VETRATA
La v. è un settore particolare della pittura monumentale, il cui effetto viene determinato dalla traslucidità del materiale.
I singoli pannelli sono composti da frammenti di vetro piatti e colorati connessi da una struttura di piombo a formare composizioni figurate od ornamentali. I singoli vetri sono dipinti per lo più con differenti strati di grisaglia più o meno leggeri che con la cottura in forno si saldavano stabilmente alla superficie del vetro.
Come ripetutamente è stato messo in evidenza già dagli autori medievali, è propria delle v. una funzione pratica e una spirituale: "Fenestre vitree que sunt in Ecclesia, per quas ventus et pluvia arcentur et claritas solis transmittitur, significant Sanctam Scripturam que a nobis nociva repellit et nos illuminat" scrive per es. Pierre de Roissy, il cancelliere di Chartres intorno al 1200 nel suo Speculum ecclesiae (Mortet, Deschamps, 1929, p. 185). Secondo questa citazione la funzione pratica delle v. consiste nel fatto di chiudere le finestre, in modo da proteggere l'interno dal vento e dalla pioggia, senza però ridurre il loro effetto di fonti di luce. L'aspetto spirituale è invece espresso da Pierre de Roissy nel modo seguente: le v. sono la Sacra Scrittura che allontana il male dai fedeli e li illumina. La relazione tra le v. e il divino era per il cancelliere di Chartres così palese perché i teologi dall'epoca dei Padri avevano interpretato la luce della materia come manifestazione visibile del Dio invisibile agli uomini, che la consideravano come il vero sole e la vera luce.Rivolgendosi dapprima agli aspetti spirituali delle v. si deve constatare che le loro principali qualità dipendono dall'effetto della luce del sole sulla loro materia trasparente. Tutte le altre tecniche della pittura infatti erano applicate su un supporto opaco e la luce doveva essere suscitata con l'aiuto di colori con diversi gradi di brillantezza che il pittore poneva sulla tavola di legno, la pergamena o la tela. Solo la v. è costituita di materia traslucida che è contemporanemente luce, colore e supporto. Viceversa, la vera e propria pittura, la grisaglia, è opaca quando è usata come colore di contorno oppure, come mezzo tono, smorza l'intensità della luce incidente. Diversamente però rispetto alla luce dipinta di una tavola o di una miniatura, la luce del giorno non ha una entità stabilita dall'artista, poiché a seconda del tempo o delle stagioni essa è più o meno forte e ombre passeggere possono crescere e svanire con ritmi imprevedibili. La v. dipinta in quanto dipendente dalla luce sviluppò quindi una vita propria che le opere di altri generi artistici non conoscevano. Il vetro, inoltre, era l'unica materia che poteva essere attraversata da un'altra materia senza che questa ne riportasse danni. Questa qualità e la relazione instaurata dai teologi tra Dio e la luce hanno fatto sì che le v. esercitassero un profondo fascino sull'uomo lungo tutto il Medioevo e fino a oggi.
Attualmente è soprattutto l'atmosfera, un fremito emotivo tinto di religiosità, che gli uomini colgono nelle chiese medievali dotate di vetri colorati. Nel Medioevo invece esse non erano pensate per provocare un sentimento diffuso, bensì comunicavano al fedele messaggi religiosi concreti. Le pitture ornamentali delle v. dell'Alto Medioevo si limitano ancora del tutto alla concezione astratta di un Dio la cui esistenza diventa visibile agli uomini sotto forma di luce.Solo a partire dall'epoca carolingia e ottoniana appaiono nelle finestre delle chiese figure sacre chiaramente riconoscibili e raffigurazioni sceniche del loro effetto e delle loro azioni. Dal sec. 12° i cicli narrativi e didattici nelle v. dipinte si fanno sempre più numerosi. Le immagini e le sequenze di immagini luminose entrano in un dialogo sempre più intenso con i fedeli, promulgando in immagini la parola di Dio, portando davanti agli occhi i santi venerati nella chiesa e raccontando le loro vite. Queste immagini incitavano l'osservatore all'imitazione, gli insegnavano la dottrina e la morale cristiane e lo esortavano al raccoglimento e al pentimento dei peccati (Manhes-Deremble, 1993).
La grande efficacia delle immagini luminose le rese anche oggetti prediletti delle donazioni (Marks, 1993, p. 3-27; Castelnuovo, 1994, pp. 79-114), poiché la chiesa permetteva al benefattore generoso non solo di crearsi con la propria immagine un durevole ricordo, bensì gli garantiva anche il dono spirituale dell'intercessione. La memoria, che il donatore si era creato con il suo ritratto o con il suo stemma nelle v. dipinte, accresceva inoltre sempre il suo patrimonio celeste, poiché l'osservatore dell'immagine poteva anche migliorare il suo bilancio dell'al di là includendo il donatore delle v. in una preghiera di intercessione. Seppellire i morti e commemorarli costituiva a partire dal sec. 13° la settima opera di misericordia, che portava più vicini alla salvezza dell'anima coloro che la attuavano come anche coloro che venivano commemorati.Poiché la fabbricazione delle v. dipinte era molto dispendiosa, il loro impiego nel Medioevo si limitò dapprima alle chiese e agli edifici connessi nonché alle residenze dei signori temporali. Negli edifici urbani finestre con vetri si trovano solo a partire dal Tardo Medioevo e solo negli edifici pubblici o nelle abitazioni di appartenenti ai ceti dirigenti del commercio e della vita sociale. Solo fedeli molto ricchi o gruppi, corporazioni, arti e confraternite avevano la possibilità di donare delle v. dipinte o persino di farle eseguire per se stessi. La preziosità delle v. dipinte è stata sottolineata anche dagli autori medievali, da Teofilo nel trattato De diversis artibus o anche dall'abate Suger di Saint-Denis nei suoi scritti.Così come il messaggio spirituale delle v. subì un mutamento nel corso del Medioevo, in quanto trasmise nei vasti cicli figurati una morale e un insegnamento religioso sempre più concreti, anche nella loro funzione pratica come chiusura della finestra le v. cambiarono la forma e la struttura. Poiché i vetri medievali sono traslucidi ma non trasparenti, essi non solo chiudono semplicemente la finestra contro i fenomeni atmosferici, bensì costituiscono anche una prosecuzione della parete di pietra. Le v. formano insieme all'opera muraria la chiusura dello spazio interno e perciò sono sempre parte costitutiva dell'architettura. Un mutamento formale dell'architettura aveva perciò sempre conseguenze dirette sulla forma e sulla struttura della vetrata.Le finestre relativamente piccole degli edifici altomedievali e romanici erano chiaramente separate l'una dall'altra da superfici parietali lisce, cosicché le pitture delle v. splendevano in modo irreale come pietre preziose incastonate nelle scure masse murarie degli spazi interni scarsamente illuminati. La trasformazione formale dell'architettura francese nel sec. 12° accrebbe l'importanza delle v. come supporti di immagini. Il crescente contributo in misura di superficie delle finestre alla tessitura del guscio spaziale e la riduzione delle stesure parietali lisce negli edifici protogotici comportarono che la decorazione figurata venisse accolta quasi esclusivamente dalle vetrate. Nel contempo le membrature architettoniche e le poche superfici murarie furono dotate solo di una pittura monocroma rivestita da un reticolo di commessure bianco o rosso. L'introduzione delle finestre a traforo nel primo quarto del sec. 13° permise di colmare completamente con le v. la superficie tra le membrature portanti (Michler, 1984; 1990).La pittura su vetro romanica sviluppò un programma di v. che restò ampiamente valido fin nel 14° secolo. Alle grandi superfici delle finestre al piano terreno delle chiese furono destinati cicli narrativi le cui singole scene a partire dal tardo sec. 12° erano inserite in schemi geometrici su motivi ornamentali a tappeto (cattedrali di Canterbury, Sens, Bourges e Chartres). L'introduzione della finestra a traforo a più lancette soppiantò questa complessa articolazione della finestra. Benché le v. dipinte della Sainte-Chapelle si compongano di campi figurati di varie forme su fondi a tappeto, la divisione in lancette delle finestre permise solo un ordinamento verticale delle scene.Già in ambito romanico le finestre del cleristorio degli edifici basilicali recavano di preferenza solo una figura (cattedrale di Augusta). Le finestre dell'architettura protogotica offrirono poi posto per serie verticali di figure o scene. Le lancette che divenivano sempre più strette e crescevano in altezza e la delicatezza dell'architettura del Gotico maturo richiesero tuttavia nuove soluzioni per le relative vetrate.
