn non si spiega se non con la sicurezza della spiccata superiorità qualitativa delle proprie truppe.
Fu deciso l'attacco contro la fronte nord-ovest, la più forte, ritenendo che i mezzi d'artiglieria disponibili avrebbero avuto ragione delle numerose opere. Espugnate queste, si sarebbero potute prendere d'infilata le linee di sinistra Mosa e di rovescio quelle della Woëvre. Furono concentrati per l'attacco quattro corpi d'armata, 1400 pezzi d'artiglieria con due milioni e mezzo di colpi. Si cercò di conservare il segreto e per questo la posizione di partenza per l'attacco non fu - come si era precedentemente usato - avvicinata alle linee avversarie. I Francesi tuttavia avevano notato i preparativi: Joffre inviò rinforzi e fu migliorata la strada ordinaria di Bar-le-Duc, l'unica via sicura di comunicazione.
Ma se si pensò alle linee, non altrettanto si fece per i forti, ai quali non si attribuiva più, dopo Liegi e Namur, grande importanza, tanto che il giorno in cui il più importante dei forti stessi, quello di Douaumont, fu attaccato da una compagnia tedesca, vi era come guamigione qualche squadra di territoriali che procedevano al disarmo delle artiglierie.
Il bombardamento incominciò il 21 febbraio contro le prime e le secónde linee di trincee e i forti sulle due rive della Mosa. L'attacco s'iniziò verso sera solo sulla destra del fiume, fino alla pianura della Woëvre (esclusa); i risultati dei primi giorni furono brillanti per i Tedeschi; oltre alle prime e alle seconde linee caddero i forti di Douaumont e di Hardaumont; la difesa avrebbe sgombrato tutta la destra della Mosa se il generale Joffre non avesse ordinato in modo perentorio di difenderla. Il 25 eglì incaricò Pétain, comandante la 2ª armata, della difesa della piazza. Rinforzi furono inoltrati per la Voie Sacrée (Bar-le-Duc Verdun).
L'azione di comando del Pétain severa, ma calma ed umana, fece rinascere dovunque la fiducia e l'ordine. Dopo una settimana di lotta furiosa, i Tedeschi s'impadronirono il 4 marzo di tutta la posizione di Douaumont, ma era già manifesto che gli attaccanti non progredivano che a prezzo di grandi sacrifici. I due avversarî erano cioè in equilibrio.
In marzo l'attacco si estese alla sinistra della Mosa, dove le alture del Mort-Homme e della quota 304 furono per quindici giorni attaccate e contrattaccate dai due avversarî, con perdite enormi. Sulla destra vani furono i tentativi contro il forte di Vaux.
Dopo qualche successo sulla sinistra del fiume, ottenuto dal 30 marzo all'8 aprile, il Kronprinz il 9 aprile scatenò un attacco generale sulle due rive che, se fruttò ai Tedeschi il dosso del Mort-Homme, fu però arrestato.
Il 2 maggio Pétain fu destinato al comando del gruppo d'armata del centro e il comando della seconda armata e della difesa di Verdun fu affidato al Nivelle. Questi in maggio tentò, ma invano, di riprendere il forte di Douaumont. Il 7 giugno invece cadeva nelle mani dei Tedeschi, dopo una strenua difesa, il forte di Vaux: poderosi sforzi furono fatti il 22 e 23 giugno dai Tedeschi per la conquista del forte di Souville: che però resistette, ma Joffre dovette di nuovo intervenire per vietare lo sgombro della destra della Mosa. L'opera di Thiaumont fu persa dai Francesi, ma veniva riconquistata il giorno 30.
Il 1° luglio s'iniziava l'offensiva franco-inglese sulla Somme: il Falkenhayn comprese l'impossibilità d'insistere nei grandi attacchi contro Verdun, date la lotta sulla Somme e quella in Galizia contro Brusilov, ma non si decise a ritirarsi su buone posizion.
Le truppe rimasero in condizioni che i comandanti ritenevano intollerabili. Il Kronprinz già dal maggio aveva insistito, ma invano, per porre fine al macello, contrariato in ciò dal suo capo di stato maggiore, generale Schmidt von Knobelsdorf; questi però fu il 22 luglio, su richiesta del Kronprinz, destinato ad un comando di corpo d'armata e le operazioni a Verdun illanguidirono fino a che, sostituito Falkenhayn da Hindenburg e Ludendorff, il Kronprinz ottenne di potersi ridurre sulla difensiva (2 settembre). Il bilancio delle perdite è incerto: secondo il Pétain esse sarebbero state pressoché uguali: secondo il von Kuhl (fino a giugno) 460 mila Francesi dei quali 65 mila prigionieri, contro 278 mila Tedeschi, secondo il Corda 350 mila Francesi fino al 15 dicembre.
Ma anche dopo l'offensiva Verdun rimase, come dice Ludendorff, una piaga aperta per i Tedeschi, tanto più che essi restarono sulle posizioni conquistate, assai difficili da difendere.
I Francesi invece, miravano a rioccupare i forti perduti. Il 2 ottobre 1916, guidati dal Mangin, comandante la riva destra, dopo accurata preparazione d'artiglieria iniziarono una grande offensiva che in dieci giorni portò alla riconquista dei forti di Douaumont e di Vaux, ed alla cattura di 6 mila prigionieri. Dal 12 al 18 dicembre i Francesi ripresero le posizioni di Louvemont e di Bezonvaux catturando 284 cannoni e 12 mila prigionieri.
Dal 20 al 26 agosto 1917 i Francesi, comandati da Guillaumat, riconquistarono le principali posizioni a lungo contrastate, dal MortHomme al villaggio di Beaumont. Così la piazza era definitivamente liberata e Verdun, se poteva per entrambi gli eserciti essere sinonimo di sacrificio e di valore, per i Francesi significava anche successo.
Bibl.: Oltre alle relazioni ufficiali, vedi specialmente: H. Pétain, La bataille de Verdun, Parigi 1929.