VESUVIO (A. T., 27-28-29)
L'unico vulcano ancora attivo del continente europeo, situato nella Campania a ESE. di Napoli. È il vulcano più studiato e meglio conosciuto della Terra.
Il Vesuvio è uno dei più tipici vulcani a recinto, formato cioè di due coni concentrici, l'uno nell'altro, di cui quello esterno è un vulcano formatosi in epoca anteriore, quello interno in epoca più recente. Sono anche vulcani a recinto: l'isola Barren nell'Oceano Indiano, l'isola Fogo nell'arcipelago del Capo Verde, l'isola Santorino nelle Cicladi; e, Italia, i vulcani di Roccamonfina, l'Epomeo, Astroni, Capodimonte.
Anche quindi per il Vesuvio si tratta di un grande vulcano esterno decapitato, sventrato, che include un cono secondario, che è quello attualmente attivo. La circonferenza della base del cono esterno, il Somma, è circa 75 km., ed è percorsa completamente dalla ferrovia circumvesuviana. La circonferenza degli orli del cratere del Somma è circa 12. km., con un diametro di 3500 m. La più alta vetta del Somma, punta Nasone, è a SO., e attualmente è a metri 1132 s. m. Ma se questo cono esterno fosse completo, come probabilmente era in epoca più remota, la sua altezza sarebbe intorno ai 2500 m. Il cono interno, ossia l'attuale Vesuvio, ha cratere e altezza che variano secondo le fasi di distruzione o di ricostruzione; e si preferisce chiamarlo Gran Cono.
Oggi il suo punto più alto tocca 1186 m., il suo cratere ha un diametro di circa 700 m. Il suo asse geometrico è spostato di 250 m. a SO. rispetto all'asse geometrico del Somma. Si può ritenere che sia così anche per i loro assi eruttivi. Tra il Somma e il Gran Cono si trova un'orrida valle lunga circa 5 km., larga in media 500 m., le cui creste arrivano a circa 280 m. di altezza; la parte occidentale di essa si chiama Atrio del Cavallo, la parte orientale è detta Valle dell'Inferno. Il cono del Somma è bene conservato a nord e ad est, e si presenta come un gigantesco anfiteatro; ma a sud è in buona parte sventrato, e all'altezza di 500 m. è quasi fuso con l'attuale Gran Cono. All'ovest un brandello del Somma è rappresentato dal Colle del Salvatore, su cui è eretto il R. Osservatorio Vesuviano, a una quota di 608 m. Due profondi fossi circondano l'Osservatorio: il Fosso della Vetrana, a sinistra di chi guarda il Gran Cono dall'Osservatorio, e il Fosso Grande, a destra. Tra questi fossi e alle spalle del Colle del Salvatore si erge per 200 m. un'importante cupola lavica costruitasi per afflusso lavico lento tra il 1895 e il 1899. Un importante cono eccentrico è il Colle dei Camaldoli a SSO.
Origine, struttura geologica e litologia. - Il Vesuvio fa parte dei vulcani distribuiti sulle fratture formatesi parallelamente all'Appennino sul versante tirrenico, e probabilmente per lo sprofondamento della Tirrenide e il sollevamento dell'Appennino. Esso si è formato nella depressione della conca campana chiusa tra i monti della Penisola Sorrentina, del Sarno, dell'Avellinese, del Matese, del M. Petrella, del Massico e del promontorio di Gaeta. Il Vesuvio è un vulcano poligenico, ossia formato da molte eruzioni successive; è prevalentemente basaltico per la natura dei suoi prodotti; ed è un vulcano misto, ossia formato di lave e di detriti, di lave antiche e moderne. Le lave antiche formano l'ossatura dell'edificio del Somma; le moderne costituiscono lo scheletro dell'attuale Gran Cono; i detriti riempiono gli spazî tra le lave e risultano di scorie, lapilli, arene e ceneri. Le indagini moderne sui materiali costitutivi e sui prodotti del Somma-Vesuvio fanno ritenere che il suo condotto si approfondi fin sotto le formazioni del Triassico e che ivi si trovi, se non un focolare, almeno la macula magmatica cui il vulcano deve la sua attività. In questa si potrebbero distinguere quattro epoche: una prima epoca, relativamente breve, iniziatasi all'alba del Quaternario, e che potrebbe dirsi del Somma primitivo, con rocce rappresentate da trachiti e da tufi pipernoidi. Su questi prodotti primordiali si depositò anche tufo giallo del II periodo dei Campi Flegrei. Una seconda epoca, del Somma antico, fu forse di più lunga durata, probabilmente tra il 6000 e il 3000 a. C., con produzioni di vicoiti e basalti leucitici ricchi di sanidino. Una terza epoca, del Somma meno antico, forse tra il 3000 e l'inizio dell'era volgare, ebbe varî riposi intermedî, tra cui quello precedente l'eruzione del 79 d. C. Si ebbero estrusioni di basalti leucitici, che si trovano nelle parti più superficiali dell'edificio del Somma. Una quarta epoca è quella del Vesuvio attuale, iniziatasi nel 79 d. C. con varî periodi seguiti da riposi, tra cui quello precedente l'eruzione del 1631. Il Vesuvio attuale ha dato leucotefriti e dopo il 1631 vesuviti. Poiché secondo il De Lorenzo nella Campania il massimo spessore dei terreni terziarî sarebbe di circa 2000 m., quello del Cretacico anche di 2000 m., quello del Triassico di 1000 m., si potrebbe ritenere che la macula magmatica del Somma-Vesuvio si trovi a circa 5000 m. di profondità.