Oltre alle v. policrome figurate, nel Medioevo furono generalmente diffuse invetriature ornamentali costituite prevalentemente o del tutto da vetri incolori dipinti o non dipinti. I Cistercensi preferirono questo tipo di invetriatura poiché il loro ideale estetico proibiva di dotare le chiese monastiche di una ricca decorazione colorata e figurata. Le v. a grisaille tuttavia non erano, come spesso erroneamente si è ritenuto, una caratteristica esclusiva degli edifici cistercensi. Molte chiese inglesi dei secc. 12° e 13° ebbero v. a grisaille (per es. le cattedrali di Lincoln, Salisbury e York, così come la chiesa abbaziale di Westminster; Marks, 1993, pp. 124-136). Verosimilmente la ricchezza della loro articolazione architettonica richiedeva un'illuminazione dello spazio interno migliore di quella delle assai semplici forme costruttive della cattedrale di Chartres, che era dotata di v. policrome nella semplice architettura di un unico colore ocra dipinto di bianco (Michler, 1989). Anche in Francia le grisailles furono ampiamente impiegate in edifici del sec. 13° (per es. Essômes, abbaziale Saint-Feréol; cattedrali di Sens, Troyes e Bourges; abbaziale di Orbais; cattedrale di Reims). Si deve presupporre che questi siano stati molto più frequenti di quanto può sembrare da ciò che ci è pervenuto, poiché queste v. semplici rapidamente furono vittime di distruzioni, in quanto la corrosione dà ai vetri bianchi una colorazione marrone (Grodecki, Brisac, 1984, pp. 149-150).Le grisailles spesso erano dotate di elementi ornamentali e di bordi colorati con l'idea evidente di combinare v. policrome con pannelli ornamentali bianchi. Già nella prima metà del sec. 13° si trovano i primi esperimenti al riguardo (cappelle del deambulatrorio della cattedrale di Troyes, primo quarto del 13°; finestre della zona del coro e cappella assiale della cattedrale di Auxerre, ca. 1240). Come in Inghilterra, il mutare dell'architettura dovette aver determinato questa scelta. Come l'early English anche lo stile rayonnant sviluppò forme architettoniche riccamente articolate e differenziate che erano adeguatamente fatte risaltare dalla luce argentea delle grisailles. Le finestre del corpo longitudinale della cattedrale di Bourges, il transetto di Reims e parti della cattedrale di Amiens ricevettero per questo motivo in prevalenza v. ornamentali bianche. Solo nella seconda metà del sec. 13° si sviluppò un sistema decorativo adatto all'architettura rayonnante francese e che dominò la relativa invetriatura per più di un secolo. Le lancette vennero dotate di v. figurate alternativamente bianche e colorate, in modo che le figure nelle finestre con vetri chiari formassero una o più fasce orizzontali colorate. Le più antiche finestre composte di grisailles e di antelli colorati si sono conservate nel coro della cattedrale di Tours (finestra dei canonici di Loches e dei vescovi di Tours, terzo quarto del sec. 13°). Solo poco più tardi questo tipo di finestra si trova nella chiesa collegiata di Saint-Urbain a Troyes elevato ad ampio sistema di invetriatura (ca. 1275).Non fu solo la combinazione di antelli bianchi e colorati a caratterizzare le v. del Gotico maturo in Francia e più tardi anche in Inghilterra: le singole figure e scene policrome vennero anche inquadrate da strutture architettoniche sempre più sfarzose, che dal tardo sec. 13° ripresero le forme della coeva architettura. Mentre i pittori di vetri delle regioni di lingua tedesca per gran parte restavano legati alle v. policrome, nel periodo 1250-1350 le botteghe del Sud-Ovest (Strasburgo) svilupparono in particolare il motivo dei tabernacoli e baldacchini in forme monumentali (Strasburgo, chiesa dei Domenicani, 1325-1330 e cappella di S. Caterina nel duomo, ca. 1340). I disegni architettonici coevi servirono a esse come una fonte inesauribile per le loro straordinarie creazioni e anche come guida per la spaziatura delle cornici architettoniche (Becksmann, 1967). La combinazione di antelli a elementi architettonici con pannelli ornamentali per lo più colorati e la suddivisione di finestre a più lancette in grandi medaglioni furono ulteriori caratteristiche delle botteghe dell'Alsazia, della Renania e della Germania sudoccidentale.Mentre lo sviluppo compositivo delle v. e le loro relazioni con l'architettura fino al periodo intorno al 1340-1350 sono stati ben indagati, studi analoghi mancano per la seconda metà del sec. 14° e per il 15° (Bacher, 1972). Lo scoppio della guerra dei Cento anni nel 1339 creò in Francia un clima sfavorevole alla realizzazione di v. dipinte. Dapprima i maestri vetrai sembrano essere rimasti fedeli alla 'finestra a fasce' con figure colorate entro tabernacoli e a finestre policrome per sottolineare l'asse centrale (cattedrale di Evreux, coro, ca. 1340; cattedrale di Chartres, cappella di Saint-Piat, ca. 1350). La cappella del Rosario nella cattedrale di Evreux, la cui invetriatura risale al 1370 ca., ebbe finestre a fasce. Tuttavia il bianco delle grisailles ora prese possesso anche delle architetture della fascia colorata. Due decenni più tardi vennero eseguite a Bourges le v. della Sainte-Chapelle, che rinunciano del tutto agli antelli ornamentali bianchi. Le bianche architetture a più piani dominano queste v. tuttavia in così grande misura che ora il motivo della grisaille in forma di architettura è integrato completamente nelle v. a colori. All'inizio del sec. 15° questo processo giunse fino alla realizzazione di v. in cui solo i fondi erano colorati (in Inghilterra già nel 1350 ca.: Gloucester, cattedrale, finestra orientale; in Francia: Evreux, cattedrale, finestra di Guillaume de Cantier; Bourges, cattedrale, cappella Aligret). Questo nuovo sistema divenne determinante in Francia dagli anni 1380-1390 (Bourges, Sainte-Chapelle, dopo il 1391 e prima del 1397; Riom, Sainte-Chapelle, 1455-1456).Verso la metà del sec. 14° maestri vetrai delle aree di lingua tedesca abbandonarono le architetture profilate e si orientarono decisamente verso gli ariosi edifici della pittura del Trecento italiano (primi esempi a Oppenheim, già collegiata, ca. 1340-1350 e Strassengel, chiesa di pellegrinaggio ca. 1350; Bacher 1972; CVMAe, Österreich, III, 1, 1979, pp. 111-200). Solo dal 1400 ca. si ricorse di nuovo a motivi delle architetture effettivamente costruite combinandoli con ambienti spaziosi (Berna, già collegiata, v. del coro, dal 1441 fino al 1455 ca.). In questa forma la cornice architettonica conobbe ancora una grande fioritura nelle botteghe di Strasburgo (per es. Ulma, parrocchiale, finestra dei Mercanti e finestra del Consiglio; Norimberga, finestra dei Volckamer, 1480; Becksmann, 1995, pp. 205-217). Contemporaneamente si diffuse un tipo di v. ancora solo parzialmente colorata: vetri a tondi con singoli campi colorati sostituirono sempre più le finestre policrome (in particolare nelle v. della Svizzera fin nel sec. 18°; anche Norimberga, St. Lorenz e St. Sebald; Friburgo, duomo, v. del coro).
Teofilo (v.) nel libro II del De diversis artibus descrive per primo, agli inizi del sec. 12°, come venivano realizzate le v. (Hawthorne, Stanley Smith, 1979; Strobl, 1990). Egli inizia la sua esposizione con la produzione del vetro, la cui massa grezza è costituita da due componenti, un fondente e un vetrificante. Secondo Teofilo, nel Medioevo si impiegava come fondente la cenere, poiché la soda naturale non poteva più essere importata dall'Egitto come nell'Antichità, e la sabbia di fiume come vetrificante nel rapporto di tre terzi a un terzo. La cenere, che veniva di preferenza ricavata dal legno di faggio e amalgamata poi con sabbia, fondeva per più di dodici ore in forni a 1200°. La massa vetrosa così ottenuta veniva colorata con diversi ossidi di metallo. Poiché le ricette dei colori di Teofilo sono andate perse, oggi non si conosce con precisione quali erano le sostanze da lui consigliate per i colori.Quando la massa vetrosa era pronta, si passava alla soffiatura. Per questa operazione nel Medioevo si conoscevano due procedimenti: quello a cilindri e quello a dischi (Mondglas). Nel primo procedimento, che veniva usato sin dall'epoca tardoantica, con l'aiuto di una canna da soffio veniva formato un cilindro che era posto nella camera di ricottura e lì tagliato secondo la lunghezza. Una volta raffreddato, il cilindro sezionato veniva portato nuovamente a 650° nel forno di distensione e lo si lavorava fino a ottenere un tavola piatta. Poiché il rosso, se fosse stato colorato in tutta la massa sarebbe diventato opaco, Teofilo consigliava di realizzare questo colore in tavole placcate, nel modo seguente: il soffiatore prima doveva prendere sulla sua canna una massa di bolo incolore e successivamente la doveva immergere nel vetro rosso. Infine egli doveva procedere come per gli altri vetri colorati.Dal sec. 14° vennero prodotti anche vetri soffiati e girati in dischi che raggiungevano un diametro di ca. cm 40-94. Mentre Teofilo descrive dettagliatamente la soffiatura a cilindri, mancano fonti medievali per la fabbricazione del vetro a dischi. I vetri tagliati da un disco hanno una caratteristica struttura concentrica che si ritrova al più presto in v. del 14° secolo.Dal testo di Teofilo si ha l'impressione che un pittore di v. degli inizi del sec. 12° fabbricasse il vetro e poi lo lavorasse anche. È tuttavia più verosimile che già allora la fabbricazione e la lavorazione fossero tra loro distinte. Inoltre poiché Teofilo si definisce monaco, si è creduto che le botteghe dei pittori di v. fossero state impiantate soprattutto nei monasteri. Ma non si hanno testimonianze delle fonti (Brown, O'Connor, 1992, p. 21). Sicuramente le località dove sorgevano i mercati - dal sec. 12°-13° principalmente le fiorenti città (CVMAe, Deutschland, II, 1, 1979, pp. XXXII-XXXIV) - dovettero essere i luoghi di stanziamento più probabili per le botteghe dei pittori di v., poiché solo là esse potevano rifornirsi dei materiali necessari all'esercizio della loro arte. L'esecuzione di ogni grande programma di invetriatura aveva bisogno di un'avveduta logistica che cominciava con il procurarsi sui mercati locali il vetro, il piombo, il ferro e gli altri materiali indispensabili.
