Vesta
La dea del focolare
Il fuoco era un elemento importantissimo nelle società antiche: il focolare occupava infatti il centro della casa, così come il tempio dove veniva custodito il fuoco pubblico era situato al centro della città. La dea greca che proteggeva ogni focolare era Estia, la romana Vesta. Quest’ultima a Roma era oggetto di un culto molto significativo e aveva un collegio di sacerdotesse (le vestali) che custodivano il fuoco sacro
Nel mondo antico il possesso del fuoco è un elemento indispensabile per la vita quotidiana e per tutte le attività umane. Proprio per la difficoltà pratica di reperire o di accendere un nuovo fuoco, nelle civiltà antiche era usanza tradizionale mantenere sempre vivo un focolare accessibile a tutti.
Ecco perché in molte religioni, oltre al dio del fuoco sotterraneo (per esempio Vulcano), esiste una divinità che rappresenta il focolare domestico, centro di ogni casa e simbolo stesso dell’unione familiare. Anche la città, che costituisce la ‘famiglia’ più grande, mantiene sempre acceso un fuoco comune, custodito nel tempio consacrato alla divinità del focolare.
Nell’antica Grecia la divinità del fuoco domestico è Estia, che significa appunto «focolare». Estia protegge i sacrifici che si compiono in privato, ma con l’invocazione del suo nome cominciano anche tutte le altre cerimonie. In ogni tempio greco c’è un angolo consacrato a Estia, così come nel più importante edificio pubblico della città. Il mito la fa figlia di Crono e Rea (Titani), sempre vergine e protettrice dei supplici. Chi lascia la propria patria per andare a fondare una colonia porta con sé un carbone del suo focolare, per trasferire il simbolo della vecchia dimora nella nuova.
Il culto greco di Estia non raggiunse mai l’importanza di quello di Vesta a Roma. Al centro del Foro Romano, tra la Via Sacra e la Regia, sede del Pontefice massimo, si trova il tempio di Vesta. È circolare: non è cioè orientato secondo la posizione dei segni del cielo, ma soltanto legato alla terra. Dal tetto, aperto nel centro del tempio, esce perennemente il fumo del fuoco sempre acceso, che rappresenta il centro della città, il focolare comune al popolo romano, e insieme il simbolo del focolare domestico di ogni casa.
Nella parte più segreta e inaccessibile del tempio, dove non ci sono immagini dell’antichissima divinità, sono custoditi alcuni tra gli oggetti più sacri della storia di Roma, come il Palladio, l’immagine troiana di Atena portata da Enea nel Lazio.
Nessuno può accedere al tempio e ai sacri misteri di Vesta, tranne un gruppo di giovani sacerdotesse scelte tra le famiglie più nobili di Roma: le vestali.
Il Pontefice massimo, facendo rivivere un antico rito di guerra, irrompe nella casa di una nobile famiglia romana e afferrando una giovane fanciulla ancora vergine esclama «amata, ti rapisco». Da quel momento la fanciulla è una vestale, sacerdotessa di Vesta, che ha il compito primario di mantenere acceso il fuoco sacro del tempio. La consacrazione alla dea del focolare deve essere totale: per questo la vestale rimane vergine per tutto il periodo in cui è votata alla vita religiosa, cioè per trenta anni. Durante questo lunghissimo periodo vive quasi sempre dentro la casa delle vestali, accanto al tempio, pregando per la buona sorte di Roma e compiendo altri riti sacri.
Suo compito è anche la preparazione della mola salsa, una farina speciale con cui si cospargono le vittime nei sacrifici. Alle vestali, circondate da un alone di mistero e di fascino, di ammirazione e di timore, sono riservati grandi onori pubblici: nelle processioni, precedute da littori che portano i simboli del potere di Roma, le vestali, in silenzio, accompagnano il Pontefice massimo.
Se enorme è il prestigio sociale e religioso di una vestale, altissimo è anche il prezzo da pagare per chi infrange le norme del culto. Gli autori antichi ricordano l’atroce punizione per quelle vestali che hanno violato la propria verginità o che hanno lasciato spegnere il fuoco sacro del tempio. Murate vive in una cella del campo scellerato, appena fuori le mura di Roma, sono lasciate morire di fame: in quanto sacre alla dea, infatti, le vestali non possono essere uccise da mani umane.