Storia del Vesuvio. - Delle epoche preistoriche si hanno soltanto indagini relative. Probabilmente il Vesuvio ebbe nel periodo pliocenico un'attività sottomarina; poi cacciò la cima e i fianchi fuori del mare. Gigantesche e numerose dovettero essere le sue eruzioni, come lo attestano i grandiosi dicchi di lava del Somma che si osservano dall'Atrio del Cavallo; le colate laviche dei dintorni, su una delle quali fu edificata Pompei; i coni eccentrici che lo circondano, tra i quali più importante quello già sopra ricordato di Camaldoli. Forse l'ultima eruzione della terza epoca del Somma fu esplosiva, e dovette originare, in gran parte, quel grandioso cratere di esplosione che costituisce più o meno l'attuale orlo del Somma, che senza dubbio si allargò per frane e per l'erosione meteorica in una posteriore fase di demolizione, quando nell'epoca romana il vulcano attraversava una fase di riposo. In tali condizioni lo vide Spartaco, quando nel 23 a. C. venne con i suoi compagni ad accamparsi sul Vesuvio. Pochi anni dopo, forse nel 19 d. C., visitò il Vesuvio il geografo Strabone e lo descrisse come un vulcano spento. Cinquant'anni dopo può dirsi che cominci l'epoca storica del Vesuvio. L'inizio fu il terremoto del 5 febbraio 63, descritto da Seneca. Napoli, Ercolano, Nocera, Pompei furono tanto più rovinate quanto più erano vicine al centro del movimento. Fu quello, forse, un tentativo fallito di eruzione. Il 24 ottobre del 79 altre scosse di terremoto annunziarono che il condotto del Vesuvio finalmente si riapriva. Unico naturalista testimone della gigantesca eruzione fu Plinio il Vecchio, che ne rimase vittima. Un altro testimone quasi oculare, di cui si conserva la relazione, fu Plinio il Giovane, che aveva allora 18 anni; egli ci trasmise i particolari dell'eruzione quali li apprese da quelli che accompagnarono lo zio, e da ciò che vide egli medesimo da Miseno. Verso il 106 o 107, cioè 27 o 28 anni dopo l'eruzione, Plinio scrisse a Tacito due lettere (Epist., VI, 16 e 20) che sono il più antico monumento di vulcanologia. È dubbio se il Gran Cono vesuviano si fosse formato, o almeno iniziato, con l'eruzione del 79, o se fosse esistito anche prima del 79. I Romani ci lasciarono a tale proposito descrizioni e pitture. Un primo affresco scoperto ad Ercolano nel 1779, e un secondo affresco trovato a Pompei nel 1826, davano a credere che il Vesuvius dei Romani risultasse di una sola cima. Nel 1879 veniva scoperto, a Pompei, un terzo affresco rappresentante un monte con una sola cima, fiancheggiato da Bacco. Sembrò così che la questione fosse esaurita. Tanto più che questo affresco, che oggi si conserva nel Museo di Napoli, sembrava illustrato stupendamente dal classico epigramma, scritto nell'88, da Marziale, che potrebbe tradursi così:
"Questo è il Vesuvio, poco fa verdeggiante di pampini; qui l'uva dorata aveva premuto i bagnati tini. Questo è il monte che Bacco amò più dei colli di Nisa, sua patria; su questo monte or ora i Satiri intrecciarono le loro danze. Questa fu la sede di Venere (Pompei) che le fu più gradita di Sparta; questo (altro) luogo (Ercolano) era illustre per il nome di Ercole. Tutto giace sepolto dalle fiamme e da terribile incendio! Neppure gli Dei avrebbero voluto che ciò fosse stato lecito ad essi!". È probabile che il Gran Cono non preesistesse all'eruzìone del 79, tanto più che il condotto vulcanico subì notevole spostamento in tale eruzione, come si è accennato. Dopo il 79 il Vesuvio entrò probabilmente in fase abitualmente esplosiva, ma interrotta da numerose eruzioni effusive laterali di cui non si hanno date molto certe. Le più sicure sono quelle del 203, 472, 