Con questo la progettazione andava di pari passo: per valutare la quantità dei materiali si doveva fissare il programma e fare un progetto. Il progettista disegnava a questo scopo un modello di piccolo formato di ogni finestra che egli inoltre sottoponeva al giudizio del committente. Se questi era d'accordo, i pittori preparavano delle tavole lignee rivestite di gesso bianco. Su questi supporti essi riportavano dal progetto di formato ridotto il modello 1:1 di ogni antello. Dopo aver schizzato il contorno della lastra e la composizione figurata, il pittore segnava con grossi tratti il percorso della piombatura e definiva con parole o simboli i colori dei singoli vetri.Il modello 1:1, che fin nel sec. 14° e ancora più tardi venne tracciato sulle tavole descritte da Teofilo, veniva definito cartone nel linguaggio tecnico. Poiché le tavole venivano reimpiegate per sempre nuovi cartoni la loro conservazione è estremamente rara. Ne rimangono alcuni esemplari solo nella cattedrale di Gerona (CVMAe, España, VII, 1987, pp. 49-52) e sulla predella dell'altare boemo nel duomo di Brandeburgo, entrambi risalenti al 14° secolo. Più spesso esse sono menzionate nelle fonti scritte, come per es. i documenti dell'invetriatura della cappella del palazzo di Westminster degli anni 1351-1352 (Marks, 1993, p. 33). Già allora, a partire dall'Italia, la carta aveva cominciato a sostituire le tavole. Un documento di Berna del sec. 15° (CVMAe, Schweiz, IV, 1998, pp. 184, 506) riferisce che una donatrice nel gennaio 1448 aveva consegnato al maestro Niklaus vetraio la carta destinata al progetto della finestra dei Diecimila Martiri nel coro del duomo.Preparato il cartone, venivano tagliati i vetri. Per questo il pittore ricalcava il profilo di tutti i pezzi sulle lastre di vetro colorate, poi con il ferro divisorio (ferrum divisorium, grisatoio, secondo Vasari) rovente ripercorreva le linee segnate e così spaccava il vetro. Per lo più da questo procedimento non risultava ancora il profilo desiderato cosicché egli lo doveva rifinire con il caprugginatoio (grosarium ferrum).Nel successivo processo di lavorazione avveniva la pittura dei vetri. Fino alla fine del sec. 13° era a disposizione dei pittori solo la grisaglia, che era formata da una polvere di vetro e da un additivo colorante, in genere limatura di ferro o di rame, e veniva impastata con un legante in diversi spessori. Partendo dalle osservazioni di Grodecki (1977, pp. 28-34), la maggior parte degli autori ha ritenuto che i vetrai medievali ricalcassero il cartone sul vetro in tutti i particolari, a cominciare dal tono più leggero di grisaglia. Poi seguiva l'ombreggiatura con la grisaglia più spessa e alla fine erano applicati i contorni (Harrison Caviness, 1996). L'esame delle v. nel corpo longitudinale della cattedrale di Chartres (ca. 1200) e di quelle nel coro della chiesa abbaziale di Königsfelden (finestra di s. Anna, VI, ca. 1340) fanno tuttavia supporre il procedimento inverso. Da ciò si può desumere che vi fossero diverse tradizioni di bottega riguardo alla pittura.Intorno al 1300 entrò in uso, dapprima in Francia, il giallo d'argento, un colore per pittura, scoperto probabilmente per caso dagli orafi o dai maestri vetrai. Esso si compone, secondo le indicazioni di Antonio da Pisa (tardo sec. 14°), di sfoglie d'argento puro, mischiate a tempera (Lautier, 1999). Il giallo d'argento possiede la prerogativa di colorare di giallo il vetro bianco o di far virare il vetro blu in un verde brillante. Le opere più antiche conservatesi in cui appare impiegato in tal modo il giallo d'argento si trovano nella cappella di S. Maria nella cattedrale di Rouen (1300-1310), le cui v. furono probabilmente realizzate da una bottega parigina. Il giallo d'argento serviva in primo luogo a rendere i capelli biondi, gli ornamenti e i dettagli delle vesti senza doversi sobbarcare un'assai complicata sezione del vetro. Durante il sec. 15° nell'area di lingua tedesca comparvero altri colori, soprattutto verde e giallo (Zetting, Lotaringia; Berna, Svizzera; Tamsweg, Austria), dei quali finora non si è accertato se si sia trattato di una grisaglia colorata o di precoci smalti.Dopo la pittura, i vetri venivano accatastati e cotti nel forno. Poiché la grisaglia ha un punto di fusione leggermente più basso del vetro di supporto, essa può fissarsi alle sue superfici lisce. A cottura riuscita la pittura poteva per secoli resistere alle intemperie e all'acqua di condensa. Diversamente rispetto alla grisaglia, il giallo d'argento con la cottura non formava uno strato sul vetro di supporto bensì penetrava, miscelandosi, sulla sua superficie e la colorava di giallo. Gli altri colori dei primi tempi invece non aderivano bene alla superficie del vetro cosicché in gran parte sono caduti.Una volta usciti dal forno di cottura, i vetri venivano posti dal pittore di nuovo su una tavola lignea. Sul tracciato egli univa ogni pezzo con il malleabile righello di piombo, la cui sezione aveva la forma di una H posta in orizzontale, e li saldava in un solido reticolo. Fin nel sec. 15° potevano essere fusi solo piombi di ca. cm 60 di lunghezza. Solo il tiraggio del piombo allora introdotto permise di ottenere righelli molto più lunghi. Terminata la messa in piombo, i pannelli potevano essere montati sulle armature delle finestre e murati nelle cornici lapidee.Le fonti scritte per lo più tacciono sui maestri vetrai medievali, sulla loro formazione, le loro botteghe, l'organizzazione del lavoro e le relazioni con le altre arti. Nella maggior parte dei casi solo le opere ancora conservate possono essere interrogate su questi aspetti dell'arte delle vetrate. Lì dove vennero erette grandi chiese, i vetrai appartenevano come gli scalpellini, i carpentieri e i fabbri alle maestranze. Solo nel Tardo Medioevo i maestri vetrai si organizzarono anche come corporazione (statuto della corporazione di Londra: 1364-1365; Parigi: 1467) oppure si associarono sul luogo della loro attività a un'altra corporazione di artisti. Dove si prospettavano per decenni grossi lavori di invetriatura - per es. per le v. della cattedrale di Chartres, dopo il 1194-1220/1240, o per il corpo longitudinale del duomo di Strasburgo, 1250-1275 - i cantieri vennero dotati di proprie officine con spazio sufficiente e un forno di cottura. In altri casi si adibì un atelier già in precedenza attivo sul posto permettendo a chi lo conduceva di chiamare, accanto agli impiegati stabili, anche pittori di v. o pittori da fuori per poter eseguire la commissione eccezionale entro il termine desiderato (per es. l'invetriatura del coro del duomo di Berna, 1441-1445; CVMAe, Schweiz, IV, 1998).La stretta relazione del vetraio con il mestiere del costruttore edile comportò che lo status dell'arte della v. venisse posta in questione dagli inizi dell'età moderna. In effetti il vetraio riuniva in una persona l'artista e l'artigiano, poiché la trasposizione di un'immagine sul vetro richiedeva oltre alla capacità artistica un'alta abilità artigianale. I pochi contratti tramandati accertano comunque spesso che il maestro vetraio veniva pagato per l'esecuzione dei disegni sulle tavole e per la pittura dei vetri (per es. John Chester per le pitture delle v. della cappella di S. Stefano a Westminster, 1351-1352; John Thornton per la grande finestra orientale nella cattedrale di York, 1405; Marks, 1993, p. 44). Non diversamente che per le grandi pale d'altare o per i monumenti funebri, il cui valore artistico non è mai stato messo in dubbio, anche per le v. dipinte il committente faceva realizzare in primo luogo un progetto secondo il quale gli artisti interessati dovevano eseguire la loro opera.Come i pittori di tavole e gli intagliatori nel caso dell'esecuzione dei grandi dossali d'altare, anche i maestri vetrai non realizzavano la loro opera individualmente. Essi lavoravano sempre in un gruppo che procedeva, con una divisione del lavoro, all'accelerazione del processo di realizzazione. Nella bottega del pittore, i migliori collaboratori insieme con il maestro dipingevano i vetri, mentre altri erano occupati principalmente con il taglio e la messa in piombo. Anche se lavoro comune di un gruppo, la pittura di v. fu fin nel sec. 14° avanzato il settore guida della pittura monumentale e nei secc. 15° e 16° produsse, accanto alla pittura su tavola, opere di altissima qualità (Castelnuovo, 1994, pp. 91-95). Strette relazioni tra la pittura vetraria e le altre arti figurative si ebbero in particolare per mezzo del disegno. La sua funzione come tramite di determinati motivi è tuttavia concretamente afferrabile solo alla fine del Medioevo. Le botteghe di miniatori e di maestri vetrai attive alla fine del sec. 14° e agli inizi del 15° a Bourges per Jean di Valois duca di Berry sono in proposito un esempio precoce. L'attento studio delle v. di Bourges di quell'epoca ha mostrato che alcuni motivi erano comuni ai miniatori e ai maestri vetrai (Kurmann-Schwarz, 1996, pp. 213-219). Il ruolo del disegno nel rapporto tra botteghe di pittori e di maestri vetrai è stato illustrato da Roth (1995) sull'esempio degli atelier di Strasburgo nell'ultimo quarto del 15° secolo. Allora i pittori su vetro non riprendevano semplicemente motivi dei pittori di tavole, bensì avevano a disposizione come questi una cartella di disegni di mano del maestro con studi di vesti. Entrambi i generi artistici elaborarono modelli in modo molto simile e si influenzarono vicendevolmente soprattutto sul piano dello scambio dei motivi.
