verita
verità nella logica proposizionale, proprietà di una formula ben formata esprimibile attraverso due possibili valori: l’uno corrispondente all’attribuzione di tale proprietà, l’altro alla sua negazione. Una formula ben formata è detta vera se possiede tale proprietà, falsa altrimenti. È così attribuito a una formula uno dei due possibili valori di verità («vero» o «falso»), esprimibili con i simboli 1 e 0 o con i simboli V e F. Il valore di verità di una formula non elementare del linguaggio degli enunciati, è determinato da quello dei singoli enunciati elementari che la compongono, sulla base di una tavola di verità che riassume algoritmicamente il modo d’agire dei connettivi (→ verità, tavola di). Se i valori di verità sono due, si è in presenza di una logica bivalente (o binaria). Se sono più di due, la logica è detta polivalente. In una logica polivalente, per esempio in → logica modale, alla dicotomia vero/falso si sostituiscono più modalità e, quindi, più valori possibili di verità: il termine verità è allora accompagnato da un aggettivo che ne qualifica le modalità (necessariamente vero, possibilmente vero ecc.).
La nozione di verità di origine logica e matematica – la proprietà che hanno gli enunciati quando soddisfano criteri di coerenza (non contraddittorietà) e validità (dimostrabilità mediante un calcolo logico costituito da un insieme di assiomi e di regole di deduzione) – ha in larga misura soppiantato la tradizionale concezione filosofica di verità come corrispondenza fra una proposizione e la realtà che ne è oggetto, concezione che vanta una lunga tradizione, da Aristotele a G. Frege e B. Russell. Tale mutamento di prospettiva è caratteristico di un filone del pensiero matematico tra la fine del xix e il xx secolo, influenzato anche dalla nascita delle geometrie non euclidee, che pone l’attenzione sulla costruzione formale coerente della matematica piuttosto che sul suo riferimento interpretativo alla realtà (→ formalismo). Per esempio, se per Frege il teorema di Pitagora («La somma dei quadrati costruiti sui cateti è equivalente al quadrato costruito sull’ipotenusa») è vero sempre, dopo l’affermarsi delle geometrie non euclidee, la sua verità viene a dipendere dagli assiomi di partenza. Esso sarà infatti vero partendo dagli assiomi della geometri euclidea e falso partendo dagli assiomi della geometria iperbolica (dove la somma degli angoli di un triangolo è minore di 180°): quindi, vero all’interno di un dato sistema assiomatico perché in esso deducibile.
Un passo decisivo verso la definizione della nozione di verità è rappresentato dal saggio Il concetto di verità nei linguaggi formalizzati (1936) di A. Tarski, in cui il matematico polacco ha proposto una definizione rigorosa di verità per le formule del linguaggio della logica dei predicati. L’aspetto più importante è che la verità non è una nozione assoluta, ma relativa a un dominio e a una interpretazione. Inoltre, secondo Tarski, il predicato «è vero» va applicato a enunciati nel contesto di linguaggi formalizzati, che consentono di evitare le contraddizioni e i paradossi del linguaggio naturale (come il famoso paradosso del mentitore) distinguendo nettamente tra linguaggio oggetto (il linguaggio di cui si parla) e metalinguaggio (il linguaggio in cui si parla); in tal modo il predicato di verità appartiene al metalinguaggio e si riferisce a enunciati del linguaggio oggetto, e quindi non può più riferirsi a un enunciato di cui esso stesso faccia parte. Tuttavia, se si può definire nel metalinguaggio la nozione di «verità del linguaggio oggetto», non è possibile definire una nozione di verità del metalinguaggio restando all’interno del metalinguaggio stesso. Si tratta del celebre teorema di Tarski, che rende ardua la pretesa filosofica di elaborare una teoria generale della verità: «Ogni sistema formale sufficientemente potente e coerente non può esprimere al suo interno un predicato di verità». In generale, nelle logiche non classiche, caratterizzate dalla presenza di operatori modali (necessario, possibile, contingente e impossibile), deontici (permesso, obbligatorio, vietato), temporali (passato, presente, futuro), epistemici (sapere, credere, conoscere), e nelle logiche di stampo costruttivista (che rifiutano principi classici come quello del terzo escluso e della doppia negazione), la nozione di verità risulta ancora più complessa. Solo in tempi recenti si è riusciti a formulare adeguatamente la nozione di verità per tali logiche, per esempio mediante la cosiddetta semantica dei mondi possibili: la verità di una formula dipende da quello che succede in più mondi di tipo tarskiano (dominio e interpretazione), che possono essere correlati in modi diversi.