512, 685, 787, 968, 991, 999, 1007, 1037, 1139. Date molto incerte sono quelle del 651, 748, 1035, 1036, 1038, 1500, 1568. Poi il vulcano rientrò in fase di riposo fino al 1631. Ma il 16 dicembre 1631 con una fase parossismale il Vesuvio produsse fenomeni catastrofici: terremoti, boati, esplosioni, folgori, pioggia di bombe, di sassi, di lapilli, di cenere; sette rami di lava invasero i paesi vesuviani, invadendo perfino il mare, distruggendo animali, terreni coltivati e facendo quattromila vittime umane. Dopo questa eruzione eminentemente esplosiva, straordinariamente effusiva, il Vesuvio non è entrato più in fase di lungo riposo; ma ha cominciato un ciclo di periodi caratteristici, formati successivamente di fase di emanazione, poi di fase predominantemente esplosiva, indi eminentemente effusiva. Con tale fase di efflusso lavico rapido, laterale o eccentrico, il vulcano chiude ciascun periodo, per ricominciare dopo breve riposo. Trascurando le fasi intermedie basterà ricordare soltanto le eruzioni di chiusura di periodo, quali forse furono quelle del 1660, 1694, 1698, 1701, 1707. Più caratteristiche sotto questo aspetto furono: l'eruzione laterale del 19 maggio 1737, la cui lava invase buona parte dell'abitato di Torre del Greco; quella del 1760, ritenuta eccentrica, perché il crepaccio si aprì sulle pendici meridionali dell'edificio del Somma; quella dell'ottobre 1767, con altro efflusso rapido laterale; del 1779, durante la quale il Vesuvio emise dal cratere addirittura una fontana di fuoco. Fu in quella occasione che l'abate F. Galiani pubblicò il famoso opuscolo Spaventosissima descrizione dello spaventoso spavento che ci spaventò tutti la sera dell'8 agosto 1779, ma che per fortuna durò poco (Napoli 1779). Nel 1794 vi fu altra eruzione di tipo etneo. Torre del Greco fu completamente invasa dalla lava: il campanile è ancora sepolto per due ordini sotto la lava. Nel 1822 altro efflusso laterale, come eruzione di chiusura di periodo, con prevalenza di cenere. L'eruzione fu studiata dall'abate Teodoro Monticelli, valoroso mineralogista del Vesuvio. Col 1850 comincia l'epoca degli studî dello Scacchi e del Palmieri. In tale anno si ebbe un altro imponente efflusso lavico nell'Atrio del Cavallo. Similmente altro efflusso laterale rapido si ebbe nel 1855. Dell'eruzione 1858 sono famose le lave cosiddette a corda. Nel 1861 altra eruzione di tipo etneo: le bocche si aprirono poco sopra Torre del Greco, che ne fu spaccata per metà. L'eruzione dell'aprile 1872, di tipo laterale, rapida, fu funestata, oltre che dalla distruzione di due paesi, Massa e S. Sebastiano, dalla morte di molti escursionisti travolti dalla lava nell'Atrio del Cavallo, mentre si spingevano troppo vicino al fenomeno. Le lave di questa eruzione circondarono completamente l'Osservatorio Vesuviano, di cui bruciarono le imposte, mentre il direttore L. Palmieri rimaneva bloccato. L'ultima eruzione di chiusura di periodo fu quella dell'8 aprile 1906, la cui lava apportò grandi rovine a Boscotrecase e minacciò Torre Annunziata, fermandosi a pochi metri dal cimitero di questa città. Furono anche imponentissime le emissioni di cenere che caddero per molti giorni consecutivi, arrecando sprofondamenti e rovine, specialmente ad Ottaviano e a Somma. Dopo questa eruzione il Vesuvio rimase decapitato di 180 m., e presentò nel cratere una enorme voragine di circa 600 m. di profondità e 700 m. di diametro. Nel 1913 si riaprì il condotto vulcanico nel fondo della voragine con emissione di vapori ed efflussi di lava. Durante il 1914 si formò il conetto, che gradatamente con esplosioni di materiale frammentario e con efflussi lavici, ha