Gli inizi delle v. dipinte medievali si possono rintracciare oltre l'anno 1100 solo sulla scorta di testimonianze frammentarie. Intorno al 400, Prudenzio menziona antelli colorati che verosimilmente erano strutturati in senso ornamentale. Sidonio Apollinare tuttavia già nel sec. 5° fa riferimento a figure colorate (Castelnuovo, 1994, pp. 212-215). Antelli figurati e ornamentali confrontabili sono stati portati in luce da scavi in chiese monastiche altomedievali in Inghilterra (Jarrow, sec. 7°; Brown, O'Connor, 1992, p. 8, fig. 3; Marks, 1993, pp. 105-107). Nel sec. 9° infine comparvero le prime pitture di v. figurate, poiché a partire da quest'epoca le fonti scritte menzionano spesso v. con figure e scene. Di queste però non si conserva quasi niente. La testa di Lorsch a Darmstadt (Hessisches Landesmus.) è tra le più antiche testimonianze della protostoria delle v. dipinte (Becksmann, 1995, pp. 16-17). Essa potrebbe aver fatto parte dell'invetriatura della chiesa in cui dopo l'876 venne sepolto il re Ludovico il Germanico. Il frammento è dipinto e mostra già tutte le peculiarità tecniche esposte da Teofilo nel De diversis artibus agli inizi del 12° secolo.Ancora fino al 1100 sono conservati solo resti estremamente sporadici di v., come la testina di Schwarzach (Münster, Schausammlung), la distrutta testa da Magdeburgo e la testa da Weissenburg in Alsazia (Strasburgo, Mus. de l'Oeuvre Notre-Dame), finché intorno al 1100 ca. fu eseguito un capolavoro, il ciclo dei Profeti nel duomo di Augusta e, quasi contemporaneamente, apparve il De diversis artibus di Teofilo. Tanto il dato monumentale quanto quello scritto indicano che l'arte della v. intorno al 1100 non era agli inizi bensì già aveva raggiunto un punto elevato del suo sviluppo. I profeti di Augusta sono oggi isolati e la loro datazione è discussa negli studi. Come epoca di esecuzione sono stati proposti gli anni intorno al 1100 (Grodecki, 1977, pp. 50-54), ma anche una data dopo il 1132, anno della distruzione di Augusta nella lotta per le investiture (Becksmann, 1995, pp. 39-41). In favore della datazione più tarda parlerebbero le concordanze formali con la coeva miniatura di Hirsau.Un altro aspetto meno monumentale della pittura di v. romanica nei territori di lingua tedesca è rapprentato dai celebri frammenti provenienti dall'abbazia premostratense di Arnstein (Münster, Westfälisches Landesmus. für Kunst und Kulturgeschichte), che risalgono al 1150-1160. Per le cinque finestre del coro Becksmann (1995, pp. 41-45) ha ricostruito un ciclo di v. tipologiche, di cui sono conservati solo i frammenti dell'albero di Iesse e di alcune scene veterotestamentarie. Il ritratto del pittore Gerlachus, incorniciato da un'iscrizione con la richiesta della grazia divina, si trova oggi nell'antello con il Roveto ardente. Probabilmente esso non si trova più nella sua collocazione originaria poiché taglia l'iscrizione virga versatur al margine inferiore del campo. Il dettagliato disegno interno e la ricchezza ornamentale mettono le v. di Gerlachus in rapporto con oggetti delle arti suntuarie, tuttavia la qualità straordinaria della sua opera ostacola una derivazione formale da determinati modelli.Tra il 1180 e il 1200-1205 il coro romanico, la cappella di S. Giovanni e la navata ottoniana del duomo di Strasburgo ricevettero una nuova invetriatura. Frammenti di essa si trovano oggi frammisti con altre v. nella navata laterale settentrionale, nel transetto e nel Mus. de l'Oeuvre Notre-Dame (Zschokke, 1942). Lo stile delle figure di queste v. mostra strette relazioni formali con le miniature dell'Hortus deliciarum (già Strasburgo, Bibl. Mun.), distrutto da un incendio, illustrato da miniatori di Strasburgo. La ricchezza decorativa della finestra di Salomone o anche del sovrano seduto fa ipotizzare che Gerlachus sia stato attivo come maestro anziano ancora all'invetriatura del duomo. Le v. di Strasburgo tuttavia sono essenzialmente più monumentali dei pannelli miniaturistici di Arnstein. Piuttosto, Gerlachus e la bottega di Strasburgo fanno parte di una comune tradizione renana che formò soprattutto l'aspetto tecnico delle v. e il repertorio ornamentale. Il S. Timoteo di Neuweiler (Parigi, Mus. Nat. du Moyen Age, Thermes de Cluny; ca. 1145-1150) indica che tale tradizione risale alla prima metà del secolo.Le v. romaniche francesi verosimilmente più antiche sono conservate nella cattedrale di Le Mans, la cui finestra dell'Ascensione è molto vicina alla miniatura della Francia occidentale del periodo intorno al 1100. Probabilmente le lastre appartenevano all'invetriatura della cattedrale romanica che venne ricostruita dopo gli incendi del 1134 e 1136. Caratteristico del linguaggio formale di queste v. sono le proporzioni delle figure fortemente allungate e i loro movimenti e gesti agitati, espressivi. Meno di due decenni più tardi, una bottega a Poitiers riprese questo tipo di espressione artistica in forma più pacata quando si trattò di invetriare il coro della cattedrale, la cui nuova costruzione era cominciata nel 1160 circa. La grande finestra mediana della terminazione rettilinea del coro ricevette nel 1165-1170 la sua v. fortemente espressiva con la Crocifissione di Cristo e il martirio dei principi degli apostoli, Pietro e Paolo. Come committenti appaiono, sotto alla Crocifissione di Pietro, il re inglese Enrico II e la sua consorte Eleonora d'Aquitania (la miniatura della finestra però è stata rinnovata da un pittore del sec. 19°).Una delle più vaste invetriature precoci in Francia, di cui si conservino ancora resti, venne realizzata intorno al 1145 per le sette coppie delle finestre delle cappelle del deambulatorio nel nuovo coro della chiesa abbaziale di Saint-Denis, ricostruita nel 1140-1144, al tempo dell'abate Suger (CVMAe, France. Etudes I, 1976). Benché alterati da restauri e rifacimenti del sec. 19°, i frammenti testimoniano ancora la qualità e l'importanza della invetriatura romanica nel coro di Saint-Denis. Viollet-le-Duc (1868) ha ricostruito i cicli di vetri di quattro finestre. Due altre aperture avevano v. ornamentali con un motivo a grifi. Un pezzo autentico, attorniato da v. moderne, è collocato in una settima finestra e molti altri frammenti della originaria invetriatura si trovano oggi nelle collezioni americane ed europee. Il tema principale del programma iconografico era la tipologia, l'unità dei due Testamenti, che Suger espose in molti meditati accostamenti e con dotte iscrizioni. L'unità del programma non comprende la conformazione artistica delle pitture, alla cui esecuzione furono attivi molti pittori o botteghe. Suger stesso racconta che aveva chiamato a Saint-Denis artisti de diversis nationibus (De rebus in administratione, XXXIV). Sebbene non si siano conservate altre opere di quest'epoca nell'Ile-de-France, Grodecki (1977, pp. 91-103) ha supposto che l'espressione formale della bottega principale sia stata quella tipica per la pittura di v. romanica della Francia del Nord. Le figure di queste realizzazioni si distinguono per le vesti ricadenti in modo sciolto, il cui panneggio è determinato dalle forme dei corpi e delle membra (albero di Iesse, Infanzia di Cristo, finestra allegorica). Proporzioni esageratamente allungate e vesti fortemente schematizzate mostrano invece i frammenti di una finestra con Storie di s. Benedetto, che risveglia piuttosto ricordi della tradizione romanica della Francia occidentale. Le figure nel medaglione con il Signum Tau hanno invece proporzioni tozze e le loro vesti sono panneggiate mollemente alla maniera del fonte battesimale del S. Bartolomeo di Liegi. L'azzurro chiaro collega le v. di tutti i gruppi ed è nel complesso il colore che appare dominante.Poco tempo dopo l'invetriatura del coro di Saint-Denis, vennero dotate di v. le tre grandi finestre (ca. 1150) della facciata occidentale della cattedrale di Chartres, allora ricostruita, le quali dovevano soprattutto dare più luce al corpo longitudinale tardoromanico. I pittori di Chartres trasformarono il linguaggio formale della bottega principale di Saint-Denis in senso monumentale e realizzarono le v. in considerazione di un punto di osservazione lontano, in modo che il loro contenuto restasse riconoscibile anche a distanza. A fianco del blu chiaro, che tanto fortemente domina a Saint-Denis, ora compare, come solo poco tempo dopo a Poitiers, un rosso caldo per cui si costituì un bicordo cromatico che per lungo tempo divenne il marchio delle v. dipinte francesi.Accanto all'Ile-de-France e alla Francia occidentale, in Champagne si conserva il più importante gruppo di v. dipinte romaniche francesi. Frammenti dell'invetriatura del coro degli anni posteriori al 1147 sono conservati nella sagrestia della cattedrale di Châlons-sur-Marne. Parti di una finestra tipologica sulla Passione mostrano strette relazioni formali con l'oreficeria mosana, il cui irraggiamento poteva essere osservato anche nelle v. di Saint-Denis solo di poco più antiche (Signum Tau). Queste opere rinunciano alla parcellizzazione romanica delle figure, cosicché il panneggio delle vesti racchiude organicamente i corpi. Con ciò i pittori delle v. fanno un importante passo avanti verso lo 'stile 1200'.A partire dal 1162-1164, l'abate Pierre de Celles fece ricostruire la chiesa nella sua abbazia di Saint-Remi a Reims. Allora venne anche progettata un'ampia invetriatura, di cui si conserva ancora gran parte. La data di realizzazione delle v. dipinte di Saint-Remi è discussa nella letteratura storico-artistica. Mentre Grodecki (1977, pp. 130-140) ritiene che l'invetriatura della navata centrale sia la serie più antica (prima del 1160), Harrison Caviness (1990, pp. 102- 118, 124-125) sostiene con buone ragioni che sia quella eseguita per ultima (ca. 1195-1205). Secondo la sua opinione l'invetriatura della chiesa abbaziale cominciò dal coro (1175-1180), il cui cleristorio ebbe v., ciascuna con due figure in trono sovrapposte, un vescovo di Reims sotto una figura biblica. La Crocifissione nella finestra assiale del cleristorio del coro invece viene datata all'unanimità al 1180 circa. L'atelier, che si costituì probabilmente in occasione dell'invetriatura di Saint-Remi, fu in seguito attivo anche a Canterbury e a Braine. Esso era formato da un gruppo di vetrai che condividevano un determinato patrimonio di modelli, vale a dire che non necessariamente lavoravano tutti contemporaneamente nei tre luoghi. Le ben proporzionate figure plastiche con le loro vesti morbidamente fluenti non mostrano più alcuna traccia della parcellizzazione romanica della figura. Piuttosto, esse rappresentano già l'espressione artistica che si usa chiamare 'stile 1200', Muldenfaltenstil o stile antichizzante.In Inghilterra si conservano solo frammenti dei cicli di v. del sec. 12° (per es. cattedrale di York; Marks, 1993, pp. 113-117). I responsabili della nuova costruzione progettarono dopo il 1174 per la cattedrale di Canterbury l'invetriatura probabilmente più vasta di tutto il 12° secolo. Come già è stato indicato riguardo alle v. dipinte di Saint-Remi di Reims sussistono stretti rapporti tra questa impresa e quelle coeve nel continente. Come a Saint-Denis, le finestre del deambulatorio ricevettero cicli narrativi e serie tipologiche. Le loro armature vennero lavorate in forme di medaglione, una soluzione che i pittori dopo il 1194 ripresero a Chartres. Il cleristorio di Canterbury ebbe v. ciascuna con due figure monumentali, sedute, degli antenati di Cristo, delle quali oggi ne sono ancora conservate trentacinque nel transetto orientale e nella grande finestra occidentale del corpo longitudinale. L'invetriatura seguì strettamente il corso della costruzione, cosicché le più antiche v. si trovano nel coro dei monaci (ca. 1175-1180). In una fase di poco seguente ebbero le loro v. la Trinity Chapel (dopo il 1184) e la Corona (1195-1200). Poiché i lavori vennero interrotti durante l'esilio dei monaci e dell'arcivescovo del 1207-1213, l'invetriatura venne conclusa solo verso il 1220 (finestra di Tommaso Becket nel deambulatorio del coro). Come a Saint-Remi, anche a Canterbury lo stile delle immagini delle v. dipinte si distaccò sempre più dallo schematismo romanico e creò immagini dal profilo compatto, un disegno interno unificato, fluente e accordato alle forme del corpo e movimenti tranquilli e controllati. La ricca ornamentazione, così tipica delle v. romaniche (Arnstein, Strasburgo, Saint-Denis), si limita alle bordure, ai fondi tra i medaglioni e alle loro cornici.Lo 'stile 1200', che non era né puramente romanico, né conduceva al linguaggio formale gotico, ebbe la sua fioritura per quanto riguarda le v. in Francia e in Renania. Mentre l'ornamentazione e la composizione delle finestre erano ancora vincolate alla tradizione romanica, lo 'stile 1200' portò non solo nuove forme per la riproduzione di figure bensì anche un mutamento nella gamma cromatica. Questa nelle v. di Saint-Remi a Reims e della cattedrale di Canterbury divenne chiaramente più intensa e più scura rispetto a Saint-Denis e alle finestre occidentali di Chartres. Con questa innovazione, che teneva conto delle dimensioni crescenti delle finestre, l'arte delle v. reagiva con ritardo al mutamento formale nell'architettura, che si era affermato già in Saint-Denis intorno al 1140.Le innovazioni dell'invetriatura di Canterbury e Saint-Denis vennero riprese dai progettisti delle cattedrali di Bourges e Chartres. Nel 1194 il vescovo e il Capitolo di Chartres decisero di ricostruire la loro chiesa dopo un devastante incendio. Mantenendo la facciata occidentale della metà del sec. 12°, si iniziò con l'erezione del corpo longitudinale, la cui invetriatura, come a Canterbury, si svolse secondo il ritmo della progrediente costruzione. Per questo motivo, la direzione del cantiere dovette poco dopo il 1194 aver allestito sul posto una bottega di maestri vetrai, chiamando a Chartres artefici da ogni parte. La loro fretta si manifesta nelle differenze stilistiche che si possono osservare nell'invetriatura del corpo longitudinale. Alcuni pittori mostrano ancora stretti legami con le arti figurative romaniche (v. di Noè, Nicola e Lubino), altri invece rappresentano già lo 'stile 1200' completamente sviluppato (v. della Morte della Vergine e di Eustachio). La costruzione e l'invetriatura del corpo longitudinale dovettero forse essere state concluse ancora prima del 1210, cosicché i pittori poterono procedere subito all'esecuzione delle v. per le finestre del nuovo coro che stava sorgendo. La gran parte delle aperture nel suo deambulatorio e nelle cappelle, nonché l'intero cleristorio del coro erano ultimati nel 1220, poiché allora il Capitolo stabilì l'ordine dei posti nei nuovi stalli. Le v. del transetto e una parte delle finestre nel deambulatorio e nelle cappelle vennero eseguite probabilmente un po' più tardi (diverse opinioni in proposito, da ultimo: Lautier, 1990; Kurmann, Kurmann-Schwarz, 1995).
Sempre nell'ultimo decennio del sec. 12° prese avvio la nuova costruzione del coro della cattedrale di Bourges. I lavori procedettero così rapidamente che nel 1214 l'ambulacro e le cappelle erano in uso: ciò significa che allora anche le v. erano già in opera. Queste non sono, come spesso si è affermato, artisticamente dipendenti da Chartres (Grodecki, Brisac, 1984, pp. 74-80), poiché piuttosto le botteghe di Bourges e di Chartres condividevano una tradizione formale comune, che aveva le sue radici sia nell'arte romanica dell'Occidente (opere del maestro principale, detto anche Maestro delle reliquie di s. Stefano), sia nello 'stile 1200' (Maître de la Nouvelle Alliance). Entrambe le tendenze stilistiche produssero anche qui opere di altissima qualità.Il coro della cattedrale di Laon, che venne ampliato intorno al 1205, conserva nelle finestre della parete orientale le sua invetriatura originaria, risalente al 1210 circa. La corporeità e le vesti morbidamente fluenti collegano le figure di queste v. alle miniature del salterio di Ingeborga (Chantilly, Mus. Condé, 9, già 1695), del quale ancora non si conosce precisamente il luogo di esecuzione. Questo esempio documenta la stretta relazione della pittura di v. con gli altri generi della pittura che sono dominati fin negli anni trenta del sec. 13° dallo stile antichizzante. Le innovazioni stilistiche procedono dapprima dalla scultura monumentale di Parigi (Notre-Dame, portale della Vergine, ca. 1210) e da lì si irradiano agli altri generi d'arte.
Nel deambulatorio del coro della cattedrale di Chartres già Delaporte (Delaporte, Houvet, 1927, pp. 135-136) aveva individuato un gruppo di v. che si distinguevano formalmente dagli altri cicli. Grodecki (Grodecki, Brisac, 1984, pp. 68-72) battezzò lo sconosciuto artista come Maître de Saint Chéron e suppose che egli fosse stato attivo negli anni venti, ma che non si trattasse del genio che aveva prodotto nelle v. la svolta verso lo stile gotico. In effetti questo maestro resta del tutto isolato negli anni venti, poiché tutte le altre opere paragonabili nelle v. francesi sono datate molto più tardi. La sua attività viene supposta così presto perché l'esecuzione dell'invetriatura del transetto della cattedrale di Chartres, stilisticamente affine, sulla base delle biografie dei donatori viene presunta sempre negli anni venti. Queste datazioni però si basano sul presupposto che i committenti facessero tali donazioni solo in vita. Se tuttavia si considera l'importanza di tali donativi nell'ambito della cura per i defunti, essi possono essere pensabili anche come memoria per un estinto. La finestra assiale nel coro della cattedrale di Reims, della cui esecuzione intorno al 1240 nessuno ha ancora dubitato, mostra molte affinità con i modi espressivi del Maître de Saint Chéron, cosicché l'attività di quest'ultimo a Chartres può senz'altro essere ipotizzata intorno al 1230.Con il Maître de Saint Cheron le v. dipinte francesi oltrepassano la soglia del Gotico, uno sviluppo che nell'architettura si era già compiuto più di un mezzo secolo prima. Diversamente si svolse la storia della v. nel Sacro romano impero. Qui lo 'stile 1200' venne accolto solo nelle regioni lungo il Reno confinanti con la Francia. La più ampia invetriatura precoce è conservata nella parte orientale, eretta nel 1215-1226, della chiesa di St. Kunibert a Colonia. Contrariamente all'uso francese, i cicli narrativi occupano il cleristorio del coro, mentre le singole figure allungate decorano le finestre del piano terreno. La finestra centrale con Iesse per la prima volta presenta al posto dei precursori tra i rami dell'albero una serie di scene neotestamentarie fiancheggiate da figure dell'Antico Testamento e da profeti. La lussureggiante ornamentazione appartiene ancora del tutto alla tradizione romanica, mentre lo stile delle figure se ne discosta già chiaramente per le forme organiche e ben proporzionate. Cicli di v. conservati in modo frammentario nelle cattedrali di Friburgo e Strasburgo documentano che lo 'stile 1200' era presente anche nell'Alto Reno (Friburgo, cattedrale, medaglioni da una finestra con l'albero di Iesse, ante 1218; Strasburgo, cattedrale, Salomone in trono e la regina di Saba; Davide stante e Salomone, rosone meridionale, 1220-1230).