riempita quasi tutta la voragine del 1906. Oggi il cratere è profondo non più di 40-50 m.; e dalla sua piattaforma sorge un conetto alto 30-40 m., dal quale si sviluppa l'attività attuale. Con getti di scorie dalla bocca terminale, con efflussi lavici dai suoi fianchi, questo vulcano in miniatura, incluso nel Gran Cono, tende a riempire la voragine in cui si trova. Tale immenso lavoro è oggi a buon punto e la livellazione della piattaforma craterica, con l'orlo più basso verso nord-est, è oramai un fatto compiuto. Notevoli efflussi lavici, con trabocchi appunto dall'orlo di nord-est e con invasione di lave nella Valle dell'Inferno e sulle pendici orientali, si sono avuti il 27 novembre 1926, il 30 luglio 1927, il 28 novembre 1928, il 4 giugno 1929. Quest'ultimo efflusso, per maggiore dinamismo e per notevole quantità di lava, scavalcò anche la Valle dell'Inferno e svoltando lo sperone dell'orlo orientale del Somma, si precipitò sulle pendici esterne e si avviò in direzione di Terzigno, fermandosi a poche decine di metri dall'abitato di questo paese. Si prevede che non è però lontano un efflusso rapido, laterale, sulle pareti del Gran Cono, per chiudere l'attuale periodo eruttivo. Così con alterna vicenda il Vesuvio compie senza posa assiduo lavoro di autocostruzione e di autodistruzione. Costruisce, quando, col continuo accumulare di scorie, di lapilli, di lave, riempie il cratere ed edifica nell'interno della stessa voragine un altro cono, il conetto eruttivo, ove poi si localizza, in generale, l'attività esplosiva; il conetto spesso finisce per fondersi col cratere, con conseguente aumento dell'altezza dell'edificio vulcanico. Distrugge, quando nelle eruzioni violente smantella il conetto eruttivo e magari anche porzione del cratere preesistente, scava una nuova voragine lì dove era una piattaforma craterica, distribuendo tutto intorno, sui paesi sottoposti, i detriti di questa demolizione, sotto forma di lapilli, di arene e di ceneri. Il vulcano ne rimane decapitato, sventrato, esaurito; ma poco dopo ricomincia il suo lavoro di ricostruzione per preparare nuovamente un altro parossismo. (V. tavv. LV-LVIII).
Condizioni demografiche ed economiche. - Ottime condizioni morfologiche e geologiche, accoppiate a condizioni climatiche felicissime, spiegano perché la zona vesuviana sia una delle plaghe più intensamente abitate ed economicamente più importanti d'Italia. Nei quattordici comuni (oltre ai tre ex-comuni di S. Giovanni a Teduccio, Barra, Ponticelli, appartenenti ora al comune di Napoli), in cui il territorio è diviso, misurando complessivamente 258 kmq., vivevano nel 1931 320.616 persone, con l'altissima densità di 1242 ab. per kmq. La differenza fra un versante e l'altro è abbastanza sensibile, notandosi un aumento progressivo della densità a mano a mano che ci si avvicina al mare, fattore di richiamo antropico di primissimo ordine. Infatti, mentre nella sezione settentrionale e orientale, il valore medio per kmq. supera di poco i 500 abitanti, si sale a 1606 sulle pendici meridionali, e si arriva al massimo di 2200 sul fianco rivolto al Tirreno. L'attrazione di Napoli si fa sentire potentemente nella sezione nord-occidentale, dove il comune di Portici ha ben 5585 ab. per kmq., toccandosi il valore più alto nell'ex-comune di S. Giovanni a Teduccio con 12.500 ab.
Il numero dei centri abitati è complessivamente di 44, ad un'altezza oscillante fra i 9 e i 190 m. s. m. Degno di nota è il fatto del doppio anello dei nuclei abitati, bene visibile soprattutto nella sezione di N. ed E.: quello superiore compreso fra i 100 e i 200 m., quello inferiore di solito al disotto dei 50 m.