Sempre nel territorio dell'impero si trova la cattedrale di Losanna, dove verosimilmente vennero invetriati coro e transetto. Di tale complesso, oltre al rosone del transetto sud, decorato con un ciclo cosmologico, sono ancora conservati solo pochi frammenti. Né l'iconografia né lo stile dell'eccezionale ciclo figurato del rosone si possono ricondurre a un preciso modello, ma esso appare più prossimo alle v. francesi rispetto ai menzionati esempi nell'impero. Beer (CVMAe, Schweiz, I, 1956) ritenne il rosone opera del maestro vetraio Pierre d'Arras, menzionato dalle fonti tra 1217 e 1235, e pose la sua esecuzione verso la fine di questo arco di tempo. Una datazione più alta propongono recenti studi (La Rose de la cathédrale de Lausanne, 1999, pp. 15-19, 57).La già menzionata invetriatura nel coro della cattedrale di Reims venne intrapresa intorno al 1227 ma completata solo verso il 1240. In queste v. si può osservare il mutare dello 'stile 1200' verso il Gotico maturo. Non solo vi si trovano affrontate figure nello stile antichizzante degli anni venti con altre partecipi del nuovo linguaggio formale gotico, ma anche i vetrai per la prima volta dovettero affrontare il compito di invetriare finestre a traforo. Il reticolo lapideo permetteva di aprire e invetriare tutta la superficie tra le semicolonnine e i pilastri. Diversamente rispetto a Chartres, dove i gruppi di finestre erano come tagliati nella parete, le aperture, che vengono ancora appena interrotte dai sottili sostegni delle finestre e dai trafori, appaiono come luminose membrane policrome tese tra le membrature portanti dell'architettura. Questa concezione, che era presente all'inizio della costruzione nel 1210, venne ripresa subito dopo la sua nascita da altri edifici: nella navata centrale della cattedrale di Amiens (dopo il 1220), nel coro dell'abbaziale di Saint-Denis (dal 1231) e nella cappella castrale di Saint-Germain-en-Laye (quarto decennio del sec. 13°); tuttavia tutti hanno perduto l'invetriatura originaria. Il coro della cattedrale di Troyes e la Sainte-Chapelle del Palais de la Cité a Parigi costituiscono perciò già un primo culmine di questo sviluppo verso il Gotico maturo, le cui singole fasi non si possono più seguire a causa delle lacune nella trasmissione. Mentre a Reims e a Troyes ampi bordi concludevano in sé le singole lancette, queste cornici isolanti diminuiscono sempre più, cosicché l'articolazione della pittura vetraria, in quanto rapporto unitario, si estende ogni volta su un'intera finestra.Al più tardi intorno al 1240, non solo la composizione bensì anche lo stile delle figure delle v. raggiunse il Gotico maturo. Il nuovo stile si manifestò improvvisamente a Reims, Troyes e Parigi (Sainte-Chapelle; Saint-Germain-des-Prés, cappella di S. Maria), senza che però siano venuti meno del tutto alcuni motivi dello stile antichizzante. All'invetriatura della Sainte-Chapelle lavorarono giovani artisti, che avevano già completamente superato lo 'stile 1200', accanto ad altri che ancora ampiamente vi si attenevano (CVMAe, France, I, 1, 1959; Leniaud, Perrot, 1991). Si imposero tuttavia una tipologia di figura unitaria e una ornamentazione semplificata, che conferiscono alle v. la necessaria unità formale.Grodecki (Grodecki, Brisac, 1984, pp. 133-138) ha definito l'invetriatura del coro della cattedrale di Tours come il monumento chiave per lo sviluppo delle v. dipinte francesi nella seconda metà del 13° secolo. Nel cleristorio di Tours l'articolazione delle v. si estende sull'intera superficie delle finestre e ricopre anche i bordi delle singole lancette in modo tale che scavalcando il Masswerk si crea un regolare tappeto decorativo. Anche lo stile delle figure abbandona ogni ricordo dello 'stile 1200'. Slanciate silhouettes concluse caratterizzano queste figure, le cui vesti avvolgono i solidi corpi con un proprio strato, dispiegandosi in grosse pieghe angolose. Benché il rosso e il blu ancora dominino l'effetto coloristico, la cromia appare nel complesso più chiara, poiché la quantità di superficie destinata al bianco e al giallo è evidentemente aumentata.Il sistema della 'finestra a banda' (composta di grisailles e di antelli policromi) e uno stile delle figure espressivo e monumentale si affermano definitivamente nell'invetriatura della chiesa collegiata di Saint-Urbain a Troyes. Tuttavia sorprendono in particolare le ampie bordure, che in tutti gli altri monumenti sono state invece ridotte a fasce sottili. Esse appaiono così in risalto a Saint-Urbain in quanto servono da supporto a decorazioni araldiche indicanti le donazioni di personaggi altolocati.Un gruppo di monumenti della Francia occidentale ricevette nella seconda metà del sec. 13° e agli inizi del 14° la propria invetriatura (Chartres, Saint-Père; Poitiers, Sainte-Radegonde; Sées, cattedrale; Vendôme, già chiesa abbaziale; Evron, già chiesa abbaziale). La ricerca assegna loro una propria linea di sviluppo che ha il suo punto di partenza nell'invetriatura del transetto meridionale di Chartres e nelle v. del coro della cattedrale di Le Mans (Lillich, 1994). Questo gruppo si distingue per espressività e per la resistenza all'elegante stile parigino. Se si osservano queste opere più da vicino, spesso non si può reprimere l'impressione di provincialismo e di maldestra grossezza. È inoltre difficile valutare la posizione di queste v. rispetto alle opere della c.d. arte di corte poiché non sono in pratica consevate v. dipinte parigine della seconda metà del 13° e del 14° secolo.I cicli perduti della capitale francese sono rispecchiati probabilmente dalle opere di alta qualità compiute tra il 1310 ca. e il 1340 in Normandia (Rouen, cattedrale, cappella della Vergine, ca. 1310; Lautier, 1998; Rouen, Saint-Ouen, coro, 1325-1338: CVMAe, France, IV, 2, 1970; Evreux, cattedrale, coro, intorno al 1340: Gosse-Kischinewski, Gatouillat, 1997). Le v. nel deambulatorio del coro di Saint-Ouen sono articolate per intero come 'finestre a banda' e rappresentano negli antelli policromi figurati cicli narrativi le cui singole scene sono inquadrate da polimorfe architetture del Gotico maturo. La cromia di questi cicli di v. è decisamente chiara e sta in un più armonioso rapporto con le grisailles rispetto alle lastre dai colori forti nel coro di Tours. La ricca pittura con grisaglia e giallo d'argento e gli elementi colorati contribuiscono a un accordo tra le lastre a grisaille e quelle policrome. Lo stile delle figure di Saint-Ouen si riallaccia alle opere del miniatore parigino Jean Pucelle, attivo negli stessi anni. Egli creò simili figure plastiche con vesti liberamente drappeggiate intorno ai corpi. Nella sua opera compaiono anche per la prima volta le raffigurazioni sceniche spaziose che i pittori di v. inquadrarono con architetture altrettanto tridimensionali. Nel cleristorio del coro viene trasposto in forme monumentali lo stile delle finestre del deambulatorio. Solo la finestra assiale ebbe un'invetriatura policroma, mentre in tutte le altre si trovano singole figure su un fondo a grisaille. Una variante monumentale delle v. nell'ambulacro del coro di Saint-Ouen caratterizza anche l'invetriatura del coro di Evreux, che nell'asse ha un gruppo di tre finestre policrome.I maestri vetrai inglesi ripresero lo stile gotico maturo di impronta francese nella seconda metà del sec. 13°; tuttavia si approssimarono solo negli anni settanta e ottanta al modello continentale (Marks, 1993, pp. 141-165). Il nuovo stile delle figure era del tutto sviluppato alla fine del 13° secolo. Allora i pittori ripresero anche la 'finestra a banda' e inquadrarono le figure con architetture (Oxford, Merton College, cappella, ca. 1300). I più importanti cicli della prima metà del sec. 14° furono eseguiti nelle cattedrali di Exeter, Wells, York e Gloucester. Particolarmente efficaci sono le grandi finestre del coro e della facciata occidentale, i quali sono completamente strutturati come pareti di vetro. La finestra orientale della cattedrale di Exeter venne rinnovata alla fine del sec. 14°, ma sono conservate alcune v. del maestro Walter risalenti al 1301-1304, come per es. l'elegante profeta Isaia. Il corpo longitudinale della cattedrale di York conserva una delle più complete invetriature inglesi del periodo 1300-1340. Le v. per la grande finestra occidentale vennero commissionate nel 1338-1339 e furono eseguite dai pittori Robert e Thomas. Anch'esse si riallacciavano a modelli della cerchia del miniatore parigino Jean Pucelle che erano stati trasmessi probabilmente attraverso le fiorenti botteghe di Rouen. A questa tradizione appartiene ancora la grande finestra orientale della cattedrale di Gloucester, che venne invetriata negli anni cinquanta. Come più tardi anche in Francia, le figure e le architetture sono dipinte esclusivamente sul vetro bianco, mentre i colori sono riservati ai fondi.Diversamente che in Inghilterra, nelle v. dipinte delle regioni di lingua tedesca si sviluppò una propria tradizione che trasse i suoi stimoli non dalla Francia bensì dall'arte dell'area bizantina. Esempi di questo stile di particolare qualità vennero realizzati per i trafori nella navata laterale della cattedrale di Strasburgo (metà del sec. 13°) e per le finestre nel coro occidentale del duomo di Naumburg (1250-1260). Il singolare panneggio angoloso delle vesti e la ricchezza dell'ornamentazione, quest'ultima ancora nella tradizione romanica, sono caratteristiche di entrambi i cicli e delle opere a essi affini. A Naumburg tuttavia è evidente che i pittori hanno tentato di integrare nelle loro opere la concezione della figura del rinomato scultore delle statue dei fondatori. In Austria i pittori si attennero al loro modo espressivo tradizionale fino al 1300, fatto che non impedì di creare opere grandiose, come i profeti del coro della chiesa cistercense di Heiligenkreuz (ca. 1290; CVMAe, Österreich, II, 1, 1972, pp. 95-145).
Pittori tedeschi, che secondo le ricerche di Martin (Martin, Ruf, 1997, pp. 19-40; Hess, 1998) provenivano forse dall'area di Magonza e Salisburgo, eseguirono intorno al 1255 l'invetriatura del coro della basilica superiore di S. Francesco ad Assisi. Le tre finestre a due lancette ebbero ciascuna un ciclo di lastre tipologico le cui scene neotestamentarie si riferivano alla vita della Vergine e di Cristo. Questo programma figurativo, raro per l'Italia, interpretava congiuntamente i due Testamenti e prendeva posizione contro le tendenze gioachimite all'interno dell'Ordine. Se ad Assisi si chiamarono pittori transalpini per l'invetriatura del coro, intorno al 1287-1288 artisti locali crearono le v. per il grande rosone nel coro della cattedrale di Siena: Carli (1946) ha attribuito i progetti e il cartone a Duccio di Buoninsegna, i cui precedenti capolavori, tra cui la Madonna Rucellai a Firenze (Uffizi), hanno riscontro nello stile delle pitture delle vetrate. L'articolazione in campi quadrati e la cromia dominata dal blu e dal giallo distinguono quest'opera straordinaria.L'invetriatura del cleristorio e della navata laterale nord della cattedrale di Strasburgo (1250-1275) mostra come la pittura vetraria della Germania nel corso della seconda metà del sec. 13° si sia sempre di più discostata dallo Zackenstil, accogliendo le forme di impronta francese. Le finestre della navata centrale furono decorate, a N, con santi disposti su due file sovrapposte. A essi corrispondevano, a S, sante vergini e martiri, mentre in ogni lancetta delle finestre della navatella nord si trova un imperatore o re del Sacro romano impero. Questo programma si rifà all'iconografia delle v. dipinte romaniche che intorno al 1180 erano state realizzate per il corpo longitudinale ottoniano. Il cantiere del duomo di Colonia e gli Ordini mendicanti furono in seguito ulteriori, importanti tramiti del patrimonio formale francese per le botteghe dei maestri vetrai. La finestra tipologica della chiesa domenicana di Colonia, attualmente nel duomo (ca. 1280), così come la Vergine e S. Gertrude della chiesa delle Domenicane, che oggi si trovano a Münster (Westfälisches Landesmus. für Kunst und Kulturgeschichte; 1280-1290), sono le prime testimonianze a Colonia della nuova arte delle v. di influenza francese (Becksmann, 1995, pp. 96-98).Le finestre nel deambulatorio del nuovo duomo di Colonia, ricostruito a partire dal 1248, con l'eccezione della cappella assiale, furono decorate in un primo tempo con grisailles, mentre il cleristorio dal 1280 fu dotato di v. policrome nella cui zona inferiore erano raffigurate figure monumentali di re all'interno di tabernacoli. V. ornamentali densamente colorate riempiono le lancette al di sopra e il traforo. Questo sistema di invetriatura si trova a partire dal tardo sec. 13° in Alsazia (Niederhaslach, Sankt Florentius, coro, ca. 1280). Verosimilmente solo poco tempo dopo la consacrazione del duomo di Colonia, nella zona inferiore delle finestre delle cappelle vennero inserite nelle grisailles v. figurate policrome (ca. 1330-1340). Il crescente senso dello spazio che si può osservare in queste opere testimonia contro la datazione precoce finora corrente (Brinckmann, Lauer, 1998).Partendo dall'invetriatura del corpo longitudinale della cattedrale di Strasburgo, anche nella Germania sudoccidentale si affermò, verso la fine del sec. 13°, il linguaggio formale gotico maturo di impronta francese. Come a Colonia, anche nell'Alto Reno gli Ordini mendicanti ebbero, accanto al cantiere di Strasburgo, un ruolo importante nella trasmissione dei modelli francesi (Becksmann, 1992). Le più antiche testimonianze di composizioni di scene impostate in senso spaziale si trovano infatti in tre importanti cicli di chiese mendicanti: nella finestra assiale della distrutta chiesa domenicana di Strasburgo, i cui resti sono collocati nella cappella di S. Lorenzo della cattedrale, nell'invetriatura dell'abside della chiesa abbaziale di Königsfelden e nella finestra centrale della chiesa francescana di Esslingen (tutti intorno al 1325-1330; Kurmann-Schwarz, 1998, pp. 29-42). Concezioni differenti sono alla base di queste tre finestre, ma le botteghe esecutrici, probabilmente tramite l'arte di Parigi degli anni venti, ripresero gli stessi italianismi, architetture e arredi resi tridimensionalmente, con cui viene rappresentato lo spazio all'interno delle scene.L'invetriatura della chiesa della fondazione asburgica di Königsfelden (1311) mostra le diverse possibilità formali della pittura di v. dell'Alto Reno nel secondo quarto del 14° secolo. Il corpo longitudinale ebbe dapprima un'invetriatura puramente ornamentale con elementi colorati. Tra il 1325-1330 e il 1340 il coro dei Francescani ricevette le sue v. policrome figurate. Queste mostrano tanto inquadrature architettoniche ortogonali e spaziate quanto un'articolazione della superficie della finestra mediante grandi medaglioni e quadrilobi. Lo stile delle figure, che dall'epoca intorno al 1300-1310 era consueto in Alsazia, ha le sue radici nella pittura francese del periodo 1290-1300. Le fogge degli abiti e l'impostazione spaziale delle scene indicano tuttavia l'impiego di modelli degli anni tra il 1320 e il 1340. Le v. vennero verosimilmente realizzate da una bottega di Basilea e inviate a Königsfelden. Infine una bottega, che eseguì anche le v. dipinte per il coro della chiesa domenicana di Strasburgo, produsse tra il 1358 e il 1364 il ciclo asburgico per le finestre delle navate laterali.Altre importanti invetriature della prima metà del sec. 14° sorsero a Friburgo in Brisgovia, Esslingen e Costanza. A Ratisbona si cominciò verso il 1270 a ricostruire il duomo, la cui parte orientale intorno al 1300 era tanto progredita nei lavori che si poté cominciare l'invetriatura (CVMAe, Deutschland, XIII, 1, 1987). Nel 1340 venne consacrata la Stephanskirche a Vienna, di cui si conservano ancora solo frammenti delle v. originarie. Particolarmente significativo è il lacerto di una Crocifissione monumentale, del 1330-1340 ca. (CVMAe, Österreich, I, 1962).La cattedrale di León conserva l'unico grande ciclo di v. del Gotico maturo in Spagna (ultimo quarto del sec. 13°), che mostra stretti legami con i modelli francesi del periodo intorno al 1250 (Fernández Arenas, 1992).In Francia dopo il 1339 v. dipinte furono realizzate solo in quelle regioni non toccate dalle ostilità della guerra dei Cento anni (1339-1453). Intorno alla metà del secolo il Capitolo della cattedrale di Chartres fece invetriare la cappella di Saint-Piat, la cui terminazione rettilinea del coro ebbe una finestra policroma. La resa delle figure nelle pitture vetrarie dell'ultimo terzo del sec. 14° preannuncia lo stile internazionale dell'epoca intorno al 1400 con il forte sviluppo in ampiezza delle sagome e le vesti che ricadono morbidamente con ricchezza di orli avvolti in serpentine (Evreux, cattedrale, cappella del Rosario, ca. 1370; Bourges, Sainte-Chapelle, 1391-1397). La finestra dei Re (intorno al 1395) e la Donazione del vescovo Guillaume de Cantier (1412-1418) per la cattedrale di Evreux rappresentano già la fase matura di questo stile. All'epoca non solo le architetture ma le figure venivano dipinte solo su vetro bianco (Bourges, cattedrale, cappella Aligret, 1404/1405-1409; Kurmann-Schwarz, 1996).Nei paesi di lingua tedesca l'attività delle botteghe dei maestri vetrai ebbe un forte incremento nella seconda metà del sec. 14° e verso la fine di questo periodo giunse al suo maggiore sviluppo. Il coro del duomo di Erfurt eretto tra il 1349 e il 1370-1372 dovette ricevere dapprima un'invetriatura bianca. Ca. dieci anni dopo la consacrazione della nuova costruzione, partì la realizzazione delle v. figurate del coro a opera di una bottega i cui membri verosimilmente provenivano da Norimberga e disponevano di modelli risalenti all'invetriatura, completamente perduta, del duomo di S. Vito a Praga (controverse sono le valutazioni circa la cronologia: CVMAe, DDR, I, 2, 1980; Becksmann, 1995, pp. 150-153). I lavori iniziarono nel 1380 ca. con le finestre della Genesi, di Abramo, di Giacobbe e della Passione. Componenti della stessa bottega realizzarono nel 1392-1398 le v. per la chiesa dell'ospedale di St. Martha a Norimberga e cominciarono nel 1390-1400 l'invetriatura del coro del duomo di Ulma (finestre di Anna e Maria, del ciclo tipologico, e più tardi finestra di S. Giovanni: CVMAe, Deutschland, I, 3, 1994, pp. 16-64). Le figure sono incorniciate da spazi a cassa che si legano alle forme dell'architettura reale. Grazie al forte imbrunimento del vetro le v. di Erfurt hanno assunto un'unitaria colorazione calda che probabilmente era in origine molto più ricca di contrasti. Sia a Ulma (finestre delle Gioie di Maria e dei Medaglioni) sia a Erfurt (finestre di S. Bonifacio e di S. Elena, dopo il 1416) comparve intorno al 1400 e poco dopo una nuova bottega, che già si era volta allo stile internazionale del tempo, più ricco e fortemente idealizzato. Uno sviluppo simile a quello di Erfurt e Ulma si svolse anche nelle v. a Vienna, che ricevette stimoli anche dall'arte di corte praghese (Vienna, Historisches Mus., già cattedrale, finestra degli Asburgo della cappella di S. Bartolomeo, ante 1395).Un capolavoro dello stile internazionale si conserva nella finestra della grande sala del municipio di Lüneburg. Il ciclo dei nove eroi dell'epoca intorno al 1410 è anche una delle rarissime invetriature a tematica profana. Nell'area di lingua tedesca i nove eroi erano esempio della buona amministrazione della giustizia, di cui le stesse città si consideravano garanti.Il