L'ubicazione di questi centri è veramente interessante: essi costellano la plaga felice, allineandosi ai margini del colosso, a contatto con le zone alluvionali quaternarie feracissime. Nella sezione settentrionale si trovano i centri, a carattere tipicamente agricolo, di Cèrcola (2900 ab. nel 1931), S. Anastasia (6957), Somma Vesuviana (6415); più verso oriente i centri di Ottaviano (5405), S. Giuseppe Vesuviano (5504), Terzigno (3266), potentemente influenzati dalle rotabili e dalle ferrovie; più a sud Boscotrecase (10.149) e Boscoreale (6980), quasi completamente fusi in un ininterrotto susseguirsi di case, in mezzo allo stupendo rigoglio dell'agricoltura, celebre per i vigneti, che dànno prodotti di larga fama, quali il Lacryma Christi; ad ovest sono, poi, i centri abitati più importanti, ricchi d'industrie, di mezzi di comunicazione, in una plaga ridentissima e fertilissima, quali Torre Annunziata (34.862), Torre del Greco (35.226), Resina (24.494), Portici (24.724), Barra (14.093), S. Giovanni a Teduccio (27.466), completamente attratto, quest'ultimo, nell'orbita della metropoli partenopea.
In una zona di così intensa agricoltura, naturalmente, la popolazione sparsa per la campagna è discretamente numerosa, pari a 60.000 individui (18% della popolazione totale) e vive disseminata su per i fianchi del cono.
Le condizioni ambientali favoriscono una diffusa e perfezionata agricoltura: la superficie agrario-forestale complessiva risulta essere di 214 kmq. e riguarda soprattutto seminativi (di speciale importanza le colture orticole con larga produzione di patate primaticce e ortaggi) e colture legnose specializzate: queste misuravano nel 1929 85,8 kmq. (omessi i tre ex-comuni aggregati a Napoli), diffuse su tutti i versanti, ma con speciale preferenza per la sezione meridionale e occidentale: quivi le colture fondamentali riguardano vite, agrumi, albicocchi, nocciuoli, mentre sui fianchi settentrionale e orientale è assoluta la prevalenza del vigneto. Larghissima diffusione hanno, poi, in coltura promiscua, gli altri alberi da frutta. Per quanto riguarda l'altimetria raggiunta, si deve osservare il diverso comportamento tra il versante nord (Somma) e quello meridionale (Vesuvio): sul primo la zona degli orti, dei giardini e dei frutteti si estende sino ai 200 m.; tra i 200 e i 440 sono i vigneti; al disopra la zona dei boschi; sul versante meridionale la fascia degli orti-giardini si estende dalla pianura fino ai 100 m.; tra i 100 e i 600 m. si estende la zona dei vigneti e ginestreti; oltre i 600 m. i fianchi si presentano piuttosto sterili, con ristrette zone boschive. I boschi (compresi i castagneti) non sono molto estesi: nel complesso dei 14 comuni considerati si hanno 21,27 kmq. soltanto, con la massima diffusione sul versante nord (7,5 kmq.) e su quello orientale (8,6). Grandiosi rimboschimenti sono in atto a cura della Milizia forestale e dell'Istituto forestale di Napoli.
L'allevamento è notevole; gli equini sono 10.648 (comprendendo anche i tre ex-comuni aggregati a Napoli, per i quali si dànno le cifre riferite al 1908), in assoluta prevalenza asini e muli, adattissimi in regioni a carattere prevalentemente collinoso e montuoso; 5682 i suini; 5354 i bovini; numerosi ancora i caprini (3336), soprattutto sul versante occidentale.
La regione non ha molte industrie: nel complesso trovavano lavoro in esse, nel 1927, circa 13.000 operai, per oltre la metà concentrati nel solo comune di Torre Annunziata: l'industria prevalente è quella delle conserve alimentari, che dà prodotti apprezzatissimi; diffusissima anche la pesca, tra cui celebre è quella del corallo.
Comunicazioni. - La regione vesuviana si presenta dotata di una fittissima rete di vie di comunicazione tanto ordinarie quanto ferroviarie: naturalmente le zone più beneficate sono quelle di base, perché è alle falde del cono che sono sorti i più cospicui centri abitati.