passaggio dall'elegante linguaggio formale della prima metà del sec. 14°, che a torto si è definito come manierismo, a figure piuttosto tozze e fortemente plastiche con volti sgradevoli, a volte caricaturali, che si osserva nelle v. tedesche si ritrova anche in Inghilterra (Marks, 1993, pp. 166-189). Si possono citare per es. le figure degli apostoli sotto massicci tabernacoli create da Thomas Glazier di Oxford nel 1380-1386 per incarico di William di Wykeham, vescovo di Winchester, per la cappella del New College. La produzione più tarda di Thomas Glazier mostra però già il fine modellato che fu poi caratteristico delle v. inglesi dello stile internazionale (cappella del College di Winchester, 1393). Thomas introdusse inoltre ariose strutture aperte nelle incorniciature architettoniche. Lo stile internazionale di impronta inglese produsse i suoi capolavori nella finestra ovest della cattedrale di Canterbury (intorno al 1400) e nella finestra orientale della cattedrale di York (John Thornton of Coventry, 1405-1408).Ad Assisi nel primo quarto del sec. 14° venne invetriata la basilica inferiore di S. Francesco. I lavori furono affidati, come già nella basilica superiore, alle mani di artisti italiani, che presto introdussero nelle v. anche le strutture spaziali dei frescanti che operavano al tempo. Giovanni Bonino realizzò nel 1330-1334 la grande finestra del coro del duomo di Orvieto e forse in precedenza fu attivo anche ad Assisi (Castelnuovo, 1994, pp. 366-371; Martin, Ruf, 1997, pp. 171-179). I maestri vetrai di Assisi e Orvieto si attennero alle scene nei polilobi e come cornice per le figure singole predilessero la lunga cornice mistilinea all'architettura. Anche l'ornamentazione restò fin nel sec. 15° sostanzialmente più ricca che Oltralpe.Un aspro linguaggio formale, fortemente realistico, subentrò intorno al 1430 al raffinato stile internazionale. Questo mutamento prese avvio dalla pittura dei Baesi Bassi, che tuttavia non venne subito imitata dagli artisti francesi e tedeschi. Piuttosto, come del resto anche nella pittura, sorsero dapprima opere fortemente improntate dalle forme espressive locali. Particolarmente efficace è l'invetriatura, risalente al 1430-1435, del rosone e della finestra nella facciata del transetto nord della cattedrale di Le Mans. Le ampie sagome e i grandiosi panneggi delle figure ricordano ancora lo stile internazionale, ma i volti individualizzati della serie dei donatori rivelano il sopraggiungere di una nuova visione della realtà.Ogni richiamo alle opere dello stile internazionale venne abbandonato dalla bottega che risulta attiva prima della metà del sec. 15° a Bourges, dove Jacques Coeur nel 1451 fece invetriare la sua cappella di famiglia nella cattedrale e la nuova sagrestia da lui fondata chiamando un artista che disponeva di modelli tratti dalle pitture fiamminghe della cerchia di Jan van Eyck (Kurmann- Schwarz, 1988, pp. 176-179; 1999). La presenza dell'anonimo maestro improntò durevolmente in seguito lo stile delle figure della bottega di Bourges (cappella Beaucaire, ca. 1454; grande finestra occidentale della cattedrale, 1447-1455; Sainte-Chapelle di Riom, ante 1456). Un altro apice dell'arte delle v. tardomedievali in Francia è costituito dalle opere realizzate dal 1480 ca. fin verso la fine del sec. 15° per la cattedrale di Moulins (finestra dell'arcivescovo di Lione, 1480-1490; finestra della famiglia Petidé, 1480-1490). Queste v. sono anch'esse fortemente segnate dall'arte dei Paesi Bassi, una relazione che si rafforzò dopo la svolta del secolo, quando un pittore fiammingo dipinse intorno al 1502 il trittico per la cattedrale. In connessione con il suo operato sono state poste le v. per la cappella della famiglia Popillon (Kurmann-Schwarz, 1991).In Inghilterra i maestri vetrai mantennero fin negli anni trenta del sec. 15° e a volte ancora più a lungo lo stile internazionale. Sull'isola le v. dipinte ebbero un particolare sviluppo nella seconda metà del sec. 15°, ma in quest'epoca esse non furono più così aperte agli impulsi del continente come nel passato. Anche nella loro fase insulare sorsero tuttavia opere significative, come per es. le v. per la cappella Beaucamp a Warwick (1447-1464), il cui autore, John Prudde, emerge per la grande eccellenza tecnica, e le invetriature di St Peter Mancroft a Norwich e della collegiata di Tattershall (intorno e dopo il 1480; Marks, 1993, pp. 190-204). Alla fine del secolo prevalsero le botteghe straniere principalmente fiamminghe. La zona inferiore della finestra dei Re nella cattedrale di Canterbury (facciata nord del transetto occidentale) fu dotata tra il 1482 e il 1487, di v. che mostrano l'impronta di un maestro della cerchia di Hugo van der Goes (CVMAe, Great Britain, II, 1981, pp. 251-273). Infine vi furono anche artisti fiamminghi che dopo la svolta del secolo introdussero le forme rinascimentali nelle v. inglesi.Anche nei paesi di lingua tedesca si giunse nel sec. 15° a una grande fioritura delle vetrate. Il coro del duomo di Stendal ebbe tra il 1423 e il 1440 un'estesa invetriatura policroma. Le premesse formali per le v. dipinte dell'abside si trovano nella finestra della Crocifissione del duomo di Havelberg. Dopo il 1430 la bottega di Stendal venne incrementata da artisti provenienti da Luneburgo e Lubecca che collaborarono all'esecuzione della finestra nel coro (CVMAe, DDR, V, 1, 1988).Diversamente che in Inghilterra, i pittori tedeschi ricevettero molto prima impulsi dalla pittura fiamminga. Questo vale in particolare per la bottega che invetriò nel 1430-1431 la cappella Besser nel lato meridionale del coro del duomo di Ulma (CVMAe, Deutschland, I, 3, 1994, pp. 126-167). Un artista a cui era familiare la pittura di Robert Campin (forse Hans Multscher) trasmise ai pittori di Ulma motivi sorprendentemente moderni e composizioni immaginose, che essi integrarono con grande abilità nel loro consueto linguaggio formale. La stessa bottega realizzò prima del 1441 le pitture di v. per la finestra assiale nel coro della collegiata di Berna, che era stato ricostruito a partire dal 1421. I pittori trasposero in chiave monumentale il linguaggio formale della cappella Besserer e ricevettero inoltre l'influsso di un pittore che nel 1437 aveva dipinto nella bottega di Hans Multscher gli sportelli dell'altare di Wurzach (Berlino, Staatl. Mus., Pr. Kulturbesitz, Gemäldegal.). I conti della città di Berna registrano sotto l'anno 1441 un pagamento al maestro Hans von Ulm, che aveva eseguito le v. dipinte con la Passione di Cristo, le aveva trasportate a Berna e messe in opera (CVMAe, Schweiz, IV, 1998, pp. 131-170).Quando il Consiglio di Berna nella seconda metà degli anni trenta del sec. 15° aveva ordinato la v. della Passione a Ulma, evidentemente sul luogo non c'era ancora nessuna bottega che fosse in grado di invetriare la grande quadrifora del nuovo coro tardogotico. Nel 1447 però l'amministrazione ecclesiastica decise di far realizzare la finestra successiva con la leggenda dei Diecimila martiri in una bottega di Berna (1448-1450). Le fonti parlano della presenza del pittore Bernhart, che evidentemente aveva disegnato i modelli per le v. e di maestri stranieri che collaborarono all'esecuzione. Anche alle tre finestre ancora conservate con l'albero di Iesse, la leggenda dei Magi e il mulino mistico (tra 1451 e 1455 ca.) collaborarono di volta in volta altri artisti che erano giunti a Berna dalle grandi città dell'Alto Reno (Basilea, Strasburgo; CVMAe, Schweiz, IV, 1998).Proprio a Strasburgo vennero prodotte nell'ultimo quarto del sec. 15° v. dipinte tardogotiche che furono così richieste da essere inviate in tutta la Germania meridionale. Il maestro vetraio Peter Hemmel di Andlau nel 1477 si mise in società con altre quattro botteghe di Strasburgo per soddisfare la grande domanda di 'finestre di Strasburgo'. Dopo il 1478 venne realizzata l'invetriatura della collegiata di Tubinga, nella cui esecuzione si poté affermare per la prima volta la società. Nel 1480 furono eseguite la finestra dei Mercanti e quella del Consiglio per il duomo di Ulma, le v. per la grande finestra occidentale nella torre del duomo di Friburgo, la finestra Klaner per la chiesa del monastero di Nonnberg a Salisburgo e doveva essere già allora in lavorazione anche la finestra del patrizio Volckamer per St. Lorenz a Norimberga. A Hemmel si devono probabilmente solo la finestra del Consiglio a Ulma e le v. per Salisburgo, mentre la finestra dei Mercanti di Ulma e le v. di Norimberga dovettero essere eseguite da un membro più giovane. Le v. della Werkstattgemeinschaft di Strasburgo comunicano l'impressione di ricchezza decorativa e di un'estrema brillantezza tecnica. Le architetture bianche e gialle, decorate da pinnacoli e rami incurvati, fanno un vivace contrasto con le figure dai colori intensi e il luminoso fondo damascato. Alla ricchezza degli ornamenti e delle architetture non sono inferiori le vesti delle figure, che avvolgono i corpi in fruscianti panneggi sgualciti e si allargano intorno alle figure sedute o stanti.Le v. dipinte figurate monumentali del Tardo Gotico raggiungono nella 'finestra di Strasburgo' il loro ultimo culmine prima che i loro creatori si volgessero a nuovi tipi di invetriatura e a un nuovo linguaggio formale, poiché la fine del Medioevo non significa lo scomparire della pittura su v., in quanto in particolare la Francia, il Belgio, l'Olanda e la Spagna conservano un ricco patrimonio di v. dipinte monumentali del Rinascimento, il cui studio è stato avviato adeguatamente solo negli ultimi decenni.
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