Circondano la base del cono numerosissime ferrovie statali e private: a) la ferrovia a doppio binario, elettrica, che da Napoli porta a Reggio di Calabria, interessando la zona occidentale nel tratto sino a Pompei (km. 26); b) l'arteria statale a semplice binario, a vapore, che da Cancello porta a Torre Annunziata (km. 31), interessando i paesi situati sulle falde orientale e meridionale del Vesuvio; c) la ferrovia privata (Strade ferrate secondarie meridionali), detta Circumvesuviana, che serve tutti i centri situati alla base del cono, distinta nei due tronchi: Napoli-Ottaviano-Sarno (km.39); Napoli-Torre del Greco-Torre Annunziata-Pompei-Sarno (km. 44; da Sarno a Poggiomarino un tratto in comune di 9 km.); d) inoltre numerosi servizî tramviarî, che collegano Napoli con Portici, Torre del Greco, Pugliano, San Giorgio a Cremano. Ottime strade completano il quadro grandioso, quali la statale Napoli-Salerno; l'autostrada Napoli-Pompei, lunga km. 20, aperta il 22 giugno 1929; la carrozzabile circumvesuviana, che da Napoli, per Ottaiano, porta a Torre Annunziata, lunga km. 35.
Permettono di salire al cratere la ferrovia e la funicolare elettrica vesuviana; la ferrovia, lunga circa 9 km., partendo da Pugliano sale alla stazione Eremo (m. 596), con il vicino Osservatorio Vesuviano (m. 608), indi alla stazione inferiore della funicolare (m. 754): questa porta alla stazione superiore (m. 1137), a brevissima distanza dal cratere centrale.
All'Osservatorio si può giungere anche in carrozzabile (circa 9 km.), che si stacca a 380 m. dopo la Villa Reale di Portici. Si può salire al cratere anche dal versante meridionale, mediante carrozzabile, che parte da Boscotrecase e sale verso nord con numerose serpentine (km. 11); o da NE. partendo dal centro di Ottaviano, dal quale si possono raggiungere facilmente le omonime baracche forestali. Degno di nota il sentiero forestale, specie di circonvallazione, lungo circa 20 km., compreso tra 450 e 750 m., costruito in rapporto all'intenso rimboschimento.
Il R. Osservatorio vesuviano. - Costruito dal 1840 al 1845 dall'ingegnere Fazzini ebbe per direttori: Macedonio Melloni (1845-1849), Luigi Palmieri (1856-1896), Vittorio Matteucci (1902-1912), Giuseppe Mercalli (1912-1914), Alessandro Malladra (1915-1936), Giuseppe Imbò. L'Istituto ha ricche collezioni di minerali e rocce vesuviane, importantissima biblioteca vulcanologica e delicati apparecchi sismici.
Bibl.: G. Roth, Geschichte des Vesuvs, Berlino 1869; L. Palmieri, Il Vesuvio e la sua storia, Milano 1880; H. J. Johnston-Lavis, The Geology of M. Somma and Vesuvius, being studies of Vulcanology, in Quart. Journ. Geol. Soc., 40, Londra 1884; M. Baratta, Il Vesuvio e le sue eruzioni, Roma 1897; G. Mercalli, Intorno alla successione dei fenomeni eruttivi al Vesuvio, in Atti V Congr. geog. ital., II, Napoli 1905, pp. 271-280; id., I vulcani attivi della terra, Milano 1907; F. Zambonini, Mineralogia vesuviana, in Atti R. Accad. sc. fis. e m., s. 2ª, 14, 7, Napoli 1910; A. F. Perret, The Vesuvius eruption of 1906, Washington 1924; G. B. Alfano, Le eruzioni del Vesuvio tra il 79 e il 1921, Pompei 1924; G. B. Alfano e I. Friedlaender, La storia del Vesuvio dai documenti coevi, Ulma 1929; A. Malladra, Il Vesuvio, in Atti XI Congr. geogr. ital., Napoli 1930; G. De Lorenzo, Il Vesuvio, Bergamo 1931; A. Rittmann, Die geologisch bedingte Evolution und Differentiation des Somma-Vesuvmagmas, in Zeitschr. für Vulk., XV, 1-2, Berlino; F. Furcheim, Bibliografia del Vesuvio, Napoli 1897; H. J. Johnston-Lavis, Bibliography of the geology and eruptive phenomena of the important volcanoes of Southern Italy, Londra 1918; F. Signore, Bibliografia italiana vesuviana dal 1845 ad oggi, in Annali del R. Osservatorio Vesuviano, s. 4ª, II, 1929-1930, Napoli 1933; Annali del R. Osservatorio Vesuviano, segnatamente: s. 1ª (I, II, III, IV), ivi 1859-65; s. 2ª (I), ivi 1874; s. 3ª (I, II, III, IV), ivi 1924-26; s. 4ª (I, II, III), ivi 1927-33.